15 ott 2009

Un contratto segreto per il vaccino del virus A. L’accordo resta riservato. E i giudici si arrendono

La Corte dei Conti: manca la valutazione sui costi

ROMA — Le prime dosi del vaccino contro l’influen­za suina messe a disposizio­ne del ministero della Salute lunedì scorso sono già in fa­se di distribuzione alle Re­gioni. Anche se gli accordi di fornitura stipulati dal gover­no con la multinazionale far­maceutica Novartis, a comin­ciare dal costo dei 24 milioni di dosi del vaccino commis­sionato (che ammonterebbe a oltre 200 milioni di euro, ma solo secondo indiscrezio­ni), restano avvolti nel miste­ro più totale. Un buio così fit­to che neanche la Corte dei Conti, pur avendo sollevato in sede di controllo più di qualche dubbio, è riuscita a fare luce.

Il visto della Corte per la necessaria registrazione del­l’atto è arrivato perché il provvedimento, emanato a seguito di Ordinanze del Pre­sidente del Consiglio che prevedono una lunga serie di deroghe alla normativa, è stato ritenuto «al di fuori de­gli ordinari schemi contrat­tuali » e motivato da caratte­ri di «eccezionalità» e «som­ma urgenza». I magistrati contabili hanno dunque de­ciso di «non procedere alla disamina dei punti di rilie­vo » sollevati dal loro ufficio di controllo sul contratto. Di perplessità però ne ave­vano, e pure parecchie. Al­meno undici, secondo la deli­bera della Corte, che nono­stante la «riservatezza» del contratto sancita esplicita­mente dall’articolo 10, ne svela qualche particolare in­teressante.

A cominciare dal­le premesse, parti integranti di un accordo sicuramente particolare visto che aveva per oggetto un prodotto, il vaccino Focetria autorizzato solo pochi giorni fa dalla Ue, che al momento della stipu­la non esisteva ancora. «Precisando che l’esito del­le ricerche, la capacità di svi­luppare con successo il vacci­no, i tempi di produzione, la qualità dell’inoculo virale e la capacità produttiva sono ancora in corso di definizio­ne, la premessa sembra vani­ficare a favore di Novartis tutti i successivi vincoli con­trattuali » sottolineano i con­trolli della Corte. Ben due ar­ticoli del contratto, notano inoltre i magistrati contabili, prevedono «la possibilità di mancato rispetto delle date di consegna del prodotto senza l’applicazione di alcu­na penalità». Il ministero, in più, è obbligato ad accettare il vaccino «anche in assenza dell’autorizzazione all’im­missione in commercio in Italia». In caso di mancata autorizzazione, dice la Corte, le garanzie in favore del mi­nistero non sarebbero «cor­relate all’esborso sopporta­to ». E il contratto sempre nel caso la Novartis non otte­nesse l’autorizzazione, obbli­gherebbe il governo a versar­le 24 milioni di euro «come partecipazione ai costi». Il ministero della Salute, secondo la delibera della Cor­te, sarebbe rimborsato dalla società per danni causati a terzi solo a causa di difetti di fabbricazione, mentre in tut­ti gli altri casi a essere rim­borsata sarebbe la Novartis. Senza il cui accordo, come previsto dall’articolo 4 pun­to 2 del contratto, non sareb­be comunque possibile stabi­lire l’esistenza di questi even­tuali «difetti di fabbricazio­ne » . Secondo l’Ufficio control­lo della Corte, infine, il con­tratto sarebbe «carente del parere di un organo tecnico in grado di attestare la con­gruità dei prezzi». Una serie di osservazioni cui i tecnici del ministero hanno pun­tualmente replicato. Anche se, visto l’esito della decisio­ne della Corte, per il visto di registrazione non è stato ne­cessario scendere nel merito delle questioni sollevate.

Fonte: corriere.it

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