L'indagine a Perugia | L'accusa su favori e regali, coinvolte 22 persone
ROMA - Sono affari milionari quelli che la «cricca» è riuscita a chiudere quando al vertice della Protezione Civile e alla gestione dei Grandi Eventi c'era Guido Bertolaso. Perché in appena tre anni alle imprese di Diego Anemone sono stati concessi appalti per oltre 75 milioni di euro. Era favorito il giovane costruttore, ma sapeva evidentemente ricompensare chi lo agevolava. E proprio a Bertolaso avrebbe dato «50.000 euro in contanti consegnati brevi manu il 23 settembre 2008, la disponibilità presso il Salaria Sport Village di una donna di nome Monica allo scopo di fornire massaggi operati presso le stesso centro da tale Francesca, la disponibilità di un appartamento in via Giulia a Roma dal gennaio 2003 all'aprile 2007». Sesso e soldi anche per l'alto funzionario Fabio De Santis, ma grande riconoscenza l'avrebbe mostrata nei confronti del provveditore ai Lavori Pubblici Angelo Balducci, beneficiato con appartamenti, viaggi, domestici assunti e lavori di ristrutturazione delle numerose dimore delle quali poteva godere.
Così il «sodalizio» si spartiva gli affari
La Procura di Perugia chiude la prima parte dell'inchiesta sui lavori assegnati per il G8 de La Maddalena e le celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia notificando l'avviso a 22 persone. E nell'elenco dei lavori «truccati» inserisce anche la caserma Zignani a Roma, diventata una delle sedi degli 007 del Sisde. A 15 di loro contesta il reato di associazione a delinquere e poi ci sono la corruzione, l'abuso d'ufficio, le rivelazioni del segreto d'ufficio e il favoreggiamento. Accuse pesanti anche all'ex procuratore aggiunto della capitale Achille Toro, che avrebbe ottenuto favori per sé e per i suoi figli in cambio delle informazioni sulle indagini in corso a Roma. Oltre ai funzionari Fabio De Santis e Mauro Della Giovampaola, l'elenco comprende la funzionaria del Dipartimento «Ferratella» Maria Pia Forleo; la segretaria di Anemone Alida Lucci che tra l'altro gestiva decine di conti correnti; il commissario per i Mondiali di Nuoto Claudio Rinaldi; l'architetto che gestiva l'acquisto di case per i potenti Angelo Zampolini. Ma c'è anche l'ex senatore del Pd Francesco Alberto Covello «vicepresidente dell'Istituto per il Credito Sportivo che ha erogato mutui a totale carico dello Stato, che compiva atti del proprio ufficio adoperandosi affinché Anemone accedesse a tale finanziamento, così facendo conseguire l'attribuzione di un credito pari a 18 milioni di euro per la ristrutturazione del centro sportivo, di fatto non fruito per il mancato verificarsi delle condizioni imposte e in cambio ha ottenuto la fornitura di mobili presso la propria abitazione».
I pubblici ministeri Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi parlano di un «sodalizio stabile che attraverso la messa a disposizione della funzione pubblica dei funzionari a favore degli imprenditori, in particolare Diego Anemone e le sue imprese, consentiva una gestione pilotata e contraria alle regole di imparzialità ed efficienza della pubblica amministrazione delle aggiudicazioni e della attuazione degli appalti inerenti i Grandi Eventi gestiti dal Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della presidenza del Consiglio».
Balducci era «capo e promotore»
Avevano ruoli e compiti diversi i funzionari pubblici ma, dice l'accusa, «operavano al servizio del privato e compivano scelte economicamente svantaggiose per la pubblica amministrazione». E così a Balducci viene contestato di essere «capo e promotore» dell'associazione a delinquere. Scrivono i magistrati: «L'indagato era capace di esercitare tutta la sua influenza per promuovere la fortuna commerciale di Anemone a lui legato da una comunanza di interessi economici assimilabile a una vera e propria società di fatto». E ancora: «Balducci operava illegittimamente affinché le imprese facenti capo ad Anemone (da sole o con altre facenti parte del medesimo gruppo) risultassero aggiudicatarie degli appalti e consentiva, anche mediante l'approvazione di atti aggiuntivi successivi, che il costo dell'appalto a carico della Pubblica Amministrazione aumentasse considerevolmente rispetto a quello del bando, anche a fronte di spese incongrue o meramente eccessive, al solo scopo di favorire stabilmente il privato imprenditore».
Identiche contestazioni a Bertolaso e a De Santis. Il capo della Protezione Civile ha sempre negato di aver goduto dei favori sessuali delle ragazze dello Sport Village e soprattutto di aver preso soldi, ma i magistrati ritengono di avere le prove sufficiente per sollecitarne il rinvio a giudizio. E individuano il canale della «mazzetta» da 50 mila euro in don Evaldo Biasini, l'economo della Congregazione del preziosissimo sangue che custodiva nella cassaforte del suo ufficio i contanti per l'amico imprenditore. Riscontri vengono elencati anche per le donne che sarebbero state «concesse» a De Santis presso due alberghi di Venezia dove era in missione proprio per la struttura che gestiva i Grandi Eventi.
E Toro «spiava» l'inchiesta
Al procuratore aggiunto che si è dimesso dalla magistratura dopo essere stato indagato, l'accusa contesta di aver «ricevuto da Angelo Balducci e dall'avvocato Edgardo Azzopardi utilità non dovute per i suoi figli Stefano e Camillo per compiere atti contrari ai suoi doveri d'ufficio al fine di favorire Anemone e lo stesso Balducci». Nel capo d'imputazione di Toro si legge: «Asserviva le sue funzioni agli interessi di Balducci e violava il segreto d'ufficio e comunque il dovere di riservatezza fornendo le informazioni sul procedimento penale di Roma e di Firenze, notizie delle quali era a conoscenza sia per la funzione di coordinatore del gruppo di lavoro, sia per l'attività di coordinamento investigativo tra i due uffici. Interveniva sui suoi sostituti Assunta Cocomello e Sergio Colaiocco alterando l'iter di sviluppo delle indagini, inducendoli a compiere atti contrari ai doveri d'ufficio e in particolare a non chiedere l'autorizzazione di intercettazioni telefoniche pur in presenza delle necessità investigative».
Un comportamento che gli avrebbe consentito di ottenere numerosi vantaggi. E infatti «l'avvocato Camillo Toro otteneva l'incarico di esperto presso la struttura di missione dal 18 gennaio 2010 al 31 dicembre 2010, un contratto con il capo di gabinetto del ministero delle Infrastrutture e Trasporti per un corrispettivo netto di 25 mila euro». L'avvocato Stefano Toro firmava invece «un contratto di collaborazione professionale del luglio 2009 per gli aspetti attinenti le attività legali-amministrative per il 150 anniversario dell'Unità d'Italia»; veniva designato rappresentante del Dipartimento per l'Istituzione della commissione per l'emergenza idrica dei comuni serviti dall'Acquedotto del Simbrivio e veniva liquidata in suo favore la somma di 30 mila e 600 euro». Ora gli accertamenti vanno avanti per definire le altre posizioni, compresa quella degli ex ministri Pietro Lunardi e Claudio Scajola, del cardinale Crescenzio Sepe.
Fonte: corriere.it
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28 gen 2011
18 giu 2010
La mogli inserite nel sistema illegale di appalti e favori
Stop al primo processo per corruzione
FIRENZE — La decisione di non decidere fa tutti contenti. Accusa e difesa, che per quattro ore se le sono suonate con cordialità e determinazione, accolgono con un sospiro di sollievo la scelta del presidente del Collegio Emma Boncompagni, che rinvia il processo al 6 luglio, ritenendo necessario aspettare le motivazioni della sentenza della Cassazione, che lo scorso 11 giugno ha stabilito che gli atti dell'inchiesta sulla Scuola Marescialli di Firenze dovessero essere inviati a Roma. Per Fabio De Santis non cambia nulla. L'udienza si è aperta con l'annuncio che l'ex provveditore alle Opere pubbliche toscane resta in carcere. Lo ha deciso il Tribune del Riesame, con motivazioni molto pesanti. Scrive il giudice che De Santis ha mantenuto un atteggiamento «di totale chiusura» nei confronti delle ipotesi accusatorie, a dimostrazione dell'«evidente carenza di percezione della antigiuridicità del proprio comportamento», suo e degli altri, tutti personaggi che hanno «legami profondi con soggetti di livello istituzionale molto elevato».
Questa mancata «percezione della propria condotta» da parte di tutti gli indagati emergerebbe anche dal coinvolgimento dei familiari. «E in particolare delle mogli, ben inserite nel sistema, di cui conoscono i dettagli e se ne avvantaggiano in modo palese, anche se non con ruoli penalmente rilevanti». Il primo processo per corruzione alla presunta «cricca», procede a piccoli passi e con sorte sempre più incerta. L'ingorgo che si è creato con il verdetto della Suprema Corte, che si è pronunciata sull'ordinanza di custodia cautelare emessa a fine marzo nei confronti di Angelo Balducci, Fabio De Santis e Guido Cerruti, ritenendola valida ma fissando la competenza a Roma mentre intanto c'è un dibattimento in corso a Firenze, deve ancora trovare una soluzione. Ieri i pubblici ministeri toscani hanno sostenuto le loro ragioni, dicendo di essersi sempre ritenuta competente a livello territoriale. Ovviamente di tutt'altro avviso i difensori degli imputati. Il confronto è stato aspro ed è girato intorno a una sola data, un solo episodio. È la sera del 18 febbraio 2008. L'imprenditore Riccardo Fusi, patron della Baldassini Tognozzi Pontello, si incontra all'Una Hotel di Firenze con l'imprenditore Francesco De Vito Piscicelli e suo cognato, Pierfrancesco Gagliardi. Nella memoria depositata ieri dai pubblici ministeri si legge questo: «Piscicelli, supportato da Gagliardi, propone a Fusi di concludere un patto corruttivo che prevede la messa a disposizione dei funzionari ministeriali in favore della "Baldassini Tognozzi Pontello".
In particolare, Piscicelli affronta, con il Fusi, la tematica del pagamento di una somma di denaro in favore dei funzionari ministeriali Balducci e De Santis». Si tratta del «momento genetico» di una corruzione continuata, e per questo la competenza di tutta l'inchiesta si radicherebbe a Firenze. Roberto Borgogno, difensore di Balducci, ha contestato questa versione dei fatti, ironizzando sul fatto che l'incontro fiorentino sia l'unico tra i tanti, tutti avvenuti a Roma, che «non vide tra i protagonisti i pubblici ufficiali» indagati nell'inchiesta. «Sarebbe il primo caso» ha detto «di corruzione per rappresentanza». Il discrimine è sottile, questione di interpretazioni, anche delle parole. E quella delle intercettazioni che ricostruiscono l'incontro di Firenze non è univoca, anzi, la lettura che ne danno accusa e difesa è diametralmente opposta. Proprio per questo possono assumere un certo rilievo le dichiarazioni di Gagliardi, successive all'ordinanza sulla quale si è espressa la Cassazione. Interrogato lo scorso 21 maggio dai pm, il cognato di Piscicelli ammette che qualcosa, quella sera a Firenze, è davvero avvenuto, citando un «accordo verbale» nel quale sarebbero stati fissati i parametri della «gratitudine» di Fusi per i servigi resi da Piscicelli. Il 6 luglio si saprà.
Fonte: corriere.it
FIRENZE — La decisione di non decidere fa tutti contenti. Accusa e difesa, che per quattro ore se le sono suonate con cordialità e determinazione, accolgono con un sospiro di sollievo la scelta del presidente del Collegio Emma Boncompagni, che rinvia il processo al 6 luglio, ritenendo necessario aspettare le motivazioni della sentenza della Cassazione, che lo scorso 11 giugno ha stabilito che gli atti dell'inchiesta sulla Scuola Marescialli di Firenze dovessero essere inviati a Roma. Per Fabio De Santis non cambia nulla. L'udienza si è aperta con l'annuncio che l'ex provveditore alle Opere pubbliche toscane resta in carcere. Lo ha deciso il Tribune del Riesame, con motivazioni molto pesanti. Scrive il giudice che De Santis ha mantenuto un atteggiamento «di totale chiusura» nei confronti delle ipotesi accusatorie, a dimostrazione dell'«evidente carenza di percezione della antigiuridicità del proprio comportamento», suo e degli altri, tutti personaggi che hanno «legami profondi con soggetti di livello istituzionale molto elevato».
Questa mancata «percezione della propria condotta» da parte di tutti gli indagati emergerebbe anche dal coinvolgimento dei familiari. «E in particolare delle mogli, ben inserite nel sistema, di cui conoscono i dettagli e se ne avvantaggiano in modo palese, anche se non con ruoli penalmente rilevanti». Il primo processo per corruzione alla presunta «cricca», procede a piccoli passi e con sorte sempre più incerta. L'ingorgo che si è creato con il verdetto della Suprema Corte, che si è pronunciata sull'ordinanza di custodia cautelare emessa a fine marzo nei confronti di Angelo Balducci, Fabio De Santis e Guido Cerruti, ritenendola valida ma fissando la competenza a Roma mentre intanto c'è un dibattimento in corso a Firenze, deve ancora trovare una soluzione. Ieri i pubblici ministeri toscani hanno sostenuto le loro ragioni, dicendo di essersi sempre ritenuta competente a livello territoriale. Ovviamente di tutt'altro avviso i difensori degli imputati. Il confronto è stato aspro ed è girato intorno a una sola data, un solo episodio. È la sera del 18 febbraio 2008. L'imprenditore Riccardo Fusi, patron della Baldassini Tognozzi Pontello, si incontra all'Una Hotel di Firenze con l'imprenditore Francesco De Vito Piscicelli e suo cognato, Pierfrancesco Gagliardi. Nella memoria depositata ieri dai pubblici ministeri si legge questo: «Piscicelli, supportato da Gagliardi, propone a Fusi di concludere un patto corruttivo che prevede la messa a disposizione dei funzionari ministeriali in favore della "Baldassini Tognozzi Pontello".
In particolare, Piscicelli affronta, con il Fusi, la tematica del pagamento di una somma di denaro in favore dei funzionari ministeriali Balducci e De Santis». Si tratta del «momento genetico» di una corruzione continuata, e per questo la competenza di tutta l'inchiesta si radicherebbe a Firenze. Roberto Borgogno, difensore di Balducci, ha contestato questa versione dei fatti, ironizzando sul fatto che l'incontro fiorentino sia l'unico tra i tanti, tutti avvenuti a Roma, che «non vide tra i protagonisti i pubblici ufficiali» indagati nell'inchiesta. «Sarebbe il primo caso» ha detto «di corruzione per rappresentanza». Il discrimine è sottile, questione di interpretazioni, anche delle parole. E quella delle intercettazioni che ricostruiscono l'incontro di Firenze non è univoca, anzi, la lettura che ne danno accusa e difesa è diametralmente opposta. Proprio per questo possono assumere un certo rilievo le dichiarazioni di Gagliardi, successive all'ordinanza sulla quale si è espressa la Cassazione. Interrogato lo scorso 21 maggio dai pm, il cognato di Piscicelli ammette che qualcosa, quella sera a Firenze, è davvero avvenuto, citando un «accordo verbale» nel quale sarebbero stati fissati i parametri della «gratitudine» di Fusi per i servigi resi da Piscicelli. Il 6 luglio si saprà.
