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18 dic 2008

Rutelli e Palombelli nelle intercettazioni di "Sangennapoli"

Ecco tutte le telefonate, con gli amici onorevoli
«Ho riferito a Francesco del festival. Se ne occupa Barbara, la moglie». Palombelli: «Mai conosciuto»

NAPOLI — È tanto potente Alfredo Romeo da poter contare su una rete di politici, funzionari, magistrati, professionisti pronti a mettersi a sua completa disposizione. E i rapporti che mostra di avere con Renzo Lusetti e Italo Bocchino, in una logica bipartisan che si rivela la sua arma vincente per ottenere gli appalti, sono molto amicali. Tanto che quando minaccia Lusetti — «Mo' cambio partito e mi metto con i Ds» — il parlamentare all'epoca in forza alla Margherita prima scherza confermandogli che «con i Ds hai più fortuna perché hai capito che sono più bravi di noi», ma subito dopo lo rassicura: «Abbi fiducia». Negli assessori napoletani l'imprenditore aveva riposto la sua fiducia. Perché sapeva che potevano aprirgli le porte per contattare i ministri, e così provare ad ampliare la sua già lunghissima lista di lavori ottenuti dagli enti pubblici. E così nel marzo del 2007 si affida a Giuseppe «Peppe» Gambale, che al comune di Napoli ha la delega alla Legalità, ma anche alla Scuola, per incontrare l'allora titolare della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni.

L'incontro alla Pubblica istruzione
Gambale: «Alfredo sono Peppe...».
Romeo: «Ciao Peppe come stai?...».
Gambale: «Bene tu come stai? ... senti, due flash: il primo, io domani ho un appuntamento con Beppe Fioroni per alcune cose... al Ministero alle sei. Tu come stai combinato? vogliamo fare un salto insieme?».
Romeo: «Fammi vedere un attimo...».
Gambale: «Se vieni con me... vieni senza... come dire, identificazione... passo, coso... roba, stiamo insieme ...».
Romeo: «Sì, va bene, aspetta no, alle sei no... devo verificare domani mattina per te sarebbe possibile alle sette in caso...».
Gambale: «Verifico un attimo perché io tenevo questo mezzo appuntamento fissato da un po' perché dovevo vedere un attimo delle cose con lui e quindi, insomma poiché lui stava al ministero eravamo rimasti così, mi ero liberato, fatto liberare dalla segretaria uno spazio, perché io non ci avevo pensato che stai su Napoli lunedì...».
Annota il Gip: «L'incontro avviene, e non è particolarmente breve, se è vero che, come si legge nell'informativa del 14 aprile 2008, alle ore 20.18 il Romeo, contattato dal figlio, gli rappresenta di trovarsi all'interno del dicastero della Pubblica istruzione, a Trastevere».

L'amico Nugnes
Il 13 maggio 2007 Romeo parla con il suo amico, all'epoca assessore, Giorgio Nugnes.
Romeo: «Ieri sera ho visto Francesco (Rutelli), ho ricordato e... mi ha fatto la battuta il tuo protetto non ti preoccupare, non sono entrato nel merito, ha fatto solo una battuta simpatica, ho parlato con Renzo (Lusetti) che è sempre più sbandatone...».
Nugnes: «Infatti».
Romeo: «Va bene, lui ha detto, io ho avuto l'input quindi stai tranquillo non c'è problema, quindi domani si fanno i Dipartimenti, però mi ha detto Renzo che ti aveva parlato».
Nugnes: «Sì, mi aveva parlato, però se è una cosa utile, se no la dessero a qualcun altro». Romeo: «Va bene, deve essere utile, mica ci mettiamo a pazziare».
Francesco Rutelli ha smentito qualsiasi coinvolgimento: «Non ho mai, e dico mai, avuto nulla a che vedere con le vicende di cui si sta occupando la procura». Ma sono i politici nazionali, a volte, a chiamare Romeo anche per le decisioni a livello locale che lo interessavano da vicino. Il 20 marzo 2007, dopo la riunione del Consiglio comunale che aveva approvato la delibera «Global service», il primo a telefonargli «per rassicurarlo sul buon esito della sua intercessione, come scrive il giudice, è il parlamentare di An Italo Bocchino, oggi vice-capogruppo del Pdl alla Camera.

