Jessica Improta nella lista Udeur alla I Municipalità. Il padre Giorgio oggi è stato riarrestato dai carabinieri
NAPOLI - Esce dal carcere e subito vi fa ritorno Giorgio Improta. L'imprenditore di Posillipo venne arrestato un anno fa con l’accusa di aver dato ospitalità al killer Giuseppe Setola. Rimesso in libertà per un vizio di forma nell'ordinanza, oggi, avendo ormai perso l'aura dell'«insospettabile», è tornato nuovamente in cella sulla base di un nuovo provvedimento emesso dal gip durante un'operazione che ha portato agli arresti di presunti fiancheggiatori del clan dei Casalesi. Non solo: il suo nome si intreccia anche con la campagna elettorale in corso a Napoli: sua figlia, Jessica Improta, è candidata in una lista dell'Udeur che appoggia Fabio Chiosi (Pdl) alla municipalità di Chiaia-Posillipo.
CHIOSI: «SI RITIRI»
E la reazione di Chiosi alla notizia non tarda ad arrivare: «È opportuno che la candidata dell’Udeur, che sostiene il centrodestra alla I Municipalità, il cui padre è stato arrestato con accuse pesanti di favoreggiamento per il clan dei casalesi, faccia un passo indietro e termini qui la propria campagna elettorale. Dopo aver appreso la notizia», spiega Chiosi, «ho subito contattato il coordinamento cittadino dell’Udeur per chiedere spiegazioni. Mi è stato assicurato che la candidata in questione, come tutti gli altri, ha fornito la certificazione necessaria alla candidatura. Ora è chiaro che le colpe dei padri non possono e non devono ricadere sui figli, ma le accuse sono talmente gravi che un passo indietro è opportuno, onde evitare strumentalizzazioni già messe in atto dagli sciacalli della sinistra estrema che, tra l’altro, in questi giorni gettano la benzina sul fuoco delle polemiche politiche che sono sfociate negli attacchi fisici a Lettieri. L’impegno per le liste pulite», conclude il candidato, «è fuor di dubbio. E nessuno ha il copyright della legalità, che non va solo utilizzata come slogan ma praticata, come sempre ha fatto il sottoscritto pagando anche lo scotto di minacce ed aggressioni».
VERDI E SEL: «CANDIDATURE POCO OCULATE»
Tra gli altri commenti politici quello dei Verdi e Sel: «È ovvio che le eventuali colpe dei padri non ricadono sui figli e viceversa ma è incredibile che a Napoli ogni figlio o parente di boss, delinquente, pregiudicato, si sia candidato solo a favore del centrodestra di Cosentino», scrivono in una nota il commissario regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli e Laura Capobianco di Sel, con un evidente riferimento anche alla candidatura di Nunzia Stolder, figlia di un boss, nelle liste per la municipalità San Lorenzo Vicaria: «Per quanto riguarda la I Municipalità», continua la nota, «anche a causa di candidature poco oculate, temiamo che una eventuale vittoria del centro destra possa riportare dentro il parlamentino un nuovo fenomeno criminale come quello dei falsi invalidi che ha caratterizzato l' attività di Alajo, l' esponente più votato del Pdl alle scorse amministrative».
IL BLITZ
Tornando al blitz dei carabinieri di stamattina: il reparto territoriale di Aversa ha eseguito tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, su richiesta della Dda partenopea. I provvedimenti sono stati notificati in carcere a Paolo Gargiulo, di 24 anni e a Salvatore Santoro, di 23 anni, di Trentola Ducenta (Caserta), entrambi detenuti per altri reati. Gargiulo e Santoro sono accusati di essere stati, insieme con Setola, gli esecutori materiali di attentati.
Fonte: corrieredelmezzogiorno.it
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4 mag 2011
19 apr 2010
Voto di scambio a Casal di Principe: perquisite sedi Pdl-Udeur e Comune
Nella città roccaforte dei casalesi si è votato domenica e questa mattina per il rinnovo dell'amministrazione
CASERTA - I carabinieri perquisiscono le sedi di Pdl e Udeur e poi vanno anche al Comune per acquisire alcuni documenti. Le perquisizioni sono seguite dai Pm della Dda Antonello Ardituro e Francesco Curcio e secondo alcune indiscrezioni si tratta di una indagine sul “voto di scambio” ma questa indiscrezione è solo dovuta al fatto che a Casal di principe sono in corso le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale assieme a quelle per il rinnovo dell’amministrazione di Maddaloni. In realtà l’inchiesta sul voto “inquinato” prende le mosse una decina di giorni fa e riguarda (come confermano una decina di avvisi di garanzia firmati dai magistrati della Dda per permettere le perquisizioni) il reato ipotizzato dal 416 ter, ovvero scambio elettorale con finalità politico-mafioso. L’indagine che oggi ha colpito, in concomitanza delle elezioni, Casal di Principe infatti non riguarda solo il comune dove si è votato questa settimana.
L'INCHIESTA - L’inchiesta è ben più profonda e riguarda il voto nel quadrilatero della camorra quello costituito da Casapesenna, Casal di Principe, San Cipriano e Villa Literno dove solo a guardare le differenze di risultati elettorali fra Regione e Provincia e all’interno degli stessi schieramenti si capisce che qualcosa non va e che va oltre all’impatto che possono dare uno o più candidati locali. Dunque una inchiesta per 416 ter che riguarda tutta una serie di episodi dei quali nessuno viene confermato. Anche se si tratta solo di voci si parla con inistenza di schede elettorali votate che sono passate da un seggio nell’urna di un altro, o ancora di voti (di lista e preferenza) vergati nella casi di un picciotto e poi portati ai vari seggi per essere immessi nelle urne. O ancora, di persone che non si sono mai sognate di andare a votare che risultato di essere stati elettori, con qualche piccolo sbaglio. C’è chi non ha votato per la Regione (o la Provincia) ma di questo suo rifiuto, pare, non c’è traccia. Dunque una situazione ampiamente annunciata (nel corso anche degli scorsi anni) e che si è puntualmente verificata in barba alle assicurazioni di legalità e trasparenza data da tutti i candidati. Dunque se il problema non è giudiziario almeno è politico. Inutile vantarsi dei risultati della lotta alla camorra se poi avvengono episodi sui quali indaga la magistratura con tanto di perquisizioni. Naturalmente scatta la reazione a Casal di Principe.
CENTRO NEL MIRINO - Invece di interrogarsi come mai il grosso centro è nel mirino (tutti, ma proprio tutti in questo paese dei mazzoni conoscono gli episodi di voto inquinato, le pressioni, e quello che avviene) si protesta con gli argomenti di sempre: «Non siamo il paese della camorra. Non vogliamo più portare questo marchio infamante». Ma si dimentica i quasi 2.000 condannati per associazione per delinquere di stampo camorristico, i 700 milioni di beni mobili e immobili sequestrati al cassiere dei clan e così, nonostante sanno tutti quali pressioni si fanno per ottenere i voti dopo la perquisizione nella sede del Pdl si è radunato un gruppo di simpatizzanti del centro destra per esprimere «vicinanza e sostegno ai candidati».
IL MURO DI CASALE - Dimenticando che ci sono inquisiti illustri nativi o residenti in questo centro i sostenitori dei candidati Pdl hanno aggiunto, come riferisce l’Ansa: «Ora basta, lo Stato punisca chi è responsabile dei crimini – hanno aggiunto un professionista che preferisce però rimanere nell’anonimato - ma questa comunità deve avere il rispetto che merita». E si arriva a proporre di costruire un muro attorno al paese per isolare i casalesi e nominare un commissario a vita. Ma anche in questo caso si dimentica che un commissario sine die Casal di Principe l’ha avuto durante il fascismo e che un capo cosca siciliano era un affermato professionista. Quindi non basta essere professionisti e candidati per non avere ingerenze. Occorre dimostrare nei fatti che si è lontani dalla camorra. Finora, però, questo a Casale non è avvenuto. E la colpa è tutta di una parte degli abitanti di questo centro di Terra di Lavoro, inutile protestare.
Fonte: corrieredelmezzogiorno.it
CASERTA - I carabinieri perquisiscono le sedi di Pdl e Udeur e poi vanno anche al Comune per acquisire alcuni documenti. Le perquisizioni sono seguite dai Pm della Dda Antonello Ardituro e Francesco Curcio e secondo alcune indiscrezioni si tratta di una indagine sul “voto di scambio” ma questa indiscrezione è solo dovuta al fatto che a Casal di principe sono in corso le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale assieme a quelle per il rinnovo dell’amministrazione di Maddaloni. In realtà l’inchiesta sul voto “inquinato” prende le mosse una decina di giorni fa e riguarda (come confermano una decina di avvisi di garanzia firmati dai magistrati della Dda per permettere le perquisizioni) il reato ipotizzato dal 416 ter, ovvero scambio elettorale con finalità politico-mafioso. L’indagine che oggi ha colpito, in concomitanza delle elezioni, Casal di Principe infatti non riguarda solo il comune dove si è votato questa settimana.
L'INCHIESTA - L’inchiesta è ben più profonda e riguarda il voto nel quadrilatero della camorra quello costituito da Casapesenna, Casal di Principe, San Cipriano e Villa Literno dove solo a guardare le differenze di risultati elettorali fra Regione e Provincia e all’interno degli stessi schieramenti si capisce che qualcosa non va e che va oltre all’impatto che possono dare uno o più candidati locali. Dunque una inchiesta per 416 ter che riguarda tutta una serie di episodi dei quali nessuno viene confermato. Anche se si tratta solo di voci si parla con inistenza di schede elettorali votate che sono passate da un seggio nell’urna di un altro, o ancora di voti (di lista e preferenza) vergati nella casi di un picciotto e poi portati ai vari seggi per essere immessi nelle urne. O ancora, di persone che non si sono mai sognate di andare a votare che risultato di essere stati elettori, con qualche piccolo sbaglio. C’è chi non ha votato per la Regione (o la Provincia) ma di questo suo rifiuto, pare, non c’è traccia. Dunque una situazione ampiamente annunciata (nel corso anche degli scorsi anni) e che si è puntualmente verificata in barba alle assicurazioni di legalità e trasparenza data da tutti i candidati. Dunque se il problema non è giudiziario almeno è politico. Inutile vantarsi dei risultati della lotta alla camorra se poi avvengono episodi sui quali indaga la magistratura con tanto di perquisizioni. Naturalmente scatta la reazione a Casal di Principe.
CENTRO NEL MIRINO - Invece di interrogarsi come mai il grosso centro è nel mirino (tutti, ma proprio tutti in questo paese dei mazzoni conoscono gli episodi di voto inquinato, le pressioni, e quello che avviene) si protesta con gli argomenti di sempre: «Non siamo il paese della camorra. Non vogliamo più portare questo marchio infamante». Ma si dimentica i quasi 2.000 condannati per associazione per delinquere di stampo camorristico, i 700 milioni di beni mobili e immobili sequestrati al cassiere dei clan e così, nonostante sanno tutti quali pressioni si fanno per ottenere i voti dopo la perquisizione nella sede del Pdl si è radunato un gruppo di simpatizzanti del centro destra per esprimere «vicinanza e sostegno ai candidati».
IL MURO DI CASALE - Dimenticando che ci sono inquisiti illustri nativi o residenti in questo centro i sostenitori dei candidati Pdl hanno aggiunto, come riferisce l’Ansa: «Ora basta, lo Stato punisca chi è responsabile dei crimini – hanno aggiunto un professionista che preferisce però rimanere nell’anonimato - ma questa comunità deve avere il rispetto che merita». E si arriva a proporre di costruire un muro attorno al paese per isolare i casalesi e nominare un commissario a vita. Ma anche in questo caso si dimentica che un commissario sine die Casal di Principe l’ha avuto durante il fascismo e che un capo cosca siciliano era un affermato professionista. Quindi non basta essere professionisti e candidati per non avere ingerenze. Occorre dimostrare nei fatti che si è lontani dalla camorra. Finora, però, questo a Casale non è avvenuto. E la colpa è tutta di una parte degli abitanti di questo centro di Terra di Lavoro, inutile protestare.
Fonte: corrieredelmezzogiorno.it
23 ott 2009
Al paziente in quota Udeur stanza di lusso in ospedale. La denuncia di un medico di Benevento
I buoni rapporti con Mastella e i suoi fidatissimi tornavano utili anche in ospedale. Emblematico è il caso del giovane paziente, figlio di un architetto vicino all’Udeur, ricoverato nel servizio psichiatrico di diagnosi e cura dell’Asl Benevento 1: gli venne riservato un trattamento di assoluto favore — stanza appositamente tinteggiata e mobili nuovi — mentre agli altri degenti toccavano letti sfondati e sporcizia. La vicenda è raccontata dal dottor Giuseppe De Lorenzo, dirigente responsabile del servizio e assessore alla Mobilità del Comune di Benevento. A causa di una vecchia ruggine con Sandra Lonardo, De Lorenzo, secondo l’accusa, è stato vittima di «pressioni, intimidazioni, minacce e atti persecutori»; estromesso con un pretesto dal suo ruolo di primario, è stato poi reintegrato dal giudice del lavoro. Per questa vicenda, i coniugi Mastella sono indagati per concussione.
Negli anni Novanta, De Lorenzo aveva denunciato le pessime condizioni dei locali (interni all’ospedale Rummo) in cui era ospitato il servizio psichiatrico. Quando arrivò il giovane Francesco, figlio di un architetto vicino all’Udeur, «si provvide nel giro di una sola notte a ristrutturare la stanza — e solamente quella — che era destinata ad ospitarlo». Aggiunge la dottoressa Assunta Castaldi, in servizio nella struttura: «Tengo a precisare che di fronte alla stanza presso la quale era degente Chicco ve n’era un’altra in condizioni pietose, dove addirittura, quali traverse per i letti dei degenti, venivano utilizzati i sacchi di colore nero adibiti alla raccolta dei rifiuti. In sostanza abbiamo avuto modo di vivere direttamente come gli stessi malati fossero diversamente catalogati non in base ad esigenze oggettive, ma solo e semplicemente in quanto amici di chi era chiamato a gestire quel particolare servizio». La dottoressa fornisce altri particolari sulla struttura in quegli anni: «Vigeva una situazione indecorosa se non addirittura peggio. Ricordo ancora che vi erano cavi elettrici penzoloni che costituivano pericolo per noi tutti... I servizi igienici versavano in una condizione vergognosa... Gli arredi erano ridotti in condizioni pessime». La vicenda viene pesantemente criticata dal gip, che parla di «disparità di trattamento dei malati, pur titolari del diritto inviolabile di ricevere cure; diritto rispettato solo in presenza di idonee segnalazioni (con il medesimo sistema delle raccomandazioni delle assunzioni illegittime presso l’ente Arpac o delle assunzioni dei primari presso gli enti ospedalieri, in virtù di un sistema ricattatorio e clientelare)».
Fonte: corrieredelmezzogiorno.it
Negli anni Novanta, De Lorenzo aveva denunciato le pessime condizioni dei locali (interni all’ospedale Rummo) in cui era ospitato il servizio psichiatrico. Quando arrivò il giovane Francesco, figlio di un architetto vicino all’Udeur, «si provvide nel giro di una sola notte a ristrutturare la stanza — e solamente quella — che era destinata ad ospitarlo». Aggiunge la dottoressa Assunta Castaldi, in servizio nella struttura: «Tengo a precisare che di fronte alla stanza presso la quale era degente Chicco ve n’era un’altra in condizioni pietose, dove addirittura, quali traverse per i letti dei degenti, venivano utilizzati i sacchi di colore nero adibiti alla raccolta dei rifiuti. In sostanza abbiamo avuto modo di vivere direttamente come gli stessi malati fossero diversamente catalogati non in base ad esigenze oggettive, ma solo e semplicemente in quanto amici di chi era chiamato a gestire quel particolare servizio». La dottoressa fornisce altri particolari sulla struttura in quegli anni: «Vigeva una situazione indecorosa se non addirittura peggio. Ricordo ancora che vi erano cavi elettrici penzoloni che costituivano pericolo per noi tutti... I servizi igienici versavano in una condizione vergognosa... Gli arredi erano ridotti in condizioni pessime». La vicenda viene pesantemente criticata dal gip, che parla di «disparità di trattamento dei malati, pur titolari del diritto inviolabile di ricevere cure; diritto rispettato solo in presenza di idonee segnalazioni (con il medesimo sistema delle raccomandazioni delle assunzioni illegittime presso l’ente Arpac o delle assunzioni dei primari presso gli enti ospedalieri, in virtù di un sistema ricattatorio e clientelare)».
Fonte: corrieredelmezzogiorno.it
Ceppaloni connection, a Camilleri (il consuocero di Mastella) compenso da 1 milione, ben dodici volte più del dovuto.
Curò il progetto per realizzare un impianto di irrigazione a Cellole. La Regione: gli spettavano 140 mila euro
NAPOLI — Uno degli scandali sportati alla luce dall’inchiesta sullo strapotere dell’Udeur è quello della ristrutturazione dell’impianto irriguo di Cellole, in provincia di Caserta. L’incarico per il progetto e la direzione dei lavori fu affidato dal Consorzio aurunco di bonifica a Carlo Camilleri, consuocero di Sandra e Clemente Mastella. Al massimo gli si sarebbe potuto liquidare la somma di 140.000 euro: l’ingegnere, invece, ottenne un milione e 300.000 euro. Per questa vicenda, Camilleri è accusato di truffa aggravata ai danni della Regione assieme a Felice Di Giovanni, direttore del Consorzio. Nell’ambito del Por 2000/2006, il Consorzio — che gestisce i canali di irrigazione nella zona di Sessa Aurunca — ottenne un finanziamento dall’assessorato regionale all’Agricoltura; si trattava di fondi europei. Era stato previsto di investire quattro milioni e 800.000 euro.
La legge prevede che, per la progettazione, la direzione dei lavori e il collaudo si possa spendere fino al 12 per cento dell’importo totale: il professionista che fosse stato prescelto dopo un bando pubblico, cioè, avrebbe potuto ricevere un compenso massimo di 500.000 euro. Il Consorzio, però, aveva optato per l’affidamento fiduciario dell’incarico, senza indire una gara pubblica: in queste condizioni, la normativa consente un compenso massimo assai inferiore, cioè 40.000 euro per la progettazione e 100.000 per la direzione dei lavori. Questo, dunque, si sarebbe potuto liquidare a Camilleri. Nel corso di una verifica a campione, invece, la dirigente della Regione Maura Formisano, responsabile del servizio Por — II livello, si accorge che al consuocero di Mastella erano stati fatturati un milione e 300.000 euro. «Abbiamo ovviamente rappresentato al responsabile di misura, Alfredo Bruno, per iscritto le osservazioni appena fatte — spiega Formisano al pm — e lui non ha potuto che prenderne atto, vista la loro fondatezza. Un collega del mio ufficio, Francesco Pepe, che si è recato in loco presso il Consorzio, mi ha detto di aver rappresentato ai dirigenti dello stesso l’evidente abnormità delle parcelle liquidate a Camilleri. Gli venne risposto, in modo sconsolato, che erano stati costretti a pagare le parcelle del Camilleri perché altrimenti il finanziamento non sarebbe mai stato liquidato». Francesco Pepe conferma: Felice Di Giovanni gli disse «che bisognava procedere in quel modo al fine della realizzazione del progetto». Ieri, intanto, davanti al gip Anna Laura Alfano sono cominciati gli interrogatori di garanzia. Sandra Mastella, assistita dagli avvocati Alfonso Furgiuele e Severino Nappi, si è detta a disposizione del giudice per offrire chiarimenti sugli addebiti contestati, ma le occorre del tempo per esaminare il contenuto delle oltre 900 pagine dell’ordinanza. Per questo motivo ha chiesto il rinvio dell’interrogatorio, che sarà fissato nei prossimi giorni.
Fonte: corrieredelmezzogiorno.it
NAPOLI — Uno degli scandali sportati alla luce dall’inchiesta sullo strapotere dell’Udeur è quello della ristrutturazione dell’impianto irriguo di Cellole, in provincia di Caserta. L’incarico per il progetto e la direzione dei lavori fu affidato dal Consorzio aurunco di bonifica a Carlo Camilleri, consuocero di Sandra e Clemente Mastella. Al massimo gli si sarebbe potuto liquidare la somma di 140.000 euro: l’ingegnere, invece, ottenne un milione e 300.000 euro. Per questa vicenda, Camilleri è accusato di truffa aggravata ai danni della Regione assieme a Felice Di Giovanni, direttore del Consorzio. Nell’ambito del Por 2000/2006, il Consorzio — che gestisce i canali di irrigazione nella zona di Sessa Aurunca — ottenne un finanziamento dall’assessorato regionale all’Agricoltura; si trattava di fondi europei. Era stato previsto di investire quattro milioni e 800.000 euro.
La legge prevede che, per la progettazione, la direzione dei lavori e il collaudo si possa spendere fino al 12 per cento dell’importo totale: il professionista che fosse stato prescelto dopo un bando pubblico, cioè, avrebbe potuto ricevere un compenso massimo di 500.000 euro. Il Consorzio, però, aveva optato per l’affidamento fiduciario dell’incarico, senza indire una gara pubblica: in queste condizioni, la normativa consente un compenso massimo assai inferiore, cioè 40.000 euro per la progettazione e 100.000 per la direzione dei lavori. Questo, dunque, si sarebbe potuto liquidare a Camilleri. Nel corso di una verifica a campione, invece, la dirigente della Regione Maura Formisano, responsabile del servizio Por — II livello, si accorge che al consuocero di Mastella erano stati fatturati un milione e 300.000 euro. «Abbiamo ovviamente rappresentato al responsabile di misura, Alfredo Bruno, per iscritto le osservazioni appena fatte — spiega Formisano al pm — e lui non ha potuto che prenderne atto, vista la loro fondatezza. Un collega del mio ufficio, Francesco Pepe, che si è recato in loco presso il Consorzio, mi ha detto di aver rappresentato ai dirigenti dello stesso l’evidente abnormità delle parcelle liquidate a Camilleri. Gli venne risposto, in modo sconsolato, che erano stati costretti a pagare le parcelle del Camilleri perché altrimenti il finanziamento non sarebbe mai stato liquidato». Francesco Pepe conferma: Felice Di Giovanni gli disse «che bisognava procedere in quel modo al fine della realizzazione del progetto». Ieri, intanto, davanti al gip Anna Laura Alfano sono cominciati gli interrogatori di garanzia. Sandra Mastella, assistita dagli avvocati Alfonso Furgiuele e Severino Nappi, si è detta a disposizione del giudice per offrire chiarimenti sugli addebiti contestati, ma le occorre del tempo per esaminare il contenuto delle oltre 900 pagine dell’ordinanza. Per questo motivo ha chiesto il rinvio dell’interrogatorio, che sarà fissato nei prossimi giorni.
Fonte: corrieredelmezzogiorno.it
22 ott 2009
«L'onorevole chiede di quel contratto». I nomi dei politici e i 655 «segnalati»
Sequestrato l'elenco degli sponsor: spuntano Bassolino, De Mita e un consigliere Pdl. Qualcuno usava gli sms
NAPOLI - Aveva raccomandato tante persone e alla fine qualcuno sfuggì al controllo. E così, al telefono con il direttore generale dell’Arpac, l’Agenzia regionale per l’ambiente, l’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella chiedeva: «Scusa, ma questo Massaccese di Casoria chi è?». Giuseppe Capobianco lo rassicurava: «È uno dei privati che dobbiamo riconfermare, non è nostro... È uno dei Ds. Ho avuto indicazioni da Giggino e mi ha detto che venivano da te».