Fonte: corriere.it
13 giu 2010
Il giro di regali della «cricca» vale un milione di euro. "Matteoli chiese a Balducci di nominare commissari incompetenti"
Le carte - Stima del Ros su viaggi, orologi, prestazioni sessuali e ristrutturazioni
FIRENZE — Al netto dei decimali, e arrotondando per difetto, la cifra è di un milione tondo tondo. A tanto ammonterebbe l’importo dei regali fatti e ricevuti dalla presunta «cricca ». In un allegato dell’informativa che cerca riscontri a intercettazioni telefoniche e pedinamenti, i carabinieri del Ros fanno una stima dell’indotto generato in nome e per conto di Angelo Balducci e Diego Anemone. Non fanno valutazioni, si limitano a far di conto tra prostitute, assunzioni fittizie o immotivate, ristrutturazioni di case, orologi e viaggi-vacanza. Il risultato è una cifra a sei zeri, importo tale da fornire legna al fuoco dei pubblici ministeri, convinti che queste spese siano in realtà tangenti mascherate.
Omaggi
Il catalogo, supportato da ricevute e scontrini, propone qualche novità. Una delle signorine messe a disposizione di Fabio De Santis, provveditore alle Opere Pubbliche toscane, in realtà è una cassiera del Salaria Village, centro benessere ormai celebre. La fattura emessa dall’hotel Fenix di Roma è intestata alla ragazza. Se il sesso è una voce minore delle regalie, i posti di lavoro assegnati occupano invece un capitolo importante. La Cobar, impresa che in consorzio con una società di Anemone si aggiudica i lavori per il teatro San Carlo di Napoli e il restauro del museo di Reggio Calabria, appaltato nell’ambito delle Celebrazioni del 150˚ anniversario dell’Unità d’Italia, dal dicembre 2009 assume Valentina Sciarra, figlia di Maria Pia Pallavicini, direttore dell’Edilizia statale al ministero delle Infrastrutture. Il contratto di assunzione prevede come sede di lavoro Altamura, quartier generale della Cobar. Pur stipendiata da un privato, Valentina continua a lavorare negli uffici della Ferratella, alle dipendenze di Mauro Della Giovampaola, ex soggetto attuatore del G8 della Maddalena, arrestato il 10 febbraio. Alla voce cene si è scritto di tutto. Risulta inedita quella celebrata lo scorso 20 novembre al Bolognese, ristorante romano. A tavola, accanto ad Angelo Balducci c’erano gli immancabili De Santis, Della Giovampaola e Francesco Piscicelli. Quest’ultimo si occupa della prenotazione, per 16, e di saldare il conto, 1.870 euro in contanti. Prezzi impegnativi anche per la cena dell’11 luglio 2009 al Four Seasons di Firenze. Sala riservata e sette tavoli, per celebrare la nomina di Fabio De Santis. Totale: 22 mila euro.
Matteoli
Dopo le rivelazioni sul pranzo all’Harry’s bar di Roma in compagnia di Denis Verdini e dell’imprenditore Fusi, toscani come lui, e di un suo funzionario, il ministro per le Infrastrutture commenta così un suo possibile coinvolgimento nell’inchiesta sulle Grandi opere. «Sono sereno — dice Matteoli — non ho ricevuto un avviso di garanzia. Ho completa fiducia nella magistratura, e il fatto che io riceva qualcuno alla presenza di un funzionario è il mio modo di lavorare. Quando viene un imprenditore non lo ricevo mai da solo ma alla presenza di collaboratori».
Incompetenti
La procura fiorentina è convinta che tutto l’appalto della Scuola Marescialli sia stato truccato a spese dei contribuenti. A sostegno di questa impostazione gioca la deposizione resa dal professor Remo Calzona, che stilò il progetto strutturale dell’opera. Il 12 aprile scorso, i magistrati gli chiedono della Commissione ministeriale che nel 2009 viene incaricata di trovare una soluzione allo stallo del cantiere. «Il ministro (Matteoli, ndr) chiama Balducci perché nomini una commissione di tre persone incompetenti, lo dimostro perché... incompetenti a dare un parere sulla resistenza sismica di questi edifici. Loro girano, si arrampicano e compagnia bella, ma non riescono a dimostrare veramente nulla». La commissione è incaricata di esprimere un parere sul coefficiente sismico adatto dell’edificio, che dovrebbe essere la leva per estromettere l’azienda Astaldi titolare dei lavori e ridare il cantiere alla Baldassini Tognozzi Pontello di Riccardo Fusi. I componenti erano De Santis, Sergio Albanesi e Andrea Ferrante, che alla fine proporranno la sospensione temporanea dei lavori, propedeutica alla restituzione dell’appalto a Btp. Dice Calzone: «Ferrante è un povero funzionario amministrativo... De Santis è un miracolato, Albanesi è abilissimo nell’ambito delle procedure amministrative ma non in queste cose». Calzona definisce così l’operato della commissione: «Alla fine se ne esce con affermazioni incredibili, non vere».
Fonte: corriere.it
FIRENZE — Al netto dei decimali, e arrotondando per difetto, la cifra è di un milione tondo tondo. A tanto ammonterebbe l’importo dei regali fatti e ricevuti dalla presunta «cricca ». In un allegato dell’informativa che cerca riscontri a intercettazioni telefoniche e pedinamenti, i carabinieri del Ros fanno una stima dell’indotto generato in nome e per conto di Angelo Balducci e Diego Anemone. Non fanno valutazioni, si limitano a far di conto tra prostitute, assunzioni fittizie o immotivate, ristrutturazioni di case, orologi e viaggi-vacanza. Il risultato è una cifra a sei zeri, importo tale da fornire legna al fuoco dei pubblici ministeri, convinti che queste spese siano in realtà tangenti mascherate.
Omaggi
Il catalogo, supportato da ricevute e scontrini, propone qualche novità. Una delle signorine messe a disposizione di Fabio De Santis, provveditore alle Opere Pubbliche toscane, in realtà è una cassiera del Salaria Village, centro benessere ormai celebre. La fattura emessa dall’hotel Fenix di Roma è intestata alla ragazza. Se il sesso è una voce minore delle regalie, i posti di lavoro assegnati occupano invece un capitolo importante. La Cobar, impresa che in consorzio con una società di Anemone si aggiudica i lavori per il teatro San Carlo di Napoli e il restauro del museo di Reggio Calabria, appaltato nell’ambito delle Celebrazioni del 150˚ anniversario dell’Unità d’Italia, dal dicembre 2009 assume Valentina Sciarra, figlia di Maria Pia Pallavicini, direttore dell’Edilizia statale al ministero delle Infrastrutture. Il contratto di assunzione prevede come sede di lavoro Altamura, quartier generale della Cobar. Pur stipendiata da un privato, Valentina continua a lavorare negli uffici della Ferratella, alle dipendenze di Mauro Della Giovampaola, ex soggetto attuatore del G8 della Maddalena, arrestato il 10 febbraio. Alla voce cene si è scritto di tutto. Risulta inedita quella celebrata lo scorso 20 novembre al Bolognese, ristorante romano. A tavola, accanto ad Angelo Balducci c’erano gli immancabili De Santis, Della Giovampaola e Francesco Piscicelli. Quest’ultimo si occupa della prenotazione, per 16, e di saldare il conto, 1.870 euro in contanti. Prezzi impegnativi anche per la cena dell’11 luglio 2009 al Four Seasons di Firenze. Sala riservata e sette tavoli, per celebrare la nomina di Fabio De Santis. Totale: 22 mila euro.
Matteoli
Dopo le rivelazioni sul pranzo all’Harry’s bar di Roma in compagnia di Denis Verdini e dell’imprenditore Fusi, toscani come lui, e di un suo funzionario, il ministro per le Infrastrutture commenta così un suo possibile coinvolgimento nell’inchiesta sulle Grandi opere. «Sono sereno — dice Matteoli — non ho ricevuto un avviso di garanzia. Ho completa fiducia nella magistratura, e il fatto che io riceva qualcuno alla presenza di un funzionario è il mio modo di lavorare. Quando viene un imprenditore non lo ricevo mai da solo ma alla presenza di collaboratori».
Incompetenti
La procura fiorentina è convinta che tutto l’appalto della Scuola Marescialli sia stato truccato a spese dei contribuenti. A sostegno di questa impostazione gioca la deposizione resa dal professor Remo Calzona, che stilò il progetto strutturale dell’opera. Il 12 aprile scorso, i magistrati gli chiedono della Commissione ministeriale che nel 2009 viene incaricata di trovare una soluzione allo stallo del cantiere. «Il ministro (Matteoli, ndr) chiama Balducci perché nomini una commissione di tre persone incompetenti, lo dimostro perché... incompetenti a dare un parere sulla resistenza sismica di questi edifici. Loro girano, si arrampicano e compagnia bella, ma non riescono a dimostrare veramente nulla». La commissione è incaricata di esprimere un parere sul coefficiente sismico adatto dell’edificio, che dovrebbe essere la leva per estromettere l’azienda Astaldi titolare dei lavori e ridare il cantiere alla Baldassini Tognozzi Pontello di Riccardo Fusi. I componenti erano De Santis, Sergio Albanesi e Andrea Ferrante, che alla fine proporranno la sospensione temporanea dei lavori, propedeutica alla restituzione dell’appalto a Btp. Dice Calzone: «Ferrante è un povero funzionario amministrativo... De Santis è un miracolato, Albanesi è abilissimo nell’ambito delle procedure amministrative ma non in queste cose». Calzona definisce così l’operato della commissione: «Alla fine se ne esce con affermazioni incredibili, non vere».
Fonte: corriere.it
12 giu 2010
"Tutti all’Harry's Bar per discutere l'appalto".
Il racconto di un funzionario. «Una nota riservata da Matteoli a Fusi»
FIRENZE — La piccola West Point toscana era solo un inizio. Leggendo le nuove carte depositate dai magistrati fiorentini sulla Scuola Marescialli si capisce che secondo loro quell'appalto— considerato pilotato dall'inizio alla fine— era il grimaldello che stava portando la procura nel complesso mondo del ministero delle Infrastrutture. Gli atti integrativi di indagine, circa 3.000 pagine, sono divisi in due parti. La prima cerca di cementare le accuse già note ad Angelo Balducci e Fabio De Santis con riscontri e ammissioni. La seconda vuole dimostrare come nessuna fase di quell'appalto, spalmato in un arco temporale che va dal 2001 al 2009, sia stata fatta nell'interesse pubblico.
IL RAPPORTO
Lo scorso 7 giugno i carabinieri del Ros di Firenze depositano una ponderosa informativa nella quale elencano le «prove documentali» ovvero i riscontri a quanto desunto dalle intercettazioni. Si tratta di un lavoro certosino che va dalle ricevute e le foto degli orologi che Francesco Piscicelli e il patron della Btp Riccardo Fusi regalano sotto Natale a Fabio De Santis, un Audemars Piquet acciaio da 4.270 euro e un Chopard da 4.063 euro, fino a un verbale di gara relativo a una gara d'appalto per il G8 della Maddalena nel quale Fusi formula un'offerta assolutamente identica a quella che gli suggerisce — «dettare» è il verbo usato dai carabinieri— Piscicelli, l'intermediario di Angelo Balducci. Nelle nuove carte vi sono testimonianze considerate fondamentali, come quella di Claudio Iafolla, capo di gabinetto del ministro Altero Matteoli, che parla della nomina «pilotata» di De Santis (che non aveva i titoli) a provveditore delle Opere pubbliche toscane. Una nomina sponsorizzata da Verdini per conto dell'amico imprenditore Riccardo Fusi e considerata come un favore a Balducci, e quindi una prova di corruzione, che Iafolla racconta così: «Me lo disse il ministro, come fa di solito dice: "ci sarebbe questo De Santis, io vorrei mandarlo al provveditorato di Firenze"». E ancora: nell'informativa ci sono documenti che provano pratiche che potrebbero essere classificate alla voce «do ut des» come l'assunzione, da parte di una azienda che ha appena vinto un appalto, della figlia di Anna Maria Pallavicini, la «zarina» del ministero delle Infrastrutture.
AL MINISTERO
Gerardo Mastrandrea è il capo ufficio legislativo del ministero delle Infrastrutture. Nella sua deposizione dello scorso 17 maggio racconta «in modo leale», parole dei pubblici ministeri, il complesso iter dell'appalto della Scuola. A cominciare dai rapporti tra l'imprenditore Fusi, il suo sponsor Denis Verdini e il ministro Altero Matteoli.
«Io non vengo contattato da Verdini. Ho modo di vederlo a un pranzo... a un pranzo, che si svolge... ad ottobre, in cui mi convoca il ministro, si svolge all’Harry's Bar, intorno al 20, 25 ottobre. Dice "mi raggiunga a questo pranzo".
Io vado all'Harry's Bar e vedo lì Verdini e Fusi... e il ministro Matteoli. Non sapevo di trovarmi di fronte... Io ho avuto proprio l'impressione che volesse, in qualche modo, dimostrare a Fusi che aveva fatto un lavoro di messa in contatto (...).
Mi disse, mi disse il ministro "Mastrandrea, che cosa state facendo?". Ho detto "noi abbiamo avuto questa delibera dell'Autorità, adesso vedremo". Punto.
Poi si son messi a parlare, tra l'altro, di politica, poi un pranzo anche molto veloce, insomma».
Intorno al 24-25 novembre 2008, ricorda Mastrandrea, arriva la delibera sul cantiere da parte dell'Autorità dei Lavori Pubblici. Il funzionario viene messo in guardia dai consulenti. «Mi dicono "non prenderlo per oro colato, perché ha una visione comunque parziale del problema"». L'illegittimità del cantiere dell’Astaldi, alla quale Fusi vorrebbe fosse revocato l'appalto, non sembra così conclamata. «Mi ero un po' preoccupato perché, devo dire la verità, da giurista quella delibera l'avevo trovata, tra virgolette, un po' troppo di parte, cioè non avevo mai visto un atto in cui si prendono le ragioni di una delle due parti in causa in maniera così evidente, perciò... Però erano ragioni comunque giuridicamente sostenibili per cui alla fine... non me la sono sentita, insomma, di non dar seguito». Le pressioni per bloccare i lavori vanno avanti, dunque. Un funzionario «ribelle», Mercuri, si mette di mezzo. Verrà poi esautorato. Mastrandrea riprende coraggio: «Vado dal ministro e dico al ministro "guardi ministro non ci sono le condizioni per sospendere il cantiere, a mio avviso, perché stanno emergendo dei dati che l'Autorità dei Lavori Pubblici stranamente non sapeva, non lo so, non gliel'hanno detti, non... eccetera per cui non... a quel punto... io ministro non me la sento di farle firmare alcun atto o qualche cosa che comporti la sospensione dei lavori"». Una misura estrema, la giudica il funzionario, «del tutto spropositata». Ma inarrestabile, pare. Intanto De Santis ha ottenuto l'agognata nomina a provveditore delle Opere Pubbliche toscane. «L'ho conosciuto solo una volta che è venuto nella mia stanza assieme a Balducci. Era un appuntamento strano. Mi hanno chiesto questo appuntamento per venire da me quasi per dire... "te l'abbiamo detto"». Arriviamo nel 2009, e Mastrandrea prepara una nota riservata per il ministro, che i magistrati scoprono essere finita nelle mani dell’imprenditore Fusi. Si dimostrano molto interessati a questa fuga di notizie. Mastrandrea: «Non mi voglio sbagliare, ma quel fax è questa nota qui, che io ho dato al ministro. Non posso escludere che il ministro l'abbia data a Verdini. Verdini l'ha girata a Fusi, hanno visto che era quel contenuto e lui, Vinti (il vecchio legale di Fusi ndr), è tornato da me, o m’ha chiamato il 27 per dire “guarda che quella procedura non c’entra nulla con la cosa, perché non riguarda...", insomma era al corrente».
