Visualizzazione post con etichetta Umberto Bossi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Umberto Bossi. Mostra tutti i post

31 mag 2013

La collaborazione di Belsito con i magistrati: Bossi mi ordinò di spostare i soldi in Tanzania

«Fondi all'estero, talpe e lotte interne»
La versione di Belsito ai pm sulla Lega


REGGIO CALABRIA - Finanziamenti occulti, trasferimenti di denaro all'estero, «talpe» sulle inchieste. L'ex tesoriere della Lega Francesco Belsito collabora con i magistrati di Reggio Calabria. Prima del suo arresto, avvenuto per ordine dei giudici milanesi il 24 aprile scorso, l'uomo che gestiva i soldi del partito all'epoca guidato da Umberto Bossi, ha riempito centinaia di pagine di verbali. Negli interrogatori svela come i vertici del Carroccio, in particolare Roberto Castelli, fossero stati avvisati delle indagini ancora segrete e avessero così aggirato i controlli. Un sistema utilizzato anche per sottrarsi ai controlli sulle quote latte. Ricostruisce il flusso degli esborsi dal Carroccio al Movimento per le Autonomia di Raffaele Lombardo, i rapporti con gli imprenditori. Assicura che fu Bossi ad autorizzare lo spostamento dei soldi in Tanzania. Accuse pesanti che il pubblico ministero Giuseppe Lombardo sta adesso verificando con accertamenti delegati agli investigatori della Dia.

«Cambia le targhette»
È il 13 marzo scorso. Belsito, accusato di ricettazione e riciclaggio, viene convocato per un interrogatorio. E dichiara di voler rispondere alle domande. Racconta il proprio ruolo all'interno della Lega. Ma soprattutto svela che cosa accadde due mesi prima delle perquisizioni ordinate dalle procure di Napoli, Milano e Reggio Calabria sui soldi usati per mantenere la famiglia Bossi.
Belsito: «Vorrei che qualcuno mi spiegasse qualcosa. Sapevano che arrivavano le perquisizioni prima e hanno cambiato le targhe delle stanze dove c'era la contabilità con i nomi dei deputati e senatori, perché la sa benissimo...».
Pm: «Quindi lo sapevano? Come fa ad avere questa certezza?».
Belsito: «Quelle stanze dove lei leggeva onorevole tizio o caio, non c'era nessun onorevole, erano le stanze della contabilità».
Pm: «E lì c'erano i documenti?».
Belsito: «Certo! Ma lei lo sa qual era il mio ruolo? Io prendevo la carta, la consegnavo alla Dagrada e la Dagrada faceva tutto. Mi spiega come mai le stanze della contabilità, dove stava la Dagrada, dove stava la Pizzi, cioè i nomi dei dipendenti».
Pm: «Sono stati spostati?».
Belsito: «Non che sono stati spostati, c'erano sempre loro... ma fuori c'era scritto "Onorevole tal dei tali"».
Pm: «Quindi le hanno rese inaccessibili, dice lei. E chi li aveva avvertiti?».
Belsito: «Io questo non lo so, ma sapevano benissimo, perché io ho avuto un bisticcio con Castelli e lui mi ha detto "ci sono tre Procure che indagano". Era il mese di febbraio, quando trattavamo il rientro dei soldi, lui voleva le mie dimissioni e aveva detto che c'erano... Io gli ho risposto e gli ho detto, ma sei un cartomante? O fai parte anche tu del sistema? Come fai a sapere? Perché tre Procure non una, non due? Eravamo nella stanza di Bossi alla Camera... e le giuro che sono incazzato, mi sono alzato e gli ho detto "tu sei un grandissimo pezzo di m...". Bossi mi richiedeva le dimissioni perché c'erano tre Procure che indagavano: "Se tu vuoi bene al partito". Gli ho detto, ma perché io mi devo dimettere scusami?».
Le verifiche hanno consentito di accertare che l'incontro a Montecitorio sarebbe avvenuto il 9 febbraio 2012. Le perquisizioni scattarono invece il 4 aprile successivo e furono effettivamente condotte dai magistrati di tre Procure. E non solo. Aggiunge Belsito: «Comunque quando c'è stata la perquisizione delle quote latte... idem! Stesso giochetto, targhe dei deputati e non hanno trovato niente».
Pm: «Lei ha capito Castelli attraverso chi l'aveva saputo?».
Belsito: «No. So che era un periodo che si vedevano tutti di nascosto. I vari dirigenti del partito, che potevano essere Calderoli, Maroni, Castelli, lo stesso Stiffoni. Io sono andato a cena con Stiffoni una sera dove lui mi pregava di dare le dimissioni. Io le posso giurare, lo chieda a Bossi, io andavo da lui, a casa sua o in ufficio e gli dicevo: "Se vuoi le mie dimissioni, io non ho problemi a dartele. Però ricordati che tutti questi soggetti che sono qua, sono tutte delle persone veramente scorrette. Perché davanti ti fanno un gioco e dietro ne fanno un altro"».