I fax dai politici
Fa impressione leggere l’elenco degli aspiranti lavoratori segnalati dai politici. Ma fa ancora più effetto il risultato ottenuto tra il 2005 e il 2008 grazie alle pressioni esercitate. Perché, come sottolinea il giudice nella sua ordinanza, «al maggio 2008 i raccomandati/ imposti rappresentavano il 90 per cento della forza lavoro 'precaria' dell’Ente. Insomma soltanto uno su dieci non risultava segnalato». I conti sono presto fatti. Nel file che Tiziana Lamanna, segretaria di Capobianco, custodiva nel computer ci sono 655 nomi. Le persone assunte con contratto di collaborazione continuativa, dunque escludendo chi ha invece ottenuto consulenze, sono 294. La signora era molto precisa, quasi maniacale. La tabella è divisa in tre colonne. Nella prima ci sono i nomi in ordine alfabetico, accanto la qualifica oppure il titolo di studio, nell’ultima il «segnalatore». La guardia di Finanza ha effettuato un controllo su tutti i fascicoli personali di chi ha ottenuto il contratto e ha scoperto che «molti dei soggetti segnalati dal singolo politico avevano inviato il loro curriculum dal fax in uso al politico stesso; in altri casi sul curriculum era stato scritto a matita il nome del politico di riferimento». Recordman delle raccomandazioni è Luigi Nocera, l’ex assessore regionale all’Ambiente che - evidentemente in forza del suo ruolo «collegato» all’Agenzia - vanta ben 100 segnalazioni. Segue a ruota l’ex presidente dei senatori dell’Udeur Tommaso Barbato con 43 e subito dopo in questa specialissima classifica c’è Antonio Fantini, ex segretario regionale dello stesso partito con 36. La famiglia Mastella non si è evidentemente sottratta a questa allegra gestione. L’ex ministro della Giustizia ne avrebbe fatte 26, sua moglie Sandra 16, il cognato Pasquale Giuditta - all’epoca dei fatti parlamentare - ben 35. Non erano gli unici, anche se gli altri politici elencati sembrano avere pretese più modeste: due segnalazioni sarebbero arrivate dal governatore Antonio Bassolino, una dall’ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio, una dall’ex braccio destro dello stesso Bassolino, il diessino Isaia Sales, una anche il consigliere regionale di Forza Italia Fulvio Martusciello.
Il messaggio
C’era chi telefonava, chi scriveva mail o lettere. E addirittura chi utilizzava il metodo più rapido degli sms. Il 10 maggio 2007 l’onorevole Giuseppe Maisto - consigliere regionale della Campania per l’Udeur, espulso dal partito nel febbraio dell’anno successivo - manda un messaggio a Capobianco: «Ricordati di convocare ...» e poi aggiunge nome e numero di cellulare del suo candidato. Quanto forti e frequenti fossero le pressioni si capisce bene due mesi dopo quando Capobianco riceve una telefonata dalla sua segretaria.
Lamanna: «Lucià, scusami! Ti volevo dire che ha telefonato l’onorevole Iossa. Vuole notizie di L.R., se ha il contratto triennale».
Capobianco: «Cosa?».
Lamanna: «Ha detto che doveva avere un contratto triennale».
Capobianco: «Ma chi... Vabbè lasciamo stare per telefono, ti richiamo».
Lamanna: «No, lo so. Dico, no, vuole essere chiamato da me per sapere se l’ha avuto o non l’ha avuto. Io mi dovrei...».
Capobianco: «Ma tu non puoi permetterti di chiamare a nessuno ».
Lamanna: «Appunto, ciao».
Alla segretaria era stato assegnato un ruolo chiave in questa vicenda, ma non risulta tra gli indagati. È stata interrogata per chiarire come mai custodisse il file nonostante, come evidenzia il giudice, «l’ufficio non aveva alcun compito istituzionale nella raccolta, ricezione e valutazione dei curricula essendovi un apposito ufficio del personale». Lei ha candidamente affermato: «Succedeva che il giovane aspirante consegnava un curriculum finalizzato a instaurare un rapporto con l’Arpac dicendo che veniva a nome di tizio o caio». Una millanteria, dunque, ma quando il magistrato le ha contestato che si trattava di un’affermazione non credibile ha replicato: «Effettivamente capitava assai spesso, nella maggioranza dei casi, che l’arrivo dell’aspirante fosse preceduto da una telefonata».
Lo sfogo dell’assessore
Il 19 marzo del 2007 l’allora assessore regionale alle risorse umane Andrea Abbamonte chiama Carlo Camilleri, il consuocero dei coniugi Mastella proprio per affrontare il problema delle raccomandazioni.
Abbamonte: «Mi sono fatto una di quelle incazzate con Nocera e Capobianco che non potevi... Capobianco non se la scorda questa giornata».
Camilleri: «Veramente guaglio’... eppure tu eri così legato a lui...».
Abbamonte: «Non si deve più permettere di dire, ma quella... la tua dirigente ha scritto... ho detto: 'guarda, tu sei stronzo tre volte perché ti avevo avvisato io e ti ho convocato. Ti ho detto stai attento ai co.co.co che tu passi un guaio e te l’ho detto io. Tu hai fatto la delibera, hai chiesto il parere della Funzione Pubblica quando io ti avevo detto che non ti dovevi permettere di chiedere il parere della Funzione Pubblica perché è pericolo. E mi hanno detto anche che sei l’elemento debole, perché i miei li tengo sotto la palla, perché sono co.co.co confessati e comunicati. Non ti devi permettere di andare dall’assessore a fare una cosa di questo genere quando sei tu che hai creato il casino».
Fonte: corriere.it
NAPOLI - Aveva raccomandato tante persone e alla fine qualcuno sfuggì al controllo. E così, al telefono con il direttore generale dell’Arpac, l’Agenzia regionale per l’ambiente, l’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella chiedeva: «Scusa, ma questo Massaccese di Casoria chi è?». Giuseppe Capobianco lo rassicurava: «È uno dei privati che dobbiamo riconfermare, non è nostro... È uno dei Ds. Ho avuto indicazioni da Giggino e mi ha detto che venivano da te».
I fax dai politici
Fa impressione leggere l’elenco degli aspiranti lavoratori segnalati dai politici. Ma fa ancora più effetto il risultato ottenuto tra il 2005 e il 2008 grazie alle pressioni esercitate. Perché, come sottolinea il giudice nella sua ordinanza, «al maggio 2008 i raccomandati/ imposti rappresentavano il 90 per cento della forza lavoro 'precaria' dell’Ente. Insomma soltanto uno su dieci non risultava segnalato». I conti sono presto fatti. Nel file che Tiziana Lamanna, segretaria di Capobianco, custodiva nel computer ci sono 655 nomi. Le persone assunte con contratto di collaborazione continuativa, dunque escludendo chi ha invece ottenuto consulenze, sono 294. La signora era molto precisa, quasi maniacale. La tabella è divisa in tre colonne. Nella prima ci sono i nomi in ordine alfabetico, accanto la qualifica oppure il titolo di studio, nell’ultima il «segnalatore». La guardia di Finanza ha effettuato un controllo su tutti i fascicoli personali di chi ha ottenuto il contratto e ha scoperto che «molti dei soggetti segnalati dal singolo politico avevano inviato il loro curriculum dal fax in uso al politico stesso; in altri casi sul curriculum era stato scritto a matita il nome del politico di riferimento». Recordman delle raccomandazioni è Luigi Nocera, l’ex assessore regionale all’Ambiente che - evidentemente in forza del suo ruolo «collegato» all’Agenzia - vanta ben 100 segnalazioni. Segue a ruota l’ex presidente dei senatori dell’Udeur Tommaso Barbato con 43 e subito dopo in questa specialissima classifica c’è Antonio Fantini, ex segretario regionale dello stesso partito con 36. La famiglia Mastella non si è evidentemente sottratta a questa allegra gestione. L’ex ministro della Giustizia ne avrebbe fatte 26, sua moglie Sandra 16, il cognato Pasquale Giuditta - all’epoca dei fatti parlamentare - ben 35. Non erano gli unici, anche se gli altri politici elencati sembrano avere pretese più modeste: due segnalazioni sarebbero arrivate dal governatore Antonio Bassolino, una dall’ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio, una dall’ex braccio destro dello stesso Bassolino, il diessino Isaia Sales, una anche il consigliere regionale di Forza Italia Fulvio Martusciello.
Il messaggio
C’era chi telefonava, chi scriveva mail o lettere. E addirittura chi utilizzava il metodo più rapido degli sms. Il 10 maggio 2007 l’onorevole Giuseppe Maisto - consigliere regionale della Campania per l’Udeur, espulso dal partito nel febbraio dell’anno successivo - manda un messaggio a Capobianco: «Ricordati di convocare ...» e poi aggiunge nome e numero di cellulare del suo candidato. Quanto forti e frequenti fossero le pressioni si capisce bene due mesi dopo quando Capobianco riceve una telefonata dalla sua segretaria.
Lamanna: «Lucià, scusami! Ti volevo dire che ha telefonato l’onorevole Iossa. Vuole notizie di L.R., se ha il contratto triennale».
Capobianco: «Cosa?».
Lamanna: «Ha detto che doveva avere un contratto triennale».
Capobianco: «Ma chi... Vabbè lasciamo stare per telefono, ti richiamo».
Lamanna: «No, lo so. Dico, no, vuole essere chiamato da me per sapere se l’ha avuto o non l’ha avuto. Io mi dovrei...».
Capobianco: «Ma tu non puoi permetterti di chiamare a nessuno ».
Lamanna: «Appunto, ciao».
Alla segretaria era stato assegnato un ruolo chiave in questa vicenda, ma non risulta tra gli indagati. È stata interrogata per chiarire come mai custodisse il file nonostante, come evidenzia il giudice, «l’ufficio non aveva alcun compito istituzionale nella raccolta, ricezione e valutazione dei curricula essendovi un apposito ufficio del personale». Lei ha candidamente affermato: «Succedeva che il giovane aspirante consegnava un curriculum finalizzato a instaurare un rapporto con l’Arpac dicendo che veniva a nome di tizio o caio». Una millanteria, dunque, ma quando il magistrato le ha contestato che si trattava di un’affermazione non credibile ha replicato: «Effettivamente capitava assai spesso, nella maggioranza dei casi, che l’arrivo dell’aspirante fosse preceduto da una telefonata».
Lo sfogo dell’assessore
Il 19 marzo del 2007 l’allora assessore regionale alle risorse umane Andrea Abbamonte chiama Carlo Camilleri, il consuocero dei coniugi Mastella proprio per affrontare il problema delle raccomandazioni.
Abbamonte: «Mi sono fatto una di quelle incazzate con Nocera e Capobianco che non potevi... Capobianco non se la scorda questa giornata».
Camilleri: «Veramente guaglio’... eppure tu eri così legato a lui...».
Abbamonte: «Non si deve più permettere di dire, ma quella... la tua dirigente ha scritto... ho detto: 'guarda, tu sei stronzo tre volte perché ti avevo avvisato io e ti ho convocato. Ti ho detto stai attento ai co.co.co che tu passi un guaio e te l’ho detto io. Tu hai fatto la delibera, hai chiesto il parere della Funzione Pubblica quando io ti avevo detto che non ti dovevi permettere di chiedere il parere della Funzione Pubblica perché è pericolo. E mi hanno detto anche che sei l’elemento debole, perché i miei li tengo sotto la palla, perché sono co.co.co confessati e comunicati. Non ti devi permettere di andare dall’assessore a fare una cosa di questo genere quando sei tu che hai creato il casino».
Fonte: corriere.it
Clientele e punizioni, il sistema Udeur. «Tolta la scrivania al medico nemico»
Il giudice: la famiglia considerava l’agenzia per l’ambiente come un feudo
La moglie dell'ex sindaco di Benevento Teresa Suero: «Perseguitati per non aver garantito posti in lista»
Affari di famiglia. Oggi come allora, quando l’inchiesta del gennaio 2008 sull’Udeur portò rapidamente alla fine del secondo governo Prodi. Un partito gestito come una protesi di se stessi. Una agenzia, l’Arpac, considerata «un feudo», così lo definisce il giudice. Un carrozzone, certo. «Ma specie nel periodo della cosiddetta emergenza rifiuti è stato uno snodo decisivo nell’amministrazione della cosa pubblica campana». Al netto di tutte le accuse, tra le quali l’associazione a delinquere, si tratta di questo: «In tali Enti pubblici gli indagati talvolta prestavano la propria attività, talaltra vi entravano grazie ad un più vasto sistema clientelare poggiante anche sulla forza derivante al sodalizio dal solido legame con i vertici del partito politico Udeur. Ciò allo scopo di procurare, ad associati e terzi, ingiusti profitti, ingiusti vantaggi e comunque l’asservimento della funzione pubblica agli interessi del gruppo».
Questa volta la magistratura fa un passo avanti rispetto alla «vecchia » indagine di Santa Maria Capua a Vetere. Clemente e Sandra Mastella, sono indicati come «capi e promotori» del sodalizio criminale, assieme all’ex segretario regionale del partito Antonio Fantini e Carlo Camilleri, imprenditore e consuocero dell’ex ministro della Giustizia. La loro partecipazione viene definita «attiva» in molti singoli episodi che riguardano nomine, promozioni e assunzioni, «sempre privilegiando logiche clientelari a scapito di quelle meritocratiche». Camilleri è l’uomo che gestisce «gli affari», che siano appalti e nomine, appoggiandosi sempre a Sandra, presidente del Consiglio regionale e quindi «punto di riferimento» politico sul territorio, accusata «di aver controllato con logiche ricattatorie e minacciose la spartizione e lottizzazione della copertura di posti e incarichi strategici». Ne emerge la figura di un piccolo partito, cucito addosso ad un gruppo familiare, che difende con le unghie e i denti «la propria posizione di potere e rendita». E nel farlo, utilizza «pressoché sempre» metodi e pratiche «che denotano un uso improprio e strumentale della rappresentanza politica».
Tutto viene ricondotto ad unico dominus, ovvero Clemente Mastella. Il fondatore dell’Udeur, all’epoca Guardasigilli, dimostra di avere conoscenza di ogni singolo episodio, di ogni «problema» che i suoi uomini trovano sul loro cammino, «tutti tenacemente attaccati» alla costruzione di un sistema di potere che viene giudicato «sempre più invasivo e affamato». Così, scrive il giudice, è solo dopo il suo beneplacito telefonico «a liquidare anche quello del Santobono» che cominciano le presunte pressioni dei suoi fedelissimi su Nicola Mininni, direttore generale dell’ospedale pediatrico Santobono, «reo» di non avere obbedito ad una richiesta di Nicola Ferraro, consigliere regionale Udeur. Contro il medico diventato «nemico» viene presentata una interrogazione che denuncia mancanze nella sua amministrazione dell’istituto.
Non solo intercettazioni, questa volta. Anche testimonianze che provengono direttamente dal mondo mastelliano. Teresa Suero, medico beneventano, ad esempio, racconta di essere «amica di vecchia data» dei coniugi Mastella. Ma poi parla delle «persecuzioni» e vessazioni subite da parte di persone «che parlavano in nome e per conto di Clemente Mastella» nel momento in cui suo marito, ex sindaco di Benevento, non sembra garantire posti adeguati ad esponenti Udeur nella lista elettorale. Da questa vicenda si dipana quella del comune di Morcone, piccolo paese di 5.100 abitanti. L’ex sindaco Aurelio Bettini, all’epoca eletto per il centrodestra, fa un lungo elenco di «minacce subite dai vertici dell’Udeur» finalizzate a costringerlo a sottostare alle richieste del partito. Il motivo di tanto accanimento viene messo a verbale da Bettini: «Durante un viaggio in auto, diretti ad un convegno a Formia, Mastella mi disse in modo perentorio che io dovevo passare dalla sua parte perché lui 'voleva' il sindaco di Morcone». L’assessore Nicola Mobila viene costretto a dimettersi dopo che Fernando Errico, medico di base e consigliere provinciale Udeur, lo mette di fronte ad un vicolo cieco minacciandolo «attraverso i suoi vincoli di potere sul territorio» di rendergli impossibile il suo lavoro di rappresentante farmaceutico.
I coniugi Mastella sono ritenuti «mandanti e istigatori» della vicenda che più di ogni altra riassume un sistema di potere il più possibile capillare: «L’opera di discredito, isolamento e mortificazione professionale » di Giuseppe De Lorenzo, dirigente del servizio psichiatrico dell’Asl di Benevento colpevole di appartenere a «formazione politica contrapposta all’Udeur» e di aver denunciato lo stato di degrado della struttura definita «vero e proprio feudo della famiglia Mastella». Sandra Mastella lo considera una specie di bestia nera. Per liberarsi del ribelle, impone il principio della rotazione - ogni sei mesi... - del posto di primario. L’unico a ruotare però è lui, De Lorenzo. Quando vince il ricorso per la reintegrazione, rimane senza stanza e senza scrivania. In seguito a una serie di lettere anonime, viene sottoposto a procedimento disciplinare, in una Asl dove la Commissione giudicante viene completamente ritenuta «nella disponibilità» dell’Udeur. Un suo collega gli spiega chiaramente che la signora Sandra «non voleva più che io dirigessi il reparto». Alla fine, per quieto vivere, è costretto al compromesso. Citofona alla villa di Ceppaloni. Chiede udienza a Clemente. Nel 2006 viene candidato come capolista Udeur alle elezione comunali.
Fonte: corriere.it
La moglie dell'ex sindaco di Benevento Teresa Suero: «Perseguitati per non aver garantito posti in lista»
Affari di famiglia. Oggi come allora, quando l’inchiesta del gennaio 2008 sull’Udeur portò rapidamente alla fine del secondo governo Prodi. Un partito gestito come una protesi di se stessi. Una agenzia, l’Arpac, considerata «un feudo», così lo definisce il giudice. Un carrozzone, certo. «Ma specie nel periodo della cosiddetta emergenza rifiuti è stato uno snodo decisivo nell’amministrazione della cosa pubblica campana». Al netto di tutte le accuse, tra le quali l’associazione a delinquere, si tratta di questo: «In tali Enti pubblici gli indagati talvolta prestavano la propria attività, talaltra vi entravano grazie ad un più vasto sistema clientelare poggiante anche sulla forza derivante al sodalizio dal solido legame con i vertici del partito politico Udeur. Ciò allo scopo di procurare, ad associati e terzi, ingiusti profitti, ingiusti vantaggi e comunque l’asservimento della funzione pubblica agli interessi del gruppo».
Questa volta la magistratura fa un passo avanti rispetto alla «vecchia » indagine di Santa Maria Capua a Vetere. Clemente e Sandra Mastella, sono indicati come «capi e promotori» del sodalizio criminale, assieme all’ex segretario regionale del partito Antonio Fantini e Carlo Camilleri, imprenditore e consuocero dell’ex ministro della Giustizia. La loro partecipazione viene definita «attiva» in molti singoli episodi che riguardano nomine, promozioni e assunzioni, «sempre privilegiando logiche clientelari a scapito di quelle meritocratiche». Camilleri è l’uomo che gestisce «gli affari», che siano appalti e nomine, appoggiandosi sempre a Sandra, presidente del Consiglio regionale e quindi «punto di riferimento» politico sul territorio, accusata «di aver controllato con logiche ricattatorie e minacciose la spartizione e lottizzazione della copertura di posti e incarichi strategici». Ne emerge la figura di un piccolo partito, cucito addosso ad un gruppo familiare, che difende con le unghie e i denti «la propria posizione di potere e rendita». E nel farlo, utilizza «pressoché sempre» metodi e pratiche «che denotano un uso improprio e strumentale della rappresentanza politica».
Tutto viene ricondotto ad unico dominus, ovvero Clemente Mastella. Il fondatore dell’Udeur, all’epoca Guardasigilli, dimostra di avere conoscenza di ogni singolo episodio, di ogni «problema» che i suoi uomini trovano sul loro cammino, «tutti tenacemente attaccati» alla costruzione di un sistema di potere che viene giudicato «sempre più invasivo e affamato». Così, scrive il giudice, è solo dopo il suo beneplacito telefonico «a liquidare anche quello del Santobono» che cominciano le presunte pressioni dei suoi fedelissimi su Nicola Mininni, direttore generale dell’ospedale pediatrico Santobono, «reo» di non avere obbedito ad una richiesta di Nicola Ferraro, consigliere regionale Udeur. Contro il medico diventato «nemico» viene presentata una interrogazione che denuncia mancanze nella sua amministrazione dell’istituto.
Non solo intercettazioni, questa volta. Anche testimonianze che provengono direttamente dal mondo mastelliano. Teresa Suero, medico beneventano, ad esempio, racconta di essere «amica di vecchia data» dei coniugi Mastella. Ma poi parla delle «persecuzioni» e vessazioni subite da parte di persone «che parlavano in nome e per conto di Clemente Mastella» nel momento in cui suo marito, ex sindaco di Benevento, non sembra garantire posti adeguati ad esponenti Udeur nella lista elettorale. Da questa vicenda si dipana quella del comune di Morcone, piccolo paese di 5.100 abitanti. L’ex sindaco Aurelio Bettini, all’epoca eletto per il centrodestra, fa un lungo elenco di «minacce subite dai vertici dell’Udeur» finalizzate a costringerlo a sottostare alle richieste del partito. Il motivo di tanto accanimento viene messo a verbale da Bettini: «Durante un viaggio in auto, diretti ad un convegno a Formia, Mastella mi disse in modo perentorio che io dovevo passare dalla sua parte perché lui 'voleva' il sindaco di Morcone». L’assessore Nicola Mobila viene costretto a dimettersi dopo che Fernando Errico, medico di base e consigliere provinciale Udeur, lo mette di fronte ad un vicolo cieco minacciandolo «attraverso i suoi vincoli di potere sul territorio» di rendergli impossibile il suo lavoro di rappresentante farmaceutico.
I coniugi Mastella sono ritenuti «mandanti e istigatori» della vicenda che più di ogni altra riassume un sistema di potere il più possibile capillare: «L’opera di discredito, isolamento e mortificazione professionale » di Giuseppe De Lorenzo, dirigente del servizio psichiatrico dell’Asl di Benevento colpevole di appartenere a «formazione politica contrapposta all’Udeur» e di aver denunciato lo stato di degrado della struttura definita «vero e proprio feudo della famiglia Mastella». Sandra Mastella lo considera una specie di bestia nera. Per liberarsi del ribelle, impone il principio della rotazione - ogni sei mesi... - del posto di primario. L’unico a ruotare però è lui, De Lorenzo. Quando vince il ricorso per la reintegrazione, rimane senza stanza e senza scrivania. In seguito a una serie di lettere anonime, viene sottoposto a procedimento disciplinare, in una Asl dove la Commissione giudicante viene completamente ritenuta «nella disponibilità» dell’Udeur. Un suo collega gli spiega chiaramente che la signora Sandra «non voleva più che io dirigessi il reparto». Alla fine, per quieto vivere, è costretto al compromesso. Citofona alla villa di Ceppaloni. Chiede udienza a Clemente. Nel 2006 viene candidato come capolista Udeur alle elezione comunali.
