5 feb 2009

Euro fannulloni. Onorevoli strapagati la parlamento Europeo. E anche i meno presenti.

Sono i meno presenti e i più pagati. La metà degli eletti si è dimessa per tornare in patria. Non partecipano ai lavori. Ecco il primato negativo degli italiani a Strasburgo. Dove si decide il nostro futuro

C'è seduta plenaria all'Europarlamento, ma Gianni De Michelis è a Roma. Non tenta nemmeno di giustificarsi. "La seduta a Strasburgo di oggi? Ma lo sanno tutti che quelle del lunedì non contano niente. Parto domani". In effetti lunedì non si vota, ma inglesi, francesi e tedeschi stanno discutendo importanti dossier su energia, commercio, economia e discriminazione etnica. A guardare bene, il deputato socialista è stato poco assiduo anche altri giorni della settimana: durante la legislatura che sta per finire una volta su due ha saltato gli incontri al Parlamento. "Senta, il mio personale obiettivo era quello di tornare nelle istituzioni nonostante l'accanimento dei giudici, ed essere ammesso nel Partito socialista europeo. Ci sono riuscito".
Pure Vito Bonsignore, eletto con l'Udc e poi passato in Forza Italia, 45 per cento di assenze, è in altre faccende affaccendato. "In questo momento sta parlando in un convegno sul programma elettorale per le amministrative in Val di Susa, non posso passarglielo", dice l'assistente. La plenaria è iniziata da un pezzo, Bonsignore parla a Torino.
Chi è partito, ma a sera inoltrata è fermo a Lione in attesa della coincidenza, è l'ex diessino Mauro Zani. Nessuna relazione in quasi cinque anni di attività. "Lasci perdere le presenze, il lavoro vero si fa a Bruxelles, nelle commissioni. Gli italiani disertano anche quelle? Non posso contestarlo, non frequento quelle degli altri. Di sicuro posso dirle che in Europa contiamo come il due di coppe quando briscola è bastoni. Zero relazioni all'attivo? Guardi che se uno vuole farle basta che si metta in fila...".
Iva Zanicchi, di Forza Italia, di fare la coda non ci pensa proprio. È stata ripescata a maggio, e in otto mesi ha collezionato 23 assenze (su 43 plenarie a disposizione), e un solo intervento sulla povertà nel mondo. Quando squilla il telefono la cantante è a Milano, l'Europa è lontana. "Sta facendo una visita, solo un controllo per l'influenza, la faccio richiamare", dice gentile l'addetto stampa. Sanremo si avvicina, Iva vuole essere in forma. Convocata da Paolo Bonolis, canterà 'Ti voglio senza amore', la storia di una donna che decide di smettere di soffrire e comincia a fare sesso senza preoccuparsi dei sentimenti. "Certo che sta provando la canzone. Ma al Festival parteciperà a titolo gratuito, lo scriva".

Record europeo
De Michelis, la Zanicchi e gli altri assenti giustificati e non, che tra indennità e spese varie incassano più di 35 mila euro al mese, sono in ottima compagnia. Rispettando la tradizione, anche nella legislatura in corso gli eurodeputati italiani restano tra i più assenteisti d'Europa. Secondo i dati ufficiali del Parlamento europeo, che sul sito pubblica l'elenco dei presenti per ogni plenaria (e sono appena 60 l'anno), i nostri eletti sono rimasti a casa una volta su tre. 'L'espresso' ha preso in considerazione le sedute tenute a Strasburgo e a Bruxelles dal luglio 2004 al 15 gennaio 2009, parametrando le presenze anche in relazione al periodo in cui i deputati sono rimasti in carica: se secondo uno studio Acli nel periodo 1999-2004 l'Italia era fanalino di coda con il 69 per cento di presenze sul totale delle assemblee (i finlandesi, primi, sfioravano il 90 per cento; i francesi, benché penultimi, ci staccavano di 10 punti), nella legislatura corrente siamo migliorati di appena un punto. I calcoli non sono facili, anche perché i politici italiani considerano le aule europee poco più di un albergo: sui 78 parlamentari iniziali, solo 48 sono tuttora in carica. Trenta, quasi tutti i big, sono andati via in cerca di poltrone migliori, sostituiti dalle seconde file. Di questi, sei sono fuggiti dopo poche settimane, a loro volta rimpiazzati da altri peones. In tutto gli italiani che hanno bivaccato a Bruxelles sono 114, una truppa indisciplinata che è entrata e uscita dalle commissioni come se fosse in un autogrill.