IL COGNATO
Pierfrancesco Gagliardi è il cognato di Piscicelli, con il quale condivide la celebre conversazione nella quale quest'ultimo «ride» davanti alle immagini del terremoto dell’Aquila. Definirlo come un pentito è forse eccessivo. Ma nell'interrogatorio del 21 maggio, il cognato ammette certe pratiche corruttive da parte della presunta «cricca». I pm chiedono se gli orologi fossero un modo per ammorbidire le persone al ministero che «non volevano dare un segnale». Risposta: «Un orologio, un regalo, a Natale, Pasqua e Capodanno come diceva e... i lavori alla villetta o se aveva preso altri accordi in termini di dazione di danaro, questo lui non me lo ha mai esplicitato (...), gli orologi erano per qualcuno lì dell’ufficio della Ferratella, per De Santis o per la dottoressa Forleo». Gagliardi, poi, conferma gli incontri del cognato con Denis Verdini. E racconta di aver consigliato a Fusi di andare a parlare con «il capo dei capi», ovvero Matteoli. Alla domanda se Gagliardi conosca davvero il ministro, la risposta è quasi una confessione di millantato credito. «Io ho preso un caffè con Altero Matteoli, una volta a giocare a calcetto, ma è questa la questione capito... la persona a cui volevamo parlare era Matteoli, ma l’avevo visto cinque minuti a pigliare un caffè in giardino lì alle Mazzette, allora... mi ero fatto bello, ecco, diciamo così...».
Fonte: corriere.it
FIRENZE — La piccola West Point toscana era solo un inizio. Leggendo le nuove carte depositate dai magistrati fiorentini sulla Scuola Marescialli si capisce che secondo loro quell'appalto— considerato pilotato dall'inizio alla fine— era il grimaldello che stava portando la procura nel complesso mondo del ministero delle Infrastrutture. Gli atti integrativi di indagine, circa 3.000 pagine, sono divisi in due parti. La prima cerca di cementare le accuse già note ad Angelo Balducci e Fabio De Santis con riscontri e ammissioni. La seconda vuole dimostrare come nessuna fase di quell'appalto, spalmato in un arco temporale che va dal 2001 al 2009, sia stata fatta nell'interesse pubblico.
IL RAPPORTO
Lo scorso 7 giugno i carabinieri del Ros di Firenze depositano una ponderosa informativa nella quale elencano le «prove documentali» ovvero i riscontri a quanto desunto dalle intercettazioni. Si tratta di un lavoro certosino che va dalle ricevute e le foto degli orologi che Francesco Piscicelli e il patron della Btp Riccardo Fusi regalano sotto Natale a Fabio De Santis, un Audemars Piquet acciaio da 4.270 euro e un Chopard da 4.063 euro, fino a un verbale di gara relativo a una gara d'appalto per il G8 della Maddalena nel quale Fusi formula un'offerta assolutamente identica a quella che gli suggerisce — «dettare» è il verbo usato dai carabinieri— Piscicelli, l'intermediario di Angelo Balducci. Nelle nuove carte vi sono testimonianze considerate fondamentali, come quella di Claudio Iafolla, capo di gabinetto del ministro Altero Matteoli, che parla della nomina «pilotata» di De Santis (che non aveva i titoli) a provveditore delle Opere pubbliche toscane. Una nomina sponsorizzata da Verdini per conto dell'amico imprenditore Riccardo Fusi e considerata come un favore a Balducci, e quindi una prova di corruzione, che Iafolla racconta così: «Me lo disse il ministro, come fa di solito dice: "ci sarebbe questo De Santis, io vorrei mandarlo al provveditorato di Firenze"». E ancora: nell'informativa ci sono documenti che provano pratiche che potrebbero essere classificate alla voce «do ut des» come l'assunzione, da parte di una azienda che ha appena vinto un appalto, della figlia di Anna Maria Pallavicini, la «zarina» del ministero delle Infrastrutture.
AL MINISTERO
Gerardo Mastrandrea è il capo ufficio legislativo del ministero delle Infrastrutture. Nella sua deposizione dello scorso 17 maggio racconta «in modo leale», parole dei pubblici ministeri, il complesso iter dell'appalto della Scuola. A cominciare dai rapporti tra l'imprenditore Fusi, il suo sponsor Denis Verdini e il ministro Altero Matteoli.
«Io non vengo contattato da Verdini. Ho modo di vederlo a un pranzo... a un pranzo, che si svolge... ad ottobre, in cui mi convoca il ministro, si svolge all’Harry's Bar, intorno al 20, 25 ottobre. Dice "mi raggiunga a questo pranzo".
Io vado all'Harry's Bar e vedo lì Verdini e Fusi... e il ministro Matteoli. Non sapevo di trovarmi di fronte... Io ho avuto proprio l'impressione che volesse, in qualche modo, dimostrare a Fusi che aveva fatto un lavoro di messa in contatto (...).
Mi disse, mi disse il ministro "Mastrandrea, che cosa state facendo?". Ho detto "noi abbiamo avuto questa delibera dell'Autorità, adesso vedremo". Punto.
Poi si son messi a parlare, tra l'altro, di politica, poi un pranzo anche molto veloce, insomma».
Intorno al 24-25 novembre 2008, ricorda Mastrandrea, arriva la delibera sul cantiere da parte dell'Autorità dei Lavori Pubblici. Il funzionario viene messo in guardia dai consulenti. «Mi dicono "non prenderlo per oro colato, perché ha una visione comunque parziale del problema"». L'illegittimità del cantiere dell’Astaldi, alla quale Fusi vorrebbe fosse revocato l'appalto, non sembra così conclamata. «Mi ero un po' preoccupato perché, devo dire la verità, da giurista quella delibera l'avevo trovata, tra virgolette, un po' troppo di parte, cioè non avevo mai visto un atto in cui si prendono le ragioni di una delle due parti in causa in maniera così evidente, perciò... Però erano ragioni comunque giuridicamente sostenibili per cui alla fine... non me la sono sentita, insomma, di non dar seguito». Le pressioni per bloccare i lavori vanno avanti, dunque. Un funzionario «ribelle», Mercuri, si mette di mezzo. Verrà poi esautorato. Mastrandrea riprende coraggio: «Vado dal ministro e dico al ministro "guardi ministro non ci sono le condizioni per sospendere il cantiere, a mio avviso, perché stanno emergendo dei dati che l'Autorità dei Lavori Pubblici stranamente non sapeva, non lo so, non gliel'hanno detti, non... eccetera per cui non... a quel punto... io ministro non me la sento di farle firmare alcun atto o qualche cosa che comporti la sospensione dei lavori"». Una misura estrema, la giudica il funzionario, «del tutto spropositata». Ma inarrestabile, pare. Intanto De Santis ha ottenuto l'agognata nomina a provveditore delle Opere Pubbliche toscane. «L'ho conosciuto solo una volta che è venuto nella mia stanza assieme a Balducci. Era un appuntamento strano. Mi hanno chiesto questo appuntamento per venire da me quasi per dire... "te l'abbiamo detto"». Arriviamo nel 2009, e Mastrandrea prepara una nota riservata per il ministro, che i magistrati scoprono essere finita nelle mani dell’imprenditore Fusi. Si dimostrano molto interessati a questa fuga di notizie. Mastrandrea: «Non mi voglio sbagliare, ma quel fax è questa nota qui, che io ho dato al ministro. Non posso escludere che il ministro l'abbia data a Verdini. Verdini l'ha girata a Fusi, hanno visto che era quel contenuto e lui, Vinti (il vecchio legale di Fusi ndr), è tornato da me, o m’ha chiamato il 27 per dire “guarda che quella procedura non c’entra nulla con la cosa, perché non riguarda...", insomma era al corrente».
IL COGNATO
Pierfrancesco Gagliardi è il cognato di Piscicelli, con il quale condivide la celebre conversazione nella quale quest'ultimo «ride» davanti alle immagini del terremoto dell’Aquila. Definirlo come un pentito è forse eccessivo. Ma nell'interrogatorio del 21 maggio, il cognato ammette certe pratiche corruttive da parte della presunta «cricca». I pm chiedono se gli orologi fossero un modo per ammorbidire le persone al ministero che «non volevano dare un segnale». Risposta: «Un orologio, un regalo, a Natale, Pasqua e Capodanno come diceva e... i lavori alla villetta o se aveva preso altri accordi in termini di dazione di danaro, questo lui non me lo ha mai esplicitato (...), gli orologi erano per qualcuno lì dell’ufficio della Ferratella, per De Santis o per la dottoressa Forleo». Gagliardi, poi, conferma gli incontri del cognato con Denis Verdini. E racconta di aver consigliato a Fusi di andare a parlare con «il capo dei capi», ovvero Matteoli. Alla domanda se Gagliardi conosca davvero il ministro, la risposta è quasi una confessione di millantato credito. «Io ho preso un caffè con Altero Matteoli, una volta a giocare a calcetto, ma è questa la questione capito... la persona a cui volevamo parlare era Matteoli, ma l’avevo visto cinque minuti a pigliare un caffè in giardino lì alle Mazzette, allora... mi ero fatto bello, ecco, diciamo così...».
Fonte: corriere.it
11 mar 2010
G8, inchiesta a Firenze La cricca degli appalti "gestiva" 350 escort
Sbalorditivo il numero di squillo usate come tangenti sessuali. In media venivano pagate 500-700 euro, ma qualcuna arrivava a 5mila. Nelle intercettazioni i commenti dei "beneficati"
Trecentocinquanta escort a una media di 500-700 euro «a botta», per dirla con uno degli indagati dell’inchiesta sugli appalti del G8. Tante sono le prostitute d’alto bordo collegate all’organizzazione di Angelo Balducci finite agli atti del procedimento fiorentino. Squillo contattate via internet, attraverso ambienti definiti «sicuri» dagli inquisiti, oppure nel giro che conta della Roma bene frequentato da politici, calciatori, imprenditori, attori. Ragazze italiane soprattutto. Poi russe, centroamericane, cubane, brasiliane o dell’est Europa. Signorine per tutti i gusti, e le misure espressamente richieste.
Comprate per comprarsi funzionari dello Stato. A pagare - e questa è la novità - non sarebbe stato solo e sempre Diego Anemone, il deus ex machina del gruppo interessato a fare business coi soldi pubblici. Ma anche «qualcun altro», vicinissimo a Balducci, sostengono gli investigatori, «e agli ambienti politico-economici di ben precisi personaggi finiti sott’inchiesta».
Al filone bis della prostituzione si è arrivati seguendo le «gesta» erotiche di Fabio De Santis, il pluriraccomandato provveditore alle opere pubbliche della Toscana, sorpreso - in pedinamenti e intercettazioni - a intrattenersi di continuo con giovani e avvenenti fanciulle a pagamento. Per lui, ad esempio, si prodiga l’imprenditore Guido Ballari che organizza un incontro con una squillo in un appartamento al quartiere romano della Balduina. L’indomani, al telefono, i due commentano divertiti.
Fino a quando Ballari, con una battuta, non gela l’amico De Santis: «Ehi Fabio, non sai quanto sei stato fortunato. Cinque minuti dopo che sei uscito dall’appartamento è rientrato il marito», ovviamente all’oscuro del doppio lavoro dell’amata consorte. Il nuovo rivolo d’indagine va a confluire nel mare di intercettazioni che hanno portato alla luce l’esistenza di una sorta di «fondo cassa» riconducibile ad Anemone dal quale attingere, a mo’ di bancomat del sesso, fino a 5mila euro per accompagnatrici di gran classe, con cui fare bella figura ai ricevimenti, e divertirsi dopo. Com’è capitato sempre con De Santis e con Mauro Della Giovampaola, funzionari del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, intercettati a Venezia dov’erano andati per il festival del cinema, e protagonisti della famosa telefonata in cui si lamentavano della qualità della «lucciola» rimediata dai compari di giro («aho, quella è ’na robetta da tangenziale»). In quell’occasione Daniele Anemone, fratello di Diego, al telefono fa presente che a Simone Rossetti (il collaboratore di Diego Anemone protagonista del giallo dei massaggi a Guido Bertolaso al Salaria Sport Village) servono non meno di 4mila euro per prendersi cura della «confortevole permanenza» a Venezia di De Santis e Della Giovampaola («senti tu forse mi devi passare da Simone... gli servono un po’ di soldi... gli servono 2 o 3 mila euro, anche 4»). Rossetti si mette subito all’opera. Chiama qua, telefona di là. Alla fine invia un sms a un amico: «Due zoccole per Venezia si rimediano». Sempre Daniele Anemone si raccomanda con Rossetti che le ragazze da portare in camera dei due funzionari non diano troppo nell’occhio («mi raccomando, vestite normali»). Rossetti è scientifico nella richiesta: «Ok calcola che a me me ne servono due ... io le faccio dormire al Gran Palace di Venezia costa 1.500 euro al giorno solo la stanza e poi in più si beccano 1.500 cadauno». E ancora: «Una è una topa da paura... c’avrà 22-23 anni.. è una russa... occhi azzurri, capelli biondi. Una non è la Schiffer però è una che col cavolo... cioè hai capito ... poi parlano poco perché comunque son russe non sono... non sono tipe che sbroccano e fanno casino».
Fonte: ilgiornale.it
Trecentocinquanta escort a una media di 500-700 euro «a botta», per dirla con uno degli indagati dell’inchiesta sugli appalti del G8. Tante sono le prostitute d’alto bordo collegate all’organizzazione di Angelo Balducci finite agli atti del procedimento fiorentino. Squillo contattate via internet, attraverso ambienti definiti «sicuri» dagli inquisiti, oppure nel giro che conta della Roma bene frequentato da politici, calciatori, imprenditori, attori. Ragazze italiane soprattutto. Poi russe, centroamericane, cubane, brasiliane o dell’est Europa. Signorine per tutti i gusti, e le misure espressamente richieste.
Comprate per comprarsi funzionari dello Stato. A pagare - e questa è la novità - non sarebbe stato solo e sempre Diego Anemone, il deus ex machina del gruppo interessato a fare business coi soldi pubblici. Ma anche «qualcun altro», vicinissimo a Balducci, sostengono gli investigatori, «e agli ambienti politico-economici di ben precisi personaggi finiti sott’inchiesta».
Al filone bis della prostituzione si è arrivati seguendo le «gesta» erotiche di Fabio De Santis, il pluriraccomandato provveditore alle opere pubbliche della Toscana, sorpreso - in pedinamenti e intercettazioni - a intrattenersi di continuo con giovani e avvenenti fanciulle a pagamento. Per lui, ad esempio, si prodiga l’imprenditore Guido Ballari che organizza un incontro con una squillo in un appartamento al quartiere romano della Balduina. L’indomani, al telefono, i due commentano divertiti.