Fonte: corriere.it
21 ott 2009
Lady Mastella & Co. un file con 655 raccomandati: accanto a ogni nome, quello dello sponsor
NAPOLI - Terremoto all'Arpac, l'agenzia dell'ambiente campano: un'ordinanza di custodia cautelare (ai domiciliari) 63 indagati, 18 divieti di dimora e 6 misure interdittive. Un vero e proprio ciclone contro uno dei settori pubblici, considerato da anni «feudo» del Campanile di Clemente Mastella. L'operazione condotta dalla Guardia di finanza di Napoli e dai carabinieri di Caserta coinvolge, infatti, politici, dirigenti della pubblica amministrazione, professionisti e imprenditori campani.
DIVIETO PER SANDRA
Nell’inchiesta risulta indagata anche la presidente del Consiglio regionale della Campania, Sandra Lonardo, destinataria di un provvedimento di divieto di dimora in Campania, dove svolge la sua attività istituzionale. Non solo: stamane sette carabinieri sono entrati nella villa della famiglia Mastella a Ceppaloni, nel Beneventano e ne sono usciti dopo qualche ora. Nei confronti dell’eurodeputato, che si trovava a Strasburgo, invece è stato emesso un avviso di conclusione delle indagini preliminari.
ARPAC
Il filone dell’indagine per il quale sono scattati gli arresti e gli «avvisi» riguarda l’Arpac, Agenzia regionale per la protezione ambientale. Le accuse contestate vanno dall'’associazione a delinquere finalizzata alla truffa, al falso, all'abuso di ufficio, alla turbativa d’asta e alla concussione. Nel mirino degli inquirenti sia la gestione di appalti pubblici sia i concorsi finalizzati all’assunzione di personale e l'affidamento di incarichi professionali nella pubblica amministrazione. E nel partito chi non si piegava a quest'andazzo veniva vessato e intimidito.
COINVOLTO ANCHE IL CONSUOCERO
Arresti domiciliari sono stati disposti per Luciano Capobianco, ex direttore generale dell’Arpac, l’Azienda regionale per la protezione ambientale della Campania. Quindici gli indagati per i quali è stato applicato il divieto di dimora nella Regione Campania. Oltre alla Lonardo; il capogruppo alla Regione Fernando Errico; Nicola Ferraro, consigliere regionale; Antonio Fantini, già presidente della Regione Campania e segretario regionale Udeur. Gli altri provvedimenti riguardano Valerio Azzi, imprenditore; Carlo Camilleri, ingegnere e consuocero di Clemente Mastella; Ruggero Cataldi, ex direttore amministrativo Asl Benevento 1; Giuseppe Ciotola, imprenditore; Bruno De Stefano, direttore generale dell’Asl di Benevento; Arnaldo Falato, dirigente dell’Asl Benevento 1; Carmelo Lomazzo, dirigente Arpac; Massimo Menegozzo, dirigente Arpac; Massimo Palmieri, imprenditore; Francesco Polizio, dirigente Arpac; Mario Scarinzi, ex direttore generale dell’Asl Benevento 1. Il divieto di dimora nelle province di Benevento, Caserta e Napoli è stato disposto per Bartolomeo Piccolo, imprenditore, mentre il divieto di dimora nelle province di Benevento e Napoli per Giustino Tranfa, imprenditore, Antonio Zerrillo, ingegnere. La misura interdittiva del divieto di esercitare l’impresa e la professione è stata disposta per gli imprenditori Gaetano Criscione, Francesco Di Palma, Fabrizio Merolla, Claudio Rossi, Fabio Rossi e per il libero professionista Antonello Scocca.
UN FILE CON I RACCOMANDATI
In un file rinvenuto nel computer sequestrato dalla Guardia di Finanza nella segreteria dell’ex direttore generale dell’Arpac, Luciano Capobianco, compaiono 655 nominativi e la maggior parte sono accompagnati dalla segnalazione di un esponente politico, dell’Udeur ma non solo, che li avrebbe raccomandati. Il documento costituisce uno degli elementi principali intorno a cui ruota l’inchiesta della procura di Napoli coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco. «Si tratta - è scritto nell’ordinanza emessa oggi dal gip Alfano - di raccomandati veri e propri che rispetto ad altri aspiranti privi di sponsor, disponevano della segnalazione di un referente politico che determinerà, nella maggior parte dei casi l’assunzione in violazione delle norme». In alunni casi è emerso che le segnalazioni venivano inviate dai soggetti interessati dal fax in uso allo stesso esponente politico di riferimento, in altri casi il curriculum sarebbe stato scritto a matita proprio dal politico. La procura ha indicato in un riquadro, in ordine decrescente rispetto al numero di segnalazioni, l’elenco degli autori delle segnalazioni (circa 150). Spicca con 100 Nocera (ex assessore regionale Udeur), poi a seguire i nomi di T.Barbato (43), Fantini (36), Giuditta (35), C.Mastella (26), Enrico (17), S.Mastella (12). Tra gli altri nomi di politici locali e nazionali più noti figurano anche Bassolino (2), De Mita (2), Pecoraro Scanio (1), Sales (1). Le persone segnalate sarebbero state favorite per incarichi esterni (consulenze) o per assunzioni all’Arpac a scapito di aspiranti privi di sponsor.
CLEMENTE TORNA DA STRASBURGO
Il leader dell’ Udeur ha saputo dell’ inchiesta nella quale è coinvolto insieme con la moglie Sandra mentre stava partecipando a Strasburgo alla seduta del Parlamento Europeo. Mastella, che era giunto ieri nella città francese per i lavori dell’assemblea, sta ora rientrando in Italia: si è imbarcato sul primo volo utile per Parigi e dalla capitale francese proseguirà per Roma, dove arriverà nel pomeriggio.
UNA SUPER-PARCELLA
Un milione e 300 mila euro, a tanto ammonta la super parcella che è stata liquidata ad uno degli indagati. La persona in questione, in base al lavoro investigativo, è stata beneficiata dall’Asl di Benevento di una consulenza su un argomento che la stessa Procura di Napoli definisce «non chiaro». Si tratta della ricompensa ricevuta «dopo aver dispiegato per il partito (l’Udeur, ndr) la sua presunta intermediazione con gli organi di giustizia amministrativa in una controversia elettorale relativa alle comunali di Morcone (Benevento). Agli atti dell’Asl nessuna documentazione di tale consulenza ma solo il pagamento delle parcelle. Il beneficiario della frode, «un congiunto di un esponente di vertice del sodalizio», ha ottenuto la super parcella con una «truffa» (è la definizione della Procura) ai danni del consorzio di bonifica di Sessa Aurunca (Caserta) e della Regione Campania. L’importo è stato liquidato in relazione a presunti lavori di ristrutturazione della rete di adduzione dell’impianto irriguo di Cellole, sempre nel Casertano.
Fonte: corrieredelmezzogiorno.it
DIVIETO PER SANDRA
Nell’inchiesta risulta indagata anche la presidente del Consiglio regionale della Campania, Sandra Lonardo, destinataria di un provvedimento di divieto di dimora in Campania, dove svolge la sua attività istituzionale. Non solo: stamane sette carabinieri sono entrati nella villa della famiglia Mastella a Ceppaloni, nel Beneventano e ne sono usciti dopo qualche ora. Nei confronti dell’eurodeputato, che si trovava a Strasburgo, invece è stato emesso un avviso di conclusione delle indagini preliminari.
ARPAC
Il filone dell’indagine per il quale sono scattati gli arresti e gli «avvisi» riguarda l’Arpac, Agenzia regionale per la protezione ambientale. Le accuse contestate vanno dall'’associazione a delinquere finalizzata alla truffa, al falso, all'abuso di ufficio, alla turbativa d’asta e alla concussione. Nel mirino degli inquirenti sia la gestione di appalti pubblici sia i concorsi finalizzati all’assunzione di personale e l'affidamento di incarichi professionali nella pubblica amministrazione. E nel partito chi non si piegava a quest'andazzo veniva vessato e intimidito.
COINVOLTO ANCHE IL CONSUOCERO
Arresti domiciliari sono stati disposti per Luciano Capobianco, ex direttore generale dell’Arpac, l’Azienda regionale per la protezione ambientale della Campania. Quindici gli indagati per i quali è stato applicato il divieto di dimora nella Regione Campania. Oltre alla Lonardo; il capogruppo alla Regione Fernando Errico; Nicola Ferraro, consigliere regionale; Antonio Fantini, già presidente della Regione Campania e segretario regionale Udeur. Gli altri provvedimenti riguardano Valerio Azzi, imprenditore; Carlo Camilleri, ingegnere e consuocero di Clemente Mastella; Ruggero Cataldi, ex direttore amministrativo Asl Benevento 1; Giuseppe Ciotola, imprenditore; Bruno De Stefano, direttore generale dell’Asl di Benevento; Arnaldo Falato, dirigente dell’Asl Benevento 1; Carmelo Lomazzo, dirigente Arpac; Massimo Menegozzo, dirigente Arpac; Massimo Palmieri, imprenditore; Francesco Polizio, dirigente Arpac; Mario Scarinzi, ex direttore generale dell’Asl Benevento 1. Il divieto di dimora nelle province di Benevento, Caserta e Napoli è stato disposto per Bartolomeo Piccolo, imprenditore, mentre il divieto di dimora nelle province di Benevento e Napoli per Giustino Tranfa, imprenditore, Antonio Zerrillo, ingegnere. La misura interdittiva del divieto di esercitare l’impresa e la professione è stata disposta per gli imprenditori Gaetano Criscione, Francesco Di Palma, Fabrizio Merolla, Claudio Rossi, Fabio Rossi e per il libero professionista Antonello Scocca.
UN FILE CON I RACCOMANDATI
In un file rinvenuto nel computer sequestrato dalla Guardia di Finanza nella segreteria dell’ex direttore generale dell’Arpac, Luciano Capobianco, compaiono 655 nominativi e la maggior parte sono accompagnati dalla segnalazione di un esponente politico, dell’Udeur ma non solo, che li avrebbe raccomandati. Il documento costituisce uno degli elementi principali intorno a cui ruota l’inchiesta della procura di Napoli coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco. «Si tratta - è scritto nell’ordinanza emessa oggi dal gip Alfano - di raccomandati veri e propri che rispetto ad altri aspiranti privi di sponsor, disponevano della segnalazione di un referente politico che determinerà, nella maggior parte dei casi l’assunzione in violazione delle norme». In alunni casi è emerso che le segnalazioni venivano inviate dai soggetti interessati dal fax in uso allo stesso esponente politico di riferimento, in altri casi il curriculum sarebbe stato scritto a matita proprio dal politico. La procura ha indicato in un riquadro, in ordine decrescente rispetto al numero di segnalazioni, l’elenco degli autori delle segnalazioni (circa 150). Spicca con 100 Nocera (ex assessore regionale Udeur), poi a seguire i nomi di T.Barbato (43), Fantini (36), Giuditta (35), C.Mastella (26), Enrico (17), S.Mastella (12). Tra gli altri nomi di politici locali e nazionali più noti figurano anche Bassolino (2), De Mita (2), Pecoraro Scanio (1), Sales (1). Le persone segnalate sarebbero state favorite per incarichi esterni (consulenze) o per assunzioni all’Arpac a scapito di aspiranti privi di sponsor.
CLEMENTE TORNA DA STRASBURGO
Il leader dell’ Udeur ha saputo dell’ inchiesta nella quale è coinvolto insieme con la moglie Sandra mentre stava partecipando a Strasburgo alla seduta del Parlamento Europeo. Mastella, che era giunto ieri nella città francese per i lavori dell’assemblea, sta ora rientrando in Italia: si è imbarcato sul primo volo utile per Parigi e dalla capitale francese proseguirà per Roma, dove arriverà nel pomeriggio.
UNA SUPER-PARCELLA
Un milione e 300 mila euro, a tanto ammonta la super parcella che è stata liquidata ad uno degli indagati. La persona in questione, in base al lavoro investigativo, è stata beneficiata dall’Asl di Benevento di una consulenza su un argomento che la stessa Procura di Napoli definisce «non chiaro». Si tratta della ricompensa ricevuta «dopo aver dispiegato per il partito (l’Udeur, ndr) la sua presunta intermediazione con gli organi di giustizia amministrativa in una controversia elettorale relativa alle comunali di Morcone (Benevento). Agli atti dell’Asl nessuna documentazione di tale consulenza ma solo il pagamento delle parcelle. Il beneficiario della frode, «un congiunto di un esponente di vertice del sodalizio», ha ottenuto la super parcella con una «truffa» (è la definizione della Procura) ai danni del consorzio di bonifica di Sessa Aurunca (Caserta) e della Regione Campania. L’importo è stato liquidato in relazione a presunti lavori di ristrutturazione della rete di adduzione dell’impianto irriguo di Cellole, sempre nel Casertano.
Fonte: corrieredelmezzogiorno.it
Lady Mastella, accuse di associazione a delinquere. Aiute elettorali dai clan. Per lei divieto di dimora in Campania.
Bufera su Arpac e Udeur: 63 indagati. Ci sono lady Mastella e il consuocero
Lonardo, divieto di dimora in Campania. Accuse di associazione per delinquere. Aiuti elettorali dai clan
NAPOLI
Terremoto all'Arpac, l'agenzia dell'ambiente campano: un'ordinanza di custodia cautelare (ai domiciliari) 63 indagati, 18 divieti di dimora e 6 misure interdittive. Un vero e proprio ciclone contro uno dei settori pubblici, considerato da anni «feudo» del Campanile di Clemente Mastella. L'operazione condotta dalla Guardia di finanza di Napoli e dai carabinieri di Caserta coinvolge, infatti, politici, dirigenti della pubblica amministrazione, professionisti e imprenditori campani.
DIVIETO PER SANDRA
Nell’inchiesta risulta indagata anche la presidente del Consiglio regionale della Campania, Sandra Lonardo, destinataria di un provvedimento di divieto di dimora in Campania, dove svolge la sua attività istituzionale. Non solo: stamane sette carabinieri sono entrati nella villa della famiglia Mastella a Ceppaloni, nel Beneventano e ne sono usciti dopo qualche ora. Nei confronti dell’eurodeputato, che si trovava a Strasburgo, invece è stato emesso un avviso di conclusione delle indagini preliminari.
ARPAC
Il filone dell’indagine per il quale sono scattati gli arresti e gli «avvisi» riguarda l’Arpac, Agenzia regionale per la protezione ambientale. Le accuse contestate vanno dall'’associazione a delinquere finalizzata alla truffa, al falso, all'abuso di ufficio, alla turbativa d’asta e alla concussione. Nel mirino degli inquirenti sia la gestione di appalti pubblici sia i concorsi finalizzati all’assunzione di personale e l'affidamento di incarichi professionali nella pubblica amministrazione. Sarebbero stati trovati dei file in cui ogni nome da assumere era rigorosamente abbinato a quello di un politico Udeur (sequestrati anche dei pc). E nel partito chi non si piegava a quest'andazzo veniva vessato e intimidito.
COINVOLTO ANCHE IL CONSUOCERO
Arresti domiciliari sono stati disposti per Luciano Capobianco, ex direttore generale dell’Arpac, l’Azienda regionale per la protezione ambientale della Campania. Quindici gli indagati per i quali è stato applicato il divieto di dimora nella Regione Campania. Oltre alla Lonardo; il capogruppo alla Regione Fernando Errico; Nicola Ferraro, consigliere regionale; Antonio Fantini, già presidente della Regione Campania e segretario regionale Udeur. Gli altri provvedimenti riguardano Valerio Azzi, imprenditore; Carlo Camilleri, ingegnere e consuocero di Clemente Mastella; Ruggero Cataldi, ex direttore amministrativo Asl Benevento 1; Giuseppe Ciotola, imprenditore; Bruno De Stefano, direttore generale dell’Asl di Benevento; Arnaldo Falato, dirigente dell’Asl Benevento 1; Carmelo Lomazzo, dirigente Arpac; Massimo Menegozzo, dirigente Arpac; Massimo Palmieri, imprenditore; Francesco Polizio, dirigente Arpac; Mario Scarinzi, ex direttore generale dell’Asl Benevento 1. Il divieto di dimora nelle province di Benevento, Caserta e Napoli è stato disposto per Bartolomeo Piccolo, imprenditore, mentre il divieto di dimora nelle province di Benevento e Napoli per Giustino Tranfa, imprenditore, Antonio Zerrillo, ingegnere. La misura interdittiva del divieto di esercitare l’impresa e la professione è stata disposta per gli imprenditori Gaetano Criscione, Francesco Di Palma, Fabrizio Merolla, Claudio Rossi, Fabio Rossi e per il libero professionista Antonello Scocca.
APPOGGIO DEI CLAN
Un filone dell'inchiesta riguarda presunti appoggi elettorali di un clan di Marcianise (Caserta): questa parte verrà ora stralciata e passata, per competenza alla Dda. Tra l'altro Pellegrino Mastella, uno dei figli di Clemente, girava con una Porsche Cayenne procurata dal titolare di un autosalone di Marcianise attualmente detenuto per 416 bis.
CLEMENTE TORNA DA STRASBURGO
Il leader dell’ Udeur ha saputo dell’ inchiesta nella quale è coinvolto insieme con la moglie Sandra mentre stava partecipando a Strasburgo alla seduta del Parlamento Europeo. Mastella, che era giunto ieri nella città francese per i lavori dell’assemblea, sta ora rientrando in Italia: si è imbarcato sul primo volo utile per Parigi e dalla capitale francese proseguirà per Roma, dove arriverà nel pomeriggio.
UNA SUPER-PARCELLA
Un milione e 300 mila euro, a tanto ammonta la super parcella che è stata liquidata ad uno degli indagati. La persona in questione, in base al lavoro investigativo, è stata beneficiata dall’Asl di Benevento di una consulenza su un argomento che la stessa Procura di Napoli definisce «non chiaro». Si tratta della ricompensa ricevuta «dopo aver dispiegato per il partito (l’Udeur, ndr) la sua presunta intermediazione con gli organi di giustizia amministrativa in una controversia elettorale relativa alle comunali di Morcone (Benevento). Agli atti dell’Asl nessuna documentazione di tale consulenza ma solo il pagamento delle parcelle. Il beneficiario della frode, «un congiunto di un esponente di vertice del sodalizio», ha ottenuto la super parcella con una «truffa» (è la definizione della Procura) ai danni del consorzio di bonifica di Sessa Aurunca (Caserta) e della Regione Campania. L’importo è stato liquidato in relazione a presunti lavori di ristrutturazione della rete di adduzione dell’impianto irriguo di Cellole, sempre nel Casertano.
Fonte: corriere.it
Lonardo, divieto di dimora in Campania. Accuse di associazione per delinquere. Aiuti elettorali dai clan
NAPOLI
Terremoto all'Arpac, l'agenzia dell'ambiente campano: un'ordinanza di custodia cautelare (ai domiciliari) 63 indagati, 18 divieti di dimora e 6 misure interdittive. Un vero e proprio ciclone contro uno dei settori pubblici, considerato da anni «feudo» del Campanile di Clemente Mastella. L'operazione condotta dalla Guardia di finanza di Napoli e dai carabinieri di Caserta coinvolge, infatti, politici, dirigenti della pubblica amministrazione, professionisti e imprenditori campani.
DIVIETO PER SANDRA
Nell’inchiesta risulta indagata anche la presidente del Consiglio regionale della Campania, Sandra Lonardo, destinataria di un provvedimento di divieto di dimora in Campania, dove svolge la sua attività istituzionale. Non solo: stamane sette carabinieri sono entrati nella villa della famiglia Mastella a Ceppaloni, nel Beneventano e ne sono usciti dopo qualche ora. Nei confronti dell’eurodeputato, che si trovava a Strasburgo, invece è stato emesso un avviso di conclusione delle indagini preliminari.
ARPAC
Il filone dell’indagine per il quale sono scattati gli arresti e gli «avvisi» riguarda l’Arpac, Agenzia regionale per la protezione ambientale. Le accuse contestate vanno dall'’associazione a delinquere finalizzata alla truffa, al falso, all'abuso di ufficio, alla turbativa d’asta e alla concussione. Nel mirino degli inquirenti sia la gestione di appalti pubblici sia i concorsi finalizzati all’assunzione di personale e l'affidamento di incarichi professionali nella pubblica amministrazione. Sarebbero stati trovati dei file in cui ogni nome da assumere era rigorosamente abbinato a quello di un politico Udeur (sequestrati anche dei pc). E nel partito chi non si piegava a quest'andazzo veniva vessato e intimidito.
COINVOLTO ANCHE IL CONSUOCERO
Arresti domiciliari sono stati disposti per Luciano Capobianco, ex direttore generale dell’Arpac, l’Azienda regionale per la protezione ambientale della Campania. Quindici gli indagati per i quali è stato applicato il divieto di dimora nella Regione Campania. Oltre alla Lonardo; il capogruppo alla Regione Fernando Errico; Nicola Ferraro, consigliere regionale; Antonio Fantini, già presidente della Regione Campania e segretario regionale Udeur. Gli altri provvedimenti riguardano Valerio Azzi, imprenditore; Carlo Camilleri, ingegnere e consuocero di Clemente Mastella; Ruggero Cataldi, ex direttore amministrativo Asl Benevento 1; Giuseppe Ciotola, imprenditore; Bruno De Stefano, direttore generale dell’Asl di Benevento; Arnaldo Falato, dirigente dell’Asl Benevento 1; Carmelo Lomazzo, dirigente Arpac; Massimo Menegozzo, dirigente Arpac; Massimo Palmieri, imprenditore; Francesco Polizio, dirigente Arpac; Mario Scarinzi, ex direttore generale dell’Asl Benevento 1. Il divieto di dimora nelle province di Benevento, Caserta e Napoli è stato disposto per Bartolomeo Piccolo, imprenditore, mentre il divieto di dimora nelle province di Benevento e Napoli per Giustino Tranfa, imprenditore, Antonio Zerrillo, ingegnere. La misura interdittiva del divieto di esercitare l’impresa e la professione è stata disposta per gli imprenditori Gaetano Criscione, Francesco Di Palma, Fabrizio Merolla, Claudio Rossi, Fabio Rossi e per il libero professionista Antonello Scocca.
APPOGGIO DEI CLAN
Un filone dell'inchiesta riguarda presunti appoggi elettorali di un clan di Marcianise (Caserta): questa parte verrà ora stralciata e passata, per competenza alla Dda. Tra l'altro Pellegrino Mastella, uno dei figli di Clemente, girava con una Porsche Cayenne procurata dal titolare di un autosalone di Marcianise attualmente detenuto per 416 bis.
CLEMENTE TORNA DA STRASBURGO
Il leader dell’ Udeur ha saputo dell’ inchiesta nella quale è coinvolto insieme con la moglie Sandra mentre stava partecipando a Strasburgo alla seduta del Parlamento Europeo. Mastella, che era giunto ieri nella città francese per i lavori dell’assemblea, sta ora rientrando in Italia: si è imbarcato sul primo volo utile per Parigi e dalla capitale francese proseguirà per Roma, dove arriverà nel pomeriggio.
