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14 lug 2015

Clan e appalti: in manette l’ex sindaco Del Gaudio, chiesto alla Camera l’arresto di Sarro (Fi). Barbato (Udeur) «l’uomo chiave»

Per i lavori alla rete idrica casertana 13 ordinanze. Con la complicità di un appartenente alle forze dell’ordine spariti documenti importanti che il boss dei casalesi aveva con sé nel suo covo. Anche gli appalti Gori dell’Ato3 pilotati in favore delle ditte mafiose. Il pm Borrelli: «Reati che gridano vendetta per i cittadini»: Barbato (Udeur) «l’uomo chiave»


Tredici Ordinanze di custodia cautelare sono state notificate dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Caserta nell’ambito di un’inchiesta sui lavori urgenti nel comparto delle acque, affidati a trattativa privata a ditte iscritte nell’albo delle imprese di fiducia: in questo modo circa 150 milioni in cinque anni, tra il 2006 e il 2010, sarebbero finiti nelle casse del clan dei casalesi e in particolare del gruppo Zagaria.

L’ex sindaco, il deputato e i consiglieri regionali
Tra i destinatari delle ordinanze cautelari vi sono personaggi eccellenti, tra cui l’ex sindaco di Caserta Pio Del Gaudio, l’ex consigliere regionale Angelo Polverino, già coinvolto nell’inchiesta sull’ospedale di Caserta, e numerosi funzionari regionali. Nei confronti di Carlo Sarro, deputato di Forza Italia e Commissario dell’Ente d’Ambito Sarnese Vesuviano, è stata inviata alla Camera una richiesta di autorizzazione all’arresto.

I lavori
Dalle indagini è emerso che una settantina di imprese, in gran parte legate alla camorra, per compiere riparazioni urgenti alla rete idrica si aggiudicavano i micro lotti di poche decine di migliaia di euro ciascuno, importi inferiori, cioè, al tetto che impone la certificazione antimafia. Le riparazioni, in realtà, non erano urgenti e in alcuni casi erano inesistenti.

Associazione camorristica
I reati ipotizzati a vario titolo sono concorso esterno in associazione camorristica, corruzione e turbativa d’asta. L’inchiesta dei pm Antonello Ardituro (ora al Csm), Catello Maresca, Maurizio Giordano e Cesare Sirignano, è coordinata dall’aggiunto Giuseppe Borrelli.

«Spariti» i documenti digitali del boss
Un capitolo dell’ordinanza è dedicato alla cattura del boss Michele Zagaria, avvenuta il 7 dicembre del 2011 a Casapesenna. Su quell’operazione ci sono ombre: non c’è traccia infatti di una chiavetta usb con documenti importanti che il superlatitante avrebbe avuto con sé nel suo covo sotterraneo.

Un uomo in divisa ha dato la Usb all’imprenditore Fontana
La chiavetta Usb che era nel bunker dove è stato catturato Michele Zagaria è «sparita con la collaborazione di un non meglio identificato appartenente alle forze dell’ordine che avrebbe poi favorito l'arrivo della chiavetta nelle mani di Orlando Fontana, fratello dell'imprenditore edile Giuseppe Fontana», rivela poi Giuseppe Borrelli, procuratore aggiunto della Dda di Napoli. La chiavetta usb è a forma di cuore e ne è stata accertata l'esistenza «nel corso di indagini successive attraverso intercettazioni avvenute ben dopo le operazioni di cattura di Zagaria». «Non si può escludere - ha aggiunto il procuratore capo di Napoli Colangelo - un contatto tra Zagaria e un'altra persona in quei concitati momenti».