Fino a quando Ballari, con una battuta, non gela l’amico De Santis: «Ehi Fabio, non sai quanto sei stato fortunato. Cinque minuti dopo che sei uscito dall’appartamento è rientrato il marito», ovviamente all’oscuro del doppio lavoro dell’amata consorte. Il nuovo rivolo d’indagine va a confluire nel mare di intercettazioni che hanno portato alla luce l’esistenza di una sorta di «fondo cassa» riconducibile ad Anemone dal quale attingere, a mo’ di bancomat del sesso, fino a 5mila euro per accompagnatrici di gran classe, con cui fare bella figura ai ricevimenti, e divertirsi dopo. Com’è capitato sempre con De Santis e con Mauro Della Giovampaola, funzionari del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, intercettati a Venezia dov’erano andati per il festival del cinema, e protagonisti della famosa telefonata in cui si lamentavano della qualità della «lucciola» rimediata dai compari di giro («aho, quella è ’na robetta da tangenziale»). In quell’occasione Daniele Anemone, fratello di Diego, al telefono fa presente che a Simone Rossetti (il collaboratore di Diego Anemone protagonista del giallo dei massaggi a Guido Bertolaso al Salaria Sport Village) servono non meno di 4mila euro per prendersi cura della «confortevole permanenza» a Venezia di De Santis e Della Giovampaola («senti tu forse mi devi passare da Simone... gli servono un po’ di soldi... gli servono 2 o 3 mila euro, anche 4»). Rossetti si mette subito all’opera. Chiama qua, telefona di là. Alla fine invia un sms a un amico: «Due zoccole per Venezia si rimediano». Sempre Daniele Anemone si raccomanda con Rossetti che le ragazze da portare in camera dei due funzionari non diano troppo nell’occhio («mi raccomando, vestite normali»). Rossetti è scientifico nella richiesta: «Ok calcola che a me me ne servono due ... io le faccio dormire al Gran Palace di Venezia costa 1.500 euro al giorno solo la stanza e poi in più si beccano 1.500 cadauno». E ancora: «Una è una topa da paura... c’avrà 22-23 anni.. è una russa... occhi azzurri, capelli biondi. Una non è la Schiffer però è una che col cavolo... cioè hai capito ... poi parlano poco perché comunque son russe non sono... non sono tipe che sbroccano e fanno casino».
Fonte: ilgiornale.it
5 mar 2010
Due ordinanze di custodia cautelare per la scuola dei Marescialli: arresti per Piscicelli e l'avvocato Cerruti, quest'ultimo ai domiciliari
Fusi no, la procura fa ricorso
FIRENZE - La prima svolta dell'inchiesta sui grandi appalti, arriva nella notte. Almeno per quanto riguarda il filone sull'appalto della scuola Marescialli di Castello. Due le nuove ordinanze di custodia cautelare chieste dalla procura di Firenze e disposte dal giudice Rosario Lupo: in manette ieri sono finiti Francesco De Vito Piscicelli, l'imprenditore che secondo gli atti dell'inchiesta, sarebbe l'anello di collegamento tra la Ferratella e la Btp (e quello che rideva insieme al cognato del terremoto all'Aquila) e l’avvocato romano Guido Cerruti, dello studio legale che curava gli affari della scuola dei Marescialli e dei Nuovi Uffizi grazie ai suoi rapporti con il Ministero. Il gip di Firenze ha disposto un'ulteriore misura cautelare, notificata in carcere all’ex presidente del Consiglio dei lavori pubblici Angelo Balducci e a Fabio De Santis, ex funzionario della Ferratella diventato poi provveditore alle opere pubbliche della Toscana. Per tutti l’accusa è di concorso in corruzione.
IL RUOLO DI FUSI E LA RICHIESTA DELL'ARRESTO
Il gip ha respinto invece, la richiesta di misura cautelare in carcere per l’imprenditore Riccardo Fusi, ex presidente della Btp. In base a quanto si apprende, la richiesta era stata formulata dalla procura fiorentina a dicembre, insieme a quelle eseguite la scorsa notte e parallelamente a quelle eseguite il 10 febbraio, dopo che una fuga di notizie ne aveva accelerato l’esecuzione. Nel frattempo, secondo il giudice, sarebbero venute meno le esigenze cautelari per Fusi, dal momento che l'imprenditore si è dimesso dai suoi incarichi nella Baldassini-Tognozzi-Pontello. Il procuratore della Repubblica di Firenze, Giuseppe Quattrocchi, ha firmato però l’impugnazione del provvedimento con cui il gip, Rosario Lupo, ha respinto la richiesta di misura cautelare in carcere per l’imprenditore Riccardo Fusi, ex presidente della Btp, in relazione alla vicenda della scuola marescialli dei carabinieri. Sull’impugnazione deciderà il tribunale del riesame di Firenze.
LA VICENDA SCUOLA MARESCIALLI
Nel documento di 347 pagine, il giudice Rosario Lupo, lo stesso che ha firmato l’ordinanza di arresto prima di trasferire la competenza a Perugia, racconta i passaggi della complicatissima vicenda partita nel lontano 2001, quando la Baldassini-Tognozzi vinse l’appalto di 456 milioni di vecchie lire. Il colosso delle costruzioni guidato da Riccardo Fusi, ora indagato per corruzione, perde l’appalto nel 2006. Quello che accade da quel momento in poi è il tentativo di riconquistare il cantiere perduto. Fusi comincia a lavorare su più fronti: quello politico, grazie all’amico di sempre Denis Verdini (anche lui indagato per concorso in corruzione) che cerca di metterlo in contatto con il ministro Altero Matteoli (del tutto estraneo alla vicenda), e poi sponsorizzando la nomina di De Santis al Provveditorato alle opere pubbliche della Toscana; ma anche quello imprenditoriale, grazie al rapporto con l’imprenditore De Vito Piscicelli, l’uomo che doveva lanciarlo nel mondo dei grandi appalti.
I NUOVI ARRESTI
L’avvocato romano Guido Cerruti si trova agli arresti domiciliari. Nell’ambito dell’inchiesta, Cerruti compare in più intercettazioni telefoniche con vari indagati. Per quanto riguarda Firenze il suo ruolo emerge, oltre che nell’appalto per la nuova Scuola marescialli dei carabinieri, anche per un interessamento per i lavori per l’ampliamento della Galleria degli Uffizi. Un’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa anche nei confronti dell’imprenditore Francesco Piscicelli, già indagato per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti. Al momento dell’emissione del provvedimento l’imprenditore si trovava all’estero ed è rientrato appositamente a Roma per costituirsi.
LE ACCUSE
Concorso in corruzione continuata e aggravata: è l’accusa che ha portato alle nuove quattro misure cautelari. Nella nuova ordinanza del gip di Firenze si descrivono le attività di Angelo Balducci e Fabio De Santis per pilotare alcuni appalti e le «utilità » - promesse di tangenti e favori - che, in cambio avrebbero ricevuto da alcuni imprenditori. Nell’ordinanza si dice che i «pubblici ufficiali» Angelo Balducci e Fabio De Santis «si impegnavano» ad affidare a «impresa riferibile» a Riccardo Fusi, ex presidente della Btp, al suo vice alla Btp Roberto Bartolomei e all’imprenditore Francesco De Vito Piscicelli, appalti nell’ambito dei 150 anni dell’Unità d’Italia e del G8 alla Maddalena, e «a far ottenere alla Btp l’appalto» per la scuola Marescialli dei carabinieri (gara vinta dalla Btp poi però estromessa). In cambio, quale «retribuzione» Balducci e De Santis «accettavano, previa intermediazione di De Vito Piscicelli» che li metteva in contatto con Fusi e Bartolomei, «la promessa di quest’ultimi della corresponsione di una somma di denaro (contrattata da De Vito Piscicelli con Fusi)». A De Santis, con riferimento alla scuola Marescialli, si contesta inoltre, «l’utilità» consistita nella sua nomina a provveditore per le opere pubbliche della Toscana, «essendosi Fusi e Balducci adoperati per far conseguire a De Santis» la nomina «a tal fine avvalendosi dell’onorevole Verdini» che, su loro sollecitazione, «agendo nell’ambito del suo ruolo politico-istituzionale, si attivava presso gli organi competenti per la nomina».
L'ORDINANZA
Balducci e De Santis, sempre per la loro attività in merito al cantiere-scuola - è scritto nell’ordinanza - «ricevevano l’utilità economica costituita dal conferimento, da parte della Btp, di un incarico di consulenza legale» all’avvocato romano Guido Cerruti, «che concordava con Fusi la corresponsione di una somma di denaro pari al 2% sull’importo incassato qualora fosse stato riconosciuto un risarcimento economico in favore della Btp ovvero di una somma di denaro pari all’0,8% dell’importo dell’appalto (valore circa 250 milioni di euro)» se i lavori «fossero stati riaffidati» all’impresa. Cerruti accettava l’incarico «conferitogli da Fusi su indicazione di Balducci e De Santis »i quali, anzichè tutelare gli interessi« della pubblica amministrazione nella controversia» tra Btp e ministero delle Infrastrutture per la scuola «concordavano con Fusi e lo stesso Cerruti, le strategie da adottare con la controparte, a tal fine adoperandosi per assumere ruoli di pubblica amministrazione attiva, che consentivano a Balducci e De Santis, con l’aiuto di Cerruti, di assumere iniziative volte a far ottenere alla Btp l’affidamento dell’appalto». Ancora per De Santis si parla di un orologio di marca, valore alcune migliaia di euro, ricevuto da Fusi e Piscicelli.
IL PRETE, CUSTODE DEI FONDI
Secondo quanto riportato da Repubblica, dalla carte perugine emergerebbe meglio il ruolo avuto da don Evaldo Biasini, economo della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue di Gesù, come custode dei fondi neri dell'imprenditore Diego Anemone. Quei soldi sono stati trovati nella cassaforte del prete. Dietro a un quadro che rappresenta scene religiose, i carabinieri del Ros hanno trovato la cassaforte con un milione di euro circa, tra contanti e assegni. Denaro che il sacerdote, economo della Congregazione custodiva e prelevava ogni volta che Anemone ne aveva bisogno.
Fonte: corrierefiorentino.corriere.it
FIRENZE - La prima svolta dell'inchiesta sui grandi appalti, arriva nella notte. Almeno per quanto riguarda il filone sull'appalto della scuola Marescialli di Castello. Due le nuove ordinanze di custodia cautelare chieste dalla procura di Firenze e disposte dal giudice Rosario Lupo: in manette ieri sono finiti Francesco De Vito Piscicelli, l'imprenditore che secondo gli atti dell'inchiesta, sarebbe l'anello di collegamento tra la Ferratella e la Btp (e quello che rideva insieme al cognato del terremoto all'Aquila) e l’avvocato romano Guido Cerruti, dello studio legale che curava gli affari della scuola dei Marescialli e dei Nuovi Uffizi grazie ai suoi rapporti con il Ministero. Il gip di Firenze ha disposto un'ulteriore misura cautelare, notificata in carcere all’ex presidente del Consiglio dei lavori pubblici Angelo Balducci e a Fabio De Santis, ex funzionario della Ferratella diventato poi provveditore alle opere pubbliche della Toscana. Per tutti l’accusa è di concorso in corruzione.
IL RUOLO DI FUSI E LA RICHIESTA DELL'ARRESTO
Il gip ha respinto invece, la richiesta di misura cautelare in carcere per l’imprenditore Riccardo Fusi, ex presidente della Btp. In base a quanto si apprende, la richiesta era stata formulata dalla procura fiorentina a dicembre, insieme a quelle eseguite la scorsa notte e parallelamente a quelle eseguite il 10 febbraio, dopo che una fuga di notizie ne aveva accelerato l’esecuzione. Nel frattempo, secondo il giudice, sarebbero venute meno le esigenze cautelari per Fusi, dal momento che l'imprenditore si è dimesso dai suoi incarichi nella Baldassini-Tognozzi-Pontello. Il procuratore della Repubblica di Firenze, Giuseppe Quattrocchi, ha firmato però l’impugnazione del provvedimento con cui il gip, Rosario Lupo, ha respinto la richiesta di misura cautelare in carcere per l’imprenditore Riccardo Fusi, ex presidente della Btp, in relazione alla vicenda della scuola marescialli dei carabinieri. Sull’impugnazione deciderà il tribunale del riesame di Firenze.
LA VICENDA SCUOLA MARESCIALLI
Nel documento di 347 pagine, il giudice Rosario Lupo, lo stesso che ha firmato l’ordinanza di arresto prima di trasferire la competenza a Perugia, racconta i passaggi della complicatissima vicenda partita nel lontano 2001, quando la Baldassini-Tognozzi vinse l’appalto di 456 milioni di vecchie lire. Il colosso delle costruzioni guidato da Riccardo Fusi, ora indagato per corruzione, perde l’appalto nel 2006. Quello che accade da quel momento in poi è il tentativo di riconquistare il cantiere perduto. Fusi comincia a lavorare su più fronti: quello politico, grazie all’amico di sempre Denis Verdini (anche lui indagato per concorso in corruzione) che cerca di metterlo in contatto con il ministro Altero Matteoli (del tutto estraneo alla vicenda), e poi sponsorizzando la nomina di De Santis al Provveditorato alle opere pubbliche della Toscana; ma anche quello imprenditoriale, grazie al rapporto con l’imprenditore De Vito Piscicelli, l’uomo che doveva lanciarlo nel mondo dei grandi appalti.
I NUOVI ARRESTI
L’avvocato romano Guido Cerruti si trova agli arresti domiciliari. Nell’ambito dell’inchiesta, Cerruti compare in più intercettazioni telefoniche con vari indagati. Per quanto riguarda Firenze il suo ruolo emerge, oltre che nell’appalto per la nuova Scuola marescialli dei carabinieri, anche per un interessamento per i lavori per l’ampliamento della Galleria degli Uffizi. Un’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa anche nei confronti dell’imprenditore Francesco Piscicelli, già indagato per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti. Al momento dell’emissione del provvedimento l’imprenditore si trovava all’estero ed è rientrato appositamente a Roma per costituirsi.
LE ACCUSE
Concorso in corruzione continuata e aggravata: è l’accusa che ha portato alle nuove quattro misure cautelari. Nella nuova ordinanza del gip di Firenze si descrivono le attività di Angelo Balducci e Fabio De Santis per pilotare alcuni appalti e le «utilità » - promesse di tangenti e favori - che, in cambio avrebbero ricevuto da alcuni imprenditori. Nell’ordinanza si dice che i «pubblici ufficiali» Angelo Balducci e Fabio De Santis «si impegnavano» ad affidare a «impresa riferibile» a Riccardo Fusi, ex presidente della Btp, al suo vice alla Btp Roberto Bartolomei e all’imprenditore Francesco De Vito Piscicelli, appalti nell’ambito dei 150 anni dell’Unità d’Italia e del G8 alla Maddalena, e «a far ottenere alla Btp l’appalto» per la scuola Marescialli dei carabinieri (gara vinta dalla Btp poi però estromessa). In cambio, quale «retribuzione» Balducci e De Santis «accettavano, previa intermediazione di De Vito Piscicelli» che li metteva in contatto con Fusi e Bartolomei, «la promessa di quest’ultimi della corresponsione di una somma di denaro (contrattata da De Vito Piscicelli con Fusi)». A De Santis, con riferimento alla scuola Marescialli, si contesta inoltre, «l’utilità» consistita nella sua nomina a provveditore per le opere pubbliche della Toscana, «essendosi Fusi e Balducci adoperati per far conseguire a De Santis» la nomina «a tal fine avvalendosi dell’onorevole Verdini» che, su loro sollecitazione, «agendo nell’ambito del suo ruolo politico-istituzionale, si attivava presso gli organi competenti per la nomina».