UNA SUPER-PARCELLA
Un milione e 300 mila euro, a tanto ammonta la super parcella che è stata liquidata ad uno degli indagati. La persona in questione, in base al lavoro investigativo, è stata beneficiata dall’Asl di Benevento di una consulenza su un argomento che la stessa Procura di Napoli definisce «non chiaro». Si tratta della ricompensa ricevuta «dopo aver dispiegato per il partito (l’Udeur, ndr) la sua presunta intermediazione con gli organi di giustizia amministrativa in una controversia elettorale relativa alle comunali di Morcone (Benevento). Agli atti dell’Asl nessuna documentazione di tale consulenza ma solo il pagamento delle parcelle. Il beneficiario della frode, «un congiunto di un esponente di vertice del sodalizio», ha ottenuto la super parcella con una «truffa» (è la definizione della Procura) ai danni del consorzio di bonifica di Sessa Aurunca (Caserta) e della Regione Campania. L’importo è stato liquidato in relazione a presunti lavori di ristrutturazione della rete di adduzione dell’impianto irriguo di Cellole, sempre nel Casertano.
Fonte: corriere.it
21 lug 2009
Al Consiglio Regionale posti per gli amici dei politici. La Campania assume l’esercito dei «comandati»
La denuncia del vicepresidente Ronghi: «infornata» di distaccati da società a partecipazione pubblica
ROMA — Parolina magica: comandato. Per un dipendente pubblico essere comandato significa il trasferimento dall’amministrazione che lo ha assunto a un altro ufficio. Più comodo, più prestigioso, soprattutto meglio retribuito. Insomma, un destino super ambito. Anche perché dovrebbe essere riservato a pochi fortunati destinatari di incarichi che non si potrebbero ricoprire in altro modo. Tranne che al Consiglio regionale della Campania, dove i comandati da altre amministrazioni sono la bellezza di 223: per un costo di almeno una dozzina di milioni l’anno.
Sono arrivati da tutte le parti. Dalle Asl. Dall’Inps. Dai ministeri dell’Istruzione, delle Infrastrutture, dell’Economia, dei Beni Culturali, della Difesa, della Giustizia. Dai Comuni: perfino da quello di Siena. Dalle Province. Dalle Università. Ma c’è chi è stato comandato al Consiglio regionale della Campania anche dalle Poste e dall’Atm: proprio così, anche l’azienda di trasporti controllata dal Comune di Milano. Siccome i distaccati dalle altre amministrazioni pubbliche non bastavano, allora con una leggina regionale del 2002 si è estesa la possibilità di far distaccare nel brutto palazzone del centro direzionale di Napoli dove ha sede il Consiglio, pure i dipendenti delle imprese pubbliche. Ma nemmeno controllate completamente dallo Stato o dagli enti locali, visto che per farsi recapitare nel dorato mondo della politica campana era sufficiente risultare dipendente di una società nella quale la partecipazione pubblica non fosse «inferiore al 49 per cento».
Il giochino era semplice: bastava far assumere una persona da una società del Comune o della Regione, dove si può entrare per chiamata diretta, e farla poi distaccare presso la segreteria di un politico. Dove, guarda caso, si trova la maggior parte dei comandati. Scorrendo il loro elenco si scopre che i dipendenti di società, amministrazioni ed enti pubblici distaccati presso strutture politiche, come i gruppi dei partiti, sono circa 150. Alla segreteria di Alessandrina Lonardo, presidente del Consiglio regionale nonché consorte dell’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, ci sono 14 comandati. Quelli del gruppo Pd sono 22: fra loro, secondo la lista, ci sarebbe anche una persona proveniente da Enel distribuzione spa, società che fa parte di un gruppo nel quale la partecipazione pubblica è ben inferiore al 49% previsto dalla legge regionale. Ben otto sono nel gruppo del Nuovo Psi. Una dozzina in quello di Forza Italia. E ben sei sono alle dipendenze del questore al personale Fulvio Martusciello. Nel tentativo di mettere un freno a questo meccanismo infernale, qualche anno fa si decise di bloccare il flusso dei comandati dalle aziende pubbliche. Inutile dire che il promotore di questa iniziativa, il vicepresidente del consiglio regionale Salvatore Ronghi, ora esponente del Movimento per le autonomie, non si fece molti amici. Ma non aveva previsto l’inevitabile colpo di coda. Un giorno di gennaio del 2008, mentre si votava la legge finanziaria locale, passò senza colpo ferire un emendamento trasversale che prevede di fatto la stabilizzazione nei ruoli del consiglio regionale del personale in posizione di comando proveniente da altre amministrazioni: compresi, ovviamente, i circa 80 dipendenti delle imprese pubbliche e parapubbliche. Erano le tre del mattino. La norma in questione è l’articolo 44 della legge regionale numero 1 del 2008 e stabilisce che i comandati possono venire collocati in un’apposita graduatoria e accedere a «corsi concorsi» a loro riservati per passare a tutti gli effetti alle dipendenze del Consiglio.
Per gestire questa procedura è stata nominata il 2 luglio scorso una commissione di nove (nove!) persone presieduta da un dirigente dell’amministrazione, Girolamo Sibilio, ma con forti venature politiche. Ovviamente bipartisan. Per dirne una, ne fa parte anche Anna Ferrazzano, vice presidente della giunta provinciale di Salerno, già commissario di Forza Italia nella città campana. Secondo Ronghi ce n’è abbastanza per far scoppiare uno scandalo, mettendo anche in azione la magistratura: «E’ del tutto illegale assumere in questo modo i comandati provenienti dalle aziende a partecipazione pubblica. La legge stabilisce che non si possa venire assunti in una pubblica amministrazione se non tramite concorso pubblico, e sottolineo pubblico. I corsi concorsi previsti dall’articolo 44 servono soltanto per aggirarlo facendo diventare dipendenti del consiglio regionale gli amici dei politici assunti fittiziamente dalle società miste». Non sarà un caso che da quando è nata la Regione Campania, nel 1970, nel consiglio regionale non è mai entrato un dipendente per concorso pubblico. Il primo concorso (per 36 posti) è stato bandito nel 2005, ma non è stato ancora fatto. E la prospettiva della stabilizzazione di tutti i comandati non lascia molte speranze a chi punta su quello per avere un lavoro. Anche perché costoro sono circa metà di tutti i dipendenti del consiglio. Che grazie ai comandi e ai distacchi sono diventati negli anni più numerosi di quelli di Buckingham Palace, e oltre il doppio, in proporzione agli eletti, rispetto alla Camera. Per ognuno dei 60 consiglieri regionali campani ci sono circa otto dipendenti, a fronte dei tre per ogni deputato che si contano a Montecitorio.
Fonte: corrieredelmezzogiorno.it
ROMA — Parolina magica: comandato. Per un dipendente pubblico essere comandato significa il trasferimento dall’amministrazione che lo ha assunto a un altro ufficio. Più comodo, più prestigioso, soprattutto meglio retribuito. Insomma, un destino super ambito. Anche perché dovrebbe essere riservato a pochi fortunati destinatari di incarichi che non si potrebbero ricoprire in altro modo. Tranne che al Consiglio regionale della Campania, dove i comandati da altre amministrazioni sono la bellezza di 223: per un costo di almeno una dozzina di milioni l’anno.
Sono arrivati da tutte le parti. Dalle Asl. Dall’Inps. Dai ministeri dell’Istruzione, delle Infrastrutture, dell’Economia, dei Beni Culturali, della Difesa, della Giustizia. Dai Comuni: perfino da quello di Siena. Dalle Province. Dalle Università. Ma c’è chi è stato comandato al Consiglio regionale della Campania anche dalle Poste e dall’Atm: proprio così, anche l’azienda di trasporti controllata dal Comune di Milano. Siccome i distaccati dalle altre amministrazioni pubbliche non bastavano, allora con una leggina regionale del 2002 si è estesa la possibilità di far distaccare nel brutto palazzone del centro direzionale di Napoli dove ha sede il Consiglio, pure i dipendenti delle imprese pubbliche. Ma nemmeno controllate completamente dallo Stato o dagli enti locali, visto che per farsi recapitare nel dorato mondo della politica campana era sufficiente risultare dipendente di una società nella quale la partecipazione pubblica non fosse «inferiore al 49 per cento».
Il giochino era semplice: bastava far assumere una persona da una società del Comune o della Regione, dove si può entrare per chiamata diretta, e farla poi distaccare presso la segreteria di un politico. Dove, guarda caso, si trova la maggior parte dei comandati. Scorrendo il loro elenco si scopre che i dipendenti di società, amministrazioni ed enti pubblici distaccati presso strutture politiche, come i gruppi dei partiti, sono circa 150. Alla segreteria di Alessandrina Lonardo, presidente del Consiglio regionale nonché consorte dell’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, ci sono 14 comandati. Quelli del gruppo Pd sono 22: fra loro, secondo la lista, ci sarebbe anche una persona proveniente da Enel distribuzione spa, società che fa parte di un gruppo nel quale la partecipazione pubblica è ben inferiore al 49% previsto dalla legge regionale. Ben otto sono nel gruppo del Nuovo Psi. Una dozzina in quello di Forza Italia. E ben sei sono alle dipendenze del questore al personale Fulvio Martusciello. Nel tentativo di mettere un freno a questo meccanismo infernale, qualche anno fa si decise di bloccare il flusso dei comandati dalle aziende pubbliche. Inutile dire che il promotore di questa iniziativa, il vicepresidente del consiglio regionale Salvatore Ronghi, ora esponente del Movimento per le autonomie, non si fece molti amici. Ma non aveva previsto l’inevitabile colpo di coda. Un giorno di gennaio del 2008, mentre si votava la legge finanziaria locale, passò senza colpo ferire un emendamento trasversale che prevede di fatto la stabilizzazione nei ruoli del consiglio regionale del personale in posizione di comando proveniente da altre amministrazioni: compresi, ovviamente, i circa 80 dipendenti delle imprese pubbliche e parapubbliche. Erano le tre del mattino. La norma in questione è l’articolo 44 della legge regionale numero 1 del 2008 e stabilisce che i comandati possono venire collocati in un’apposita graduatoria e accedere a «corsi concorsi» a loro riservati per passare a tutti gli effetti alle dipendenze del Consiglio.
Per gestire questa procedura è stata nominata il 2 luglio scorso una commissione di nove (nove!) persone presieduta da un dirigente dell’amministrazione, Girolamo Sibilio, ma con forti venature politiche. Ovviamente bipartisan. Per dirne una, ne fa parte anche Anna Ferrazzano, vice presidente della giunta provinciale di Salerno, già commissario di Forza Italia nella città campana. Secondo Ronghi ce n’è abbastanza per far scoppiare uno scandalo, mettendo anche in azione la magistratura: «E’ del tutto illegale assumere in questo modo i comandati provenienti dalle aziende a partecipazione pubblica. La legge stabilisce che non si possa venire assunti in una pubblica amministrazione se non tramite concorso pubblico, e sottolineo pubblico. I corsi concorsi previsti dall’articolo 44 servono soltanto per aggirarlo facendo diventare dipendenti del consiglio regionale gli amici dei politici assunti fittiziamente dalle società miste». Non sarà un caso che da quando è nata la Regione Campania, nel 1970, nel consiglio regionale non è mai entrato un dipendente per concorso pubblico. Il primo concorso (per 36 posti) è stato bandito nel 2005, ma non è stato ancora fatto. E la prospettiva della stabilizzazione di tutti i comandati non lascia molte speranze a chi punta su quello per avere un lavoro. Anche perché costoro sono circa metà di tutti i dipendenti del consiglio. Che grazie ai comandi e ai distacchi sono diventati negli anni più numerosi di quelli di Buckingham Palace, e oltre il doppio, in proporzione agli eletti, rispetto alla Camera. Per ognuno dei 60 consiglieri regionali campani ci sono circa otto dipendenti, a fronte dei tre per ogni deputato che si contano a Montecitorio.
Fonte: corrieredelmezzogiorno.it
16 lug 2009
A Strasburgo gli stipendi sono uguali per tutti. "Una miseria questi 290 euro" Mastella protesta per la diaria
L'eurodeputato del Pdl: "Questi non sanno quanto si prende a Montecitorio"
STRASBURGO - "Una diaria di 290 euro! 'Sta miseria. Non ci si sta dentro. Questi non sanno cosa si prende al Parlamento italiano". Clemente Mastella esterna il suo disappunto per le nuove "durezze" a cui sono sottoposti i 736 eurodeputati. "Si prende meno che in Italia". Lo urla in ascensore, sventolando furioso le carte che via via gli porgono i suoi assistenti. Studia i chilometraggi. Chiede a Cristiana Muscardini, storica eurodeputata di An, ora nel Pdl assieme all'ex ministro di Prodi, come funzionino le firme-presenze per essere pagati.
Per albergo e vitto la Ue paga ai deputati 295 euro al giorno. Più una correzione legata alla durata del viaggio e alla distanza fra casa e aeroporto (tre euro al chilometro). Fino a questa legislatura gli euro erano 250: l'aumento è legato alla nuova normativa scattata all'Europarlamento. Da quest'anno tutti i deputati guadagnano uguale: 7.666,31 lordi al mese, indicizzati sull'inflazione. Al netto, sono 5.700 euro. Con pensione dopo cinque anni, finito il mandato. Finora invece gli stipendi erano equiparati a quelli dei parlamentari nazionali: gli italiani erano i Paperoni e adesso prendono meno; ma per lituani, bulgari, e molti altri è una pacchia.
Nel conto, poi, ci sono 4.402 euro al mese per spese generali: vere o no, non si deve dimostrare nulla. Solo essere presenti in aula almeno sette volte all'anno. Altri 17.570 euro mensili, invece, sono per l'indennità di segreteria: stipendi e spese degli assistenti scelti dal deputato. Finora anche questa cifra era intascata senza ricevute, magari per collaboratori condivisi fra deputati.
I biglietti aerei per la prima volta non sono rimborsati a forfait: i rimborsi di business class per biglietti low cost o per viaggi di gruppo in auto erano prassi diffusa. Così ora è obbligatoria la ricevuta. Idem per la benzina: 0,49 euro al km. Infine, 4.148 euro sono destinati a viaggi fuori dai rispettivi Stati e 149 euro al giorno, hotel escluso, per missioni extra-Ue. Finisce così l'escamotage di incassare 1.500 euro in nero a settimana per i viaggi aerei che i deputati compiono per le tre settimane mensili di sedute a Bruxelles o Strasburgo. Alcuni, peraltro, si facevano vedere all'Europarlamento anche la quarta settimana, quella destinata al collegio di casa. Altri 1.500 euro.
Fonte: repubblica.it
STRASBURGO - "Una diaria di 290 euro! 'Sta miseria. Non ci si sta dentro. Questi non sanno cosa si prende al Parlamento italiano". Clemente Mastella esterna il suo disappunto per le nuove "durezze" a cui sono sottoposti i 736 eurodeputati. "Si prende meno che in Italia". Lo urla in ascensore, sventolando furioso le carte che via via gli porgono i suoi assistenti. Studia i chilometraggi. Chiede a Cristiana Muscardini, storica eurodeputata di An, ora nel Pdl assieme all'ex ministro di Prodi, come funzionino le firme-presenze per essere pagati.
Per albergo e vitto la Ue paga ai deputati 295 euro al giorno. Più una correzione legata alla durata del viaggio e alla distanza fra casa e aeroporto (tre euro al chilometro). Fino a questa legislatura gli euro erano 250: l'aumento è legato alla nuova normativa scattata all'Europarlamento. Da quest'anno tutti i deputati guadagnano uguale: 7.666,31 lordi al mese, indicizzati sull'inflazione. Al netto, sono 5.700 euro. Con pensione dopo cinque anni, finito il mandato. Finora invece gli stipendi erano equiparati a quelli dei parlamentari nazionali: gli italiani erano i Paperoni e adesso prendono meno; ma per lituani, bulgari, e molti altri è una pacchia.
Nel conto, poi, ci sono 4.402 euro al mese per spese generali: vere o no, non si deve dimostrare nulla. Solo essere presenti in aula almeno sette volte all'anno. Altri 17.570 euro mensili, invece, sono per l'indennità di segreteria: stipendi e spese degli assistenti scelti dal deputato. Finora anche questa cifra era intascata senza ricevute, magari per collaboratori condivisi fra deputati.
I biglietti aerei per la prima volta non sono rimborsati a forfait: i rimborsi di business class per biglietti low cost o per viaggi di gruppo in auto erano prassi diffusa. Così ora è obbligatoria la ricevuta. Idem per la benzina: 0,49 euro al km. Infine, 4.148 euro sono destinati a viaggi fuori dai rispettivi Stati e 149 euro al giorno, hotel escluso, per missioni extra-Ue. Finisce così l'escamotage di incassare 1.500 euro in nero a settimana per i viaggi aerei che i deputati compiono per le tre settimane mensili di sedute a Bruxelles o Strasburgo. Alcuni, peraltro, si facevano vedere all'Europarlamento anche la quarta settimana, quella destinata al collegio di casa. Altri 1.500 euro.
Fonte: repubblica.it
16 feb 2009
Il caso Mastella: alle Europee con il PdL
Prodi e il caso Mastella: «Questa non è politica»
Il Professore: «Andando nel Pdl continua la tradizione. Io? Ormai sono lontano mille miglia da queste cose»
BOLOGNA — Neanche la notizia dell'ennesima migrazione di Clemente Mastella, passato con armi e ceppalonici bagagli alla corte berlusconiana, con vista sull'Europarlamento, riesce a strappare Romano Prodi dalla sua «second life», fatta di Africa, Onu e dotte conferenze. «Non considero questa politica» ha laconicamente commentato l'ex premier, intercettato al telefono da Radio Capital.
Aggiungendo, poi, che la vicenda «è purtroppo un segnale di continuità con la tradizione » e che comunque lui «è lontano mille miglia da queste cose», compresa l'inevitabile scia di sospetti che accompagna il nuovo matrimonio politico dell'uomo che un anno fa fece cadere il governo dell'Unione.
Inaccessibile a qualsiasi discorso che soltanto sfiori la politica italiana, l'ex premier ha fatto una piccolissima eccezione durante un recente viaggio in Messico, quando, incalzato sui motivi della caduta del suo governo, ha dovuto ammettere, come lui stesso scrive nel suo sito, «che non è stato sempre agevole spiegare perché l'Ulivo sia prematuramente appassito». Non è chiaro se, con il termine Ulivo, Prodi intendesse riferirsi all'insieme della sua esperienza di governo o piuttosto alla scarsa incidenza della filosofia ulivista nel Pd veltroniano. La sostanza comunque non cambia: «Io, per questa politica, non voglio esistere» ha più volte confidato l'ex premier ai suoi.
Cosa che gli è riuscita perfettamente da quando, era il 21 gennaio di un anno fa, Mastella annunciò che l'Udeur sarebbe uscita dal governo. Molto si è scritto di quel giorno, a cominciare dalla lettera con la quale l'ex Guardasigilli annunciò a Prodi l'intenzione di ritirare l'appoggio all'esecutivo. «Mastella ha sempre detto — ricorda Sandra Zampa, allora capo ufficio stampa di Palazzo Chigi e ora deputato pd e portavoce del Professore — di aver avvertito per primo Prodi. Non è vero. Abbiamo saputo dalle agenzie che l'Udeur se ne andava. La lettera è arrivata dopo».
Scritta di pugno da Mastella, finito in quei giorni nel mirino di De Magistris, la missiva così recitava: «Caro Romano, con il cuore trafitto, con lo sguardo alla mia splendida famiglia e pensando a quanto abbiamo fatto insieme in condizioni disperate. Con il grazie che ti debbo per la scelta di un dicastero prestigioso, drammaticamente prestigioso, oggi prendo atto che le condizioni politiche non ascrivibili né alla tua persona né a me, imputabili invece a chi questo ha provocato sul piano politico, sono venute meno. Abbiti tanta amicizia». Così finiva il secondo governo di Prodi: «Una manciata di righe, senza alcun costrutto politico, mah...» ricorda ora Zampa. Quel 21 gennaio, mentre il Professore era impegnato in un incontro internazionale, lei era davanti al computer: «A un certo punto — racconta — comparve l'agenzia che annunciava l'uscita dell'Udeur. Alzai la testa e dissi a Flavia (moglie di Prodi, ndr): Mastella se ne va. E lei, che stava scendendo le scale, si bloccò e disse: allora è davvero finita». Ora Mastella è di nuovo politicamente tra noi. Anche se qualcuno, come l'ex finiano Francesco Storace, fatica a crederci: «Mi pare un pessimo scherzo di Carnevale per gli elettori di An».
Fonte: corriere.it
Il Professore: «Andando nel Pdl continua la tradizione. Io? Ormai sono lontano mille miglia da queste cose»
BOLOGNA — Neanche la notizia dell'ennesima migrazione di Clemente Mastella, passato con armi e ceppalonici bagagli alla corte berlusconiana, con vista sull'Europarlamento, riesce a strappare Romano Prodi dalla sua «second life», fatta di Africa, Onu e dotte conferenze. «Non considero questa politica» ha laconicamente commentato l'ex premier, intercettato al telefono da Radio Capital.
Aggiungendo, poi, che la vicenda «è purtroppo un segnale di continuità con la tradizione » e che comunque lui «è lontano mille miglia da queste cose», compresa l'inevitabile scia di sospetti che accompagna il nuovo matrimonio politico dell'uomo che un anno fa fece cadere il governo dell'Unione.
Inaccessibile a qualsiasi discorso che soltanto sfiori la politica italiana, l'ex premier ha fatto una piccolissima eccezione durante un recente viaggio in Messico, quando, incalzato sui motivi della caduta del suo governo, ha dovuto ammettere, come lui stesso scrive nel suo sito, «che non è stato sempre agevole spiegare perché l'Ulivo sia prematuramente appassito». Non è chiaro se, con il termine Ulivo, Prodi intendesse riferirsi all'insieme della sua esperienza di governo o piuttosto alla scarsa incidenza della filosofia ulivista nel Pd veltroniano. La sostanza comunque non cambia: «Io, per questa politica, non voglio esistere» ha più volte confidato l'ex premier ai suoi.
Cosa che gli è riuscita perfettamente da quando, era il 21 gennaio di un anno fa, Mastella annunciò che l'Udeur sarebbe uscita dal governo. Molto si è scritto di quel giorno, a cominciare dalla lettera con la quale l'ex Guardasigilli annunciò a Prodi l'intenzione di ritirare l'appoggio all'esecutivo. «Mastella ha sempre detto — ricorda Sandra Zampa, allora capo ufficio stampa di Palazzo Chigi e ora deputato pd e portavoce del Professore — di aver avvertito per primo Prodi. Non è vero. Abbiamo saputo dalle agenzie che l'Udeur se ne andava. La lettera è arrivata dopo».
Scritta di pugno da Mastella, finito in quei giorni nel mirino di De Magistris, la missiva così recitava: «Caro Romano, con il cuore trafitto, con lo sguardo alla mia splendida famiglia e pensando a quanto abbiamo fatto insieme in condizioni disperate. Con il grazie che ti debbo per la scelta di un dicastero prestigioso, drammaticamente prestigioso, oggi prendo atto che le condizioni politiche non ascrivibili né alla tua persona né a me, imputabili invece a chi questo ha provocato sul piano politico, sono venute meno. Abbiti tanta amicizia». Così finiva il secondo governo di Prodi: «Una manciata di righe, senza alcun costrutto politico, mah...» ricorda ora Zampa. Quel 21 gennaio, mentre il Professore era impegnato in un incontro internazionale, lei era davanti al computer: «A un certo punto — racconta — comparve l'agenzia che annunciava l'uscita dell'Udeur. Alzai la testa e dissi a Flavia (moglie di Prodi, ndr): Mastella se ne va. E lei, che stava scendendo le scale, si bloccò e disse: allora è davvero finita». Ora Mastella è di nuovo politicamente tra noi. Anche se qualcuno, come l'ex finiano Francesco Storace, fatica a crederci: «Mi pare un pessimo scherzo di Carnevale per gli elettori di An».
