13 ott 2009

La rivincita dei portaborse, condannata la Carlucci: risarcirà collaboratrice pagata in nero

Il caso delle Iene

ROMA — Evviva Celestina! Da oggi tutti i collaboratori degli onorevoli che lavorano in nero, oppure in grigio con stipendi da fame, hanno la loro eroina. Nessuno prima di lei aveva osato tanto: fare causa al deputato datore di lavoro e ottenere un risarcimento. Ma la sentenza con la quale il giudice Michele Forziati ha condannato Gabriella Carlucci a pagare 10.170 euro e 39 centesimi più interessi a Celestina (la chiameremo semplicemente con il nome di battesimo) che per quasi due anni, dal luglio 2004 al giugno 2006, aveva lavorato nella sua segreteria, va ben oltre. Perché stabilisce il principio che tra la parlamentare del Popolo della libertà e la sua assistente «è intercorso un rapporto di lavoro subordinato». Insomma, il classico buco nella diga.

Il caso che, analogamente a quanto è successo nel mondo del calcio dopo la famosa sentenza Bosman, potrebbe scatenare la rivoluzione dei portaborse, è stato scoperto dalle Iene, che lo racconteranno questa sera su Italia 1. Erano state proprio le Iene, del resto, a far scoppiare lo scandalo degli assistenti parlamentari pagati in nero: un servizio scioccante andato in onda nel marzo del 2007 rivelò che soltanto 54 fra i 683 collaboratori dei 630 deputati con in tasca il tesserino per accedere alla Camera erano in regola. Un vergognoso 8 per cento di mosche bianche. Vergognoso, perché i parlamentari fanno le leggi. Vergognoso, perché ogni deputato, oltre alla propria indennità con annessi e connessi incassa 4.190 euro al mese per i collaboratori: indipendentemente dalla paga che gli dà. Vergognoso, perché alle ripetute inchieste della Iena Filippo Roma e alle denunce che ne sono seguite molti, nel Palazzo, rispondevano con un'alzata di spalle.

Per farla breve, due anni dopo quel terremoto della primavera del 2007 e la minaccia di uno spaventoso giro di vite (che si trasformò in poco più che un buffetto sulla guancia), i collaboratori in regola erano arrivati appena al numero di 194. Su un totale di 516. E gli altri 322? Oltre ai «regolari», il tesserino per l'accesso al parlamento spettava anche a giovani o meno giovani che svolgono «tirocinio formativo», pensionati, o ancora persone che collaborano con i parlamentari «a titolo non oneroso». Altri modi per chiamare lo stesso colore. Anche se il nome e il cognome di un solo deputato che pagasse in nero il proprio portaborse, quello non si era mai saputo. Sospetti tanti, ma certezze assai poche. «Collaboratrice parlamentare non onerosa» era stata classificata anche Celestina. In realtà, secondo quanto ha scritto il suo avvocato, Gabriella Carlucci le dava all'inizio 500 euro al mese, poi 1.000 euro dal settembre del 2004 al giugno 2006. «Retribuzione», ha specificato nel ricorso, «che le veniva erogata direttamente» dalla parlamentare. Senza che però, ha precisato, fosse stato mai «sottoscritto né visionato alcun contratto» né fosse stato stipulato «alcun accordo formale». Ma quali erano i compiti che Celestina aveva nella segreteria di Gabriella Carlucci presso la sede di Forza Italia in via dell'Umiltà a Roma? Nel ricorso il legale ha spiegato che programmava la giornata della parlamentare, le organizzava gli appuntamenti «relativi all'attività nel settore dello spettacolo, principalmente contatti con la redazione e la produzione della trasmissione televisiva Melaverde», prenotava gli alberghi e i biglietti aerei, rispondeva al telefono, seguiva le iniziative di legge, la campagna elettorale e il collegio pugliese dove era stata eletta, e coordinava gli altri addetti alla segreteria. Ricostruzione che il giudice non ha messo in discussione, avendo ascoltato le testimonianze rese da una quindicina di persone, fra cui pure alcuni «stagisti» occupati negli uffici del partito di Silvio Berlusconi.

A suffragio della tesi che «le mansioni assegnate» alla collaboratrice «possono agevolmente ricondursi a quelle di una vera a propria segretaria personale ed inquadrate nel livello terzo di cui al contratto collettivo nazionale per i dipendenti di studi professionali», la sentenza cita poi diffusamente anche le dettagliate disposizioni che Gabriella Carlucci impartiva via mail alla sua assistente. Del tipo: «Dare a mio cognato la mail di Caldoro viceministro della pubblica istruzione... Avverti Manzi che sono a Trani... Manda il progetto di Borgia a Genchi per Fitto... Mi serve il testo che hai mandato al sottosegretario Cota... Richiama per conferma Bettamio... Fai avere a Dilascuo, Armao, Monaci il calendario della commissione... Cerca lo spettacolo di Paolo Poli, ti ricordo che Bondi vuole andare il 22 o il 23 insieme alle Marinelle... Devo entro questa sera parlare con Bud Spencer...»

Fonte: corriere.it

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