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28 ott 2009

Arrestato nel Casertano Catello Romano, il killer iscritto al PD.

Diciannovenne killer di Tommasino, aveva confessato altri quattro omicidi, era fuggito il 14 ottobre da un albergo della Puglia

CASERTA - È stato arrestato in provincia di Caserta Catello Romano, 19 anni, uno dei killer del consigliere comunale del Pd di Castellammare Luigi Tommasino. Dopo aver confessato la propria partecipazione ad altri tre omicidi ed essersi dichiarato pentito e pronto a collaborare con la giustizia, Romano, rintracciato ora dai carabinieri, era fuggito da un albergo pugliese dove era stato trasferito per precauzione. Il giovanissimo killer si era calato dalla finestra dell'hotel nel più classico dei modi, annodando le lenzuola fino a formare una corda.

Romano, fermato dai militari sta ora per essere trasferito a Castellammare di Stabia dove sarà sottoposto ad interrogatorio. La figura di Romano nella svolta sulle indagini per l'omicidio del consigliere Tommasino era da subito apparsa importante anche perché Romano era risultato iscritto al Partito democratico e correva addirittura per le primarie cittadine del par tito al posto numero 40 su 47 di una della lista «Riformismo e innova zione con Cimmino» di una delle otto liste che concorsero per le primarie da cui sca turirono i cinquanta componenti del coor dinamento cittadino del Pd.

Fonte: corrieredelmezzogiorno.it

23 ott 2009

Castellammare, il killer di Tommasino corse alle primarie del Pd stabiese

Catello Roma­no è stato in lista nella competizione per eleggere il segretario cittadino

NAPOLI - Non era un solo un semplice iscritto al Pd, Catello Roma­no, uno dei presunti killer del consigliere comunale stabiese Gino Tommasino. Non era un semplice iscritto ma correva addirittura per le primarie cittadine del par­tito. La nuova scoperta che arricchisce il caso Tommasi­no di altri, inquietanti risvolti, arriva an­cora una volta da «Metropolis», il quoti­diano dell’area stabiese-torrese, diretto da Giuseppe Del Gaudio, che per primo ha acceso la luce sull’iscrizione al Pd di al­meno uno dei componenti del comman­do che uccisero Tommasino. Dunque — riferisce Metropolis con un articolo di Giovanni Santaniello — Catel­lo Romano era al posto numero 40 su 47 di una della lista «Riformismo e innova­zione con Cimmino», una delle otto liste che concorsero per le primarie da cui sca­turirono i cinquanta componenti del coor­dinamento cittadino del Pd.

Anche se Ca­tello Romano non venne eletto, la sua li­sta, numero uno, vinse quelle primarie conquistando 529 preferenze. Gaetano Cimmino, il capolista, era l’ex segretario cittadino del Pd, prima che la sezione ve­nisse commissariata da Morando. Dopo le primarie Cimmino dovette attendere il mese di febbraio per essere eletto segreta­rio cittadino del Partito democratico a Ca­stellammare. I fatti successivi sono fin troppo noti: l’omicidio di Tommasino, le manifestazioni anticamorra, fino ad arri­vare ai recenti arresti dei componenti del commando di morte, tra i quali proprio quel Catello Romano che prima si è penti­to e ha accettato di collaborare con gli in­vestigatori, poi misteriosamente è fuggi­to calandosi con le lenzuola da un albergo in Puglia dove era tenuto nascosto dai po­liziotti. Insomma, una trama intricatissima, un vero e proprio giallo dove alla camorra e agli affari si unisce il mondo politico.

Ca­stellammare è ormai una città scossa da un terremoto giudiziario che appare solo agli inizi. Chi chiuse gli occhi su quelle im­barazzanti presenze nelle liste del Pd loca­le? E perché? Perché, come ha dichiarato l’ex assessora Mormone, nessuno raccol­se la sua denuncia circa la presenza di no­mi inquietanti tra gli iscritti, ben prima dell’omicidio Tommasino?

Fonte: corrieredelmezzogiorno.it

16 ott 2009

Il killer del consigliere era iscritto al Pd. Partito sotto choc e commissariato

Espulso dal partito l’omicida di Tommasino
Il segretario: «Non sapevamo che fosse un delinquente»

NAPOLI — Ad ucciderlo fu­rono in quattro; almeno uno era un suo compagno di parti­to, iscritto come lui al Pd di Ca­stellammare. Nuova e sconcer­tante sorpresa nella vicenda di Gino Tommasino, il consiglie­re comunale stabiese assassina­to il 3 febbraio scorso. Catello Romano, fermato sabato scor­so dalla squadra mobile di Na­poli con l’accusa di aver fatto parte del commando omicida e poi evaso calandosi dal balco­ne dell’albergo dove, in qualità di collaboratore di giustizia, era stato mandato, fino a ieri era un tesserato del Pd; la tesse­ra l’aveva ricevuta nello stesso circolo di Tommasino, quello di corso Vittorio Emanuele. Do­po la rivelazione del quotidia­no locale Metropolis, Romano è stato espulso dal collegio re­gionale dei garanti, d’intesa con il segretario regionale Tino Iannuzzi ed il commissario pro­vinciale Enrico Morando.