Fonte: corriere.it
16 ott 2008
Campania, una gita da 200.000 euro
Ma la Regione Campania non è quella con i conti in situazione disperata? Quella dove la gestione dei rifiuti è commissariata da un decennio? Quella dove la sanità pubblica solo nel 2008 ha prodotto un extrabuco di 300 milioni di euro che si sommano ai miliardi degli anni scorsi? L'ultimo degli assessori bassoliniani, quel Claudio Velardi chiamato a risollevare l'immagine di un terra travolta da immondizia e criminalità, non deve essersi accorto della situazione finanziaria che lo circonda. Forse l'ex spin doctor dalemiano e fondatore di una lanciatissima società di comunicazione è ancora rimasto ai fasti del rinascimento partenopeo. Così per una trasferta ufficiale della Regione Campania a Washington sono stati stanziati duecentomila euro. Certo, ben poca cosa rispetto allo sfarzo delle tournè transoceaniche di Sandra Lonardo Mastella, tutt'ora presidente del consiglio campano nonostante l'arresto e le accuse confermate da tutti i tribunali. Ma una cifra comunque elevata.
Nel suo blog Velardi parla di "un persistente, sordo pregiudizio sui fondi impiegati nella promozione istituzionale". E fornisce la lista delle spese previste per la trasferta di 3 giorni. Onore alla trasparenza. L'elenco però aumenta le perplessità. Ci sono dieci voli andata e ritorno Roma-Washington: 25 mila euro. In pratica, 2500 euro a testa: biglietto di business senza sconti. Poi ben 1500 euro per i trasferimenti dall'aeroporto alla capitale americana: 150 euro a testa, una cifra molto alta per le tariffe delle Limousine con autista. Quindi 16.890 uro per l'albergo della delegazione ufficiale, dello staff del ristorante Don Alfonso e per gli ospiti. Andiamo all'alimentazione. Sono previsti 36 mila euro per offrire una cena di gala: quanto basta a sfornare 500 menù da 72 euro l'uno. Poi c'è il dinner della Niaf, la potente organizzazione italo-americana: il tavolo richiede un contributo di 70 mila euro. Ma le due mangiate non bastano e così vengono stanziati altri 5000 euro di pasti per delegazione e ospiti: forse il jet lag mette appetito... E pensare che Velardi nel blog lamenta di avere "le viscere che bofonchiano" per una recente indisposizione.
Veniamo ai gadget. Per gli ospiti d'onore 50 cravatte e 25 foulard: 7500 euro. Fanno cento euro a pezzo. Si spera almeno che siano Marinella. E sorpende che la Regione non sia riuscita nemmeno a farsi fare uno sconticino. Prezzo da boutique anche per i 3.500 magneti omaggio, costati 4 euro e mezzo cadauno. Ci sono poi 2.000 magliette da 5 euro a mezzo l'una, quelle sì economiche. Infine la pubblicità. Poteva un evento del genere non venire propagandato? Bene, altri 24 mila euro. Per comprare una pagina su una testata di Washington? Per far uscire qualcosa su un settimanale statunitense? No, i soldi vanno al quadrimestrale Italy Italy, edito da una società di Magliano Romano: un periodico in inglese, spesso distribuito come allegato nelle edicole italiane e venduto solo in abbonamento nel Nord America.
Velardi, parlando delle missioni all'estero, sul suo blog parla di "esercizi gratuiti di cafoneria, imbarazzanti foto ricordo (ne ricordo una di Occhetto a Manhattan…), dichiarazioni fuori luogo. Insomma, il sospetto generale e preventivo è comprensibile". Come dargli torto?
Fonte: spreconi.it
Nel suo blog Velardi parla di "un persistente, sordo pregiudizio sui fondi impiegati nella promozione istituzionale". E fornisce la lista delle spese previste per la trasferta di 3 giorni. Onore alla trasparenza. L'elenco però aumenta le perplessità. Ci sono dieci voli andata e ritorno Roma-Washington: 25 mila euro. In pratica, 2500 euro a testa: biglietto di business senza sconti. Poi ben 1500 euro per i trasferimenti dall'aeroporto alla capitale americana: 150 euro a testa, una cifra molto alta per le tariffe delle Limousine con autista. Quindi 16.890 uro per l'albergo della delegazione ufficiale, dello staff del ristorante Don Alfonso e per gli ospiti. Andiamo all'alimentazione. Sono previsti 36 mila euro per offrire una cena di gala: quanto basta a sfornare 500 menù da 72 euro l'uno. Poi c'è il dinner della Niaf, la potente organizzazione italo-americana: il tavolo richiede un contributo di 70 mila euro. Ma le due mangiate non bastano e così vengono stanziati altri 5000 euro di pasti per delegazione e ospiti: forse il jet lag mette appetito... E pensare che Velardi nel blog lamenta di avere "le viscere che bofonchiano" per una recente indisposizione.
Veniamo ai gadget. Per gli ospiti d'onore 50 cravatte e 25 foulard: 7500 euro. Fanno cento euro a pezzo. Si spera almeno che siano Marinella. E sorpende che la Regione non sia riuscita nemmeno a farsi fare uno sconticino. Prezzo da boutique anche per i 3.500 magneti omaggio, costati 4 euro e mezzo cadauno. Ci sono poi 2.000 magliette da 5 euro a mezzo l'una, quelle sì economiche. Infine la pubblicità. Poteva un evento del genere non venire propagandato? Bene, altri 24 mila euro. Per comprare una pagina su una testata di Washington? Per far uscire qualcosa su un settimanale statunitense? No, i soldi vanno al quadrimestrale Italy Italy, edito da una società di Magliano Romano: un periodico in inglese, spesso distribuito come allegato nelle edicole italiane e venduto solo in abbonamento nel Nord America.
Velardi, parlando delle missioni all'estero, sul suo blog parla di "esercizi gratuiti di cafoneria, imbarazzanti foto ricordo (ne ricordo una di Occhetto a Manhattan…), dichiarazioni fuori luogo. Insomma, il sospetto generale e preventivo è comprensibile". Come dargli torto?
Fonte: spreconi.it
13 mag 2008
Consulenze in pompa magna e funebre
Il consulente ai funerali? Può sembrare assurdo, ma c'è anche questo incarico. E forse, alla luce della situazione politica in Campania descritta nell'inchiesta di copertina de L'espresso, tra le tante consulenze assegnate dal Consiglio regionale questa è la più azzeccata.
L'elenco comprende ben 152 nomine con la spesa di un milione di euro. L'avvocato che darà consigli sulla deontologia delle pompe funebri riceverà 3.000 euro. Per il sostegno e la valorizzazione delle piccole librerie interverrà un ingegnere, pagato con 7.000 euro. Altri 5.000 invece voleranno via per dare consigli sulla vigilanza delle spiagge libere. Notevole anche l'istituzione di una consula delle confessioni religiose con consulenza da 4500 euro o i mille euro per un'analisi delle proposte normative sui biodisel. Sorprende poi che l'assessore all'Ambiente del Comune di Salerno si faccia versare 5 mila euro per pareri sulla legislazione ambientale: è un esponente dei Verdi, forse avrebbe potuto rinunciare al compenso. Solo tredici incarichi non prevedono soldi. Ed è difficile pensare che una struttura sterminata come la Regione Campania non disponga di tecnici e professionisti interni a cui affidare le stesse mansioni. Ma al Corriere del Mezzogiorno, il presidente del Consiglio regionale ha difeso le scelte: «Abbiamo tagliato le spese del 30 per cento«. Di chi si tratta? Di Sandra Lonardo Mastella, tornata al suo posto dopo la scarcerazione.
Fonte: espresso.repubblica.it
L'elenco comprende ben 152 nomine con la spesa di un milione di euro. L'avvocato che darà consigli sulla deontologia delle pompe funebri riceverà 3.000 euro. Per il sostegno e la valorizzazione delle piccole librerie interverrà un ingegnere, pagato con 7.000 euro. Altri 5.000 invece voleranno via per dare consigli sulla vigilanza delle spiagge libere. Notevole anche l'istituzione di una consula delle confessioni religiose con consulenza da 4500 euro o i mille euro per un'analisi delle proposte normative sui biodisel. Sorprende poi che l'assessore all'Ambiente del Comune di Salerno si faccia versare 5 mila euro per pareri sulla legislazione ambientale: è un esponente dei Verdi, forse avrebbe potuto rinunciare al compenso. Solo tredici incarichi non prevedono soldi. Ed è difficile pensare che una struttura sterminata come la Regione Campania non disponga di tecnici e professionisti interni a cui affidare le stesse mansioni. Ma al Corriere del Mezzogiorno, il presidente del Consiglio regionale ha difeso le scelte: «Abbiamo tagliato le spese del 30 per cento«. Di chi si tratta? Di Sandra Lonardo Mastella, tornata al suo posto dopo la scarcerazione.
Fonte: espresso.repubblica.it
31 gen 2008
Ci manda Mastella
Giudici, prefetti, manager a disposizione. Così l'ex ministro aveva creato un sistema di potere. Dove contava solo la fedeltà al partito e alla famiglia
Santa Maria Capua Vetere? "È la capitale morale d'Italia". Totò lo ripeteva spesso nelle sue commedie, evocando il primato del piccolo centro casertano. Una frase surreale, senza spiegazioni, ma che oggi appare profetica. Perché se forse dell'inchiesta su Clemente Mastella di giudiziario rimarrà poco, resta però agli atti lo spaccato di un modo vorace di fare politica.
A come 'A disposizione'
È la dichiarazione di sudditanza pronunciata dai pubblici funzionari nei confronti della famiglia Mastella. Nelle intercettazioni è un coro. Intonato da personaggi di nomina politica e da dirigenti dello Stato. C'è il presidente di sezione del Tar. C'è il prefetto che declama: "Dite a Clemente che io quello che devo scrivere lo scrivo". E c'è Umberto Del Basso, diessino e neo presidente dell'Istituto case popolari nel Sannio, che va oltre: "Non è che Mastella deve chiamare me. Ci mancherebbe altro! Mi fa chiamare e mi dice 'Desidero questa cosa'. Io sono a disposizione".
B come Bassolino Antonio
In questa indagine il governatore della Campania è vittima e carnefice. Secondo i pm, da una parte subisce il ricatto dei coniugi Mastella che minacciano la crisi della giunta per conquistare una poltrona in più. Ma dall'altra gli inquirenti lo accusano di essere pronto ad avallare le richieste dell'Udeur firmando provvedimenti fuorilegge. Insomma, la versione giudiziaria dell'immortale 'chiagne e fotte'.
C come camorra
Quella di Casal di Principe, ossia dei feroci Casalesi. Ma nelle indagini di mafia non c'è traccia.Viene però citata in almeno due conversazioni dagli esponenti dell'Udeur per indicare Nicola Ferraro, consigliere regionale e segretario provinciale del partito, privo di certificato antimafia per le parentele con alcuni boss casalesi. Scherzavano? Dichiara ai pm Luigi Annunziata, direttore dell'ospedale di Caserta: "È chiaro che se vuole fare pressioni non le fa ricorrendo a un vescovo, ma chiedendo a qualche malvivente amico suo".
D come difesa
Tutti gli indagati hanno respinto le accuse: mai minacciato nessuno, non c'è corruzione perché questa è la normale prassi dei partiti. Il 28 gennaio il Tribunale della libertà esaminerà la revoca degli arresti domiciliari per la signora Mastella.
E come estorsioni
Commesse da pubblico ufficiale e quindi concussioni. È il reato contestato a Sandra e Clemente Mastella: un'ipotesi che difficilmente reggerà in Tribunale. La signora avrebbe creato l'intimidazione al direttore dell'ospedale di Caserta: "Per noi è un uomo morto". Poi c'è l'assedio del leader Udeur a Bassolino, descritto dal consuocero: "Se per martedì il problema non è risolto, lui fa una comunicazione. Spara a zero e dice: 'Me esco dalla maggioranza... naturalmente non per questi problemi... ma soltanto perché non condivido la politica di Bassolino'". A leggerlo ora, sembra il canovaccio del discorso che ha aperto la crisi del governo Prodi.
F come famiglia
Il centro di ogni azione dei coniugi Mastella. È la motivazione per le dimissioni da ministro: "Devo stare accanto a mia moglie". Ma anche quello per cui il Guardasigilli è finito nelle indagini, nate dalle intercettazioni del consuocero Carlo Camilleri. Poi c'è un cugino oncologo da piazzare alla guida di un consorzio dove può fare "il padre padrone". E i discorsi su una clinica da intestare a un altro parente.
G come giudici
Ai quali in fondo il Guardasigilli Mastella non dispiaceva: dopo cinque anni passati a combattere con l'ingegnere Castelli, un ministro ex dc era apparso come una manna. Da Milano a Palermo, anche le procure più combattive avevano apprezzato la sua capacità di mediare. Adesso tutti temono le 'Forche caudine' del Sannio.
I come intercettazioni
L'inchiesta condotta da un pugno di carabinieri del nucleo operativo di Caserta è basata su telefonate. Agli atti ci sono 9 conversazioni con il ministro. Nessuna indagine patrimoniale, nessun pedinamento o perquisizione: solo parole.
L come lottizzazione
Più che gli appalti, ai Mastella interessavano le poltrone: più che ai soldi, puntavano a collezionare persone e voti. Gli appalti ci sono (per esempio, uno a Matera da 18 milioni), ma solo come conseguenza secondaria. E vengono gestiti cercando di non scontentare nessuno.
M come medici
Dopo la laurea ci vuole il 'padrino'. Serve per entrare nella scuola di specializzazione: uno degli arrestati chiede l'intervento del procuratore di Foggia per sostenere una nipote. E serve per trovare un posto in ospedale, incasellandosi nella spartizione. Lady Mastella chiede "due cortesie: una in neurochirurgia e una in cardiologia". E guai a sgarrare.
N come Nutella
Il soprannome con cui veniva indicata la signora Mastella. Un po' per la passione per i dolci, un po' per il suo stile, che l'ha vista distribuire baci anche all'uscita dell'interrogatorio.
P come procuratore
Il colpo di coda di Mariano Massei costerà caro alla magistratura. La retata ha avuto l'effetto di rendere compatte le forze politiche nelle critiche alle toghe. E la surreale conferenza stampa, esplosa su YouTube, rischia di diventare il colpo di grazia alla credibilità dei pm italiani. Ora Massei va via, lasciando la procura capuana colma di veleni e problemi irrisolti.
Q come quadrato
Ossia il 'mazzo' che il ministro avrebbe minacciato di fare agli avversari. La replica di Mastella: "Frasi dialettali: più che il codice, offendono la lingua".
R come raccomandazione
Che segue alchimie molto complesse. Dalle intercettazioni emerge un sistema dove tutti sospettano e si spiano a vicenda. Ci sono liste doppie e canali differenziati che rendono obsoleto il manuale Cencelli. Il merito è una sorpresa negativa. Quando nel concorso si impone un geometra preparato, prima c'è perplessità: "Ma come ha fatto, nemmeno uno sponsor?". Poi la sentenza: "Peccato, così bravo... Sarà fra i primi esclusi...".
S come spazzatura
La monnezza che seppellisce la Campania e arricchisce un circolo di potere è dietro l'angolo anche nelle inchieste sull'Udeur. Si parla di un appalto per rifiuti clinici. E il manager dell'ospedale di Caserta accusa: "Nicola Ferraro mi disse che qualsiasi cosa facevo dovevo rivolgermi a lui". Ci sono gli atti sulla Provincia, dove si spartiscono fondi per mezzo milione e un funzionario promette: "Mandami un curriculum che faccio una richiesta mirata per far guadagnare qualcosa pure a te".
T come tecnici
Nell'ordinanza sembra rinascere la lobby dei compassi d'oro: progettisti che si arricchirono dopo il terremoto del 1980. Alcuni nomi sono gli stessi, con un cambiamento generazionale. Ai tempi di Pomicino c'era Vincenzo Maria Greco, oggi nelle registrazioni compare il figlio Ludovico. Professori illustri sgomitano per entrare nelle commissioni che arbitrano appalti o gestiscono opere. Spesso piegando le perizie alla volontà politica.
U come Udeur
I magistrati considerano l'Udeur campano come un'associazione per delinquere. Nessuna procura aveva mai costruito una simile accusa: 15 anni fa, il pool Mani Pulite l'aveva valutata e bocciata, perché già respinta dalla Cassazione.
V come Vuosi
Renato presidente dei gip di Napoli. Intercettato mentre descrive un colloquio con Mastella: "La situazione di Salerno? Glielo ho accennato... eh eh, devi vedere come mi devi sistemare. Ha detto: non ti preoccupare... Poi ha detto: abbiamo nominato a Salvatore, quindi con il consiglio di Stato se serve qualcosa...". Contro Vuosi non sono state formulate accuse. E adesso tutta l'inchiesta passa proprio a Napoli.
Z come zone a rischio idrogeologico
Nella regione del disastro di Sarno dovrebbero essere sorvegliate speciali. Invece Carlo Camilleri, il consuocero ingegnere discute del progetto per un nuovo insediamento. I disegni prevedono di intubare un vallone, con un'opera che sembra a rischio. Questo il commento: "Il vallone attraversa tutto il paese... Sono dei pazzi, lì mi scoppia il tubo...". Il piano però riceve il nulla osta. In attesa della prossima frana.
Fonte: espresso.repubbica.it
Santa Maria Capua Vetere? "È la capitale morale d'Italia". Totò lo ripeteva spesso nelle sue commedie, evocando il primato del piccolo centro casertano. Una frase surreale, senza spiegazioni, ma che oggi appare profetica. Perché se forse dell'inchiesta su Clemente Mastella di giudiziario rimarrà poco, resta però agli atti lo spaccato di un modo vorace di fare politica.
A come 'A disposizione'
È la dichiarazione di sudditanza pronunciata dai pubblici funzionari nei confronti della famiglia Mastella. Nelle intercettazioni è un coro. Intonato da personaggi di nomina politica e da dirigenti dello Stato. C'è il presidente di sezione del Tar. C'è il prefetto che declama: "Dite a Clemente che io quello che devo scrivere lo scrivo". E c'è Umberto Del Basso, diessino e neo presidente dell'Istituto case popolari nel Sannio, che va oltre: "Non è che Mastella deve chiamare me. Ci mancherebbe altro! Mi fa chiamare e mi dice 'Desidero questa cosa'. Io sono a disposizione".
B come Bassolino Antonio
In questa indagine il governatore della Campania è vittima e carnefice. Secondo i pm, da una parte subisce il ricatto dei coniugi Mastella che minacciano la crisi della giunta per conquistare una poltrona in più. Ma dall'altra gli inquirenti lo accusano di essere pronto ad avallare le richieste dell'Udeur firmando provvedimenti fuorilegge. Insomma, la versione giudiziaria dell'immortale 'chiagne e fotte'.
C come camorra
Quella di Casal di Principe, ossia dei feroci Casalesi. Ma nelle indagini di mafia non c'è traccia.Viene però citata in almeno due conversazioni dagli esponenti dell'Udeur per indicare Nicola Ferraro, consigliere regionale e segretario provinciale del partito, privo di certificato antimafia per le parentele con alcuni boss casalesi. Scherzavano? Dichiara ai pm Luigi Annunziata, direttore dell'ospedale di Caserta: "È chiaro che se vuole fare pressioni non le fa ricorrendo a un vescovo, ma chiedendo a qualche malvivente amico suo".
D come difesa
Tutti gli indagati hanno respinto le accuse: mai minacciato nessuno, non c'è corruzione perché questa è la normale prassi dei partiti. Il 28 gennaio il Tribunale della libertà esaminerà la revoca degli arresti domiciliari per la signora Mastella.
E come estorsioni
Commesse da pubblico ufficiale e quindi concussioni. È il reato contestato a Sandra e Clemente Mastella: un'ipotesi che difficilmente reggerà in Tribunale. La signora avrebbe creato l'intimidazione al direttore dell'ospedale di Caserta: "Per noi è un uomo morto". Poi c'è l'assedio del leader Udeur a Bassolino, descritto dal consuocero: "Se per martedì il problema non è risolto, lui fa una comunicazione. Spara a zero e dice: 'Me esco dalla maggioranza... naturalmente non per questi problemi... ma soltanto perché non condivido la politica di Bassolino'". A leggerlo ora, sembra il canovaccio del discorso che ha aperto la crisi del governo Prodi.
F come famiglia
Il centro di ogni azione dei coniugi Mastella. È la motivazione per le dimissioni da ministro: "Devo stare accanto a mia moglie". Ma anche quello per cui il Guardasigilli è finito nelle indagini, nate dalle intercettazioni del consuocero Carlo Camilleri. Poi c'è un cugino oncologo da piazzare alla guida di un consorzio dove può fare "il padre padrone". E i discorsi su una clinica da intestare a un altro parente.
G come giudici
Ai quali in fondo il Guardasigilli Mastella non dispiaceva: dopo cinque anni passati a combattere con l'ingegnere Castelli, un ministro ex dc era apparso come una manna. Da Milano a Palermo, anche le procure più combattive avevano apprezzato la sua capacità di mediare. Adesso tutti temono le 'Forche caudine' del Sannio.
I come intercettazioni
L'inchiesta condotta da un pugno di carabinieri del nucleo operativo di Caserta è basata su telefonate. Agli atti ci sono 9 conversazioni con il ministro. Nessuna indagine patrimoniale, nessun pedinamento o perquisizione: solo parole.
L come lottizzazione
Più che gli appalti, ai Mastella interessavano le poltrone: più che ai soldi, puntavano a collezionare persone e voti. Gli appalti ci sono (per esempio, uno a Matera da 18 milioni), ma solo come conseguenza secondaria. E vengono gestiti cercando di non scontentare nessuno.
M come medici
Dopo la laurea ci vuole il 'padrino'. Serve per entrare nella scuola di specializzazione: uno degli arrestati chiede l'intervento del procuratore di Foggia per sostenere una nipote. E serve per trovare un posto in ospedale, incasellandosi nella spartizione. Lady Mastella chiede "due cortesie: una in neurochirurgia e una in cardiologia". E guai a sgarrare.
N come Nutella
Il soprannome con cui veniva indicata la signora Mastella. Un po' per la passione per i dolci, un po' per il suo stile, che l'ha vista distribuire baci anche all'uscita dell'interrogatorio.
P come procuratore
Il colpo di coda di Mariano Massei costerà caro alla magistratura. La retata ha avuto l'effetto di rendere compatte le forze politiche nelle critiche alle toghe. E la surreale conferenza stampa, esplosa su YouTube, rischia di diventare il colpo di grazia alla credibilità dei pm italiani. Ora Massei va via, lasciando la procura capuana colma di veleni e problemi irrisolti.
Q come quadrato
Ossia il 'mazzo' che il ministro avrebbe minacciato di fare agli avversari. La replica di Mastella: "Frasi dialettali: più che il codice, offendono la lingua".
R come raccomandazione
Che segue alchimie molto complesse. Dalle intercettazioni emerge un sistema dove tutti sospettano e si spiano a vicenda. Ci sono liste doppie e canali differenziati che rendono obsoleto il manuale Cencelli. Il merito è una sorpresa negativa. Quando nel concorso si impone un geometra preparato, prima c'è perplessità: "Ma come ha fatto, nemmeno uno sponsor?". Poi la sentenza: "Peccato, così bravo... Sarà fra i primi esclusi...".