«Sì, sì a posto. Senza problemi»
Bocchino: «Alfredo, Italo».
Romeo: «Ciao Italo».
Bocchino: «Tutto a posto».
Romeo: «Tutto bene?».
Bocchino: «Sì, sì, quelli tutti allineatissimi... Senza problemi. Domani mattina a che ora passo a trovarti?».
Romeo: «Allora... che dici, alle nove e mezzo è presto per te?».
Bocchino: «No, alle nove e mezzo sono da te».
Romeo: «Ok».
Bocchino: «Un abbraccio».
Romeo: «Ciao, grazie».
Il 5 maggio dello stesso anno Romeo e Renzo Lusetti discutono «della possibilità di sfruttamento del lussuoso albergo, nei pressi del porto di Napoli, in occasione di un imminente evento internazionale, il festival Teatro Italia, di cui Napoli era stata designata, proprio dal ministro Rutelli».

La moglie di Rutelli

Lusetti: «...Poi ho riferito a Francesco (Rutelli) a lui direttamente ho riferito della cosa di quest'estate (fa riferimento al festival)».
Romeo: «Eh, sì».
Lusetti: «Di questa ha detto che non c'è problema... mi devi dare qualche dettaglio in più però, magari ci vediamo... dov'è, come si chiama, no?».
Romeo: «Ho capito ma lui ci può parlare?».
Lusetti: «Sì, come ci può parlare, in che senso?... Io dell'albergo dicevo».
Romeo: «Ah, è a proposito dell'albergo».
Lusetti: «Ha detto va bene dell'albergo».
Romeo: «Quello apre ad ottobre praticamente, chi gestisce l'evento?».
Lusetti: «Salvo Nastasi».
Annota il giudice: «Si tratta di Salvatore Nastasi, all'epoca direttore generale per lo spettacolo dal vivo del ministero dei Beni delle Attività Culturali retto da Rutelli, il quale il mese di agosto successivo lo nominerà commissario straordinario della Fondazione teatro San Carlo».
Romeo: «La parte centrale? Cioè, è Roma oppure Regione Campania?».
Lusetti: «Roma, Roma, fa tutto Roma stai tranquillo... Lunedì tu sei a Roma?». Romeo: «Io sono a Roma mercoledì... perché mi pare se ne occupi Barbara (Barbara Palombelli, moglie di Rutelli) di questa cosa».
Lusetti: «Chi Barbara?».
Romeo: «La moglie di Francesco, di questa cosa del festival, del teatro».
Lusetti: «Ma non può farlo, lei è la moglie».
Romeo: «Uh uh...».
Lusetti: «Comunque io c'ho i riferimenti operativi, quindi li vedo lunedì mattina».
Romeo: «Invece mi interessava sapere se poteva... parlarci Francesco con quello lì della commissione della corte di giustizia europea».
Lusetti: «No, ma non serve... se serve glielo dico, ma non serve».
Romeo: «Perché hai già visto le cose? Hai già visto tu come stavano le cose?».
Lusetti: «Esatto»
Romeo: «E c'ha già le idee chiare su quella cosa tu?»
Lusetti: «Cioè, è abbastanza chiaro tutto quanto... io poi se tu vuoi mercoledì mattina ti do tutto... tutti gli elementi».
Romeo: «Eh, perché ti vorrei vedere mercoledì perché quella là è una questione di vita o di morte». Nella serata di ieri Barbara Palombelli ha dichiarato: «Non ho mai conosciuto il signor Romeo, non mi sono mai occupata di teatro in vita mia, non ho mai lavorato a Napoli». Anche dalla Santa Sede arriva un comunicato per negare di aver mai affidato a Romeo appalti o altri incarichi. Ma nelle sue telefonate, l'imprenditore mostrava di avere i contatti giusti.