Ulte­riori verifiche sono in corso, in­vece, per Salvatore Belviso, cu­gino del capoclan Vincenzo D’Alessandro e a sua volta fer­mato per l’omicidio: negli elen­chi del circolo, infatti, c’è un tesserato con questo nome, ma non figura la data di nascita. Il circolo è stato commissariato da Morando; commissario è stato nominato Paolo Persico, che del collegio dei garanti fa parte. «Il suo mandato — preci­sa Morando — è volto al conse­guimento di due obiettivi: pro­cedere ad una minuziosa verifi­ca del tesseramento realizzato nel settembre 2008; garantire il regolare svolgimento delle pri­marie in condizioni di assoluta trasparenza. Sono certo — pro­segue il commissario provincia­le — che le centinaia di perso­ne per bene che sono iscritte e militanti del Pd a Castellamma­re collaboreranno con Persico, a tutela della dignità e del buon nome del Partito Demo­cratico e di ogni persona che onestamente ne fa parte». Scop­pia un caso, dunque: possibile che solo dopo la denuncia di un giornale il Pd si sia deciso ad allontanare due personaggi contigui con la camorra, uno dei quali reo confesso di quat­tro omicidi? E chi fu ad avvici­nare Romano al Pd? Forse pro­prio Tommasino, che lo cono­sceva? Morando, non senza im­barazzo, chiarisce: «Quando si fece il tesseramento, nessuno aveva elementi per negare l’iscrizione a queste persone. Dovunque ci siano state segna­lazioni abbiamo fatto verifiche insieme con la polizia. Ma sen­za una segnalazione precisa è molto difficile individuare gli amici dei boss tra le centinaia di simpatizzanti che chiedono l’iscrizione al partito». Gino Tommasino fu assassi­nato il pomeriggio del 3 febbra­io scorso in viale Europa, cioè in pieno centro di Castellamma­re, mentre era in auto con il fi­glio tredicenne.

Dalla dinamica dell’agguato fu immediatamen­te chiaro agli investigatori che era stata un’esecuzione di ca­morra. Più difficile, invece, risa­lire al movente, che tuttora non è ben chiaro: molte piste sono state scandagliate. L’uni­co elemento concreto sembra, al momento, l’appropriazione da parte di Tommasino di 30.000 euro del clan D’Alessan­dro, alcuni affiliati del quale il consigliere assassinato fre­quentava da anni. A fare da sfondo al delitto, secondo la Procura di Napoli, ci sono in­trecci tra interessi politici e cri­minali, scambi di favori, posti di lavoro dati a persone vicine ai D’Alessandro in cambio, for­se, di appoggi elettorali. Dopo otto mesi di indagini, sabato scorso la svolta: la squadra mo­bile individua i presunti re­sponsabili dell’omicidio. Sono Catello Romano, Raffaele Poli­to, Renato Cavaliere, già dete­nuto, e Salvatore Belviso, cugi­no e braccio destro del boss Vincenzo D’Alessandro. Polito e Romano — che ha appena 19 anni — decidono subito di col­laborare, si autoaccusano di al­tri omicidi e, anziché essere ar­restati, vengono allontanati, per precauzione, dalla provin­cia di Napoli: una decisione che farà discutere. Infatti arri­va il colpo di scena: il giovanis­simo killer cambia idea all’im­provviso. Non vuole più colla­borare con i magistrati Pierpao­lo Filippelli e Claudio Siragusa, che coordinano le indagini. Fugge: beffando la polizia peni­tenziaria, che ha l’incarico di sorvegliarlo, si cala dal balcone dell’albergo con una corda fat­ta di lenzuola.

Due giorni dopo la clamorosa notizia della fuga di Romano — per il quale ades­so la Procura ha chiesto l’arre­sto — arriva quella, più eclatan­te ancora, della sua iscrizione al Pd. Per Enzo Amendola, can­didato alla segreteria regionale del Pd e sostenitore di Pierluigi Bersani, «è una vicenda doloro­sa che deve farci riflettere e che richiede una reazione immedia­ta per ristabilire fiducia nel no­stro partito. Sono d’accordo con i provvedimenti immedia­ti presi da Morando, a cui va tutto il mio sostegno. È in gio­co la credibilità del Pd di Castel­lammare e di quanti con passio­ne e onestà lavorano al radica­mento di un partito sano». Per Leonardo Impegno, candidato della mozione Franceschini, «Il coinvolgimento di due iscritti del Partito democratico nel­l’omicidio Tommasino è un fat­to inquietante: da un lato getta fango sulle migliaia di militan­ti onesti del partito, dall’altro conferma l’esigenza di alzare l’asticella nel contrasto alla cri­minalità organizzata » .

Fonte: corriere.it

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