S come spazzatura
La monnezza che seppellisce la Campania e arricchisce un circolo di potere è dietro l'angolo anche nelle inchieste sull'Udeur. Si parla di un appalto per rifiuti clinici. E il manager dell'ospedale di Caserta accusa: "Nicola Ferraro mi disse che qualsiasi cosa facevo dovevo rivolgermi a lui". Ci sono gli atti sulla Provincia, dove si spartiscono fondi per mezzo milione e un funzionario promette: "Mandami un curriculum che faccio una richiesta mirata per far guadagnare qualcosa pure a te".
T come tecnici
Nell'ordinanza sembra rinascere la lobby dei compassi d'oro: progettisti che si arricchirono dopo il terremoto del 1980. Alcuni nomi sono gli stessi, con un cambiamento generazionale. Ai tempi di Pomicino c'era Vincenzo Maria Greco, oggi nelle registrazioni compare il figlio Ludovico. Professori illustri sgomitano per entrare nelle commissioni che arbitrano appalti o gestiscono opere. Spesso piegando le perizie alla volontà politica.
U come Udeur
I magistrati considerano l'Udeur campano come un'associazione per delinquere. Nessuna procura aveva mai costruito una simile accusa: 15 anni fa, il pool Mani Pulite l'aveva valutata e bocciata, perché già respinta dalla Cassazione.
V come Vuosi
Renato presidente dei gip di Napoli. Intercettato mentre descrive un colloquio con Mastella: "La situazione di Salerno? Glielo ho accennato... eh eh, devi vedere come mi devi sistemare. Ha detto: non ti preoccupare... Poi ha detto: abbiamo nominato a Salvatore, quindi con il consiglio di Stato se serve qualcosa...". Contro Vuosi non sono state formulate accuse. E adesso tutta l'inchiesta passa proprio a Napoli.
Z come zone a rischio idrogeologico
Nella regione del disastro di Sarno dovrebbero essere sorvegliate speciali. Invece Carlo Camilleri, il consuocero ingegnere discute del progetto per un nuovo insediamento. I disegni prevedono di intubare un vallone, con un'opera che sembra a rischio. Questo il commento: "Il vallone attraversa tutto il paese... Sono dei pazzi, lì mi scoppia il tubo...". Il piano però riceve il nulla osta. In attesa della prossima frana.
Fonte: espresso.repubbica.it
Caso Lonardo, l'interrogatorio a Luigi Annunziata
Caso Lonardo, l'interrogatorio a Luigi Annunziata
Questi che riportiamo sono ampi stralci del verbale reso il 2 novembre 2007 da Luigi Annunziata, direttore generale dell'ospedale di Caserta. Davanti ai pm Alessandro Cimmino e Maurizio Giordano, Annunziata precisa le sue accuse alla signora Sandra Lonardo Mastella e ai vertici campani dell'Udeur. In parte risponde a domande sul contenuto di intercettazioni telefoniche. È la seconda volta che viene interrogato e le sue deposizioni determineranno una delle accuse di tentata concussione contro la signora Mastella. Il verbale è stato depositato nell'udienza del Tribunale della Libertà che ha revocato gli arresti domiciliari della signora Mastella, presidente del consiglio regionale campano, dispondendo però l'obbligo di dimora. E riconoscendo quindi la fondatezza delle indagini condotte dalla procura di Santa Maria Capua Vetere. Il documento è uno spaccato impressionante sulla gestione della sanità pubblica in Campania.
Dall'ultima volta che ho reso dichiarazioni, sono continuate le richieste di mia rimozione da parte del Ferraro (ndr Nicola Ferraro, consigliere regionale Udeur e segretario provinciale a Caserta, anche lui arrestato) almeno con cadenza settimanale, presso l'assessorato alla Sanità. Inoltre mentre ero a Capri, ho invitato a sedersi con me per consumare un aperitivo il ministro Mastella e sua moglie Sandra Lonardo, ma la stessa testualmente diceva "se c'è lui (riferendosi a me), questo traditore, io non mi siedo". Sono andati via e null'altro è successo.
ADR (a domanda rispondo) Il presidente Lonardo mi chiese di nominare il primario di ginecologia. Io dissi che non era possibile. Si trattava di tal Passaretti che mi fu prima indicato dal Ferraro; voglio precisare che non ho mai ritenuto di dovere riferire a lei delle mie scelte, così come a nessuno degli appartenenti al mio partito politico di iniziale "elezione", ossia l'Udeur. Il presidente si interessò. Il Ferraro fu più perentorio, proprio e anche per i suoi modi.
ADR So perfettamente che ogni giorno ossia appena può il presidente Lonardo chiede la mia rimozione all'assessore Montemarano (ndr assessore regionale alla Sanità, esponente del Pd) . Lo so perchè di volta in volta dal personale dell'assessorato mi viene riferito che la stessa si reca da lui. Ma pure quel giorno a Capri mi disse che dovevo andare via. Io ero amico del Mastella, uno che umanamente gli ero vicino.
ADR Quando dico la "nutella" indico la Lonardo
ADR La presidente non ha firmato l'interpellanza ma è stata lei a influenzare tutto il gruppo, non ha firmato solo per far vedere il suo ruolo super partes. È chiaro che se si interpellano gli altri esponenti Udeur tenderanno a negare la sua diretta partecipazione.
ADR Ricordo che mi chiese anche altro. Di nominare il primario in neurochirurgia indicatomi in Cantone. So questa circostanza perché la moglie del Cantone, tale Cingotti, mi disse che aveva parlato con la Lonardo andando a Ceppaloni per far raccomandare il marito. In seguito la Lonardo, prima delle elezioni conunali a Caserta, mi chiese come mai non avessi fatto niente per Cantone, io le dissi che non avrei fatto nulla. Dopo questi dinieghi si verificò l'interpellanza parlamentare regionale. Del resto fino a pochi mesi prima quel gruppo Udeur era tutto contento di me e dopo il mio rifiuto di nominare i due primari citati parte questa interpellanza dal gruppo politico Udeur. Il Ferraro inoltre aveva anche fini personali quali la richiesta di leggere capitolati prima di presentarli, cosa che mi sono rifiutato di fare. Io sono l'unico che dopo che il Mastella è diventato ministro mi sono messo contro la moglie dello stesso rifiutando di accondiscere alle sue richieste. Ritengo che il Ferraro sia andato dalla Lonardo a lamentare la mia non accondiscenza alle richieste del partito. Di qui la posizione stessa della Lonardo. La cosa precipità quando volevano anche il direttore sanitario. Come già le avevo detto il senatore Barbato (ndr: senatore Udeur, protagonista dello scontro nel giorno del voto su Prodi) mi diede il direttore amministrativo. Prima della mia nomina dissi che avrei voluto come direttore sanitario Paternostro dirigente del pronto soccorso però di estrazione "Forza Italia". Fantini (ndr Antonio, segretario regionale Udeur) mi disse non c'è problema, e così feci. L'Uduer voleva Agnese Iovino, che ho ricevuto ma non ho nominato con una giustificazione di carattere politico, ovviamente Fantini non ha creduto a questa scusa riconoscendomi il mio carattere indipendente.
ADR La posizione del Mastella è quella di chi testualmente dice "Se mi dite (ossia mia moglie, gli assessori e i consiglieri Udeur) che Annunziata è un problema, va bene, eliminiamo il problema", quindi è chiaro che lui è a conoscenza del fatto e che ha dato il via libera all'intera operazione anche se mi risulta difficile pensare, per stima e per rapporti pregressi che ho con lui, che lui possa avere fatto una cosa del genere.
ADR La nomina di Izzo l'ho fatta perché è bravo. La Lonardo in tale occasione mi ha dato del delinquente all'indomani della nomina dello stesso. La Lonardo chiamò Fantini e gli disse che ero un delinquente. Era intorno al 4 febbraio 2007. Io negai di averlo fatto ma fui smentito dal presidente Fantini che mi disse proprio che la Lonardo glielo aveva detto. Attribuii la nomina alla precedente gestione ma Fantini mi chiese una copia della delibera di nomina. Non avendola mandai per fax un foglio bianco volendo far credere che il fax era rotto. Fantini richiamò ma la mia segretaria disse che in realtà il foglio bianco avrei voluto mandarglielo io così, e così fui scoperto.
ADR La Lonardo si inviperì anche all'indomani della nomina del direttore sanitario.
ADR Pur avendo saputo delle iniziative dell'Udeur nelle persone indicate di farmi fuori dall'incarico non ho mai provato per dignità di far intervenire il segretario di partito, il Mastella, proprio perchè essendo un politico non volevo riconoscere comunque questo ruolo degli altri e comunque implorando una pietà. Ho voluto resistere attraverso le capacità dimostrate sul campo non attraverso il passaggio politico. Le pressioni sono state fortissime e comunque singolari rispetto a un direttore generale. È chiaro che se i miei conti non fossero stati a posto non sarei già stato mandato via. Ora peraltro sono passati ad attaccare il direttore del Santobono con un'interpellanza simile a quella che hanno presentato contro di me
ADR Loro (ossia Lonardo e gli assessori Udeur) erano sicuri che io mi sarei prestato a richieste di carattere clientelare ma io non ho mai aderito a tale indirizzo in quanto la nomina di presidente della Giunta e dell'assessore mi .... a raggiungere obiettivi tecnici e non clientelari, come di fatto è avvenuto.
Fonte: espresso.repubblica.it
Questi che riportiamo sono ampi stralci del verbale reso il 2 novembre 2007 da Luigi Annunziata, direttore generale dell'ospedale di Caserta. Davanti ai pm Alessandro Cimmino e Maurizio Giordano, Annunziata precisa le sue accuse alla signora Sandra Lonardo Mastella e ai vertici campani dell'Udeur. In parte risponde a domande sul contenuto di intercettazioni telefoniche. È la seconda volta che viene interrogato e le sue deposizioni determineranno una delle accuse di tentata concussione contro la signora Mastella. Il verbale è stato depositato nell'udienza del Tribunale della Libertà che ha revocato gli arresti domiciliari della signora Mastella, presidente del consiglio regionale campano, dispondendo però l'obbligo di dimora. E riconoscendo quindi la fondatezza delle indagini condotte dalla procura di Santa Maria Capua Vetere. Il documento è uno spaccato impressionante sulla gestione della sanità pubblica in Campania.
Dall'ultima volta che ho reso dichiarazioni, sono continuate le richieste di mia rimozione da parte del Ferraro (ndr Nicola Ferraro, consigliere regionale Udeur e segretario provinciale a Caserta, anche lui arrestato) almeno con cadenza settimanale, presso l'assessorato alla Sanità. Inoltre mentre ero a Capri, ho invitato a sedersi con me per consumare un aperitivo il ministro Mastella e sua moglie Sandra Lonardo, ma la stessa testualmente diceva "se c'è lui (riferendosi a me), questo traditore, io non mi siedo". Sono andati via e null'altro è successo.
ADR (a domanda rispondo) Il presidente Lonardo mi chiese di nominare il primario di ginecologia. Io dissi che non era possibile. Si trattava di tal Passaretti che mi fu prima indicato dal Ferraro; voglio precisare che non ho mai ritenuto di dovere riferire a lei delle mie scelte, così come a nessuno degli appartenenti al mio partito politico di iniziale "elezione", ossia l'Udeur. Il presidente si interessò. Il Ferraro fu più perentorio, proprio e anche per i suoi modi.
ADR So perfettamente che ogni giorno ossia appena può il presidente Lonardo chiede la mia rimozione all'assessore Montemarano (ndr assessore regionale alla Sanità, esponente del Pd) . Lo so perchè di volta in volta dal personale dell'assessorato mi viene riferito che la stessa si reca da lui. Ma pure quel giorno a Capri mi disse che dovevo andare via. Io ero amico del Mastella, uno che umanamente gli ero vicino.
ADR Quando dico la "nutella" indico la Lonardo
ADR La presidente non ha firmato l'interpellanza ma è stata lei a influenzare tutto il gruppo, non ha firmato solo per far vedere il suo ruolo super partes. È chiaro che se si interpellano gli altri esponenti Udeur tenderanno a negare la sua diretta partecipazione.
ADR Ricordo che mi chiese anche altro. Di nominare il primario in neurochirurgia indicatomi in Cantone. So questa circostanza perché la moglie del Cantone, tale Cingotti, mi disse che aveva parlato con la Lonardo andando a Ceppaloni per far raccomandare il marito. In seguito la Lonardo, prima delle elezioni conunali a Caserta, mi chiese come mai non avessi fatto niente per Cantone, io le dissi che non avrei fatto nulla. Dopo questi dinieghi si verificò l'interpellanza parlamentare regionale. Del resto fino a pochi mesi prima quel gruppo Udeur era tutto contento di me e dopo il mio rifiuto di nominare i due primari citati parte questa interpellanza dal gruppo politico Udeur. Il Ferraro inoltre aveva anche fini personali quali la richiesta di leggere capitolati prima di presentarli, cosa che mi sono rifiutato di fare. Io sono l'unico che dopo che il Mastella è diventato ministro mi sono messo contro la moglie dello stesso rifiutando di accondiscere alle sue richieste. Ritengo che il Ferraro sia andato dalla Lonardo a lamentare la mia non accondiscenza alle richieste del partito. Di qui la posizione stessa della Lonardo. La cosa precipità quando volevano anche il direttore sanitario. Come già le avevo detto il senatore Barbato (ndr: senatore Udeur, protagonista dello scontro nel giorno del voto su Prodi) mi diede il direttore amministrativo. Prima della mia nomina dissi che avrei voluto come direttore sanitario Paternostro dirigente del pronto soccorso però di estrazione "Forza Italia". Fantini (ndr Antonio, segretario regionale Udeur) mi disse non c'è problema, e così feci. L'Uduer voleva Agnese Iovino, che ho ricevuto ma non ho nominato con una giustificazione di carattere politico, ovviamente Fantini non ha creduto a questa scusa riconoscendomi il mio carattere indipendente.
ADR La posizione del Mastella è quella di chi testualmente dice "Se mi dite (ossia mia moglie, gli assessori e i consiglieri Udeur) che Annunziata è un problema, va bene, eliminiamo il problema", quindi è chiaro che lui è a conoscenza del fatto e che ha dato il via libera all'intera operazione anche se mi risulta difficile pensare, per stima e per rapporti pregressi che ho con lui, che lui possa avere fatto una cosa del genere.
ADR La nomina di Izzo l'ho fatta perché è bravo. La Lonardo in tale occasione mi ha dato del delinquente all'indomani della nomina dello stesso. La Lonardo chiamò Fantini e gli disse che ero un delinquente. Era intorno al 4 febbraio 2007. Io negai di averlo fatto ma fui smentito dal presidente Fantini che mi disse proprio che la Lonardo glielo aveva detto. Attribuii la nomina alla precedente gestione ma Fantini mi chiese una copia della delibera di nomina. Non avendola mandai per fax un foglio bianco volendo far credere che il fax era rotto. Fantini richiamò ma la mia segretaria disse che in realtà il foglio bianco avrei voluto mandarglielo io così, e così fui scoperto.
ADR La Lonardo si inviperì anche all'indomani della nomina del direttore sanitario.
ADR Pur avendo saputo delle iniziative dell'Udeur nelle persone indicate di farmi fuori dall'incarico non ho mai provato per dignità di far intervenire il segretario di partito, il Mastella, proprio perchè essendo un politico non volevo riconoscere comunque questo ruolo degli altri e comunque implorando una pietà. Ho voluto resistere attraverso le capacità dimostrate sul campo non attraverso il passaggio politico. Le pressioni sono state fortissime e comunque singolari rispetto a un direttore generale. È chiaro che se i miei conti non fossero stati a posto non sarei già stato mandato via. Ora peraltro sono passati ad attaccare il direttore del Santobono con un'interpellanza simile a quella che hanno presentato contro di me
ADR Loro (ossia Lonardo e gli assessori Udeur) erano sicuri che io mi sarei prestato a richieste di carattere clientelare ma io non ho mai aderito a tale indirizzo in quanto la nomina di presidente della Giunta e dell'assessore mi .... a raggiungere obiettivi tecnici e non clientelari, come di fatto è avvenuto.
Fonte: espresso.repubblica.it
Caro Mastella, dacci la spintarella. Magistrati in cerca di promozioni, e non solo.
Magistrati in cerca di promozioni. Appalti per l'ambiente. Più di 100 episodi da contestare. Ecco cosa c'è negli altri atti dell'inchiesta capuana sull'ex ministro
Più di cento episodi da contestare, con un capitolo consistente sulle toghe sporche, un altro sulla spartizione di appalti e infine un filone sulle gare pilotate per i depuratori che dovevano salvare la Campania dall'inquinamento. È questa la bomba giudiziaria che la procura di Santa Maria Capua Vetere ha trasmesso ai colleghi di Napoli. Materiale grezzo, che deve essere ancora vagliato e tradotto in ipotesi di reato. O fascicoli in fase di completamento, come quello sui presunti giudici corrotti. Perché l'inchiesta capuana oggi spaventa più la magistratura che la politica. E vede per la prima volta uomini di partito e uomini di legge uniti nel tirare un sospiro di sollievo per la liberazione di Sandra Mastella, nonostante il Tribunale della Libertà abbia riconosciuto la fondatezza degli indizi e imposto l'obbligo di dimora.
L'inchiesta spaventa quei pubblici ministeri che la ritengono una esagerazione, quasi una provocazione che fa il gioco della politica: una mossa azzardata e inopportuna. Ma spaventa ancora di più uno squadrone di giudici sorpresi mentre bussavano alle porte del Palazzo in cerca di una raccomandazione. La Procura capuana ha registrato uno dei momenti chiave nella storia della giustizia italiana, alla vigilia della nomina di decine di nuovi capi degli uffici giudiziari. In tanti erano pronti a contattare quelli che apparivano come i luogotenenti del ministro: il consuocero Carlo Camilleri e l'instancabile Vincenzo Lucariello, protagonista di una incredibile carriera che l'ha visto cominciare come netturbino, andare in pensione come segretario generale del Tar e finire in cella a 73 anni. Alcuni invocavano una spintarella, altri chiedevano un aiuto concreto.
A leggere gli atti, venivano indicate due strade: quella maestra passava per il Csm, l'organo di autogoverno della magistratura.
E quella secondaria usava il bypass dei ricorsi amministrativi: Tar prima e Consiglio di Stato poi. Dove Lucariello vantava e dimostrava di avere agganci potenti. Non è un caso che, secondo le indagini dei pm capuani, dopo l'invio dei primi provvedimenti il neopresidente del Consiglio di Stato organizza un incontro con Lucariello in un'area di servizio sull'autostrada Roma-Napoli, ignorando di essere pedinato dai carabinieri.
Il gip intercettato
A settembre in una delle telefonate il presidente dei gip napoletani, Renato Vuosi, altro peso massimo nella geografia giudiziaria, descrive un incontro con l'allora ministro. Si discute della situazione di Salerno, ossia la nomina del nuovo procuratore capo. "Io gli ho detto... praticamente devi vedere come mi devi sistemare. Lui (Mastella, ndr) ha detto: 'Non ti preoccupare'". Lucariello: "Gli hai spiegato che ci sta giurisprudenza consolidata?". "Gliel'ho detto. Infatti ha detto: 'Mandami'. Loro lunedì prossimo devono incontrarsi con Mancino. Che lui l'ha chiamato: 'Mancino qua dobbiamo vedere cosa fare con tutti questi trasferimenti'. Allora lui mi ha detto: 'Tu manda, me li porti, tieni il contatto con Frunzio (vice capo di gabinetto del Guardasigilli, ndr)... Vediamo un poco in che modo che caso mai io lunedì io ne parlo pure a Mancino'".
Nicola Mancino è il vicepresidente del Csm, l'organo di autogoverno dei magistrati che decide le nomine. Ma nella registrazione è anche indicata la strada alternativa: "Lui (Mastella, ndr) mi ha detto: 'Ieri abbiamo nominato Salvatore quindi con il Consiglio di Stato se vi serve qualcosa'... Ho detto sì ma se andiamo al Consiglio di Stato, saluti e arrivederci. Hai capito?". Lucariello replica ridendo: "Paolo Salvatore è amico mio, lui l'ha conosciuto tramite me... Ah, sotto questo aspetto... Gesù, Giuseppe, Sant'Anna e Maria". E mette in campo tutta la sacra famiglia. Non sarebbe l'unico dossier di questo tenore. Molte dellespintarelle, chieste esplicitamente o solo vagheggiate, potrebbero avere un profilo disciplinare. Ma ci sono anche vicende che richiamano la corruzione. Come le trattative tra un imprenditore campano, che guida un gruppo di rilevanza nazionale e ha rapporti intensi con la pubblica amministrazione, e un alto magistrato. O le richieste di informazioni sullo stato di avanzamento di cause penali e ricorsi sugli appalti. Decine di episodi che i pm di Napoli hanno ereditato da Maurizio Giordano e Alessandro Cimmino.
Il pm ostinato Cimmino è l'uomo che ha fatto nascere questa istruttoria. Non parla con i giornalisti, non ha mai rilasciato un'intervista, non ha tessere di correnti, né frequentazioni rilevanti. Trentasette anni, magistrato da 7, ne ha trascorsi quattro come pm a Foggia prima di passare a Santa Maria: una procura minore, ma strategica sull'asse di potere tra Napoli e Roma. L'unico debole che gli si riconosce è la famiglia: venne deriso quando chiese due settimane di permesso per seguire il più piccolo dei suoi tre bambini. Ogni mattina fa il pendolare guidando la sua auto per 50 chilometri: negli ultimi due anni ha quasi sempre pranzato con un panino e la cuffia in testa, per riascoltare le intercettazioni. Ha una concezione rigorosa del suo dovere: una visione così rigida e ostinata dal venire definita 'ottusa' da diversi suoi colleghi. Dicono che respinga ogni valutazione politica e tattica dell'attività inquirente.
Anche le frasi di Gerardo D'Ambrosio sull'opportunità processuale per Alessandro Cimmino sono "cinismo giudiziario": sostengono che abbia una sola fede, quella dell'obbligatorietà dell'azione penale e nell'uguaglianza davanti alla legge. Nella terra degli ozi capuani non ha perso tempo: partendo da una denuncia per abusi edilizi, ha fatto arrestare un notabile ds e avviato la maxi-inchiesta sull'Udeur di Nicola Ferraro. Di sicuro però non si è fatto amare. Ha indagato su cinque colleghi, trasmettendo gli atti a Roma. Ha indagato persino sul procuratore aggiunto, accusandolo di avere spinto gli investigatori a distruggere un'informativa che riguardava il parente di un magistrato. Anche in questo caso nella capitale è stato tutto archiviato, ritenendo che quello distrutto non fosse un documento ufficiale, mentre il Csm non ha mosso un dito.
Cimmino non è mai stato tenero nemmeno con le forze dell'ordine: ha fatto arrestare un poliziotto che lavorava per la Procura. Un precedente che ha contribuito a tutelare il segreto sulle indagini. Perché in questo silenzio totale, il pm aveva valutato l'ipotesi di chiedere l'arresto anche per Clemente Mastella. Ma a fine estate, quando era ancora in vigore la legge Boato che vietava l'uso delle telefonate tra parlamentari e indagati, il gip Francesco Chiaromonte aveva preso tempo: prima di chiedere al Parlamento l'autorizzazione per le intercettazioni, voleva esaminare tutte le trascrizioni. Poi la Consulta aveva annullato la legge, permettendo l'utilizzo dei colloqui. A quel punto, però, è mancato il tempo.