L'ORDINANZA
Balducci e De Santis, sempre per la loro attività in merito al cantiere-scuola - è scritto nell’ordinanza - «ricevevano l’utilità economica costituita dal conferimento, da parte della Btp, di un incarico di consulenza legale» all’avvocato romano Guido Cerruti, «che concordava con Fusi la corresponsione di una somma di denaro pari al 2% sull’importo incassato qualora fosse stato riconosciuto un risarcimento economico in favore della Btp ovvero di una somma di denaro pari all’0,8% dell’importo dell’appalto (valore circa 250 milioni di euro)» se i lavori «fossero stati riaffidati» all’impresa. Cerruti accettava l’incarico «conferitogli da Fusi su indicazione di Balducci e De Santis »i quali, anzichè tutelare gli interessi« della pubblica amministrazione nella controversia» tra Btp e ministero delle Infrastrutture per la scuola «concordavano con Fusi e lo stesso Cerruti, le strategie da adottare con la controparte, a tal fine adoperandosi per assumere ruoli di pubblica amministrazione attiva, che consentivano a Balducci e De Santis, con l’aiuto di Cerruti, di assumere iniziative volte a far ottenere alla Btp l’affidamento dell’appalto». Ancora per De Santis si parla di un orologio di marca, valore alcune migliaia di euro, ricevuto da Fusi e Piscicelli.
IL PRETE, CUSTODE DEI FONDI
Secondo quanto riportato da Repubblica, dalla carte perugine emergerebbe meglio il ruolo avuto da don Evaldo Biasini, economo della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue di Gesù, come custode dei fondi neri dell'imprenditore Diego Anemone. Quei soldi sono stati trovati nella cassaforte del prete. Dietro a un quadro che rappresenta scene religiose, i carabinieri del Ros hanno trovato la cassaforte con un milione di euro circa, tra contanti e assegni. Denaro che il sacerdote, economo della Congregazione custodiva e prelevava ogni volta che Anemone ne aveva bisogno.
Fonte: corrierefiorentino.corriere.it
Appaltopoli, ecco le carte dell'inchiesta.
Nei documenti dell’inchiesta le telefonate, gli incontri in alcuni ristoranti romani, la rete delle aziende, il ruolo delle banche, le pressioni sugli appalti e l’intreccio tra la politica e le imprese fiorentine
Politica e affari. Imprenditori che chiedono, politici che rispondono e qualche volte i confini — i ruoli e gli interessi — sembrano talmente stretti che si fa fatica a distingerli. A volte fanno fatica a distinguerli loro stessi. Dice «noi» Denis Verdini, indagato per concorso in corruzione, mentre parla della scuola marescialli di Castello con l’amico Riccardo Fusi, presidente della Baldassini e Tognozzi, anche lui indagato per corruzione e associazione a delinquere aggravata dalla finalità mafiosa: «Tranquillo, noi entreremo», dice. Quegli intrecci che l’inchiesta partita da Firenze sta svelando sono documentati dalle immagini dei carabinieri del Ros che per due anni hanno osservato, pedinato, scattato foto. E da migliaia di intercettazioni telefoniche, disposte dal procuratore Giuseppe Quattrocchi e dai sostituti Luca Turco, Giuseppina Mione e Giulio Monferini, che sono finite nelle 20.267 pagine che stanno sconvolgendo l’Italia.
Castello, le trattative per la scuola
Il primo anello della catena per entrare nel mondo degli appalti per Riccardo Fusi è l’imprenditore romano Francesco De Vito Piscicelli che per la sua attività di intermediazione con Balducci e De Santis chiede 1 milione e mezzo di euro. Il «patto», siglato in occasione di un incontro a Firenze, prevede il pagamento solo a risultato raggiunto. Piscicelli spiega che i soldi servono per ripagare «i dieci anni di buttamento di sangue». Solo così la Baldassini può aspirare a sedersi al banchetto delle grandi opere. Nel febbraio 2008 la Baldassini e Tognozzi, insieme al consorzio Stabile Novus, vuole partecipare alle gare per il secondo pacchetto di opere per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Hanno già avuto preventiva assicurazione dell’aggiudicazione di quelle opere proprio nel corso di un incontro a Roma il 13 febbraio 2008. E di fronte all’ingresso del Dipartimento in via della Ferratella in Laterano, Piscicelli esibisce l’elenco a Fusi. E Fusi appoggiato sul cofano di un’auto, mette le sue tre preferenze. Qualche volte Fusi si lamenta perché alla Ferratella «sembra di essere a un pronto soccorso, tutti gli imprenditori fuori dalla porta. Per il G8 ci sono richieste di 32 aziende, hanno iscritto tutti. Anche un indiano c’è, ti rendi conto?». Insieme Piscicelli e Fusi nel dicembre 2008 vanno in una gioielleria di Roma a comprare due orologi del valore di 10 mila euro per De Santis e Maria Pia Forleo, altra funzionaria del ministero. Fusi protesta perché nel cantiere di Castello non è stata ancora buttato fuori il consorzio Astaldi. Ma al Dipartimento — racconta Piscicelli al cognato — stanno già preparando i documenti per far rientrare la Btp. «Fusi non era contento, di più. Hanno fatto proprio i pezzi di carta ieri, le lettere per interrompere quella cosa». Per togliere cioè l’appalto alla Astaldi. I tempi stringono e Fusi scalpita con Piscicelli perché i lavori dell’Astaldi stanno andando avanti troppo velocemente: «Il problema è che purtroppo qui abbiamo una situazione che si chiama tempo. Non hanno mai lavorato con questi ritmi. Il cantiere se non lo fermano, dopo anche se arriva quello che si dice noi è troppo tardi. È come trovare una medicina quando uno è già morto. Il cantiere è andato pianissimo per un sacco di tempo, ora è da novembre, dicembre che stanno spingendo come noi mai». Fusi spiega che Balducci ha un ruolo troppo importante in questa vicenda: «Qui non è che si sta chiedendo un favore, si sta facendo gli interessi dello Stato». «Quelli vanno a duemila — protesta Fusi con Verdini — Qui ci vuole uno coi coglioni, autorevole, Balducci è in predicato per fare il presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici». Verdini tranquillizza l’amico: «Non ti preoccupare siamo messi bene, non ti preoccupare». Fusi: «No, io non mi preoccupo ma bisogna parlare io e te capito? Ieri sera ero a Firenze mi hanno invitato a cena Salvatore Ligresti. Loro insomma quindi rifanno il ponte sullo stretto, rifanno l’Alta Velocità. E noi?». Verdini: «Noi entreremo, stai tranquillo». Fusi: «Guarda è fondamentale bisogna tu faccia capito?». Verdini: «Stai tranquillo». E più volte gli dirà: «Fidati». Nel maggio 2008 Fusi chiama Verdini: «Senti ma con quella persona di Cecina quando ci si vede? (il ministro Altero Matteoli, ndr) «Prima possibile — risponde Verdini — non ti preoccupare siamo messi bene. Mi ha già detto "Denis, la prima cosa che si fa, si fa quella"». Il primo ottobre De Santis conferma che la delibera sulla scuola marescialli che arriverà dal Consiglio superiore per i lavoro pubbici è identica a quella che ha preparato lui: «Hanno deliberato esattamente uguale alla mia istruttoria, identica, non hanno cambiato neanche una virgola. Devono reperire le firme dei relatori. Quello non ci sta perché sta fuori in missione... quell'altro sta in ferie». A ottobre De Santis chiama direttamente Fusi per assicurargli che la delibera sarà disponibile entro pochissimi giorni. Riccardo Fusi, a seguito di numerosi incontri mediati da Piscicelli, con Balducci e De Santis riesce ad ottenere l’emanazione da parte dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici della deliberazione n. 39 (settembre 2008) dai contenuti favorevoli ai fini della riassegnazione alla Btp del cantiere della Scuola Marescialli. Il Ministero delle Infrastrutture guidato da Altero Matteoli, a seguito di questa delibera, nel dicembre 2008 nomina una commissione di cui fanno parte l’ingegner De Santis e l’ingegner Silvio Albanesi, che dovrebbe determinare la rescissione del contratto con l’Astaldi e la restituzione del cantiere alla Btp spa, con l’incremento dell’indice sismico da 1 a 1,4, con conseguente notevole incremento dei costi per il completamento dell’opera.
I contatti con Balducci
Nel luglio 2008 entra in scena Verdini: prende contatti con Angelo Balducci, presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici. I due non si conoscono, a metterli in contatto è «l’amico comune» De Vito Piscicelli, imprenditore romano. Verdini: «Mi scusi se la disturbo ingegnere, sono Denis Verdini, mi ha dato il suo numero l’amico comune Franco Piscicelli. Avrei piacere di incontrarla». Balducci chiede di richiamare: «Adesso ho qualche complicazione con questa questione del G8». Poco dopo Balducci cercherà alla sede di Forza Italia l’onorevole Verini (sbagliando il nome). La sera Fabio De Santis chiama l’ingegner Balducci e racconta dell’incontro appena avvenuto con Verdini, «molto amico degli ex marescialli, un toscanaccio terribile», dice. Balducci riporta sinteticamente i contenuti dell’incontro che ha appena avuto dicendo che Verdini, già al corrente di tutto, lo ha prima messo in contatto telefonico con un altro soggetto che indica ironicamente come il collaboratore di Salvo, facendo probabilmente riferimento a Salvo Nastasi, attuale capo di gabinetto del ministro dei Beni Culturali Sando Bondi che, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 18 luglio 2008, è stato nominato vicepresidente del Comitato Interministeriale per le celebrazioni del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia. «Fabio scusa — dice Balducci — sono uscito adesso, è andata al di là di ogni aspettativa, perché lui sapeva già tutto». Spiega che Verdini gli ha chiesto, in pratica, di gestire insieme i prossimi appalti: «Straordinario, gli ho detto dei problemi, lui mi ha detto "io sono qua per risolvere insieme a lei questi problemi del territorio, per il resto andiamo avanti come dei treni". È uno anche godereccio, nel senso simpatico, il toscano». Il giorno dopo è Verdini a informare Fusi dell’incontro avuto: «Il problema è che ha bisogno estremo di me Balducci, perché c’è il rischio che tutta quella roba venga bloccata. Non è che ci voleva la benedizione ci vuole che io lavori e sodo, però bene eh! L’ho fatto parlare subito col ministro, stamani si fa un incontro». Verdini ribadisce che c’è bisogno di un lavoro forte. «Gli devo sedare sul territorio tutti quelli che sarebbero contrari perché decisi nel Governo precedente. Comunque poi io ho detto "guardi a questo punto a me m’interessa questa roba qui", dice "va bene poi ci mettiamo a un tavolo identifichiamo le tre, quattro cose da fare e ci arriviamo senza problemi" mi ha detto». Nell’agosto 2008 ci sono altri contatti tra Verdini e Balducci. Verdini chiede: «Mi prepari anche l’elenco dei nostri amici sul territorio che in questi giorni così me li lavoro bene». E il 5 agosto, dalla Versiliana, Verdini chiama Fusi: «Senti sono qui insieme a Altero». Fusi risponde che è in treno e Verdini spiega: «Vabbè nessun problema, chiamalo tra un’ora al Ministero». «Si perché c’è una novità importante», risponde Fusi. Verdini: «Perché secondo lui s’è fatto tutto doveva essere fatto». Matteoli dice: «Sono a Palazzo Chigi c’è il Consiglio dei Ministri, mi chiami o un minuto prima delle sette o se no dopo le otto». Ad agosto la palla è passata al ministero. Lo dice Fusi al telefono a Verdini: «C’è una novità importante che ora ti farò leggere. Ora la palla l’ha lui sulla scrivania. Perché qui s’è bell’e mosso l’autorità di Vigilanza e scrivono a lui quindi non è che lui può dire "no ora vedo", deve fare solo una cosa lui, nominare un Commissario e sospendere i lavori come ho sempre sostenuto io, capito?». Fusi prova a chiamare Matteoli: «So che ci dovrebbe essere stato un po’ di sviluppi per quanto riguarda la Scuola di Firenze lì per quella cosa lì e praticamente dovrebbe arrivare al Ministero una situazione abbastanza importante perché l’Autorità di Vigilanza ha riscontrato varie irregolrità, quindi andrebbe visto come trovare una soluzione». Matteoli dice che sta per partire e la cosa si chiude con notevole disappunto del Fusi che informerà Verdini («telefonata brutta e fredda», dice) il quale promette ancora una volta che si interesserà lui alla vicenda.
I soldi e le banche
I soldi sono una traccia fondamentale per capire quali siano le reali condizioni della Btp. Agli atti dell’inchiesta un intero capitolo è dedicato a «Le operazioni bancarie di finanziamento condotte da Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei», imprenditori indagati e perquisiti. Quello che emerge, dagli accertamenti dei carabinieri, è una galassia di società satelliti. La Btp spa, al 28 luglio 2008, ha un capitale sociale di 36 milioni di euro equamente ripartito tra la Holding BRM spa (con sede a Prato) e l’Edil-Invest srl (con sede a Prato): in quest’ultima società Ettore Verdini, fratello dell’onorevole Verdini, risulta essere presidente del collegio sindacale. A sua volta, però, la Btp «è inserita in un gruppo imprenditoriale molto complesso di cui fanno parte altre imprese in qualche modo riferibili» a Fusi e Bartolomei. È il caso della Fidia spa, che è composta a sua volta da sei società ed è incorporata dalla Belfiore e Parco delle Cascine. C’è poi la Santa Croce 2001, ripartita tra cinque diverse società. E ancora: nel rapporto dei carabinieri vengono menzionate la Legi Partecipazioni spa, la Finmari srl, la Servizi tecnici srl (che a sua volta risulta partecipare in altre tre società con sede a Firenze, Calenzano e Prato), Finanza e Progetti srl (società presieduta dall’ex presidente Adf Riccardo Bicchi che ha «avuto incarichi di consulenza tecnica da parte di Firenze Mobilità»). Un puzzle di società, insomma, che ha però un’unica sede: in via Alfieri 5 ci sono 10 società. Un civico «che rappresenta anche fisicamente l’unicità di una serie di società fra loro intrecciate e riferibili alla Btp spa nelle persone di Riccardo Fusi e Vincenzo Di Nardo». Sempre sul solito campanello Gst Global, la Baselnet Consulting, la Sit spa (dove siedono il colosso di costruzioni Consorzio Etruria, Mps e Camera di Commercio di Firenze). Ancora: ci sono altre sei società censite nel rapporto. Ma una è particolarmente interessante: la Immobiliare Ferrucci srl. Nel 2008 viene stipulato un contratto di pegno su quote tra la Edil Invest srl (sempre riconducibile a Fusi) e la Holding Brm spa (sempre riconducibile a Fusi) e banche che si faranno garanti: Italo Biagi, perquisito dal Ros con l’accusa di falso interno bancario, firma come legale rappresentante del Credito Cooperativo fiorentino assieme a funzionari del Mps, Cariprato, Banca Mb ed Unipol. Ed è qua il punto. La Edil Invest e Holding Spa hanno richiesto al citato pool di banche un finanziamento di 150.000.000 di euro per l’acquisto del 100% delle quote dell’immobiliare Ferrucci dalla proprietaria Btp spa e del credito intercompany vantato da Btp nei confronti dell’Immobiliare Ferrucci». Ed è la concessione di questi soldi che è alla base delle perquisizioni che hanno toccato Italo Biagini e Riccardo Baronti, funzionario della Bnl. Il 29 gennaio 2009 Fusi chiama Bartolomei e gli racconta una conversazione che ha avuto con alcuni funzionari della Bnl: lo hanno cercato perché i conti non tornano. È nervoso quando spiega che «mi hanno detto che il nostro gruppo è da concordato, che la situazione nostra non è più sostenibile» e che il funzionario gli ha detto: «"Lei mi ha raccontato un monte di balle anche ha riguardo dei 150 milioni del pool perché lei l’ha fatto un’operazione fittizia e non ha preso un lira me l’hanno detto i miei colleghi"». Bartolomei risponde: «Sai ora detto tra me e te ... te tu hai ragione sotto il profilo della Btp Spa ... ma sulla Btp forse si ha torto (...). Comunque bisogna pararla questa di Bnl perché sennò succede casino se questi fanno i bischeri è un problema. Questi qui quando si mettono nei casini loro tu vai nei casini ogni cosa. Dopo non si torna più indietro».