Ancor più gravi delle assenze, sono i tassi scandalosi di produttività: 61 deputati non hanno mai presentato una relazione (che, a differenza delle inutili interrogazioni, sono testi 'legislativi' o 'di indirizzo'), e 17 non si sono mai scomodati ad aprire bocca in assemblea. I sei europarlamentari ciprioti, che guadagnano un quarto degli italiani, sono intervenuti più di tutti i 'fuggitivi' e i loro sostituti messi insieme. In totale un esercito silenzioso di 76 persone. La delegazione slovena, sette persone che prendono un terzo dei nostri eletti, ha portato a casa più relazioni e dichiarazioni di tutti i 36 italiani entrati a Strasburgo grazie agli avvicendamenti. Squadernando la classifica dei partiti, poi, si capisce perché i parlamentari del Pdl siano stati tra i pochi ad aver votato contro la proposta del radicale Marco Cappato, che costringerà nel futuro prossimo venturo le istituzioni a una maggiore trasparenza: se gli euroscettici della Lega non hanno rivali, grazie a un tasso di assenze medio del 43 per cento, i 'virtuosi' sono i Verdi, quelli di Sinistra democratica, i comunisti del Pdci e quelli di Rifondazione. Deputati diligenti che, a causa dello sbarramento al 4 per cento voluto da Berlusconi e Veltroni, alla tornata elettorale del 6 giugno rischiano il posto. A vantaggio di An, Forza Italia e Pd, partiti infarciti di fannulloni con percentuali di assenza che in qualche caso superano il 70 per cento.

Arance e cinghiali
Nel quadro desolante, non sorprende che Adriana Poli Bortone sia rimasta a Lecce due volte su tre: caso unico nel Continente, la legge italiana permette a sindaci e presidenti di provincia di ricoprire anche l'incarico a Bruxelles. La Poli Bortone, durante il mandato, non si è fatta mancare nulla: era contemporaneamente vicepresidente dell'Anci, coordinatrice del partito in Puglia, fondatrice della scuola di formazione dei dirigenti di An, prima sindaco e poi vicesindaco della sua città, presidente dell'Agenzia per il patrimonio culturale euromediterraneo. Ovvio che per le plenarie ci fosse poco spazio in agenda.
Giorgio Carollo, ex forzista, di tempo invece ne aveva. Ma negli ultimi anni si è occupato soprattutto del suo nuovo movimento politico, Veneto per il Ppe. Nel suo carniere non c'è traccia di interventi o relazioni, nonostante il deputato sul sito prometta ai fan "di tenerli aggiornati su tutte le iniziative che prenderemo". Attento ai settori della pesca e dell'agricoltura, nel 2004 in campagna elettorale si è fatto notare come organizzatore di un corso contro l'invasione di cinghiali abusivi nei boschi veneti.
Anche Nello Musumeci della Destra, tra gli italiani più assenti, nel suo ultimo intervento in aula si è occupato di agricoltura, chiedendo all'Europa unita il riconoscimento della Dieta mediterranea come patrimonio dell'Unesco. "L'arancia rossa di Sicilia, unica al mondo per i suoi pigmenti ricchi di sostanze antiossidanti", ha ribadito, "occupa un posto d'onore tra i prodotti della dieta".

I lobbisti che difendono gli interessi delle aziende italiane sono disperati. "Abbiamo pochissimi interlocutori", racconta un pr che preferisce restare anonimo, "la maggioranza dei nostri non sa nemmeno parlare inglese, non sono capaci di difendere le proposte e gli emendamenti in riunione. Non vanno alle sedute di gruppo, disertano le commissioni economiche perché sono troppo tecniche. Invece di gente preparata, qui arrivano leader che devono svernare, politici trombati, fratelli di potenti e seconde scelte. E se tra quadri intermedi e uscieri facciamo furore, a livello di direttori generali facciamo pena.
Nonostante l'importante nomina di Marco Buti agli Affari economici, il peso specifico resta inferiore a quello di Olanda e Irlanda. Paradossalmente comandiamo l'ufficio 'Traduttori e interpreti'".