Adesso gli ispettori del ministero stanno vagliando una pioggia di esposti contro Cimmino. I pochi che hanno potuto incontrarlo lo descrivono preoccupato, quasi rassegnato a una rappresaglia: senza però nulla di cui rimproverarsi. Ha un unico rammarico: quello di non avere completato il lavoro, per carenza di esperienza, di mezzi e forse di superiori che lo sostenessero in un'inchiesta così delicata.
Il governatore smemorato
Il procuratore di Napoli Giandomenico Lepore ora deciderà come e se proseguire. A partire dalla posizione di Antonio Bassolino. Il governatore, presunta vittima delle manovre contestate ai Mastella, a novembre aveva ricevuto un invito a comparire. Era accusato di abuso d'ufficio per la sostituzione del commissario di una Asi sannita, l'associazione sviluppo industriale. Aveva risposto con una memoria di poche pagine, in cui sostanzialmente scriveva di essersi limitato a firmare un testo redatto dai tecnici della Regione.
Peccato che gli investigatori avessero intercettato tutte le trattative tra lui, i suoi collaboratori e gli emissari di Mastella che pretendevano quella poltrona. Un esempio? L'assessore Udeur Luigi Nocera viene registrato mentre descrive l'incontro con Bassolino: "Allora lui ha chiamato davanti a me Andrea Cozzolino (assessore ds che sul suo sito si definisce 'delfino' del governatore, ndr) e ha detto: 'Fai la verifica per il commissariamento, anche se non è al 100 per cento mi assumo la responsabilità di fare il decreto'". A chi ha mentito: ai giudici o ai politici?
Fonte: espresso.repubblica.it
Più di cento episodi da contestare, con un capitolo consistente sulle toghe sporche, un altro sulla spartizione di appalti e infine un filone sulle gare pilotate per i depuratori che dovevano salvare la Campania dall'inquinamento. È questa la bomba giudiziaria che la procura di Santa Maria Capua Vetere ha trasmesso ai colleghi di Napoli. Materiale grezzo, che deve essere ancora vagliato e tradotto in ipotesi di reato. O fascicoli in fase di completamento, come quello sui presunti giudici corrotti. Perché l'inchiesta capuana oggi spaventa più la magistratura che la politica. E vede per la prima volta uomini di partito e uomini di legge uniti nel tirare un sospiro di sollievo per la liberazione di Sandra Mastella, nonostante il Tribunale della Libertà abbia riconosciuto la fondatezza degli indizi e imposto l'obbligo di dimora.
L'inchiesta spaventa quei pubblici ministeri che la ritengono una esagerazione, quasi una provocazione che fa il gioco della politica: una mossa azzardata e inopportuna. Ma spaventa ancora di più uno squadrone di giudici sorpresi mentre bussavano alle porte del Palazzo in cerca di una raccomandazione. La Procura capuana ha registrato uno dei momenti chiave nella storia della giustizia italiana, alla vigilia della nomina di decine di nuovi capi degli uffici giudiziari. In tanti erano pronti a contattare quelli che apparivano come i luogotenenti del ministro: il consuocero Carlo Camilleri e l'instancabile Vincenzo Lucariello, protagonista di una incredibile carriera che l'ha visto cominciare come netturbino, andare in pensione come segretario generale del Tar e finire in cella a 73 anni. Alcuni invocavano una spintarella, altri chiedevano un aiuto concreto.
A leggere gli atti, venivano indicate due strade: quella maestra passava per il Csm, l'organo di autogoverno della magistratura.
E quella secondaria usava il bypass dei ricorsi amministrativi: Tar prima e Consiglio di Stato poi. Dove Lucariello vantava e dimostrava di avere agganci potenti. Non è un caso che, secondo le indagini dei pm capuani, dopo l'invio dei primi provvedimenti il neopresidente del Consiglio di Stato organizza un incontro con Lucariello in un'area di servizio sull'autostrada Roma-Napoli, ignorando di essere pedinato dai carabinieri.
Il gip intercettato
A settembre in una delle telefonate il presidente dei gip napoletani, Renato Vuosi, altro peso massimo nella geografia giudiziaria, descrive un incontro con l'allora ministro. Si discute della situazione di Salerno, ossia la nomina del nuovo procuratore capo. "Io gli ho detto... praticamente devi vedere come mi devi sistemare. Lui (Mastella, ndr) ha detto: 'Non ti preoccupare'". Lucariello: "Gli hai spiegato che ci sta giurisprudenza consolidata?". "Gliel'ho detto. Infatti ha detto: 'Mandami'. Loro lunedì prossimo devono incontrarsi con Mancino. Che lui l'ha chiamato: 'Mancino qua dobbiamo vedere cosa fare con tutti questi trasferimenti'. Allora lui mi ha detto: 'Tu manda, me li porti, tieni il contatto con Frunzio (vice capo di gabinetto del Guardasigilli, ndr)... Vediamo un poco in che modo che caso mai io lunedì io ne parlo pure a Mancino'".
Nicola Mancino è il vicepresidente del Csm, l'organo di autogoverno dei magistrati che decide le nomine. Ma nella registrazione è anche indicata la strada alternativa: "Lui (Mastella, ndr) mi ha detto: 'Ieri abbiamo nominato Salvatore quindi con il Consiglio di Stato se vi serve qualcosa'... Ho detto sì ma se andiamo al Consiglio di Stato, saluti e arrivederci. Hai capito?". Lucariello replica ridendo: "Paolo Salvatore è amico mio, lui l'ha conosciuto tramite me... Ah, sotto questo aspetto... Gesù, Giuseppe, Sant'Anna e Maria". E mette in campo tutta la sacra famiglia. Non sarebbe l'unico dossier di questo tenore. Molte dellespintarelle, chieste esplicitamente o solo vagheggiate, potrebbero avere un profilo disciplinare. Ma ci sono anche vicende che richiamano la corruzione. Come le trattative tra un imprenditore campano, che guida un gruppo di rilevanza nazionale e ha rapporti intensi con la pubblica amministrazione, e un alto magistrato. O le richieste di informazioni sullo stato di avanzamento di cause penali e ricorsi sugli appalti. Decine di episodi che i pm di Napoli hanno ereditato da Maurizio Giordano e Alessandro Cimmino.
Il pm ostinato Cimmino è l'uomo che ha fatto nascere questa istruttoria. Non parla con i giornalisti, non ha mai rilasciato un'intervista, non ha tessere di correnti, né frequentazioni rilevanti. Trentasette anni, magistrato da 7, ne ha trascorsi quattro come pm a Foggia prima di passare a Santa Maria: una procura minore, ma strategica sull'asse di potere tra Napoli e Roma. L'unico debole che gli si riconosce è la famiglia: venne deriso quando chiese due settimane di permesso per seguire il più piccolo dei suoi tre bambini. Ogni mattina fa il pendolare guidando la sua auto per 50 chilometri: negli ultimi due anni ha quasi sempre pranzato con un panino e la cuffia in testa, per riascoltare le intercettazioni. Ha una concezione rigorosa del suo dovere: una visione così rigida e ostinata dal venire definita 'ottusa' da diversi suoi colleghi. Dicono che respinga ogni valutazione politica e tattica dell'attività inquirente.
Anche le frasi di Gerardo D'Ambrosio sull'opportunità processuale per Alessandro Cimmino sono "cinismo giudiziario": sostengono che abbia una sola fede, quella dell'obbligatorietà dell'azione penale e nell'uguaglianza davanti alla legge. Nella terra degli ozi capuani non ha perso tempo: partendo da una denuncia per abusi edilizi, ha fatto arrestare un notabile ds e avviato la maxi-inchiesta sull'Udeur di Nicola Ferraro. Di sicuro però non si è fatto amare. Ha indagato su cinque colleghi, trasmettendo gli atti a Roma. Ha indagato persino sul procuratore aggiunto, accusandolo di avere spinto gli investigatori a distruggere un'informativa che riguardava il parente di un magistrato. Anche in questo caso nella capitale è stato tutto archiviato, ritenendo che quello distrutto non fosse un documento ufficiale, mentre il Csm non ha mosso un dito.
Cimmino non è mai stato tenero nemmeno con le forze dell'ordine: ha fatto arrestare un poliziotto che lavorava per la Procura. Un precedente che ha contribuito a tutelare il segreto sulle indagini. Perché in questo silenzio totale, il pm aveva valutato l'ipotesi di chiedere l'arresto anche per Clemente Mastella. Ma a fine estate, quando era ancora in vigore la legge Boato che vietava l'uso delle telefonate tra parlamentari e indagati, il gip Francesco Chiaromonte aveva preso tempo: prima di chiedere al Parlamento l'autorizzazione per le intercettazioni, voleva esaminare tutte le trascrizioni. Poi la Consulta aveva annullato la legge, permettendo l'utilizzo dei colloqui. A quel punto, però, è mancato il tempo.
Adesso gli ispettori del ministero stanno vagliando una pioggia di esposti contro Cimmino. I pochi che hanno potuto incontrarlo lo descrivono preoccupato, quasi rassegnato a una rappresaglia: senza però nulla di cui rimproverarsi. Ha un unico rammarico: quello di non avere completato il lavoro, per carenza di esperienza, di mezzi e forse di superiori che lo sostenessero in un'inchiesta così delicata.
Il governatore smemorato
Il procuratore di Napoli Giandomenico Lepore ora deciderà come e se proseguire. A partire dalla posizione di Antonio Bassolino. Il governatore, presunta vittima delle manovre contestate ai Mastella, a novembre aveva ricevuto un invito a comparire. Era accusato di abuso d'ufficio per la sostituzione del commissario di una Asi sannita, l'associazione sviluppo industriale. Aveva risposto con una memoria di poche pagine, in cui sostanzialmente scriveva di essersi limitato a firmare un testo redatto dai tecnici della Regione.
Peccato che gli investigatori avessero intercettato tutte le trattative tra lui, i suoi collaboratori e gli emissari di Mastella che pretendevano quella poltrona. Un esempio? L'assessore Udeur Luigi Nocera viene registrato mentre descrive l'incontro con Bassolino: "Allora lui ha chiamato davanti a me Andrea Cozzolino (assessore ds che sul suo sito si definisce 'delfino' del governatore, ndr) e ha detto: 'Fai la verifica per il commissariamento, anche se non è al 100 per cento mi assumo la responsabilità di fare il decreto'". A chi ha mentito: ai giudici o ai politici?
Fonte: espresso.repubblica.it
25 gen 2008
Cusumano, Barbato e gli altri: l'Aula è un arena.
C'è è chi insulta, chi sputa, chi sviene, chi urla, chi avvampa, chi sbanda, chi mena: se Romano Prodi voleva sbattere la porta mostrando agli italiani come un Parlamento possa trasformarsi in un rissoso bordello in cui strillano cesso e checca e merda, ce l'ha fatta.
Se invece sperava sul serio di portare (politicamente) a casa la pelle, gli è andata perfino peggio di quanto temesse. E sotto le macerie del suo governo, o se volete delle sue macerie personali, rischia ora di restare l'intera sinistra.
Non ha voluto sentire ragioni, il Professore.
Non i consigli di Giorgio Napolitano, che dal Quirinale gli aveva detto che forse non era il caso di sfidare il mondo intero sull'alternativa secca «o con me o contro di me».


Non gli ultimi avvertimenti, quasi accorati, di chi come Domenico Fisichella lo implorava: per favore, non costringermi a votarti contro. Non le invocazioni dei compagni di viaggio, preoccupatissimi all'idea di una sorta di ordalia parlamentare dopo la quale sarebbe stato difficilissimo tentare ricuciture capaci di evitare un'immediata corsa alle urne con l'Unione in pezzi, Walter Veltroni scardinato dal piedistallo sul quale era stato issato dalle (per quanto contestate) primarie e questa legge elettorale. Non le parole sferzanti di avversari come Francesco D'Onofrio: «Lei ha fatto un discorso livido questa sera, livido contro parti della sua maggioranza, livido contro quest'Aula». Niente da fare. Voleva cadere così, in Parlamento. Con la conta. Ed è caduto. «C'è qualcosa di magico, nella caduta», disse un giorno Giuliano Ferrara. E forse l'ormai ex presidente del consiglio è convinto davvero che un giorno, chissà, anche questa sua scelta verrà rivista col senno di poi come una solenne prova di fedeltà alle istituzioni. Di dignità. Di ossequio alle regole. Fino all'ultimo. Ma il «modo» in cui è andata la giornata di ieri, i toni, le parole, i sudori, le beffe («Lei, Presidente, prenderà tutte le ecoballe della Campania su di sè e con esse andrà a casa») hanno offerto l'impressione di una cosa diversa. Come se il Professore non fosse uscito solo battuto, cosa messa nel conto. Ma fosse stato sottoposto a una specie di «luxtratio simplex et tecnilocolorata». La «lezione» a base di pittura sulla faccia e sui capelli e sui vestiti, che gli studenti più anziani come lui infliggevano alle matricole in quegli anni Cinquanta in cui studiava alla Cattolica di Milano dove era stato avviato dal professore di italiano al Liceo che si chiamava Ermanno Dossetti, il fratello di Giuseppe.
C'è chi dice tra i suoi amici, come Angelo Rovati, che no, quello di ieri non è stato un atto di superbia intellettuale e politico da parte di chi ha dato mostra di essere talora po' ganassa («E-si-go!», «Parlo solo io!», «Ci metto un po' a decidere, ma poi vinco: ho sempre vinto») e si era convinto di essere l'unico collante capace di tenere insieme i cattolici e i trotzskisti, gli anticlericali e i focolarini, i gay esuberanti e le cattoliche penitenziali col cilicio ma piuttosto l'ultimo gesto di «amore per le istituzioni ». C'è chi invece, come Roberto Castelli, arriva a paragonare l'orgogliosa rivendicazione dei meriti del governo battuto («Mi rendo conto che il paragone per alcuni versi è ardito, perché allora eravamo in presenza di un'enorme tragedia e oggi alla più classica delle commedie all'italiana») al discorso di Mussolini al Lirico nel dicembre 1944: «Quando disse: "Qualunque cosa accada, il seme è destinato a germogliare" oppure "Il mio lavoro sta producendo ogni giorno frutti e sono certo che ne darà in futuro"». Certo è che il passo d'addio di quello che è stato per una dozzina di anni il punto di riferimento di una metà degli italiani, da quel giorno del '95 in cui Massimo D'Alema si alzò dalla terza fila del Teatro Umberto per incoronarlo («Lei è una persona seria e noi abbiamo deciso di conferirle la nostra forza »), è stato occasione per scattare istantanee indimenticabili. Che hanno mostrato come il Parlamento sia sul serio lo specchio del Paese. Nel bene e nel male. Ecco la piccola vanità intellettuale del professore Fisichella, che ammette certo di essere stato candidato dalla Margherita e di essere perciò grato a Rutelli ma aggiunge piccato «mi permetto di ricordare che non ero e non sono un tizio qualunque cui viene regalato un seggio parlamentare». Ecco il tormento comunista di Franco Turigliatto, che spiega che proprio non può, lui, votare per un governo come questo dopo che «la Sinistra ha ingoiato tutto senza riuscire ad ottenere nulla» al punto che «la crisi si materializza nella forma più politicista espressa dalla rottura dell'Udeur».

È stravolto, il trotzkista piemontese. E ancora più stravolto sarà al momento del voto, quando il suo «no» verrà accolto da urla di gioia e di approvazione dai banchi di tutti quelli che lui non sopporta. Applausi beffardi. Che sa gli verranno rimproverati al ritorno a Torino, da dove il capogruppo regionale dei comunisti italiani gli ha già fatto avere via Ansa il benvenuto: «Turigliatto: il miglior amico di Confindustria, chiesa e americani. Presto tornerà nella sua Torino e potrà fare solo danni minimali alla classe lavoratrice». Ecco gli slanci retorici del neo-democristiano Mauro Cutrufo che, forse per mostrarsi degno della laurea (taroccata) che sbandiera honoris causa alla «University of Berkley» (da non confondere con la vera Berkeley: tre «e») spiega a Prodi: «Ammiriamo la sua caparbietà e la volontà di una parlamentarizzazione della crisi, tuttavia, nel concreto e per il Paese, ha consentito solamente che si potesse mettere in scena una plateale morte del cigno: come il cigno, orgoglioso, sicuro dei propri mezzi e del proprio potere, ha provato strenuamente quanto inutilmente a dibattersi, ma le fauci della volpe che si nascondeva proprio tra le fila della sua maggioranza... ». E come dimenticare l'intervento di Francesco Nitto Palma? Timoroso che i colleghi abbiano scordato che un tempo fu magistrato, il senatore azzurro sversa sentenze latine una dietro l'altra. Meglio: parte col francese («"Après moi, le déluge!", "Dopo di me, il diluvio!", che mi auguro per lei la storiografia assegni a Luigi XV invece che a madame Pompadour »), poi si sfoga: «Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur», «obtorto collo», «Acta est fabula », «Acta est tragedia»... E la rifondarola Rina Gagliardi? Dopo avere implicitamente chiesto scusa al Professore di averlo fatto cadere dieci anni fa riconoscendo le buone ragioni di chi allora non era d'accordo («il futuro si prospetta, ahimè, molto peggiore del pur non splendido presente») la senatrice comunista non trova di meglio che affidarsi, in qualche modo, al buon Dio.
E «sperare nel miracolo che quest'Aula stasera dia la fiducia a questo Governo». Il meglio però, arriva quando parla Nuccio Cusumano. Siciliano di Sciacca, figlio come Pierluigi Bersani di un benzinaio, è un parlamentare di lungo corso, giacché entrò in Senato nel 1992, quando apparteneva alla Dc di Salvo Lima, ma è vistosamente emozionatissimo. Sbanda, si accartoccia, riprende fiato, va in affanno, si arrabatta in analisi sulla «complessiva ripartenza rispetto ad un quadro sfilacciato ed appesantito vistosamente dalle permanenti e intense iniziative dell'opposizione» e finalmente, dopo essersi lagnato di quei maligni che hanno confidato ai giornali che lui starebbe sul punto di piantare Mastella per restare fedele al governo a causa di un piacerino fatto a Filippo Bellanca, il suo segretario tuttofare, finalmente si decide: «Scelgo in solitudine, scelgo con la mia libertà, scelgo con la mia coerenza, senza prigionie politiche, ma con l'esaltante prigionia delle mie idee, della mia probità, scelgo per il Paese, scelgo per la fiducia a Romano Prodi». Non l'avesse mai detto! Dai banchi di An, elegantemente agghindato con un maglione rosso buttato con studiata nonchalance sulle spalle della giacca come il suo grande amico Franco Zeffirelli butta le sciarpe e i foulard, salta su Nino Strano. Che urla: «Cesso! Sei un cesso! Cesso!». E poi «Merda! Sei una merda! Merda!». Franco Marini tenta disperatamente di calmare gli animi sbattendo la capanella: «Colleghi senatori! Colleghi senatori!» L'assemblea è un inferno. «Checca!», strilla Strano, «Checca! Checca! Sei una checca squallida!». In quel momento scatta Tommaso Barbato, il capogruppo Udeur che si fionda sul collega ribelle urlandogli: «Vergogna! Vergogna! ». C'è chi giurerà: «Gli ha sputato. Uno sputo alla Totti». Sputo tentato o sputo consumato? «Consumato, consumato!», conferma Gerardo D'Ambrosio: «Consumato e aggravato». Cusumano sbianca, si piega su un fianco, si accascia... «Sta male!», urla qualcuno. «Fate largo, sono un medico», si offre un vicino senatore.
E via così, tra urla belluine. Destinate a ripetersi al momento del voto. Quando il «traditore», masticando una gomma americana per ostentare d'avere recuperato la padronanza di se stesso, passerà sotto la presidenza per dire il suo «sì». A proposito: «traditore» chi? Eh già, negli applausi e nei fischi finali c'è infatti una piccola contraddizione. Fischi e schiamazzi e insulti a Cusumano. Boati di entusiasmo per Lamberto Dini e Franco Turigliatto e Clemente Mastella e Domenico Fisichella che votano contro il governo nel cui nome erano stati eletti. Bizzarrie della storia. L'esatto contrario di quanto accadde dieci anni fa. Quando lo stesso Mastella e quelli come lui che avevano deciso di spostarsi a sinistra per far nascere il governo D'Alema, furono investiti da un uragano: «Ma come! Contro il popolo che li ha eletti! Contro chi li ha votati!». Il più sobrio fu Gianfranco Fini: «Siete dei puttani». Il più bellicoso Gianfranco Micciché: «Saltimbanchi, truffatori, massoni, boiardi, vermi!» Un'incoerenza? Boh, dettagli... «Prodi, accattate sta mortadella!», grida felice Nino Strano mangiandosi una bella fetta di roseo salume. E ammicca: «Io a Cusumano non volevo mica offenderlo chiamandolo checca. Sono quarant'anni che danno della checca a me... L'offesa era "checca squallida". Squallida...».
Fonte: corriere.it
Se invece sperava sul serio di portare (politicamente) a casa la pelle, gli è andata perfino peggio di quanto temesse. E sotto le macerie del suo governo, o se volete delle sue macerie personali, rischia ora di restare l'intera sinistra.
Non ha voluto sentire ragioni, il Professore.
Non i consigli di Giorgio Napolitano, che dal Quirinale gli aveva detto che forse non era il caso di sfidare il mondo intero sull'alternativa secca «o con me o contro di me».


Non gli ultimi avvertimenti, quasi accorati, di chi come Domenico Fisichella lo implorava: per favore, non costringermi a votarti contro. Non le invocazioni dei compagni di viaggio, preoccupatissimi all'idea di una sorta di ordalia parlamentare dopo la quale sarebbe stato difficilissimo tentare ricuciture capaci di evitare un'immediata corsa alle urne con l'Unione in pezzi, Walter Veltroni scardinato dal piedistallo sul quale era stato issato dalle (per quanto contestate) primarie e questa legge elettorale. Non le parole sferzanti di avversari come Francesco D'Onofrio: «Lei ha fatto un discorso livido questa sera, livido contro parti della sua maggioranza, livido contro quest'Aula». Niente da fare. Voleva cadere così, in Parlamento. Con la conta. Ed è caduto. «C'è qualcosa di magico, nella caduta», disse un giorno Giuliano Ferrara. E forse l'ormai ex presidente del consiglio è convinto davvero che un giorno, chissà, anche questa sua scelta verrà rivista col senno di poi come una solenne prova di fedeltà alle istituzioni. Di dignità. Di ossequio alle regole. Fino all'ultimo. Ma il «modo» in cui è andata la giornata di ieri, i toni, le parole, i sudori, le beffe («Lei, Presidente, prenderà tutte le ecoballe della Campania su di sè e con esse andrà a casa») hanno offerto l'impressione di una cosa diversa. Come se il Professore non fosse uscito solo battuto, cosa messa nel conto. Ma fosse stato sottoposto a una specie di «luxtratio simplex et tecnilocolorata». La «lezione» a base di pittura sulla faccia e sui capelli e sui vestiti, che gli studenti più anziani come lui infliggevano alle matricole in quegli anni Cinquanta in cui studiava alla Cattolica di Milano dove era stato avviato dal professore di italiano al Liceo che si chiamava Ermanno Dossetti, il fratello di Giuseppe.
