22 ott 2009

Clientele e punizioni, il sistema Udeur. «Tolta la scrivania al medico nemico»

Il giudice: la famiglia considerava l’agenzia per l’ambiente come un feudo

La moglie dell'ex sindaco di Benevento Teresa Suero: «Perseguitati per non aver garantito posti in lista»

Affari di famiglia. Og­gi come allora, quando l’inchiesta del gennaio 2008 sull’Udeur portò rapidamente alla fine del secondo governo Prodi. Un partito gestito come una protesi di se stessi. Una agenzia, l’Arpac, considerata «un feudo», così lo definisce il giudice. Un carrozzone, certo. «Ma specie nel periodo della cosiddetta emer­genza rifiuti è stato uno snodo deci­sivo nell’amministrazione della co­sa pubblica campana». Al netto di tutte le accuse, tra le quali l’associazione a delinquere, si tratta di questo: «In tali Enti pubbli­ci gli indagati talvolta prestavano la propria attività, talaltra vi entra­vano grazie ad un più vasto siste­ma clientelare poggiante anche sul­la forza derivante al sodalizio dal solido legame con i vertici del parti­to politico Udeur. Ciò allo scopo di procurare, ad associati e terzi, in­giusti profitti, ingiusti vantaggi e comunque l’asservimento della fun­zione pubblica agli interessi del gruppo».

Questa volta la magistratura fa un passo avanti rispetto alla «vec­chia » indagine di Santa Maria Ca­pua a Vetere. Clemente e Sandra Mastella, sono indicati come «capi e promotori» del sodalizio crimina­le, assieme all’ex segretario regiona­le del partito Antonio Fantini e Car­lo Camilleri, imprenditore e con­suocero dell’ex ministro della Giu­stizia. La loro partecipazione viene definita «attiva» in molti singoli episodi che riguardano nomine, promozioni e assunzioni, «sempre privilegiando logiche clientelari a scapito di quelle meritocratiche». Camilleri è l’uomo che gestisce «gli affari», che siano appalti e nomine, appoggiandosi sempre a Sandra, presidente del Consiglio regionale e quindi «punto di riferimento» po­litico sul territorio, accusata «di aver controllato con logiche ricatta­torie e minacciose la spartizione e lottizzazione della copertura di po­sti e incarichi strategici». Ne emer­ge la figura di un piccolo partito, cu­cito addosso ad un gruppo familia­re, che difende con le unghie e i denti «la propria posizione di pote­re e rendita». E nel farlo, utilizza «pressoché sempre» metodi e prati­che «che denotano un uso impro­prio e strumentale della rappresen­tanza politica».

Tutto viene ricondotto ad unico dominus, ovvero Clemente Mastel­la. Il fondatore dell’Udeur, all’epoca Guardasigilli, dimostra di avere co­noscenza di ogni singolo episodio, di ogni «problema» che i suoi uo­mini trovano sul loro cammino, «tutti tenacemente attaccati» alla costruzione di un sistema di potere che viene giudicato «sempre più in­vasivo e affamato». Così, scrive il giudice, è solo dopo il suo benepla­cito telefonico «a liquidare anche quello del Santobono» che comin­ciano le presunte pressioni dei suoi fedelissimi su Nicola Mininni, diret­tore generale dell’ospedale pediatri­co Santobono, «reo» di non avere obbedito ad una richiesta di Nicola Ferraro, consigliere regionale Udeur. Contro il medico diventato «nemico» viene presentata una in­terrogazione che denuncia mancan­ze nella sua amministrazione del­l’istituto.

Non solo intercettazioni, questa volta. Anche testimonianze che pro­vengono direttamente dal mondo mastelliano. Teresa Suero, medico beneventano, ad esempio, racconta di essere «amica di vecchia data» dei coniugi Mastella. Ma poi parla delle «persecuzioni» e vessazioni subite da parte di persone «che par­lavano in nome e per conto di Cle­mente Mastella» nel momento in cui suo marito, ex sindaco di Bene­vento, non sembra garantire posti adeguati ad esponenti Udeur nella lista elettorale. Da questa vicenda si dipana quella del comune di Mor­cone, piccolo paese di 5.100 abitan­ti. L’ex sindaco Aurelio Bettini, al­l’epoca eletto per il centrodestra, fa un lungo elenco di «minacce subite dai vertici dell’Udeur» finalizzate a costringerlo a sottostare alle richie­ste del partito. Il motivo di tanto ac­canimento viene messo a verbale da Bettini: «Durante un viaggio in auto, diretti ad un convegno a For­mia, Mastella mi disse in modo pe­rentorio che io dovevo passare dal­la sua parte perché lui 'voleva' il sindaco di Morcone». L’assessore Nicola Mobila viene costretto a di­mettersi dopo che Fernando Erri­co, medico di base e consigliere provinciale Udeur, lo mette di fron­te ad un vicolo cieco minacciando­lo «attraverso i suoi vincoli di pote­re sul territorio» di rendergli im­possibile il suo lavoro di rappresen­tante farmaceutico.

I coniugi Mastella sono ritenuti «mandanti e istigatori» della vicen­da che più di ogni altra riassume un sistema di potere il più possibi­le capillare: «L’opera di discredito, isolamento e mortificazione profes­sionale » di Giuseppe De Lorenzo, dirigente del servizio psichiatrico dell’Asl di Benevento colpevole di appartenere a «formazione politica contrapposta all’Udeur» e di aver denunciato lo stato di degrado del­la struttura definita «vero e proprio feudo della famiglia Mastella». San­dra Mastella lo considera una spe­cie di bestia nera. Per liberarsi del ribelle, impone il principio della ro­tazione - ogni sei mesi... - del po­sto di primario. L’unico a ruotare però è lui, De Lorenzo. Quando vin­ce il ricorso per la reintegrazione, rimane senza stanza e senza scriva­nia. In seguito a una serie di lettere anonime, viene sottoposto a proce­dimento disciplinare, in una Asl do­ve la Commissione giudicante vie­ne completamente ritenuta «nella disponibilità» dell’Udeur. Un suo collega gli spiega chiaramente che la signora Sandra «non voleva più che io dirigessi il reparto». Alla fi­ne, per quieto vivere, è costretto al compromesso. Citofona alla villa di Ceppaloni. Chiede udienza a Cle­mente. Nel 2006 viene candidato come capolista Udeur alle elezione comunali.

Fonte: corriere.it

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