L'intreccio di Firenze Mobilità
Un passo indietro. Il 22 maggio dello scorso anno Fusi, dopo aver confermato al direttore generale Biagi «dell’appartamento a Camaiore da metà giugno e per i mesi di luglio e agosto prossimi», parla dell’erogazione «del finanziamento in favore delle imprese» riconducili allo stesso imprenditore, «dietro fidejussione rilasciata dal Credito Cooperativo Fiorentino a seguito della presentazione di garanzie costituite da falsi preliminari di vendita di immobili». Spiega che «bisogna risolvere il prima possibile il preliminare stipulato con la Costruzioni Versiliesi» dato che questa impresa «sta creando problemi». Pressa perché incontri una sua collaboratrice, Monica Manescalchi, a sua volta perquisita nell’inchiesta. Fusi la chiama e le dice: «Devi portare preliminari per 20 milioni... te hai solo 20 milioni: quelli della Unipol... 20 milioni». Ma la situazione è talmente ingarbugliata che Fusi decide di prendere tempo. Intanto dalla Bnl si fanno avanti. E Fusi è in tourbillon di telefonate e riunioni. E il 6 luglio Fusi torna a parlare con una persona: «Avrei pensato di fare questo... "la società Finmari richiede 10 milioni di euro di finanziamento" ... e tu butti giù la richiesta...» dato che «ha ottenuto un finanziamento dalla Mb Banca di Milano». In pratica l’imprenditore «si riferisce alla fittizia acquisizione da parte di Finmari spa di quote della Una spa», la società che ha un albergo di extralusso anche a Lido di Camaiore. Intanto, però, prosegue l’operazione sulle due banche: hanno appena portato le carte alla Bnl e al Credito. Di fatto il 9 giugno scorso Bartolomei dice che le «erogazioni dovrebbero essere sicuramente entro il 30 giugno. Dieci milioni circa per Santa Croce e da quattro e mezzo ai cinque per Fidia» da parte della Bnl. Ma il 16 giugno del 2008 altro problema: Riccardo Fusi viene informato che non tornano gli importi preliminari. E dunque si devono cambiare. E anche alla Bnl le cose sono problematiche, dato che Baronti, il funzionario indagato, lo ha informato che «c’è un esubero di preliminari sulla Santa Croce». Sono momenti drammatici, ma per Fusi «un conto è come stanno le cose. Un conto è come te le faccio vedere, l’importante è avere il finanziamento. Che problemi ci sono?!». Si discute anche di «un’altra complessa operazione di finanziamento dell’importo di 150 milioni di euro, in cui sono interessate 3 banche: Monte dei Paschi di Siena, Unipol e Banca Popolare di Vicenza». Più problemi per risolvere un’unica domanda di soldi. Per prendere i soldi delle caparre dei preliminari per Fusi «si tratta solo di una partita di giro fra le loro imprese, senza alcun reale movimento di denaro. Quello che ti volevo spiegare è che lui s’incarta con il giro, questi qui non sono mica soldi veri, quelli delle caparre, perché entrano e riescono... non so se mi spiego. L’importante è fare il giro perché loro non è che ti dicono che tu li devi lasciare sul conto, se no non ci sarebbe verso...». Le cose, comunque, iniziano a girare. Il 23 giugno del 2008 Baronti della Bnl chiama Fusi e «fa capire che si è pronti per erogare il finanziamento per Santa Croce, mentre per la società Fidia è stato già quantificato l’importo». E il 15 dicembre del 2008 spunta il nome di Verdini. Fusi parla con un collaboratore: «Il presidente Verdini deve andare via oggi per queste elezioni in Abruzzo. Lo potresti raggiungere subito al Credito Cooperativo Fiorentino a Firenze per spiegargli bene l’operazione e lui sta facendo venire il direttore lì e tu guardi se la sblocchi subito?» Si tratta di un operazione riferita al deposito di due fidejussioni. Non ci sono solo buone notizie. Nella serata del 5 febbraio, Riccardo Fusi parlando con il socio Roberto Bartolomei dello stato di criticità che sta attraversando il gruppo, esprime «la preoccupazione che possa succedere qualcosa di estremamente grave». E la mattina del 12 febbraio Riccardo Fusi chiede al socio Bartolomei di far approntare fatture per 3.000.000 di euro intestate alla Btp e rilasciate da alcune società del loro gruppo, in modo da poterle presentare allo sconto alla Bnl e utilizzare il ricavato per abbattere l’esposizione della società Montevalori». Di fatto alti funzionari della Bnl frappongono problemi («difficoltà nell’iter istruttorio propedeutico all’erogazione del finanziamento», scrivono i carabinieri) e ancora al Credito non si muove nulla. Qualcosa cambia. «La mattina del 14 settembre Riccardo Fusi, premettendo che nel pomeriggio è stata fissata una importante riunione in Bnl a cui partecipano le banche interessate nell’operazione riguardante la società Fidia, chiede a Verdini di farvi partecipare anche il direttore del Credito Cooperativo Biagini». E qualcosa si muove. La mattina dell’8 ottobre, Riccardo Baronti della Bnl, dandola come anticipazione assolutamente riservata, informa Fusi che «è stato deliberato il primo finanziamento».
De Santis e l’impegno di Verdini
Leonardo Benvenuti, collaboratore di Verdini, (anche lui indagato) chiama Fabio De Santis per sapere in quale fascia è posizionato come incarico lavorativo: «Chiedo scusa se disturbo, io lavoro anche per lei. Prima fascia oppure no?». La ragione di questa richiesta diventa chiara dall’ascolto delle successive conversazioni: Leonardo Benvenuti, Verdini e Fusi si stanno occupando di far promuovere De Santis come Provveditore alle Opere Pubbliche per la Toscana. Questa nomina — dice l’informativa del Ros — costituisce la contropartita per l’apporto che De Santis deve fornire quale componente della commissione appena costituita per la trattazione della vicenda del cantiere della Scuola Marescialli. In un’altra conversazione Verdini accenna cripticamente a Fusi di aver parlato con il ministro Matteoli della nomina di De Santis. Fusi chiama De Santis e chiede direttamente a lui di spiegargli come giustificare la promozione, con quale articolo del decreto legislativo. Riccardo Fusi chiede a De Santis di preparargli una sorta di scheda, assicurandogli che provvederà a consegnarla personalmente all’onorevole Verdini.
Firenze Mobilità e il project
La galassia degli interessi della Btp si porta in dote anche Firenze Mobilità, la società partecipata presieduta da Vincenzo Di Nardo. E dunque agli atti dell’inchiesta ci sono riferimenti sui parcheggi che sono stati costruiti da Firenze Mobilità col project financing e gestiti dalla Firenze Parcheggi (società partecipata dal Comune che a sua volta ha quote di Firenze Mobilità) presieduta all’epoca da Alessandro Lo Presti, ex consigliere comunale Ds, dimessosi per partecipare alle primarie Pd per il Consiglio regionale. I carabinieri del Ros, che accennano all’«Operazione Scala della Gherardesca—Fratini—Four Season», hanno infilato nell’informativa «la gestione del parcheggio di piazza Alberti, gli altri parcheggi e l’operazione immobiliare Castello». Chiaro che a questo punto la procura ha aperto un fascicolo. I problemi sono sempre i soldi. Il 14 gennaio scorso Vincenzo Di Nardo chiede a un funzionario della Carifi di intervenire sui dirigenti della Cassa di Risparmio di Firenze perché la banca occupi i locali realizzati a piazza Alberti «benché la destinazione d’uso sia in atto solo commerciale in quanto per ottenere la variazione in direzionale, già richiesta al Comune, ci vuole ancora del tempo. Chiedevo, visto la tua grande potenza dentro la Cassa, per ragioni affettive e familiari e aziendali, volevo che tu facessi un intervento per quanto riguarda quella situazione di piazza Alberti. Te sai che piazza Alberti ora come ora è commerciale va bene?». E il funzionario risponde: «Hai voglia. Queste sono cose che tratto direttamente io con quelli della parte che si occupano degli immobili». Di Nardo chiarisce che c’è «l’urgenza di indurre la Cassa di Risparmio ad occupare i nuovi locali è dettata dalla necessità di cominciare ad incassare in canone d’affitto». Intanto, però, quando in Comune fanno i conti sul primo contratto dei parcheggi qualcosa non torna. Una funzionaria di Palazzo Vecchio spiega all’architetto Gaetano Di Benedetto, ex dirigente dell’urbanistica e responsabile unico del project (poi indagato nell’ambito dell’inchiesta su Castello): «L’ho convertito dalle lire in euro... il costo del progetto chiavi in mano mi viene 12.290.644 e non 12.573...». E Di Benedetto minimizza: «Mi sembra di capire che è una differenza minima però». Una differenza di 300 mila euro. Non solo: la funzionaria sostiene che non riesce nemmeno a spiegarsi gli importi riferiti al parcheggio di piazza Beccarla: «Sembrano maggiorati di altri 70.000 euro». E Di Benedetto prende tempo: «Non lo so, ora io sono fuori, non ho tutte le carte, fai una lista dei dubbi». E sempre di soldi si parla l’11 gennaio scorso quando Vincenzo Di Nardo chiede a Lo Presti di inviargli, quale presidente del cda di Firenze Parcheggi, «una lettera con cui chiede di annullare la fideiussione revolving per 2 anni, avendo Di Nardo già concordato con le banche» che sarà concessa per 6 mesi. Dice Di Nardo: «Bisogna che tu mi butti giù una lettera ma prima me la fai vedere in bozza dove mi dici "essendo l’operazione ormai conclusa, essendoci solo problemi di gestione, essendo la nostra società un soggetto partecipato dal concedente, affidabile perché partecipata dalle stesse Istituti di credito. Si richiede in virtù del contratto d’appalto per cui Firenze Mobilità è passante, di poter per nostro conto rinegoziare la fidejussione chiedendola di non. Chiedendo di non di evitare la fidejussione revolving per 2 anni. Ovviamente loro ci acconsentiranno a farcela dare revolving di 6 mesi invece che 2 anni. Però noi dobbiamo chiedere che non ci sia per niente allora falla buttare giù, io ho già concordato con loro che appena mi arriva questa lettera, gliela riinvio e poi faccio una riunione della banche e quindi la fidejussione passa... viene concordato, viene proposto da loro di farla a 6 mesi. E quindi siamo, questo sarebbe fatto ... quindi ecco preparami per favore questa lettera qui in bozza magari la concordiamo: così la concordo anche con le banche, va bene?». E Lo Presti è d’accordo: «Ho capito. Bene. Ti mando in bozza, va bene». E il 16 gennaio il solito Di Nardo si preoccupa anche dei «contatti con un investitore internazionale di fondi che è interessato ad acquistare il 20% della quota della Camera di Commercio e probabilmente potrebbe essere interessato anche ad una quota di Firenze Parcheggi». E il 22 gennaio del 2008 Di Nardo chiama l’allora presidente della Camera di Commercio Luca Mantellassi, indagato per truffa allo Stato dalla Procura di Nocera Inferiore per la vicenda relativa alla Boma, prospettandogli questa possibilità. E Mantellassi risponde a Di Nardo: «Quindi te potresti vendere la tua quota e le nostre quote di Firenze Mobilità».
L’intervista Fusi ironizza su un’intervista rilasciata da Verdini a Libero il 23 agosto in cui fa riferimento a Fusi e ai suoi rapporti con il parlamentare. Alla domanda "ma è vero che lei c’ha degli interessi sulla tramvia?" Verdini risponde: "No. Lì la gara l’ha vinta un imprenditore". Domanda: «Le malelingue dicono che lei abbia interessi nella tramvia di Firenze voluta dal sindaco del Pd Leonardo Domenici e che è per questo che lì non esiste una vera opposizione". "Non ho nessun interesse l’imprenditore che ha vinto gli appalti è Riccardo Fusi, è mio amico da sempre, però se lei gli telefona e gli dice di darmi qualche quota azionaria mi fa un piacere".
Fonte: corriere.it
Politica e affari. Imprenditori che chiedono, politici che rispondono e qualche volte i confini — i ruoli e gli interessi — sembrano talmente stretti che si fa fatica a distingerli. A volte fanno fatica a distinguerli loro stessi. Dice «noi» Denis Verdini, indagato per concorso in corruzione, mentre parla della scuola marescialli di Castello con l’amico Riccardo Fusi, presidente della Baldassini e Tognozzi, anche lui indagato per corruzione e associazione a delinquere aggravata dalla finalità mafiosa: «Tranquillo, noi entreremo», dice. Quegli intrecci che l’inchiesta partita da Firenze sta svelando sono documentati dalle immagini dei carabinieri del Ros che per due anni hanno osservato, pedinato, scattato foto. E da migliaia di intercettazioni telefoniche, disposte dal procuratore Giuseppe Quattrocchi e dai sostituti Luca Turco, Giuseppina Mione e Giulio Monferini, che sono finite nelle 20.267 pagine che stanno sconvolgendo l’Italia.