Per la pen drive di Zagaria pagati 50mila euro
Cinquantamila euro: questa la cifra che sarebbe stata pagata da Orlando Fontana, fratello di Pino Fontana, referente imprenditoriale dell'ex boss Michele Zagaria, per entrare in possesso della pen drive trafugata dal bunker sotterraneo di un'abitazione di Casapesenna (Caserta) dove l'ex primula rossa del clan dei casalesi venne arrestato il 7 dicembre del 2011. Della presunta trattativa, che vedrebbe come interlocutore di Orlando Fontana un appartenente alle forze dell'ordine, gli inquirenti vengono a conoscenza attraverso un'intercettazione ambientale tra due persone che riferiscono della vicenda pur non essendone stati protagonisti. La Procura, comunque, ha fatto delle analisi sul personal computer dell'ex boss durante le quali sono emerse delle anomalie.

Gli appalti Gori alle ditte dei Zagaria
L’inchiesta apre un enorme capitolo sulla gestione del sistema idrico in una larga porzione della Campania. Carlo Sarro è commissario del consorzio Ato 3, che gestisce dal punto di vista amministrativo il ciclo delle acque nella zona vesuviano-sarnese. È accusato anche di avere “pilotato” alcuni appalti della Gori, la società che per conto di Ato 3 gestisce il ciclo delle acque, facendoli aggiudicare a ditte vicine al clan Zagaria. Negli ultimi giorni anche il garante anticorruzione Raffaele Cantone aveva espresso perplessità sul suo incarico, sino a dichiararne l’incompatibilità.

A Del Gaudio soldi dal finto imprenditore anti-racket
Invece a Pio Del Gaudio, sfiduciato lo scorso maggio dalla sua maggioranza, viene contestato anche un finanziamento illecito: un imprenditore colluso col clan dei casalesi sovvenzionò la sua campagna elettorale con 20.000 euro. Nell'inchiesta della Dda di Napoli spunta anche la storia dell'imprenditore edile Giuseppe Fontana, dal 2009 colpito da un provvedimento interdittivo antimafia e costretto a non poter più contrattare con la Pubblica Amministrazione. Fontana ha tentato di eludere il divieto attraverso una «rigenerazione», denunciando, insieme ad altri imprenditori della zona, una serie di episodi estorsivi riconducibili all'allora latitante Michele Zagaria. Grazie alle intercettazioni effettuate, gli inquirenti sono riusciti ad accertare che i fatti denunciati rappresentavano solamente «l'inizio di un più complesso disegno finalizzato a ottenere una “rigenerazione” di tutti quegli imprenditori che, anche a seguito della costituzione di un'associazione antiracket, avrebbe garantito loro nuove commesse con la Pubblica Amministrazione».

Il boss Zagaria conferma le accuse agli ex amici
Quanto emerso nell'inchiesta è stato confermato dallo stesso Michele Zagaria che, nel corso di un processo, in sede dibattimentale, ha spontaneamente negato di essere il mandante delle denunciate estorsioni precisando, di contro, di essere stato molto legato dal punto di vista economico ed «affettivo» agli imprenditori denuncianti.

A casa di Nicola Cosentino
Fontana che tentò di accreditarsi come imprenditore anticamorra, è la stessa persona che accompagnò l’ex assessore regionale Fulvio Martusciello a casa di Nicola Cosentino, destinatario di diverse ordinanze di custodia cautelare, mentre questi era ai domiciliari.

Sarro ricattato per una maxi-tangente
Attraverso un radicato rapporto di amicizia con Giovanni Cosentino e Maria Costanza Esposito, rispettivamente fratello e consorte di Nicola Cosentino, l'imprenditore Fontana ha tentato di ottenere da Carlo Sarro, Commissario Straordinario dell'ATO 3 «Sarnese-Vesuviano», Ente d'Ambito che gestisce i servizi idrici nelle province di Napoli e Salerno, l'assegnazione di un grosso appalto bandito da quell'ente, rappresentando altresì l'intenzione, qualora la sua richiesta non fosse stata esaudita, di denunciare lo stesso Carlo Sarro, poiché destinatario di una tangente di 2.500.000 euro.

