11 feb 2011

Mafia e criminalità, ecco la lista dei 45 politici «impresentabili»

L'indagine della commissione
L'amarezza di Pisanu: «Risultati inferiori alle attese, le relazioni tra cosche, affari e politica si sono inabissate»

ROMA — Mafia, criminalità comune e politica: c’è la lista di 45 nomi di candidati alle amministrative del 2010, i cosiddetti «impresentabili» incappati in condanne definitive e non, che rappresenta la punta dell’iceberg. I 45 candidati (di cui 11 eletti) non in regola con il codice di autoregolamentazione voluto dal Parlamento, dunque, sono solo l’assaggio. Perché in profondità — fa notare l’ex ministro dell’interno Giuseppe Pisanu, oggi presidente della commissione Antimafia — «come si sono inabissate le cosche si sono inabissate anche le loro relazioni con i mondi della politica e degli affari». In altre parole, insiste Pisanu che questo screening ha voluto con insistenza, «si può cogliere una notevole sproporzione tra il numero delle violazioni al codice e la dimensione del rapporto mafia politica che riusciamo a percepire attraverso l’esperienza della nostra commissione».

ITALIA DIVISA IN DUE - La mappa delle violazioni dei partiti (non avrebbero dovuto candidare condannati alle amministrative) fanno emergere un’Italia politica pantografata e divisa a metà: virtuosa al Nord, collusa con mafia e poteri criminali al Sud. Ventinove i candidati che hanno fatto la campagna elettorale con un condanna per estorsione in tasca; tre per usura; quattro per associazione di stampo mafioso; molti sorvegliati speciali e un condannato per riciclaggio. Per quanto riguarda le regioni (a Bari c’è una candidata condannata per concorso in usura), svettano Puglia (10), Campania (9), Calabria (8) e Sicilia (8), il Lazio (5), la Basilicata (3), l’Abruzzo (2). Quasi tutti i partiti sono coinvolti: Pdl (2), Pd (2), Mpa (2), Api (1), La Destra (1), Rifondazione-Sinistra europea (1), socialisti uniti-Psi (1), Udc (2). La Lega non c’è ma è pure vero che molte prefetture del nord si sono trincerate dietro la difesa della privacy.

Fonte: corriere.it

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