Castello, le trattative per la scuola
Il primo anello della catena per entrare nel mondo degli appalti per Riccardo Fusi è l’imprenditore romano Francesco De Vito Piscicelli che per la sua attività di intermediazione con Balducci e De Santis chiede 1 milione e mezzo di euro. Il «patto», siglato in occasione di un incontro a Firenze, prevede il pagamento solo a risultato raggiunto. Piscicelli spiega che i soldi servono per ripagare «i dieci anni di buttamento di sangue». Solo così la Baldassini può aspirare a sedersi al banchetto delle grandi opere. Nel febbraio 2008 la Baldassini e Tognozzi, insieme al consorzio Stabile Novus, vuole partecipare alle gare per il secondo pacchetto di opere per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Hanno già avuto preventiva assicurazione dell’aggiudicazione di quelle opere proprio nel corso di un incontro a Roma il 13 febbraio 2008. E di fronte all’ingresso del Dipartimento in via della Ferratella in Laterano, Piscicelli esibisce l’elenco a Fusi. E Fusi appoggiato sul cofano di un’auto, mette le sue tre preferenze. Qualche volte Fusi si lamenta perché alla Ferratella «sembra di essere a un pronto soccorso, tutti gli imprenditori fuori dalla porta. Per il G8 ci sono richieste di 32 aziende, hanno iscritto tutti. Anche un indiano c’è, ti rendi conto?». Insieme Piscicelli e Fusi nel dicembre 2008 vanno in una gioielleria di Roma a comprare due orologi del valore di 10 mila euro per De Santis e Maria Pia Forleo, altra funzionaria del ministero. Fusi protesta perché nel cantiere di Castello non è stata ancora buttato fuori il consorzio Astaldi. Ma al Dipartimento — racconta Piscicelli al cognato — stanno già preparando i documenti per far rientrare la Btp. «Fusi non era contento, di più. Hanno fatto proprio i pezzi di carta ieri, le lettere per interrompere quella cosa». Per togliere cioè l’appalto alla Astaldi. I tempi stringono e Fusi scalpita con Piscicelli perché i lavori dell’Astaldi stanno andando avanti troppo velocemente: «Il problema è che purtroppo qui abbiamo una situazione che si chiama tempo. Non hanno mai lavorato con questi ritmi. Il cantiere se non lo fermano, dopo anche se arriva quello che si dice noi è troppo tardi. È come trovare una medicina quando uno è già morto. Il cantiere è andato pianissimo per un sacco di tempo, ora è da novembre, dicembre che stanno spingendo come noi mai». Fusi spiega che Balducci ha un ruolo troppo importante in questa vicenda: «Qui non è che si sta chiedendo un favore, si sta facendo gli interessi dello Stato». «Quelli vanno a duemila — protesta Fusi con Verdini — Qui ci vuole uno coi coglioni, autorevole, Balducci è in predicato per fare il presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici». Verdini tranquillizza l’amico: «Non ti preoccupare siamo messi bene, non ti preoccupare». Fusi: «No, io non mi preoccupo ma bisogna parlare io e te capito? Ieri sera ero a Firenze mi hanno invitato a cena Salvatore Ligresti. Loro insomma quindi rifanno il ponte sullo stretto, rifanno l’Alta Velocità. E noi?». Verdini: «Noi entreremo, stai tranquillo». Fusi: «Guarda è fondamentale bisogna tu faccia capito?». Verdini: «Stai tranquillo». E più volte gli dirà: «Fidati». Nel maggio 2008 Fusi chiama Verdini: «Senti ma con quella persona di Cecina quando ci si vede? (il ministro Altero Matteoli, ndr) «Prima possibile — risponde Verdini — non ti preoccupare siamo messi bene. Mi ha già detto "Denis, la prima cosa che si fa, si fa quella"». Il primo ottobre De Santis conferma che la delibera sulla scuola marescialli che arriverà dal Consiglio superiore per i lavoro pubbici è identica a quella che ha preparato lui: «Hanno deliberato esattamente uguale alla mia istruttoria, identica, non hanno cambiato neanche una virgola. Devono reperire le firme dei relatori. Quello non ci sta perché sta fuori in missione... quell'altro sta in ferie». A ottobre De Santis chiama direttamente Fusi per assicurargli che la delibera sarà disponibile entro pochissimi giorni. Riccardo Fusi, a seguito di numerosi incontri mediati da Piscicelli, con Balducci e De Santis riesce ad ottenere l’emanazione da parte dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici della deliberazione n. 39 (settembre 2008) dai contenuti favorevoli ai fini della riassegnazione alla Btp del cantiere della Scuola Marescialli. Il Ministero delle Infrastrutture guidato da Altero Matteoli, a seguito di questa delibera, nel dicembre 2008 nomina una commissione di cui fanno parte l’ingegner De Santis e l’ingegner Silvio Albanesi, che dovrebbe determinare la rescissione del contratto con l’Astaldi e la restituzione del cantiere alla Btp spa, con l’incremento dell’indice sismico da 1 a 1,4, con conseguente notevole incremento dei costi per il completamento dell’opera.
I contatti con Balducci
Nel luglio 2008 entra in scena Verdini: prende contatti con Angelo Balducci, presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici. I due non si conoscono, a metterli in contatto è «l’amico comune» De Vito Piscicelli, imprenditore romano. Verdini: «Mi scusi se la disturbo ingegnere, sono Denis Verdini, mi ha dato il suo numero l’amico comune Franco Piscicelli. Avrei piacere di incontrarla». Balducci chiede di richiamare: «Adesso ho qualche complicazione con questa questione del G8». Poco dopo Balducci cercherà alla sede di Forza Italia l’onorevole Verini (sbagliando il nome). La sera Fabio De Santis chiama l’ingegner Balducci e racconta dell’incontro appena avvenuto con Verdini, «molto amico degli ex marescialli, un toscanaccio terribile», dice. Balducci riporta sinteticamente i contenuti dell’incontro che ha appena avuto dicendo che Verdini, già al corrente di tutto, lo ha prima messo in contatto telefonico con un altro soggetto che indica ironicamente come il collaboratore di Salvo, facendo probabilmente riferimento a Salvo Nastasi, attuale capo di gabinetto del ministro dei Beni Culturali Sando Bondi che, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 18 luglio 2008, è stato nominato vicepresidente del Comitato Interministeriale per le celebrazioni del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia. «Fabio scusa — dice Balducci — sono uscito adesso, è andata al di là di ogni aspettativa, perché lui sapeva già tutto». Spiega che Verdini gli ha chiesto, in pratica, di gestire insieme i prossimi appalti: «Straordinario, gli ho detto dei problemi, lui mi ha detto "io sono qua per risolvere insieme a lei questi problemi del territorio, per il resto andiamo avanti come dei treni". È uno anche godereccio, nel senso simpatico, il toscano». Il giorno dopo è Verdini a informare Fusi dell’incontro avuto: «Il problema è che ha bisogno estremo di me Balducci, perché c’è il rischio che tutta quella roba venga bloccata. Non è che ci voleva la benedizione ci vuole che io lavori e sodo, però bene eh! L’ho fatto parlare subito col ministro, stamani si fa un incontro». Verdini ribadisce che c’è bisogno di un lavoro forte. «Gli devo sedare sul territorio tutti quelli che sarebbero contrari perché decisi nel Governo precedente. Comunque poi io ho detto "guardi a questo punto a me m’interessa questa roba qui", dice "va bene poi ci mettiamo a un tavolo identifichiamo le tre, quattro cose da fare e ci arriviamo senza problemi" mi ha detto». Nell’agosto 2008 ci sono altri contatti tra Verdini e Balducci. Verdini chiede: «Mi prepari anche l’elenco dei nostri amici sul territorio che in questi giorni così me li lavoro bene». E il 5 agosto, dalla Versiliana, Verdini chiama Fusi: «Senti sono qui insieme a Altero». Fusi risponde che è in treno e Verdini spiega: «Vabbè nessun problema, chiamalo tra un’ora al Ministero». «Si perché c’è una novità importante», risponde Fusi. Verdini: «Perché secondo lui s’è fatto tutto doveva essere fatto». Matteoli dice: «Sono a Palazzo Chigi c’è il Consiglio dei Ministri, mi chiami o un minuto prima delle sette o se no dopo le otto». Ad agosto la palla è passata al ministero. Lo dice Fusi al telefono a Verdini: «C’è una novità importante che ora ti farò leggere. Ora la palla l’ha lui sulla scrivania. Perché qui s’è bell’e mosso l’autorità di Vigilanza e scrivono a lui quindi non è che lui può dire "no ora vedo", deve fare solo una cosa lui, nominare un Commissario e sospendere i lavori come ho sempre sostenuto io, capito?». Fusi prova a chiamare Matteoli: «So che ci dovrebbe essere stato un po’ di sviluppi per quanto riguarda la Scuola di Firenze lì per quella cosa lì e praticamente dovrebbe arrivare al Ministero una situazione abbastanza importante perché l’Autorità di Vigilanza ha riscontrato varie irregolrità, quindi andrebbe visto come trovare una soluzione». Matteoli dice che sta per partire e la cosa si chiude con notevole disappunto del Fusi che informerà Verdini («telefonata brutta e fredda», dice) il quale promette ancora una volta che si interesserà lui alla vicenda.
I soldi e le banche
I soldi sono una traccia fondamentale per capire quali siano le reali condizioni della Btp. Agli atti dell’inchiesta un intero capitolo è dedicato a «Le operazioni bancarie di finanziamento condotte da Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei», imprenditori indagati e perquisiti. Quello che emerge, dagli accertamenti dei carabinieri, è una galassia di società satelliti. La Btp spa, al 28 luglio 2008, ha un capitale sociale di 36 milioni di euro equamente ripartito tra la Holding BRM spa (con sede a Prato) e l’Edil-Invest srl (con sede a Prato): in quest’ultima società Ettore Verdini, fratello dell’onorevole Verdini, risulta essere presidente del collegio sindacale. A sua volta, però, la Btp «è inserita in un gruppo imprenditoriale molto complesso di cui fanno parte altre imprese in qualche modo riferibili» a Fusi e Bartolomei. È il caso della Fidia spa, che è composta a sua volta da sei società ed è incorporata dalla Belfiore e Parco delle Cascine. C’è poi la Santa Croce 2001, ripartita tra cinque diverse società. E ancora: nel rapporto dei carabinieri vengono menzionate la Legi Partecipazioni spa, la Finmari srl, la Servizi tecnici srl (che a sua volta risulta partecipare in altre tre società con sede a Firenze, Calenzano e Prato), Finanza e Progetti srl (società presieduta dall’ex presidente Adf Riccardo Bicchi che ha «avuto incarichi di consulenza tecnica da parte di Firenze Mobilità»). Un puzzle di società, insomma, che ha però un’unica sede: in via Alfieri 5 ci sono 10 società. Un civico «che rappresenta anche fisicamente l’unicità di una serie di società fra loro intrecciate e riferibili alla Btp spa nelle persone di Riccardo Fusi e Vincenzo Di Nardo». Sempre sul solito campanello Gst Global, la Baselnet Consulting, la Sit spa (dove siedono il colosso di costruzioni Consorzio Etruria, Mps e Camera di Commercio di Firenze). Ancora: ci sono altre sei società censite nel rapporto. Ma una è particolarmente interessante: la Immobiliare Ferrucci srl. Nel 2008 viene stipulato un contratto di pegno su quote tra la Edil Invest srl (sempre riconducibile a Fusi) e la Holding Brm spa (sempre riconducibile a Fusi) e banche che si faranno garanti: Italo Biagi, perquisito dal Ros con l’accusa di falso interno bancario, firma come legale rappresentante del Credito Cooperativo fiorentino assieme a funzionari del Mps, Cariprato, Banca Mb ed Unipol. Ed è qua il punto. La Edil Invest e Holding Spa hanno richiesto al citato pool di banche un finanziamento di 150.000.000 di euro per l’acquisto del 100% delle quote dell’immobiliare Ferrucci dalla proprietaria Btp spa e del credito intercompany vantato da Btp nei confronti dell’Immobiliare Ferrucci». Ed è la concessione di questi soldi che è alla base delle perquisizioni che hanno toccato Italo Biagini e Riccardo Baronti, funzionario della Bnl. Il 29 gennaio 2009 Fusi chiama Bartolomei e gli racconta una conversazione che ha avuto con alcuni funzionari della Bnl: lo hanno cercato perché i conti non tornano. È nervoso quando spiega che «mi hanno detto che il nostro gruppo è da concordato, che la situazione nostra non è più sostenibile» e che il funzionario gli ha detto: «"Lei mi ha raccontato un monte di balle anche ha riguardo dei 150 milioni del pool perché lei l’ha fatto un’operazione fittizia e non ha preso un lira me l’hanno detto i miei colleghi"». Bartolomei risponde: «Sai ora detto tra me e te ... te tu hai ragione sotto il profilo della Btp Spa ... ma sulla Btp forse si ha torto (...). Comunque bisogna pararla questa di Bnl perché sennò succede casino se questi fanno i bischeri è un problema. Questi qui quando si mettono nei casini loro tu vai nei casini ogni cosa. Dopo non si torna più indietro».
L'intreccio di Firenze Mobilità
Un passo indietro. Il 22 maggio dello scorso anno Fusi, dopo aver confermato al direttore generale Biagi «dell’appartamento a Camaiore da metà giugno e per i mesi di luglio e agosto prossimi», parla dell’erogazione «del finanziamento in favore delle imprese» riconducili allo stesso imprenditore, «dietro fidejussione rilasciata dal Credito Cooperativo Fiorentino a seguito della presentazione di garanzie costituite da falsi preliminari di vendita di immobili». Spiega che «bisogna risolvere il prima possibile il preliminare stipulato con la Costruzioni Versiliesi» dato che questa impresa «sta creando problemi». Pressa perché incontri una sua collaboratrice, Monica Manescalchi, a sua volta perquisita nell’inchiesta. Fusi la chiama e le dice: «Devi portare preliminari per 20 milioni... te hai solo 20 milioni: quelli della Unipol... 20 milioni». Ma la situazione è talmente ingarbugliata che Fusi decide di prendere tempo. Intanto dalla Bnl si fanno avanti. E Fusi è in tourbillon di telefonate e riunioni. E il 6 luglio Fusi torna a parlare con una persona: «Avrei pensato di fare questo... "la società Finmari richiede 10 milioni di euro di finanziamento" ... e tu butti giù la richiesta...» dato che «ha ottenuto un finanziamento dalla Mb Banca di Milano». In pratica l’imprenditore «si riferisce alla fittizia acquisizione da parte di Finmari spa di quote della Una spa», la società che ha un albergo di extralusso anche a Lido di Camaiore. Intanto, però, prosegue l’operazione sulle due banche: hanno appena portato le carte alla Bnl e al Credito. Di fatto il 9 giugno scorso Bartolomei dice che le «erogazioni dovrebbero essere sicuramente entro il 30 giugno. Dieci milioni circa per Santa Croce e da quattro e mezzo ai cinque per Fidia» da parte della Bnl. Ma il 16 giugno del 2008 altro problema: Riccardo Fusi viene informato che non tornano gli importi preliminari. E dunque si devono cambiare. E anche alla Bnl le cose sono problematiche, dato che Baronti, il funzionario indagato, lo ha informato che «c’è un esubero di preliminari sulla Santa Croce». Sono momenti drammatici, ma per Fusi «un conto è come stanno le cose. Un conto è come te le faccio vedere, l’importante è avere il finanziamento. Che problemi ci sono?!». Si discute anche di «un’altra complessa operazione di finanziamento dell’importo di 150 milioni di euro, in cui sono interessate 3 banche: Monte dei Paschi di Siena, Unipol e Banca Popolare di Vicenza». Più problemi per risolvere un’unica domanda di soldi. Per prendere i soldi delle caparre dei preliminari per Fusi «si tratta solo di una partita di giro fra le loro imprese, senza alcun reale movimento di denaro. Quello che ti volevo spiegare è che lui s’incarta con il giro, questi qui non sono mica soldi veri, quelli delle caparre, perché entrano e riescono... non so se mi spiego. L’importante è fare il giro perché loro non è che ti dicono che tu li devi lasciare sul conto, se no non ci sarebbe verso...». Le cose, comunque, iniziano a girare. Il 23 giugno del 2008 Baronti della Bnl chiama Fusi e «fa capire che si è pronti per erogare il finanziamento per Santa Croce, mentre per la società Fidia è stato già quantificato l’importo». E il 15 dicembre del 2008 spunta il nome di Verdini. Fusi parla con un collaboratore: «Il presidente Verdini deve andare via oggi per queste elezioni in Abruzzo. Lo potresti raggiungere subito al Credito Cooperativo Fiorentino a Firenze per spiegargli bene l’operazione e lui sta facendo venire il direttore lì e tu guardi se la sblocchi subito?» Si tratta di un operazione riferita al deposito di due fidejussioni. Non ci sono solo buone notizie. Nella serata del 5 febbraio, Riccardo Fusi parlando con il socio Roberto Bartolomei dello stato di criticità che sta attraversando il gruppo, esprime «la preoccupazione che possa succedere qualcosa di estremamente grave». E la mattina del 12 febbraio Riccardo Fusi chiede al socio Bartolomei di far approntare fatture per 3.000.000 di euro intestate alla Btp e rilasciate da alcune società del loro gruppo, in modo da poterle presentare allo sconto alla Bnl e utilizzare il ricavato per abbattere l’esposizione della società Montevalori». Di fatto alti funzionari della Bnl frappongono problemi («difficoltà nell’iter istruttorio propedeutico all’erogazione del finanziamento», scrivono i carabinieri) e ancora al Credito non si muove nulla. Qualcosa cambia. «La mattina del 14 settembre Riccardo Fusi, premettendo che nel pomeriggio è stata fissata una importante riunione in Bnl a cui partecipano le banche interessate nell’operazione riguardante la società Fidia, chiede a Verdini di farvi partecipare anche il direttore del Credito Cooperativo Biagini». E qualcosa si muove. La mattina dell’8 ottobre, Riccardo Baronti della Bnl, dandola come anticipazione assolutamente riservata, informa Fusi che «è stato deliberato il primo finanziamento».