Le imprese coinvolte
Secondo quanto sostenuto dal Gip, Sarro con la complicità degli imprenditori edili Lorenzo Piccolo e Antonio Fontana, ha turbato il regolare svolgimento della gara d'appalto bandita dalla Gori e ricadente proprio nel territorio dell'AT03 Sarnese-Vesuviano relativa ai «Lavori di manutenzione, pronto intervento, rifunzionalizzazione, ricostruzione e riabilitazione delle reti idriche e fognarie» per un importo stimato in 31 milioni di euro. Sarro ne avrebbe garantito quindi l'aggiudicazione, in complessivi tre lotti, a ditte riconducibili al clan di Michele Zagaria, ed in particolare all'impresa di Lorenzo Piccolo, ossia la Idroeco S.r.l., che si è aggiudicata il primo lotto, ed al Consorzio Stabile Grandi Opere, riconducibile ad Antonio Fontana, che si è aggiudicata il terzo lotto; mediante l'elargizione, a seguito della promessa di aggiudicazione di appalti pubblici, di somme di denaro a esponenti politici locali. Si tratterebbe quindi del consigliere regionale Angelo Polverino, in occasione del rinnovo del Consiglio Regionale della Campania del 2011, e come detto all'allora sindaco di Caserta Pio Del Gaudio, in occasione della sua candidatura a primo cittadino di Caserta.

In manette l’ex consigliere Udeur Barbato, quello che sputò in aula
Tra gli arrestati nel corso dell’operazione di oggi figura anche Tommaso Barbato, ex consigliere regionale ed ex senatore dell’Udeur, noto per avere sputato in aula, nel gennaio del 2008, al collega Nuccio Cusumano, che aveva votato a favore del governo Prodi. All'epoca, sottolineano gli inquirenti, era in posizione dirigenziale nell'acquedotto ed era in stretto contatto con «Francuccio» Zagaria.

«L’uomo dell’acqua»
Secondo quanto ricostruito nelle indagini della Dda di Napoli, «il creatore della rete o comunque fortemente coinvolto era Tommaso Barbato», ha detto Giuseppe Borrelli procuratore aggiunto della Dda di Napoli, nel corso della conferenza stampa in Procura sull'operazione. Barbato, ex senatore e candidato, non eletto, alle ultime elezioni regionali nella lista Campania Libera, «all'epoca - prosegue Borrelli - era in posizione dirigenziale nell'acquedotto ed era in stretto contatto con Francuccio Zagaria, che era la mente imprenditoriale del clan e gestiva l'ospedale di Caserta dal suo ufficio nella struttura».

Il pm Borrelli: reati che «gridano vendetta per i cittadini»
Tra le ipotesi di reato di corruzione e turbativa d'asta, una «grida vendetta per i cittadini, perché collegata a lavori di somma urgenza» ha aggiunto Borrelli. «La Regione Campania a fronte di una rete idrica non proprio all'avanguardia a livello internazionale, ha speso negli ultimi anni centinaia di milioni di euro in appalti per somma urgenza che sono stato aggiudicati solo a ditte di Casapesenna come se al di fuori di quel Comune non ci fossero idraulici».

Il Procuratore capo: «Condotte illecite di carabinieri e finanzieri»
L'indagine svolta dai Ros dei carabinieri di Caserta e coordinata dalla Dda di Napoli dimostra ancora una volta «che la camorra imprenditrice intreccia i suoi affari con la politica», ha detto invece il procuratore di Napoli Giovanni Colangelo. «Duole dirlo - ha aggiunto il numero uno della Procura - ma le indagini del nucleo speciale dei carabinieri e del comando di Caserta hanno evidenziato condotte illecite anche di uomini dei carabinieri e guardia di Finanza».