I primi della classe
"Neugierig auf mein tagebuch?", dice dal suo sito un sorridente Sepp Kusstatscher. Non è uno scherzo: l'europarlamentare italiano più affidabile (che invita a leggere il suo diario online) parla in tedesco. Sudtirolese, teologo ed ex esponente della Svp, è passato nei Verdi altoatesini, e tra i nostri detiene il record di presenze: 272 plenarie su 274, percentuale del 99 per cento. "Meglio dei finlandesi", sospirano i funzionari tricolori, tra cui Sepp è un mito, una bandiera, una mosca bianca.
Anche Pasqualina Napoletano è tra i pochi italiani rispettati dai colleghi stranieri. Praticamente sconosciuta in patria, nonostante sia stata a capo della segreteria di Veltroni ai tempi del primo governo Prodi, fa la terapista del linguaggio ed è stata eletta tre volte a Strasburgo. Una stakanov che è diventata vicepresidente del Pse, con la responsabilità della politica estera, e che ha lasciato il Pd per la Sinistra democratica.
Quarto in classifica, dopo il rifondarolo Musacchio, c'è Luca Romagnoli, che riscatta l'onore degli altri parlamentari di estrema destra: il geografo che insegna alla Sapienza, accusato di essere un negazionista dell'Olocausto, ligio al dovere è mancato solo sette volte su cento, e ha straparlato con 238 interventi in plenaria. Solo Mario Mauro ha premuto il pulsante rosso più volte di lui: ben 357. Il forzista di Comunione e liberazione non è solo un fanatico delle chiacchiere, ma uno dei parlamentari più seri in circolazione: l'ultima battaglia, combattuta insieme al democrat Gianni Pittella, è per raccogliere le firme necessarie a varare gli eurobond, le obbligazioni che permetterebbero ai paesi Ue di continuare a investire in infrastrutture nonostante la crisi.

Hotel Strasburgo
Per il resto, i successi degli nostri deputati sono davvero pochini. Non solo per la svogliatezza, come ha chiosato Gian Antonio Stella, con cui partecipano ai lavori, ma anche perché spesso e volentieri abbandonano Strasburgo per altri lidi. Un posto a Montecitorio, la presidenza di una Regione, un'assessorato, una trasmissione televisiva, qualsiasi cosa è preferibile al tedio dell'Europarlamento. Complice, forse, anche il rigido clima nordico, in quattro anni e mezzo su 78 seggi a disposizione l'Italia ha visto fuggire ben 36 parlamentari. Dopo di noi i francesi, con 11 abbandoni. I tedeschi, con 99 seggi di diritto, contano appena otto fuggitivi, gli inglesi solo cinque. Inutile invocare le elezioni politiche del 2006 e del 2008: nel quinquennio si è votato quasi in ogni Stato membro, ma quasi nessun europarlamentare straniero si è sognato di lasciare Strasburgo. I nostri big, al contrario, si mettono in lista per fare da specchietti per gli elettori, ma appena possono lasciano il posto a sconosciuti. Per il Paese il turn-over selvaggio è un disastro. In Parlamento vengono emendate tutte le decisioni della Commissione Ue, e nelle commissioni si decidono norme che diventeranno leggi nazionali. "L'altro ieri", ricorda il lobbista, "a causa delle pressioni di inglesi, francesi e altri ci siamo giocati un pacco di milioni, che invece di cantieri nazionali andranno a finanziare opere strategiche straniere".

I primi a lasciare sono stati Ottaviano Del Turco e Mercedes Bresso, eletti nel 2005 governatori di Abruzzo e Piemonte. Sono stati sostituiti da Vincenzo Lavarra e dall'ex calciatore Gianni Rivera. Stessa scelta per l'Udc Antonio De Poli, che non ha resistito a un'assessorato regionale alle Politiche sociali offerto dal neo presidente Giancarlo Galan. Michele Santoro, con all'attivo zero relazioni e due interventi due in aula, tediato dall'esperienza dopo appena un anno e mezzo ha lasciato baracca e burattini per partecipare allo show di Celentano 'Rockpolitik'. Il sostituto, Giovanni Procacci del Pd, è riuscito a fare peggio: nessun intervento, niente relazioni, 45 per cento di assenze, dopo cinque mesi viene eletto in Parlamento e lascia la poltrona a Donato Veraldi. Per molti un miracolato, su Internet viene definito "il parlamentare europeo calabrese più votato nella storia".