De Santis e l’impegno di Verdini
Leonardo Benvenuti, collaboratore di Verdini, (anche lui indagato) chiama Fabio De Santis per sapere in quale fascia è posizionato come incarico lavorativo: «Chiedo scusa se disturbo, io lavoro anche per lei. Prima fascia oppure no?». La ragione di questa richiesta diventa chiara dall’ascolto delle successive conversazioni: Leonardo Benvenuti, Verdini e Fusi si stanno occupando di far promuovere De Santis come Provveditore alle Opere Pubbliche per la Toscana. Questa nomina — dice l’informativa del Ros — costituisce la contropartita per l’apporto che De Santis deve fornire quale componente della commissione appena costituita per la trattazione della vicenda del cantiere della Scuola Marescialli. In un’altra conversazione Verdini accenna cripticamente a Fusi di aver parlato con il ministro Matteoli della nomina di De Santis. Fusi chiama De Santis e chiede direttamente a lui di spiegargli come giustificare la promozione, con quale articolo del decreto legislativo. Riccardo Fusi chiede a De Santis di preparargli una sorta di scheda, assicurandogli che provvederà a consegnarla personalmente all’onorevole Verdini.
Firenze Mobilità e il project
La galassia degli interessi della Btp si porta in dote anche Firenze Mobilità, la società partecipata presieduta da Vincenzo Di Nardo. E dunque agli atti dell’inchiesta ci sono riferimenti sui parcheggi che sono stati costruiti da Firenze Mobilità col project financing e gestiti dalla Firenze Parcheggi (società partecipata dal Comune che a sua volta ha quote di Firenze Mobilità) presieduta all’epoca da Alessandro Lo Presti, ex consigliere comunale Ds, dimessosi per partecipare alle primarie Pd per il Consiglio regionale. I carabinieri del Ros, che accennano all’«Operazione Scala della Gherardesca—Fratini—Four Season», hanno infilato nell’informativa «la gestione del parcheggio di piazza Alberti, gli altri parcheggi e l’operazione immobiliare Castello». Chiaro che a questo punto la procura ha aperto un fascicolo. I problemi sono sempre i soldi. Il 14 gennaio scorso Vincenzo Di Nardo chiede a un funzionario della Carifi di intervenire sui dirigenti della Cassa di Risparmio di Firenze perché la banca occupi i locali realizzati a piazza Alberti «benché la destinazione d’uso sia in atto solo commerciale in quanto per ottenere la variazione in direzionale, già richiesta al Comune, ci vuole ancora del tempo. Chiedevo, visto la tua grande potenza dentro la Cassa, per ragioni affettive e familiari e aziendali, volevo che tu facessi un intervento per quanto riguarda quella situazione di piazza Alberti. Te sai che piazza Alberti ora come ora è commerciale va bene?». E il funzionario risponde: «Hai voglia. Queste sono cose che tratto direttamente io con quelli della parte che si occupano degli immobili». Di Nardo chiarisce che c’è «l’urgenza di indurre la Cassa di Risparmio ad occupare i nuovi locali è dettata dalla necessità di cominciare ad incassare in canone d’affitto». Intanto, però, quando in Comune fanno i conti sul primo contratto dei parcheggi qualcosa non torna. Una funzionaria di Palazzo Vecchio spiega all’architetto Gaetano Di Benedetto, ex dirigente dell’urbanistica e responsabile unico del project (poi indagato nell’ambito dell’inchiesta su Castello): «L’ho convertito dalle lire in euro... il costo del progetto chiavi in mano mi viene 12.290.644 e non 12.573...». E Di Benedetto minimizza: «Mi sembra di capire che è una differenza minima però». Una differenza di 300 mila euro. Non solo: la funzionaria sostiene che non riesce nemmeno a spiegarsi gli importi riferiti al parcheggio di piazza Beccarla: «Sembrano maggiorati di altri 70.000 euro». E Di Benedetto prende tempo: «Non lo so, ora io sono fuori, non ho tutte le carte, fai una lista dei dubbi». E sempre di soldi si parla l’11 gennaio scorso quando Vincenzo Di Nardo chiede a Lo Presti di inviargli, quale presidente del cda di Firenze Parcheggi, «una lettera con cui chiede di annullare la fideiussione revolving per 2 anni, avendo Di Nardo già concordato con le banche» che sarà concessa per 6 mesi. Dice Di Nardo: «Bisogna che tu mi butti giù una lettera ma prima me la fai vedere in bozza dove mi dici "essendo l’operazione ormai conclusa, essendoci solo problemi di gestione, essendo la nostra società un soggetto partecipato dal concedente, affidabile perché partecipata dalle stesse Istituti di credito. Si richiede in virtù del contratto d’appalto per cui Firenze Mobilità è passante, di poter per nostro conto rinegoziare la fidejussione chiedendola di non. Chiedendo di non di evitare la fidejussione revolving per 2 anni. Ovviamente loro ci acconsentiranno a farcela dare revolving di 6 mesi invece che 2 anni. Però noi dobbiamo chiedere che non ci sia per niente allora falla buttare giù, io ho già concordato con loro che appena mi arriva questa lettera, gliela riinvio e poi faccio una riunione della banche e quindi la fidejussione passa... viene concordato, viene proposto da loro di farla a 6 mesi. E quindi siamo, questo sarebbe fatto ... quindi ecco preparami per favore questa lettera qui in bozza magari la concordiamo: così la concordo anche con le banche, va bene?». E Lo Presti è d’accordo: «Ho capito. Bene. Ti mando in bozza, va bene». E il 16 gennaio il solito Di Nardo si preoccupa anche dei «contatti con un investitore internazionale di fondi che è interessato ad acquistare il 20% della quota della Camera di Commercio e probabilmente potrebbe essere interessato anche ad una quota di Firenze Parcheggi». E il 22 gennaio del 2008 Di Nardo chiama l’allora presidente della Camera di Commercio Luca Mantellassi, indagato per truffa allo Stato dalla Procura di Nocera Inferiore per la vicenda relativa alla Boma, prospettandogli questa possibilità. E Mantellassi risponde a Di Nardo: «Quindi te potresti vendere la tua quota e le nostre quote di Firenze Mobilità».
L’intervista Fusi ironizza su un’intervista rilasciata da Verdini a Libero il 23 agosto in cui fa riferimento a Fusi e ai suoi rapporti con il parlamentare. Alla domanda "ma è vero che lei c’ha degli interessi sulla tramvia?" Verdini risponde: "No. Lì la gara l’ha vinta un imprenditore". Domanda: «Le malelingue dicono che lei abbia interessi nella tramvia di Firenze voluta dal sindaco del Pd Leonardo Domenici e che è per questo che lì non esiste una vera opposizione". "Non ho nessun interesse l’imprenditore che ha vinto gli appalti è Riccardo Fusi, è mio amico da sempre, però se lei gli telefona e gli dice di darmi qualche quota azionaria mi fa un piacere".
Fonte: corriere.it
3 mar 2010
Balducci, festini e prostituzione maschile. Il Vaticano caccia il corista nigeriano
Chinedu Thiomas Ehiem era indicato nell'indagine quale procacciatore di incontri omosessuali per Angelo Balducci
MILANO - Il corista nigeriano della Cappella Giulia, Chinedu Thiomas Ehiem, indicato nell'indagine quale procacciatore di incontri omosessuali per Angelo Balducci, l'ex numero uno del Consiglio superiore dei lavori pubblici arrestato per corruzione nell'ambito dell'inchiesta G8, «non è un religioso, nè un seminarista» e, comunque, è stato allontanato dal coro. Lo hanno precisato fonti della Santa Sede.
L'INTERCETTAZIONE - Il Corriere della Sera in edicola pubblicava un passo delle intercettazioni dell'inchiesta relativa ai rapporti tra Ehiem e Balducci: «In un capitolo dell’informativa i carabinieri evidenziano come "l’ingegner Balducci, per organizzare incontri occasionali di tipo sessuale, si avvale dell’intermediazioni di due soggetti che si ritiene possano far parte di una rete organizzata, operante soprattutto nella capitale, di sfruttatori o comunque favoreggiatori della prostituzione maschile". Su questo è stata avviata un’indagine parallela che si concentra sull’attività di Thomas Ehiem, un giovane nigeriano che nelle telefonate afferma di far parte del coro di San Pietro «e all’anagrafe di Roma è indicato come "religioso"». È lui ad offrire le prestazioni dei ragazzi, soprattutto stranieri, in cambio di soldi e piccoli favori. L’altro intermediario indicato nella relazione investigativa è invece Lorenzo Renzi, anche lui residente nella capitale».
L'AVVOCATO DIFENSORE - Sulla vicenda è intervenuto anche Franco Coppi, l'avvocato difensore di Balducci: «Nel corso dell'interrogatorio non abbiamo parlato di vicende private ma è una vergogna che vengano pubblicate sui giornali cose che non c'entrano nulla con l'inchiesta. Quando abbiamo visto insieme a Balducci gli articoli c'era quasi da ridere: siamo pronti ad azioni legali». Coppi ha parlato al termine dell'interrogatorio di garanzia durato oltre due ore nel carcere di Regina Coeli a Roma. In merito ad alcuni articoli apparsi sui giornali Coppi ha poi aggiunto che «non si può dire qualsiasi cosa a ruota libera solo perchè una persona si trova in carcere».
DE SANTIS: GLI ORDINI - «Seguivo le direttive del mio capo Angelo Balducci e facevo costante riferimento a lui». Questo uno dei passaggi affontati nelle oltre tre ore di interrogatorio davanti al gup di Milano che lo ha sentito per rogatoria dell'ufficio gip di Perugia, Fabio De Santis. Si trattava dell'interrogatorio di garanzia per l'ex funzionario della Protezione civile nell'ambito dei nuovi atti istruttori eseguiti anche per l'imprenditore Diego Anemone e dei funzionari pubblici Angelo Balducci e Mauro Della Giovampaola raggiunti sabato scorso da una seconda ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal gip di Perugia Paolo Micheli nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti per i cosiddetti Grandi eventi. I quattro vennero arrestati, con l'accusa di concorso in corruzione, nell'ambito dell'indagine avviata dai pm di Firenze e dopo il coinvolgimento dell'ex magistrato romano Achille Toro e la trasmissione degli atti a Perugia, i pm Federico Centrone, Sergio Sottani e Alessia Tavernesi hanno chiesto e ottenuto dal giudice Micheli una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere che ha sostituito quella precedente. In particolare De Santis ha risposto alle domande sugli appalti per la cosiddetta «caserma dei marescialli» di Firenze spiegando che il suo operato era quello di far risparmiare soldi alla pubblica amministrazione.
Fonte: corriere.it
MILANO - Il corista nigeriano della Cappella Giulia, Chinedu Thiomas Ehiem, indicato nell'indagine quale procacciatore di incontri omosessuali per Angelo Balducci, l'ex numero uno del Consiglio superiore dei lavori pubblici arrestato per corruzione nell'ambito dell'inchiesta G8, «non è un religioso, nè un seminarista» e, comunque, è stato allontanato dal coro. Lo hanno precisato fonti della Santa Sede.
L'INTERCETTAZIONE - Il Corriere della Sera in edicola pubblicava un passo delle intercettazioni dell'inchiesta relativa ai rapporti tra Ehiem e Balducci: «In un capitolo dell’informativa i carabinieri evidenziano come "l’ingegner Balducci, per organizzare incontri occasionali di tipo sessuale, si avvale dell’intermediazioni di due soggetti che si ritiene possano far parte di una rete organizzata, operante soprattutto nella capitale, di sfruttatori o comunque favoreggiatori della prostituzione maschile". Su questo è stata avviata un’indagine parallela che si concentra sull’attività di Thomas Ehiem, un giovane nigeriano che nelle telefonate afferma di far parte del coro di San Pietro «e all’anagrafe di Roma è indicato come "religioso"». È lui ad offrire le prestazioni dei ragazzi, soprattutto stranieri, in cambio di soldi e piccoli favori. L’altro intermediario indicato nella relazione investigativa è invece Lorenzo Renzi, anche lui residente nella capitale».
L'AVVOCATO DIFENSORE - Sulla vicenda è intervenuto anche Franco Coppi, l'avvocato difensore di Balducci: «Nel corso dell'interrogatorio non abbiamo parlato di vicende private ma è una vergogna che vengano pubblicate sui giornali cose che non c'entrano nulla con l'inchiesta. Quando abbiamo visto insieme a Balducci gli articoli c'era quasi da ridere: siamo pronti ad azioni legali». Coppi ha parlato al termine dell'interrogatorio di garanzia durato oltre due ore nel carcere di Regina Coeli a Roma. In merito ad alcuni articoli apparsi sui giornali Coppi ha poi aggiunto che «non si può dire qualsiasi cosa a ruota libera solo perchè una persona si trova in carcere».
DE SANTIS: GLI ORDINI - «Seguivo le direttive del mio capo Angelo Balducci e facevo costante riferimento a lui». Questo uno dei passaggi affontati nelle oltre tre ore di interrogatorio davanti al gup di Milano che lo ha sentito per rogatoria dell'ufficio gip di Perugia, Fabio De Santis. Si trattava dell'interrogatorio di garanzia per l'ex funzionario della Protezione civile nell'ambito dei nuovi atti istruttori eseguiti anche per l'imprenditore Diego Anemone e dei funzionari pubblici Angelo Balducci e Mauro Della Giovampaola raggiunti sabato scorso da una seconda ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal gip di Perugia Paolo Micheli nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti per i cosiddetti Grandi eventi. I quattro vennero arrestati, con l'accusa di concorso in corruzione, nell'ambito dell'indagine avviata dai pm di Firenze e dopo il coinvolgimento dell'ex magistrato romano Achille Toro e la trasmissione degli atti a Perugia, i pm Federico Centrone, Sergio Sottani e Alessia Tavernesi hanno chiesto e ottenuto dal giudice Micheli una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere che ha sostituito quella precedente. In particolare De Santis ha risposto alle domande sugli appalti per la cosiddetta «caserma dei marescialli» di Firenze spiegando che il suo operato era quello di far risparmiare soldi alla pubblica amministrazione.
Fonte: corriere.it
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