17 mag 2014

Le spiate dei due poliziotti a boss dei Casalesi e politici

I pm: rivelazioni su indagini in corso e verifiche fiscali. Lavoravano a Palazzo Chigi e a Montecitorio: arrestati

ROMA - Poliziotti a disposizione della camorra, ma anche di imprenditori e politici disponibili a pagare informazioni riservate sulle indagini in corso. Agenti in servizio presso la presidenza del Consiglio e la Camera dei deputati arrestati per aver effettuato accessi illegali nel sistema informatico del Viminale per soddisfare le richieste dei «potenti». Può avere nuovi e clamorosi sviluppi l’inchiesta della Procura di Napoli che ha portato alla cattura di diciotto persone, alcune affiliate al clan dei Casalesi, e di Franco Caputo (distaccato a Palazzo Chigi) e Cosimo Campagna (a Palazzo Madama). Perché a casa di Caputo sono stati trovati 60mila euro in contanti, tesserini della Figc e numerose tracce di rapporti con criminali e personaggi «insospettabili» in parte già emersi dalle intercettazioni e dai pedinamenti effettuati per ordine del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e dal sostituto Cesare Sirignano.

Sono numerosi gli episodi illeciti contestati a Caputo. Nell’ordinanza di cattura il giudice evidenzia i rapporti con Ciro Manna, un carrozziere del Casertano in contatto con i «capizona» dei Casalesi accusato di aver «bonificato» le auto degli affiliati al clan dalle microspie installate dalla forze dell’ordine, dopo avere avuto la «soffiata» da Caputo. Nel dicembre 2012 Manna avrebbe chiesto all’amico poliziotto «di metterlo in contatto con personalità politico-istituzionali, in particolare un deputato del Pdl, al fine di risolvere suoi problemi con il Fisco». Si tratta, come specificano i pubblici ministeri nell’ordine di perquisizione, di Roberto Speciale, eletto parlamentare dopo essere stato generale della Guardia di Finanza.
Scrive il gip: «La polizia giudiziaria accertava che Caputo, insieme a Manna, coltivava numerosi rapporti con facoltosi imprenditori e uomini politici, che non è il caso qui di riportare esulando dalla specifica contestazione in esame, al fine di fornire loro notizie riservate. Accertava, altresì, che non disponendo di credenziali per accedere al Ced della Polizia, Caputo si rivolgeva all’amico Campagna». E «in occasione del costituendo partito Cristiano Popolare, Caputo contattava Manna prospettandogli la possibilità di ottenere benefici in cambio di voti, precisando che persone a capo del partito (Baccini, Giro, Galati e Calabria) erano “potenti” e “appiccicati” al Vaticano».

Della Santa Sede parlava anche con «Francesco D’Andrea, amministratore della società “Politalia srl” che Caputo invitava “ad aprire gli occhi” e a non frequentare l’onorevole Catone riferendo che una volta sciolte le Camere lo avrebbero arrestato insieme ad altri 25 parlamentari». E in un’altra occasione «gli raccomandava cautela, di non parlare come aveva fatto nella precedente occasione perché “questa volta è seria proprio la cosa... questa volta stanno facendo controlli a tappeto con le fideiussioni... e ieri hanno arrestato non so quante persone, compreso un politico, sta sopra al blog di Libero ... io oggi pomeriggio ho cercato di fare il favore a quello della Curia, hai capito o no, e ho chiesto ad una persona grossa che sta qui... gli ho chiesto quel fatto che ho letto lì sopra e mi ha detto che stanno facendo a tappeto tutti quelli che fanno fideiussioni e ne stanno indagando un casino, hai capito o no, hanno sotto telefoni ed è un casino, e sono tutti del nord, manco a farlo apposta... non gli ho chiesto del nome”. La polizia giudiziaria accertava, tra l’altro, che l’autorità giudiziaria che svolgeva le indagini sulle false fideiussioni era la Procura di Pescara».

Ma le «soffiate» non riguardavano soltanto le indagini in corso. Per favorire «Ferdinando Arcopinto, funzionario della Figc direttore marketing della Nazionale calcio dilettanti, Caputo faceva visure abusive su «persone, autovetture e società».


Fonte: corriere.it

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