La grande fuga
Le elezioni dell'aprile 2006 che riportano Romano Prodi al governo svuotano il team di centrosinistra di tutte le punte. La girandola fa venire mal di testa. Enrico Letta va a sostituire lo zio Gianni come sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Massimo D'Alema lascia la delicata presidenza della delegazione per le relazioni con il Mercosur (la Cee del Sudamerica) e diventa ministro degli Esteri. Al loro posto Gianluca Susta e Andrea Losco, da sempre vite da mediani. Fanno le valigie, senza lasciare rimpianti, anche Bersani, Cirino Pomicino, la Bonino e l'Ucd Cesa. Per la sostituzione di Di Pietro, altro campione di assenze, scoppia addirittura una guerra. Il posto e il lauto stipendio toccherebbero ad Achille Occhetto, che nel 2004 aveva lasciato spazio a Giulietto Chiesa. Ma il leader dell'Italia dei Valori, la cui amicizia con Occhetto è intanto finita sotto montagne di carte bollate, pretende che la sua poltrona sia assegnata al fedelissimo Beniamino Donnici. L'ex segretario del Pds ha rinunciato anni prima, questa l'accusa, e ora non può tornare sui suoi passi. Un voto ad hoc in plenaria è favorevole a Occhetto, Di Pietro insiste e si rivolge nientemeno che alla Corte di giustizia europea. "Si tratta di un affare di Stato che se sottovalutato", esclamava, "rischia di calpestare le basi costituzionali della nostra sovranità". Il tribunale accoglie il ricorso di Donnici, il resto d'Europa assiste sconsolata.

Contro ogni logica a Strasburgo fanno una breve visita anche Corrado Gabriele, che resta 40 giorni prima di tornare a fare l'assessore con Antonio Bassolino, e il leghista Gianpaolo Gobbo, che fa una capatina ma poi preferisce indossare la fascia di primo cittadino di Treviso. Il curriculum europeo del piddì Giuseppe Bova segnala due presenze in due mesi: famoso in Calabria per aver querelato i ragazzi del movimento antimafia di Locri, ha preferito rimanere presidente del Consiglio regionale. Superassenteista giustificato Umberto Bossi, che dopo l'ictus è andato a Strasburgo 21 volte (per le elezioni di giugno conta di ricandidarsi come capolista), mentre poche scuse possono accampare Alessandra Mussolini e Lilli Gruber, che prima di preferire il Parlamento e la conduzione di 'Otto e mezzo' non si sono certo distinte per iperattivismo. Anche il ministro Renato Brunetta non può fare la morale: assente una volta su tre, nessuna relazione all'attivo. Non ha fatto meglio la sua sostituta, quella Elisabetta Gardini che faceva il portavoce di Forza Italia e che in Europa ha aperto bocca solo una volta e si è fatta vedere di rado.

Il modello 'porte girevoli' inventato dagli 'italians' di Strasburgo tocca quota 36 avvicendamenti lo scorso novembre, quando viene regalata anche ad Antonio Mussa, oncologo di An, l'ebbrezza di una gita nelle aule Ue. Mussa deve ringraziare Romano La Russa. Il fratello del ministro Ignazio lo scorso giugno non ha potuto resistere alla chiamata di Roberto Formigoni, che lo ha voluto assessore regionale. Una delle sue ultime apparizioni pubbliche come europarlamentare (ha mantenuto il doppio incarico per mesi, chissà come si sarà regolato con gli stipendi) è stata nel campionato di 'Calciobalilla umano': La Russa era la stella del team Italy and friends. Non ci sono tabellini delle partite, ma da Bruxelles giurano che la squadra italiana, almeno con il pallone tra i piedi, si è fatta valere.

Fonte: espresso.it

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