I lavori in Vaticano
Il 13 giugno 2007, conversava dell'argomento con Vincenzo Mazzucco, il tenente colonnello della Finanza in forza alla Dia.
Mazzucco: «È un personaggio del Vaticano... è il nipote del Segretario di Stato».
Romeo: «Ah, ottimo, e com'è che si trova a Napoli?».
Mazzucco: «Lui sta qua, è di qua...».
Romeo: «È napoletano?».
Mazzucco: «È professore universitario ... è uno giovane ... molto sveglio...».
Romeo: «E che deve fare?».
Mazzucco: «Ci sta da gestire un sacco di situazioni immobiliari... chiese... ospedali... Tutto quello che ha in mano che è un patrimonio immenso... È una cosa iniziale da 60 milioni ad aggiudicazione diretta».
Romeo: «Benissimo ... Che vendono ...».
Mazzucco: «No... che devono gestire. Ma diverse tipologie di cose dalla manutenzione agli appartamenti che hanno. 150 condomini sono tutti a scadenza di contratto e li ha in mano lui... Poi magari ti spiego da vicino... Però io domani volevo fare subito questo appuntamento... Niente, lui fa parte del consiglio di amministratore della Cei, è il nipote, anzi la moglie è la nipote diretta del segretario di Stato Cardinale Bertone. Lui fa parte anche del consiglio di amministrazione, si chiama la Fabbrica del Vaticano... che sarebbe come il Ministero delle opere Infrastrutture e tutto il resto, e gestiscono tutto il patrimonio del Vaticano e a lui gli compete l'assegnazione diretta di alcuni lavori... uno me lo ha accennato che è già finanziato di 60 milioni, rifacimento completo della cattedrale di Rieti, poi ha un 150 condomini a Roma nei dintorni del Vaticano...».

Fonte: corriere.it

7 ott 2008

«Arriva la polizia»: l'assessore al telefono guidava la protesta degli ultrà di Pianura.

Nugnes del Pd avvisava gli antidiscarica, insieme a un consigliere di An. Arrestate 37 persone per gli scontri

NAPOLI — «Fai una cosa, vai a pisciare là, dove successe il fatto». Il 6 aprile 2008 uno dei capi ultrà si rammarica di non poter partecipare alla trasferta di Catania.

Da buon dirigente, lascia però le consegne ad un suo sottoposto, invitandolo — tra le risate — a fare la pipì nel luogo preciso dove morì l'agente Filippo Raciti. Il verbo «picchiare», declinato anche in varie forme dialettali, è quello che ricorre più spesso nelle conversazioni telefoniche degli affiliati di «Niss» e «Teste matte», gli esecutori della «guerra totale» ordinata a tavolino da Giorgio Nugnes e Marco Nonno, due rappresentanti delle istituzioni, o presunti tali. Intercettazioni davvero illuminanti. Gli ultrà commentano i «macelli» fatti a Milano con l'aggressione a due passanti. Le parole si fanno febbrili nel tramandare la «speronata» di un'auto di sostenitori della Roma, aggrediti con cinghiate sui finestrini. Mica da fermo, ma in corsa, ai 190 chilometri all'ora, sull'autostrada del Sole. Non parlano mai di calcio. Un mondo a parte

Le prime duecento pagine dell'ordinanza sui fatti di Pianura non si limitano a ripercorrere una dozzina di episodi violenti avvenuti negli ultimi anni prima o dopo le partite del Napoli. Sono anche un documento antropologico sugli ultrà. «Un luogo extraterritoriale — sostiene il Gip — nel quale le regole da rispettare non sono le leggi dello Stato ma altre, dove vige un forte senso di omertà e una radicata convinzione di impunità, e i cui appartenenti non sono estranei agli ambienti della criminalità comune e organizzata». Si scrive Napoli e «Niss», si potrebbe leggere con il nome di molte altre città e relative curve. C'è una telefonata che esprime meglio di qualunque trattato di sociologia l'esistenza di «un vero e proprio stile di vita» che unisce il mondo ultrà. Riccardo, tifoso del Verona, chiama Giuseppe Nota, capo delle Teste matte per scusarsi. Uno dei loro, dopo essere stato accoltellato da un napoletano, ha osato andare alla polizia per fare denuncia. «Non sono cose che ci appartengono, a nessuno di noi. Cioè, nemici per sempre, oltre la morte, ma infami mai». I politici A questa gente si sono consapevolmente affidati Nugnes e Nonno, entrambi definiti «mandanti» degli scontri di Pianura. «Chi li ha chiamati in causa — scrive il Gip — l'ha fatto verosimilmente con l'intento di portare la violenza organizzata in seno alla protesta». Gli arresti di ieri riscrivono le responsabilità di ciò che avvenne a gennaio. La ritirata da Pianura di uno Stato molle e assente.