Imprenditori e finanziamenti
L'ex tesoriere parla anche della guerra interna al partito.
Belsito: «Io avvisai Bossi che c'era una raccolta fondi, sempre voci di partito, lettere anonime, dove determinati esponenti, importanti imprenditori, stavano foraggiando l'iniziativa nel Nord, cioè rafforzare l'assetto della Lega nel Nord. E dove, in queste cene con l'imprenditoria importante Roberto Cota, Luca Zaia, Roberto Maroni incontrarono soggetti, ma non imprenditori improvvisati, gente di livello nazionale e dove stavano facendo una raccolta fondi. Ma il partito non c'entrava nulla, e non c'entrava niente».
Pm: «Ma non ho capito. Questo progetto, che sarebbe sorto all'interno già di un partito separatista».
Belsito: «Volevano costituire una Fondazione. Quindi c'erano due tipi di Fondazioni che volevano essere costituiti in Lega. Una la volevamo costituire noi come Lega, quindi la Lega vera. È questa che doveva finanziare degli eventi politici».
Pm: «E quindi diciamo, si stava creando già una fronda?».
Belsito: «Certo. Un soggetto autonomo. Tanto è vero che la preoccupazione di Bossi era quella: se rompiamo dobbiamo essere in grado di fare campagna elettorale. Ed ecco lì il motivo del Fondo. Lo spostamento del Fondo in Tanzania. Lui voleva un tesoretto per affrontare... disponibile... quindi iscritto a bilancio».


I soldi a Mpa
Belsito parla anche della strana alleanza tra Carroccio e il partito dell'ex governatore siciliano Raffaele Lombardo.
Belsito: «Loro erano alleati. Io ad esempio quando ho seguito la contabilità diretta, mandavo ogni anno a Lombardo un bonifico perché il Mpa era in coalizione, così mi era stato detto, con la Lega. Una quota parte del rimborso elettorale. Erano rapporti che aveva Calderoli».
Pm: «Ma erano portati all'ordine del giorno, questi argomenti, in sede di Consiglio federale?».
Belsito: «Sull'alleanza di Lombardo indubbiamente sì. Su strategie interne, ripeto, ognuno di noi aveva un ruolo. Lombardo si appoggiava sempre a Berlusconi. So che quando hanno rotto, il suo tesoriere era venuto, questo onorevole siciliano a batter cassa. Io l'ordine che avevo era di non dargli più niente, perché si erano separati con la Lega».
Pm: «Cioè, la Lega finanziava il Mpa?».
Belsito: «Finanziava perché nella campagna elettorale avevano fatto l'accordo. In prima battuta Calderoli mi aveva detto di non dargli più niente e di prender tempo. E poi invece mi aveva convocato, ha detto no, devi pagare, bisogna pagare. Ed io naturalmente l'ho fatto. Quando parlo di pagamenti, sono pagamenti ufficiali, quindi bonifici».


Fonte: corriere.it

5 lug 2012

La rimozione leghista. Via dal sito del partito le foto del Senatur. Che però resiste

Bossi, chi era costui?

Bossi come Trotzkij. Un'esagerazione. Ma nel sito della Lega e sulla Padania sembrano aver preso alla lettera la lezione staliniana. Cancellare tutto ciò che ricorda il passato, annichilire ogni immagine di Umberto Bossi e del suo «cerchio magico».


5 apr 2012

Case, Porsche, lauree. La lista dei soldi ai Bossi. Le telefonate tra una segretaria del Senatur e Belsito: «Dillo a Umberto: se io parlo, finite in manette»