M5S: «Tentacoli sull’acqua»
«La richiesta dell'arresto del deputato Sarro per aver favorito il clan Zagaria traccia un quadro devastante in Campania: prima le mani sul gas, oggi sull'acqua. Proprio il Movimento Cinque Stelle aveva allertato l'Anac, attraverso un esposto del portavoce Luigi Gallo, sull'incompatibilità in qualità di commissario dell'Ato3, una gestione che aveva visto continui rincari a spese dei cittadini», rilevano in una nota i componenti della Commissione Antimafia del Movimento 5 Stelle. «Oggi assistiamo a una vera e propria ecatombe della politica corrotta» proseguono i parlamentari pentastellati, «non possiamo che congratularci per l'operato della magistratura e delle forze dell'ordine. Vogliamo che i cittadini comprendano quanto sia grave non ribellarsi alla corruzione: luce, gas, tutti costi che hanno riempito le tasche di veri e propri criminali in giacca e cravatta».


Fonte: corriere.it

25 gen 2008

Cusumano, Barbato e gli altri: l'Aula è un arena.

C'è è chi insulta, chi sputa, chi sviene, chi urla, chi avvampa, chi sbanda, chi mena: se Romano Prodi voleva sbattere la porta mostrando agli italiani come un Parlamento possa trasformarsi in un rissoso bordello in cui strillano cesso e checca e merda, ce l'ha fatta.
Se invece sperava sul serio di portare (politicamente) a casa la pelle, gli è andata perfino peggio di quanto temesse. E sotto le macerie del suo governo, o se volete delle sue macerie personali, rischia ora di restare l'intera sinistra.
Non ha voluto sentire ragioni, il Professore.
Non i consigli di Giorgio Napolitano, che dal Quirinale gli aveva detto che forse non era il caso di sfidare il mondo intero sull'alternativa secca «o con me o contro di me».






Non gli ultimi avvertimenti, quasi accorati, di chi come Domenico Fisichella lo implorava: per favore, non costringermi a votarti contro. Non le invocazioni dei compagni di viaggio, preoccupatissimi all'idea di una sorta di ordalia parlamentare dopo la quale sarebbe stato difficilissimo tentare ricuciture capaci di evitare un'immediata corsa alle urne con l'Unione in pezzi, Walter Veltroni scardinato dal piedistallo sul quale era stato issato dalle (per quanto contestate) primarie e questa legge elettorale. Non le parole sferzanti di avversari come Francesco D'Onofrio: «Lei ha fatto un discorso livido questa sera, livido contro parti della sua maggioranza, livido contro quest'Aula». Niente da fare. Voleva cadere così, in Parlamento. Con la conta. Ed è caduto. «C'è qualcosa di magico, nella caduta», disse un giorno Giuliano Ferrara. E forse l'ormai ex presidente del consiglio è convinto davvero che un giorno, chissà, anche questa sua scelta verrà rivista col senno di poi come una solenne prova di fedeltà alle istituzioni. Di dignità. Di ossequio alle regole. Fino all'ultimo. Ma il «modo» in cui è andata la giornata di ieri, i toni, le parole, i sudori, le beffe («Lei, Presidente, prenderà tutte le ecoballe della Campania su di sè e con esse andrà a casa») hanno offerto l'impressione di una cosa diversa. Come se il Professore non fosse uscito solo battuto, cosa messa nel conto. Ma fosse stato sottoposto a una specie di «luxtratio simplex et tecnilocolorata». La «lezione» a base di pittura sulla faccia e sui capelli e sui vestiti, che gli studenti più anziani come lui infliggevano alle matricole in quegli anni Cinquanta in cui studiava alla Cattolica di Milano dove era stato avviato dal professore di italiano al Liceo che si chiamava Ermanno Dossetti, il fratello di Giuseppe.