Una sconfitta senza attenuanti, a braghe calate, con la polizia che si allontanava tra ali di ultrà festanti. In quei giorni, Marco Nonno almeno non agiva nell'ombra ma sempre in favore di telecamera. Si aggirava tra i rivoltosi con giubbotto di pelle, cappellino da baseball, Rayban neri. Sulla manica sinistra portava uno stemma delle SS Fallschirmjäger, unità di truppe paracadutiste dell'esercito tedesco. Al collo, una croce celtica. Ogni tanto si metteva un elmetto nazista in testa. Non c'è problema, diceva lui, «tanto ho anche aderito alla svolta di Fiuggi, che volete di più». Nonno è l'anello che congiunge gli ultrà alla politica. È lui, pianurese di nascita, che li fa entrare in gioco e li guida. «Faccio parte della guerriglia urbana, bisogna scendere di nuovo e assaltare le forze di polizia» dice in una conversazione filmata a sua insaputa. Agisce per la carriera, come sottolinea un suo amico («Là sopra tu stai pigliando tremila voti»), e per «le braciole», i soldi. I magistrati lo considerano uomo di fiducia dei costruttori abusivi della zona, coinvolto anche in una piccola speculazione immobiliare.

L'assessore

L'unica vera sorpresa di questa inchiesta è il nome del suo alleato. Anche Giorgio Nugnes è di Pianura. Ex impiegato regionale, a tutti gli effetti un politico di professione, vestito di regolamentare grisaglia. Nel primo mandato di Rosa Russo Iervolino è stato il capogruppo della Margherita. Alle elezioni del 2006 è stato nominato assessore sull'onda delle migliaia di preferenze ricevute. Il mite ex democristiano che nelle interviste rivendicava con orgoglio gli esordi in politica «sulle ginocchia di De Mita» è la stessa persona che avrebbe sfruttato la sua posizione di governo per fornire all'esponente di An e ai suoi «ragazzi» informazioni preziose sulla posizione delle forze dell'ordine. «Stanno al viale Augusto, sono cinque camion dei carabinieri... prima avevo visto anche la Celere non so che fine ha fatto». «Fammelo sapere in tempo speciale», lo incita Nonno. L'esponente del Pd dice la sua anche sulle strategie di occupazione del territorio. «Ma via Sartania è libera!! Mannaggia 'a capa vostra. Via Sartania chiudetela subito». Nonno esegue con teutonica efficienza. Gli autobus che percorrono la via vengono dirottati e bruciati. L'assessore si dimostra sempre attivo, manifesta il desiderio di scendere dall'auto e unirsi alla lotta: «Avrei lo sfizio di buttarmi davanti, mi credi?».

La polizia sospetta anche di una sua partecipazione diretta all'assalto di una sede di An. La voce di Nugnes sparisce dall'inchiesta a metà della rivolta, quando capisce di essere «ascoltato». Ma lui continua a incontrarsi con Nonno, fino al momento in cui si accorge che la misura è colma. «Io vi ho aiutato, vi sto aiutando» dice a Nonno. «Ma ora fai il consigliere comunale e non il terrorista». Fuori tempo massimo. «Nugnes — scrive il gip — ha offerto un contributo concreto e materiale al compimento delle violenze su Pianura». Lo avrebbe fatto senza fini di lucro, partecipando alla vergogna di quei giorni per contendere il consenso all'alleato-rivale. Dovrebbe essere un'attenuante, sembra il segno del cinismo che permea un certo ceto politico napoletano. Le Mani sulla città, in versione da stadio.

Fonte: corriere.it

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