Le intercettazioni / Spuntano elargizioni a favore dei figli del segretario e di Rosy Mauro
MILANO - È una fitta sequela di telefonate, intercettate dai carabinieri del Noe per la Procura di Napoli, a cogliere l'indagato tesoriere leghista Francesco Belsito mentre, sfogandosi al telefono in febbraio con la non indagata impiegata amministrativa leghista Nadia Dagrada, «rievoca tutte le elargizioni fatte ai Bossi e alla vicepresidente del Senato Rosy Mauro»; si vede consigliare di «fare tutte le copie dei documenti che dimostrano i pagamenti fatti a loro favore e di nascondere gli originali in una cassetta di sicurezza»; e «riferisce di essere in possesso di copiosa documentazione e di una registrazione compromettente per la Lega».
Dillo a Bossi: se io parlo, voi finite in manette
Il contesto delle conversazioni è la vigilia della convocazione che Belsito riceve da Bossi a Roma e che, anche sulla base del gelido commento di Rosy Mauro («la vedo brutta»), interpreta come anticipo della propria defenestrazione da tesoriere leghista, a causa delle spinte che dentro il partito (a suo dire specie da Castelli e Stiffoni) lo vorrebbero estromettere in seguito alle prime notizie giornalistiche sui milioni di euro di rimborsi elettorali investiti da Belsito in Tanzania. Ma altro che Tanzania, prospetta la responsabile leghista dei gadget nel suggerire a Belsito: «Gli dici (a Bossi, ndr): capo, guarda che è meglio sia ben chiaro: se queste persone mettono mano ai conti del Federale, vedono quelle che sono le spese di tua moglie, dei tuoi figli, e a questo punto salta la Lega (...). Papale papale glielo devi dire: ragazzi, forse non avete capito che, se io parlo, voi finite in manette o con i forconi appesi alla Lega». L'elenco che i due riassumono al telefono poco prima di mezzogiorno del 26 febbraio (e che viene riassunto dai carabinieri) comprende «i costi di tre lauree pagate con i soldi della Lega», «i soldi per il diploma (Renzo Bossi)»; «i 670.000 euro per il 2011 e Nadia dice che non ha giustificativi, oltre ad altre somme ingenti per gli altri anni»; «le autovetture affittate per Riccardo Bossi, tra cui una Porsche»; «i costi per pagare i decreti ingiuntivi di Riccardo Bossi»; «le fatture pagate per l'avvocato di Riccardo Bossi»; «altre spese pagate anche ai tempi del precedente tesoriere Balocchi»; «una casa in affitto pagata a Brescia»; «i 300.000 euro destinati alla scuola Bosina di Varese per Manuela Marrone (moglie di Bossi, ndr), che Belsito non sa come giustificare, presi nel 2011 per far fare loro un mutuo e che lui ha da parte in una cassetta di sicurezza». I «costi liquidi» dei ragazzi di Renzo In altre telefonate la lista si allunga con «l'ultima macchina del Principe, 50.000 euro... e certo che c'ho la fattura!». Oppure con «i costi liquidi dei ragazzi di Renzo» (forse gli uomini di scorta), che Belsito ricorda in «151.000» euro ma Dagrada corregge in «no, un momento, 251mila euro sono i ragazzi, ma sono fuori gli alberghi, che non ti riesco a scindere quando girano con lui, mi entrano nel cumulo e riprendere tutte le fatture è impossibile». Poi c'è la casa di Gemonio, e più precisamente «i soldi ancora da dare per le ristrutturazioni del terrazzo»: «Che io sappia, pare che siano 5-6.000 euro», ridimensiona Belsito alla Dagrada, che teme invece la somma sia molto più alta anche a causa di minacce di azioni legali dai fornitori, e che sprona Belsito: «Gli devi dire poi: capo (Bossi, ndr), c'è da aggiungere l'auto di tuo figlio». I franchi e gli euro per Rosy Mauro Spesso Belsito ironizza su chi nel partito lo avversa ma non sarebbe in condizione di farlo perché parimenti da lui beneficato: «Sai quanto gli ho dato l'altro giorno alla nera? (Rosy Mauro, ndr)? Quasi 29mila, 29.142 in franchi eh... vuoi che ti dica tutti gli altri di prima?»: ovvero quelle che poi gli inquirenti traducono come «altre somme che le dà mensilmente», e come i «200.000-300.000 euro dati al sindacato padano Sinpa» che avrebbe «bilanci truccati». La dipendente leghista Dagrada raccoglie lo spunto sull'atteggiamento di Rosy Mauro e rilancia, invitando Belsito a dire alla vicepresidente del Senato: «Se apro bocca io, il capo salta e se salta il capo tu sei morta...Perché se lei non c'ha il capo a difenderla, lei domani è in mezzo a una strada, e non è detto con le gambe intere». A Bossi, la donna auspica che il tesoriere dica chiaramente: «Gli devi dire: noi manteniamo tuo figlio Riccardo, tuo figlio Renzo, tu gli devi dire guarda che tu non versi i soldi, tuo figlio nemmeno, ed è da quando sei stato male. Gli devi dire: capo, io so queste cose e finché io sono qui io non tradirò mai, ma ricordati cosa c'è in ballo, perché se viene fuori lo capisci che cosa può succedere, altro che barbari sognanti». «Ho una registrazione e documenti come prova» Si prepara un ricatto al Senatur? No, questo no, almeno a sentire i due che parlano al telefono la notte dell'8 febbraio. Nadia Dagrada suggerisce: «Non è che tu glielo metti come ricatto», piuttosto si tratterebbe di informare Bossi che «i militanti si spaventano di più se esce fuori Rosy che non la Tanzania». Belsito si prepara a giocare le proprie carte se il partito lo metterà al muro. E dice di poterlo provare : «Dico cosa mi volevano far fare, glielo dico della Fondazione e... che dovevo portargli dei soldi». Dagrada gli domanda: «Giusto! Ma tu quello poi ce l'hai registrato?». Belsito: «Sì». Dagrada: «Dopodiché si affrontano le due signore (Rosy Mauro e Manuela Marrone, ndr) ....altro che la Tanzania se vanno in mano ai militanti! Non vengono a prendere me, le dici eh, vengono a prendere voi!».

Fonte: corriere.it

Etichette

Post in evidenza

Regioni: molte spese, pochi valori

Non si può definire semplicemente corruzione, sprechi, malgoverno quanto sta emergendo a proposito delle Regioni Quando la quantità di un ...