C'è chi dice tra i suoi amici, come Angelo Rovati, che no, quello di ieri non è stato un atto di superbia intellettuale e politico da parte di chi ha dato mostra di essere talora po' ganassa («E-si-go!», «Parlo solo io!», «Ci metto un po' a decidere, ma poi vinco: ho sempre vinto») e si era convinto di essere l'unico collante capace di tenere insieme i cattolici e i trotzskisti, gli anticlericali e i focolarini, i gay esuberanti e le cattoliche penitenziali col cilicio ma piuttosto l'ultimo gesto di «amore per le istituzioni ». C'è chi invece, come Roberto Castelli, arriva a paragonare l'orgogliosa rivendicazione dei meriti del governo battuto («Mi rendo conto che il paragone per alcuni versi è ardito, perché allora eravamo in presenza di un'enorme tragedia e oggi alla più classica delle commedie all'italiana») al discorso di Mussolini al Lirico nel dicembre 1944: «Quando disse: "Qualunque cosa accada, il seme è destinato a germogliare" oppure "Il mio lavoro sta producendo ogni giorno frutti e sono certo che ne darà in futuro"». Certo è che il passo d'addio di quello che è stato per una dozzina di anni il punto di riferimento di una metà degli italiani, da quel giorno del '95 in cui Massimo D'Alema si alzò dalla terza fila del Teatro Umberto per incoronarlo («Lei è una persona seria e noi abbiamo deciso di conferirle la nostra forza »), è stato occasione per scattare istantanee indimenticabili. Che hanno mostrato come il Parlamento sia sul serio lo specchio del Paese. Nel bene e nel male. Ecco la piccola vanità intellettuale del professore Fisichella, che ammette certo di essere stato candidato dalla Margherita e di essere perciò grato a Rutelli ma aggiunge piccato «mi permetto di ricordare che non ero e non sono un tizio qualunque cui viene regalato un seggio parlamentare». Ecco il tormento comunista di Franco Turigliatto, che spiega che proprio non può, lui, votare per un governo come questo dopo che «la Sinistra ha ingoiato tutto senza riuscire ad ottenere nulla» al punto che «la crisi si materializza nella forma più politicista espressa dalla rottura dell'Udeur».

È stravolto, il trotzkista piemontese. E ancora più stravolto sarà al momento del voto, quando il suo «no» verrà accolto da urla di gioia e di approvazione dai banchi di tutti quelli che lui non sopporta. Applausi beffardi. Che sa gli verranno rimproverati al ritorno a Torino, da dove il capogruppo regionale dei comunisti italiani gli ha già fatto avere via Ansa il benvenuto: «Turigliatto: il miglior amico di Confindustria, chiesa e americani. Presto tornerà nella sua Torino e potrà fare solo danni minimali alla classe lavoratrice». Ecco gli slanci retorici del neo-democristiano Mauro Cutrufo che, forse per mostrarsi degno della laurea (taroccata) che sbandiera honoris causa alla «University of Berkley» (da non confondere con la vera Berkeley: tre «e») spiega a Prodi: «Ammiriamo la sua caparbietà e la volontà di una parlamentarizzazione della crisi, tuttavia, nel concreto e per il Paese, ha consentito solamente che si potesse mettere in scena una plateale morte del cigno: come il cigno, orgoglioso, sicuro dei propri mezzi e del proprio potere, ha provato strenuamente quanto inutilmente a dibattersi, ma le fauci della volpe che si nascondeva proprio tra le fila della sua maggioranza... ». E come dimenticare l'intervento di Francesco Nitto Palma? Timoroso che i colleghi abbiano scordato che un tempo fu magistrato, il senatore azzurro sversa sentenze latine una dietro l'altra. Meglio: parte col francese («"Après moi, le déluge!", "Dopo di me, il diluvio!", che mi auguro per lei la storiografia assegni a Luigi XV invece che a madame Pompadour »), poi si sfoga: «Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur», «obtorto collo», «Acta est fabula », «Acta est tragedia»... E la rifondarola Rina Gagliardi? Dopo avere implicitamente chiesto scusa al Professore di averlo fatto cadere dieci anni fa riconoscendo le buone ragioni di chi allora non era d'accordo («il futuro si prospetta, ahimè, molto peggiore del pur non splendido presente») la senatrice comunista non trova di meglio che affidarsi, in qualche modo, al buon Dio.
E «sperare nel miracolo che quest'Aula stasera dia la fiducia a questo Governo». Il meglio però, arriva quando parla Nuccio Cusumano. Siciliano di Sciacca, figlio come Pierluigi Bersani di un benzinaio, è un parlamentare di lungo corso, giacché entrò in Senato nel 1992, quando apparteneva alla Dc di Salvo Lima, ma è vistosamente emozionatissimo. Sbanda, si accartoccia, riprende fiato, va in affanno, si arrabatta in analisi sulla «complessiva ripartenza rispetto ad un quadro sfilacciato ed appesantito vistosamente dalle permanenti e intense iniziative dell'opposizione» e finalmente, dopo essersi lagnato di quei maligni che hanno confidato ai giornali che lui starebbe sul punto di piantare Mastella per restare fedele al governo a causa di un piacerino fatto a Filippo Bellanca, il suo segretario tuttofare, finalmente si decide: «Scelgo in solitudine, scelgo con la mia libertà, scelgo con la mia coerenza, senza prigionie politiche, ma con l'esaltante prigionia delle mie idee, della mia probità, scelgo per il Paese, scelgo per la fiducia a Romano Prodi». Non l'avesse mai detto! Dai banchi di An, elegantemente agghindato con un maglione rosso buttato con studiata nonchalance sulle spalle della giacca come il suo grande amico Franco Zeffirelli butta le sciarpe e i foulard, salta su Nino Strano. Che urla: «Cesso! Sei un cesso! Cesso!». E poi «Merda! Sei una merda! Merda!». Franco Marini tenta disperatamente di calmare gli animi sbattendo la capanella: «Colleghi senatori! Colleghi senatori!» L'assemblea è un inferno. «Checca!», strilla Strano, «Checca! Checca! Sei una checca squallida!». In quel momento scatta Tommaso Barbato, il capogruppo Udeur che si fionda sul collega ribelle urlandogli: «Vergogna! Vergogna! ». C'è chi giurerà: «Gli ha sputato. Uno sputo alla Totti». Sputo tentato o sputo consumato? «Consumato, consumato!», conferma Gerardo D'Ambrosio: «Consumato e aggravato». Cusumano sbianca, si piega su un fianco, si accascia... «Sta male!», urla qualcuno. «Fate largo, sono un medico», si offre un vicino senatore.
E via così, tra urla belluine. Destinate a ripetersi al momento del voto. Quando il «traditore», masticando una gomma americana per ostentare d'avere recuperato la padronanza di se stesso, passerà sotto la presidenza per dire il suo «sì». A proposito: «traditore» chi? Eh già, negli applausi e nei fischi finali c'è infatti una piccola contraddizione. Fischi e schiamazzi e insulti a Cusumano. Boati di entusiasmo per Lamberto Dini e Franco Turigliatto e Clemente Mastella e Domenico Fisichella che votano contro il governo nel cui nome erano stati eletti. Bizzarrie della storia. L'esatto contrario di quanto accadde dieci anni fa. Quando lo stesso Mastella e quelli come lui che avevano deciso di spostarsi a sinistra per far nascere il governo D'Alema, furono investiti da un uragano: «Ma come! Contro il popolo che li ha eletti! Contro chi li ha votati!». Il più sobrio fu Gianfranco Fini: «Siete dei puttani». Il più bellicoso Gianfranco Micciché: «Saltimbanchi, truffatori, massoni, boiardi, vermi!» Un'incoerenza? Boh, dettagli... «Prodi, accattate sta mortadella!», grida felice Nino Strano mangiandosi una bella fetta di roseo salume. E ammicca: «Io a Cusumano non volevo mica offenderlo chiamandolo checca. Sono quarant'anni che danno della checca a me... L'offesa era "checca squallida". Squallida...».
Fonte: corriere.it
20 gen 2008
Reati e disgusto: la lottizzazione e le inchieste
Il caso Mastella
Un cardiologo premiato grazie a una tessera di partito. Non è reato. Un ginecologo sostituito solo perché la sua casacca non coincide con il colore (pro tempore) del potere locale. Non è reato. Attenzione però, perché anche i «non reati» possono talvolta produrre valanghe emotive di rigetto nell'opinione pubblica avvelenata. Come nel '92. Peggio del '92. Mastella e lo stato maggiore dell'Udeur campana facciano un giro, se ne hanno tempo e voglia, sui blog che infiammano il variopinto arcipelago internettista. Troverebbero una ferocia senza limiti, un disprezzo radicale per la politica, parole di una violenza inusitata. Per carità, sono solo blog: spesso sboccati, sconclusionati, culturalmente e psicologicamente border line, attrezzati a soffiare sui miasmi più beceri e qualunquisti dell'antipolitica. Ma segnalano che, anche se non sono reati, la lottizzazione sistematica dei camici bianchi e l'occupazione totale della sanità da parte della politica riescono a scatenare reazioni ancor più rabbiose e risentite di quelle che affiorerebbero in presenza di un reato conclamato.
Possibile che sia accettata come prassi normale, consueta, persino ovvia che non solo nell'amministrazione di una Asl e nel viavai dei primari d'ospedale, ma persino, come in parte appare nelle carte emerse nell'esplosione del caso Campania, tra i cardiologi, i ginecologi, i pediatri prevalga un criterio lottizzatorio tanto capillare e pervasivo? E' possibile accettare su un tema tanto delicato come la salute dei singoli e delle famiglie che qualsiasi criterio di talento, capacità, esperienza professionale sia penalizzato a favore dell'affiliazione di partito, dell'appartenenza politica, del rapporto stabilito con i poteri locali? Non è reato, ma lascia interdetti. E' solo una prassi abituale e non una faccenda da codice penale, ma fa imbufalire anche il cittadino più mite e poco incline ai furori dell'antipolitica. Come nel '92, appunto. Anche allora, all'inizio, si minimizzò, si invocò l'attenuante del costume generalizzato, il diffondersi di una prassi che sembrava ovvia, normale, persino accettabile. Ma la ghigliottina giudiziaria trovò un terreno molto accogliente in una rabbia compressa contro i partiti che occupavano tutto, lottizzavano tutto, si comportavano dappertutto come padroni onnipotenti.
La piazza, sentendo l'odore del sangue e l'ebbrezza della decapitazione, cominciò ad adorare i giudici come angeli vendicatori, strumenti provvidenziali di una cruenta rappresaglia da attuare nelle aule dei tribunali e non con i mezzi messi a disposizione dalla democrazia. Finì come finì, con l'eccitazione giustizialista che non sapeva più distinguere tra reato e costume, tra fatti penalmente rilevanti e consuetudini ampiamente consacrate dall'uso. Oggi ci si attesta su un'analoga trincea. L'evidente eccesso giustizialista che connota l'inchiesta anti-Mastella (quasi stravagante se non contenesse un evidente malanimo nei confronti del «nemico» politico) suscita nella classe politica un riflesso autodifensivo che si appella al costume per rivendicarne l'irrilevanza penale. È in effetti così: la lottizzazione è un costume trasversale che rende semplicemente ovvia la presenza invasiva dei partiti in ogni ente pubblico regolato secondo il criterio delle nomine politicamente stabilite. Ma forse il ginecologo lottizzato è un po' troppo. E questo «troppo» può essere la scintilla che accende il furore, che alimenta e determina l'accecamento antipolitico di chi non aspetta che un segnale per saltare addosso ancora una volta sugli odiati partiti: come quando nella febbre di Tangentopoli la piazza si elettrizzava per la politica in manette. Un disgusto che, stavolta, non risparmia nessuno, non distingue tra gli schieramenti. Anche se non c'è reato. Anche se è solo ordinaria lottizzazione, costume, e malcostume. Non sarebbe il caso di trovarne un altro?
Fonte: corriere.it
Un cardiologo premiato grazie a una tessera di partito. Non è reato. Un ginecologo sostituito solo perché la sua casacca non coincide con il colore (pro tempore) del potere locale. Non è reato. Attenzione però, perché anche i «non reati» possono talvolta produrre valanghe emotive di rigetto nell'opinione pubblica avvelenata. Come nel '92. Peggio del '92. Mastella e lo stato maggiore dell'Udeur campana facciano un giro, se ne hanno tempo e voglia, sui blog che infiammano il variopinto arcipelago internettista. Troverebbero una ferocia senza limiti, un disprezzo radicale per la politica, parole di una violenza inusitata. Per carità, sono solo blog: spesso sboccati, sconclusionati, culturalmente e psicologicamente border line, attrezzati a soffiare sui miasmi più beceri e qualunquisti dell'antipolitica. Ma segnalano che, anche se non sono reati, la lottizzazione sistematica dei camici bianchi e l'occupazione totale della sanità da parte della politica riescono a scatenare reazioni ancor più rabbiose e risentite di quelle che affiorerebbero in presenza di un reato conclamato.
Possibile che sia accettata come prassi normale, consueta, persino ovvia che non solo nell'amministrazione di una Asl e nel viavai dei primari d'ospedale, ma persino, come in parte appare nelle carte emerse nell'esplosione del caso Campania, tra i cardiologi, i ginecologi, i pediatri prevalga un criterio lottizzatorio tanto capillare e pervasivo? E' possibile accettare su un tema tanto delicato come la salute dei singoli e delle famiglie che qualsiasi criterio di talento, capacità, esperienza professionale sia penalizzato a favore dell'affiliazione di partito, dell'appartenenza politica, del rapporto stabilito con i poteri locali? Non è reato, ma lascia interdetti. E' solo una prassi abituale e non una faccenda da codice penale, ma fa imbufalire anche il cittadino più mite e poco incline ai furori dell'antipolitica. Come nel '92, appunto. Anche allora, all'inizio, si minimizzò, si invocò l'attenuante del costume generalizzato, il diffondersi di una prassi che sembrava ovvia, normale, persino accettabile. Ma la ghigliottina giudiziaria trovò un terreno molto accogliente in una rabbia compressa contro i partiti che occupavano tutto, lottizzavano tutto, si comportavano dappertutto come padroni onnipotenti.
La piazza, sentendo l'odore del sangue e l'ebbrezza della decapitazione, cominciò ad adorare i giudici come angeli vendicatori, strumenti provvidenziali di una cruenta rappresaglia da attuare nelle aule dei tribunali e non con i mezzi messi a disposizione dalla democrazia. Finì come finì, con l'eccitazione giustizialista che non sapeva più distinguere tra reato e costume, tra fatti penalmente rilevanti e consuetudini ampiamente consacrate dall'uso. Oggi ci si attesta su un'analoga trincea. L'evidente eccesso giustizialista che connota l'inchiesta anti-Mastella (quasi stravagante se non contenesse un evidente malanimo nei confronti del «nemico» politico) suscita nella classe politica un riflesso autodifensivo che si appella al costume per rivendicarne l'irrilevanza penale. È in effetti così: la lottizzazione è un costume trasversale che rende semplicemente ovvia la presenza invasiva dei partiti in ogni ente pubblico regolato secondo il criterio delle nomine politicamente stabilite. Ma forse il ginecologo lottizzato è un po' troppo. E questo «troppo» può essere la scintilla che accende il furore, che alimenta e determina l'accecamento antipolitico di chi non aspetta che un segnale per saltare addosso ancora una volta sugli odiati partiti: come quando nella febbre di Tangentopoli la piazza si elettrizzava per la politica in manette. Un disgusto che, stavolta, non risparmia nessuno, non distingue tra gli schieramenti. Anche se non c'è reato. Anche se è solo ordinaria lottizzazione, costume, e malcostume. Non sarebbe il caso di trovarne un altro?
Fonte: corriere.it
16 gen 2008
Arresti domiciliari per Lady Mastella: trenta gli arresti eccellenti nell'Udeur
La signora Lonardo coinvolta in un'inchiesta sulla sanità dei pm di Santa Maria Capua Vetere per tentata concussione. Ma lei dice: sono serena
Napoli - Sono una trentina le persone, e tra loro anche due assessori regionali della Campania ed alcuni consiglieri dell’Udeur, coinvolte, secondo quanto si è appreso, nell’inchiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere e culminata nell’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare presso il domicilio per Sandra Lonardo. L’inchiesta giudiziaria riguarderebbe un presunto giro di favori. L’episodio contestato alla moglie di Clemente Mastella riguarderebbe le modalità seguite per una nomina nell’ospedale di Caserta.
Secondo quanto si è appreso, sono coinvolti Sandra Lonardo Mastella, presidente del consiglio regionale della Campania e moglie del ministro della giustizia, l’assessore regionale al Personale Andrea Abbamonte, cui il provvedimento sarebbe stato notificato in autostrada, mentre tornava da Roma; quello all’Ambiente, Luigi Nocera; il sindaco di Benevento Fausto Pepe; il capogruppo dell’Udeur in Consiglio Nicola Ferrero e il consigliere Ferdinando Errico. Nel corso delle notifiche, sarebbero stati sequestrati anche documenti nelle sedi istituzionali.
Il reato ipotizzato per Sandra Mastella è tentata concussione nell’ambito di una inchiesta sulla sanità che coinvolge altri nomi eccellenti tra cui il presidente del consiglio di stato, il capo della procura di Foggia e il prefetto di Benevento. Il condizionale è d’obbligo visto che il provvedimento che il gip Francesco Chiaromonte avrebbe firmato, non è stato ancora notificato alla signora Mastella che dice di averlo appreso dalla televisione e di trovarsi nella sua casa di Ceppaloni (Benevento) sol perchè influenzata. Dichiarazioni avallate dal procuratore capo di Santa Maria Capua Vetere, Mariano Massei: «Nessun provvedimento è stato notificato alla Mastella. Che esista o no non posso dirlo».
«Frastornata», ma «tranquilla», perchè «in questi casi si è soli con la propria coscienza. E io sono tranquilla». Sandra Mastella conferma di essere nella sua casa di Ceppaloni perchè «ho ancora un pò di influenza, brividi di freddo. Già questa mattina alle 7 avevo telefonato al vicepresidente del consiglio regionale Mucciolo per chiedergli di presenziare alla conferenza dei capigruppo. Così sarò qui se arriverà questo provvedimento. Sono a disposizione di questi magistrati e di tutti quelli che vorranno chiarimenti su qualsiasi vicenda».
Il procuratore Maffei è in riunione con i due pm, Alessandro Cimmino e Maurizio Giordano, che conducono un’indagine su una presunta rete di mutua assistenza tra persone vicine o organiche all’Udeur, una sorta di lobby per scambi di favori, che coinvolgerebbe una quindicina di indagati e nell’ambito della quale avrebbero chiesto al gip sette misure interdittive nei confronti del presidente del consiglio di stato Paolo Salvatore, del capo della procura di Foggia Vincenzo Russo, del prefetto di Benevento Giuseppe Urbano, di tre giudici del Tar Campania (Carlo D’ Alessandro, Ugo De Maio e Francesco Guerriero), del consuocero del ministro Carlo Camilleri, presidente dell’Autorità di bacino del Sele, e di un vigile urbano di Alvignano, Luigi Treviso.
Tra le pratiche sotto esame c’è anche quella relativa all’annullamento della gara per la costruzione del padiglione di medicina a Caserta. Tra le accuse contestate, corruzione, falso, abuso di ufficio, rivelazione di segreto di ufficio. Secondo l’avvocato Titta Madia, però, la vicenda che chiama in causa Sandra Mastella è «una grande sfuriata telefonica che avrebbe fatto al direttore di un ospedale in merito a una nomina. Quindi solo un contrasto di carattere politico e niente a che vedere con dazioni di denaro o vantaggi di altro tipo».
Fonte: lastampa.it
Napoli - Sono una trentina le persone, e tra loro anche due assessori regionali della Campania ed alcuni consiglieri dell’Udeur, coinvolte, secondo quanto si è appreso, nell’inchiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere e culminata nell’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare presso il domicilio per Sandra Lonardo. L’inchiesta giudiziaria riguarderebbe un presunto giro di favori. L’episodio contestato alla moglie di Clemente Mastella riguarderebbe le modalità seguite per una nomina nell’ospedale di Caserta.
Secondo quanto si è appreso, sono coinvolti Sandra Lonardo Mastella, presidente del consiglio regionale della Campania e moglie del ministro della giustizia, l’assessore regionale al Personale Andrea Abbamonte, cui il provvedimento sarebbe stato notificato in autostrada, mentre tornava da Roma; quello all’Ambiente, Luigi Nocera; il sindaco di Benevento Fausto Pepe; il capogruppo dell’Udeur in Consiglio Nicola Ferrero e il consigliere Ferdinando Errico. Nel corso delle notifiche, sarebbero stati sequestrati anche documenti nelle sedi istituzionali.
Il reato ipotizzato per Sandra Mastella è tentata concussione nell’ambito di una inchiesta sulla sanità che coinvolge altri nomi eccellenti tra cui il presidente del consiglio di stato, il capo della procura di Foggia e il prefetto di Benevento. Il condizionale è d’obbligo visto che il provvedimento che il gip Francesco Chiaromonte avrebbe firmato, non è stato ancora notificato alla signora Mastella che dice di averlo appreso dalla televisione e di trovarsi nella sua casa di Ceppaloni (Benevento) sol perchè influenzata. Dichiarazioni avallate dal procuratore capo di Santa Maria Capua Vetere, Mariano Massei: «Nessun provvedimento è stato notificato alla Mastella. Che esista o no non posso dirlo».
«Frastornata», ma «tranquilla», perchè «in questi casi si è soli con la propria coscienza. E io sono tranquilla». Sandra Mastella conferma di essere nella sua casa di Ceppaloni perchè «ho ancora un pò di influenza, brividi di freddo. Già questa mattina alle 7 avevo telefonato al vicepresidente del consiglio regionale Mucciolo per chiedergli di presenziare alla conferenza dei capigruppo. Così sarò qui se arriverà questo provvedimento. Sono a disposizione di questi magistrati e di tutti quelli che vorranno chiarimenti su qualsiasi vicenda».
Il procuratore Maffei è in riunione con i due pm, Alessandro Cimmino e Maurizio Giordano, che conducono un’indagine su una presunta rete di mutua assistenza tra persone vicine o organiche all’Udeur, una sorta di lobby per scambi di favori, che coinvolgerebbe una quindicina di indagati e nell’ambito della quale avrebbero chiesto al gip sette misure interdittive nei confronti del presidente del consiglio di stato Paolo Salvatore, del capo della procura di Foggia Vincenzo Russo, del prefetto di Benevento Giuseppe Urbano, di tre giudici del Tar Campania (Carlo D’ Alessandro, Ugo De Maio e Francesco Guerriero), del consuocero del ministro Carlo Camilleri, presidente dell’Autorità di bacino del Sele, e di un vigile urbano di Alvignano, Luigi Treviso.
Tra le pratiche sotto esame c’è anche quella relativa all’annullamento della gara per la costruzione del padiglione di medicina a Caserta. Tra le accuse contestate, corruzione, falso, abuso di ufficio, rivelazione di segreto di ufficio. Secondo l’avvocato Titta Madia, però, la vicenda che chiama in causa Sandra Mastella è «una grande sfuriata telefonica che avrebbe fatto al direttore di un ospedale in merito a una nomina. Quindi solo un contrasto di carattere politico e niente a che vedere con dazioni di denaro o vantaggi di altro tipo».
Fonte: lastampa.it
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