C'è chi dice tra i suoi amici, come Angelo Rovati, che no, quello di ieri non è stato un atto di superbia intellettuale e politico da parte di chi ha dato mostra di essere talora po' ganassa («E-si-go!», «Parlo solo io!», «Ci metto un po' a decidere, ma poi vinco: ho sempre vinto») e si era convinto di essere l'unico collante capace di tenere insieme i cattolici e i trotzskisti, gli anticlericali e i focolarini, i gay esuberanti e le cattoliche penitenziali col cilicio ma piuttosto l'ultimo gesto di «amore per le istituzioni ». C'è chi invece, come Roberto Castelli, arriva a paragonare l'orgogliosa rivendicazione dei meriti del governo battuto («Mi rendo conto che il paragone per alcuni versi è ardito, perché allora eravamo in presenza di un'enorme tragedia e oggi alla più classica delle commedie all'italiana») al discorso di Mussolini al Lirico nel dicembre 1944: «Quando disse: "Qualunque cosa accada, il seme è destinato a germogliare" oppure "Il mio lavoro sta producendo ogni giorno frutti e sono certo che ne darà in futuro"». Certo è che il passo d'addio di quello che è stato per una dozzina di anni il punto di riferimento di una metà degli italiani, da quel giorno del '95 in cui Massimo D'Alema si alzò dalla terza fila del Teatro Umberto per incoronarlo («Lei è una persona seria e noi abbiamo deciso di conferirle la nostra forza »), è stato occasione per scattare istantanee indimenticabili. Che hanno mostrato come il Parlamento sia sul serio lo specchio del Paese. Nel bene e nel male. Ecco la piccola vanità intellettuale del professore Fisichella, che ammette certo di essere stato candidato dalla Margherita e di essere perciò grato a Rutelli ma aggiunge piccato «mi permetto di ricordare che non ero e non sono un tizio qualunque cui viene regalato un seggio parlamentare». Ecco il tormento comunista di Franco Turigliatto, che spiega che proprio non può, lui, votare per un governo come questo dopo che «la Sinistra ha ingoiato tutto senza riuscire ad ottenere nulla» al punto che «la crisi si materializza nella forma più politicista espressa dalla rottura dell'Udeur».





È stravolto, il trotzkista piemontese. E ancora più stravolto sarà al momento del voto, quando il suo «no» verrà accolto da urla di gioia e di approvazione dai banchi di tutti quelli che lui non sopporta. Applausi beffardi. Che sa gli verranno rimproverati al ritorno a Torino, da dove il capogruppo regionale dei comunisti italiani gli ha già fatto avere via Ansa il benvenuto: «Turigliatto: il miglior amico di Confindustria, chiesa e americani. Presto tornerà nella sua Torino e potrà fare solo danni minimali alla classe lavoratrice». Ecco gli slanci retorici del neo-democristiano Mauro Cutrufo che, forse per mostrarsi degno della laurea (taroccata) che sbandiera honoris causa alla «University of Berkley» (da non confondere con la vera Berkeley: tre «e») spiega a Prodi: «Ammiriamo la sua caparbietà e la volontà di una parlamentarizzazione della crisi, tuttavia, nel concreto e per il Paese, ha consentito solamente che si potesse mettere in scena una plateale morte del cigno: come il cigno, orgoglioso, sicuro dei propri mezzi e del proprio potere, ha provato strenuamente quanto inutilmente a dibattersi, ma le fauci della volpe che si nascondeva proprio tra le fila della sua maggioranza... ». E come dimenticare l'intervento di Francesco Nitto Palma? Timoroso che i colleghi abbiano scordato che un tempo fu magistrato, il senatore azzurro sversa sentenze latine una dietro l'altra. Meglio: parte col francese («"Après moi, le déluge!", "Dopo di me, il diluvio!", che mi auguro per lei la storiografia assegni a Luigi XV invece che a madame Pompadour »), poi si sfoga: «Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur», «obtorto collo», «Acta est fabula », «Acta est tragedia»... E la rifondarola Rina Gagliardi? Dopo avere implicitamente chiesto scusa al Professore di averlo fatto cadere dieci anni fa riconoscendo le buone ragioni di chi allora non era d'accordo («il futuro si prospetta, ahimè, molto peggiore del pur non splendido presente») la senatrice comunista non trova di meglio che affidarsi, in qualche modo, al buon Dio.

E «sperare nel miracolo che quest'Aula stasera dia la fiducia a questo Governo». Il meglio però, arriva quando parla Nuccio Cusumano. Siciliano di Sciacca, figlio come Pierluigi Bersani di un benzinaio, è un parlamentare di lungo corso, giacché entrò in Senato nel 1992, quando apparteneva alla Dc di Salvo Lima, ma è vistosamente emozionatissimo. Sbanda, si accartoccia, riprende fiato, va in affanno, si arrabatta in analisi sulla «complessiva ripartenza rispetto ad un quadro sfilacciato ed appesantito vistosamente dalle permanenti e intense iniziative dell'opposizione» e finalmente, dopo essersi lagnato di quei maligni che hanno confidato ai giornali che lui starebbe sul punto di piantare Mastella per restare fedele al governo a causa di un piacerino fatto a Filippo Bellanca, il suo segretario tuttofare, finalmente si decide: «Scelgo in solitudine, scelgo con la mia libertà, scelgo con la mia coerenza, senza prigionie politiche, ma con l'esaltante prigionia delle mie idee, della mia probità, scelgo per il Paese, scelgo per la fiducia a Romano Prodi». Non l'avesse mai detto! Dai banchi di An, elegantemente agghindato con un maglione rosso buttato con studiata nonchalance sulle spalle della giacca come il suo grande amico Franco Zeffirelli butta le sciarpe e i foulard, salta su Nino Strano. Che urla: «Cesso! Sei un cesso! Cesso!». E poi «Merda! Sei una merda! Merda!». Franco Marini tenta disperatamente di calmare gli animi sbattendo la capanella: «Colleghi senatori! Colleghi senatori!» L'assemblea è un inferno. «Checca!», strilla Strano, «Checca! Checca! Sei una checca squallida!». In quel momento scatta Tommaso Barbato, il capogruppo Udeur che si fionda sul collega ribelle urlandogli: «Vergogna! Vergogna! ». C'è chi giurerà: «Gli ha sputato. Uno sputo alla Totti». Sputo tentato o sputo consumato? «Consumato, consumato!», conferma Gerardo D'Ambrosio: «Consumato e aggravato». Cusumano sbianca, si piega su un fianco, si accascia... «Sta male!», urla qualcuno. «Fate largo, sono un medico», si offre un vicino senatore.

E via così, tra urla belluine. Destinate a ripetersi al momento del voto. Quando il «traditore», masticando una gomma americana per ostentare d'avere recuperato la padronanza di se stesso, passerà sotto la presidenza per dire il suo «sì». A proposito: «traditore» chi? Eh già, negli applausi e nei fischi finali c'è infatti una piccola contraddizione. Fischi e schiamazzi e insulti a Cusumano. Boati di entusiasmo per Lamberto Dini e Franco Turigliatto e Clemente Mastella e Domenico Fisichella che votano contro il governo nel cui nome erano stati eletti. Bizzarrie della storia. L'esatto contrario di quanto accadde dieci anni fa. Quando lo stesso Mastella e quelli come lui che avevano deciso di spostarsi a sinistra per far nascere il governo D'Alema, furono investiti da un uragano: «Ma come! Contro il popolo che li ha eletti! Contro chi li ha votati!». Il più sobrio fu Gianfranco Fini: «Siete dei puttani». Il più bellicoso Gianfranco Micciché: «Saltimbanchi, truffatori, massoni, boiardi, vermi!» Un'incoerenza? Boh, dettagli... «Prodi, accattate sta mortadella!», grida felice Nino Strano mangiandosi una bella fetta di roseo salume. E ammicca: «Io a Cusumano non volevo mica offenderlo chiamandolo checca. Sono quarant'anni che danno della checca a me... L'offesa era "checca squallida". Squallida...».

Fonte: corriere.it

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