24 gen 2009

Michele Ventura, il traccheggiatore di Sestograd

«Lui traccheggia da 40 anni»
Un compagno: è uno dei frutti migliori del Pci di Sestograd

Il linguaggio che usa è criptico, eppure poco immaginifico. Il candidato ombra Michele Ventura vorrebbe essere oracolare, ma politicamente ricorda più la supercazzola di «Amici Miei». «Continua — ha detto ieri a Repubblica — questo tentativo di ricomposizione interna del partito, di superamento delle cristallizzazioni saltate fuori nel corso di questi mesi con l'obiettivo di ridare spessore alla politica, nell'interesse della città».

COSI' PARLO' L'ONOREVOLE
Così parlò l'onorevole Ventura, post-comunista, post-diessino, ma soprattutto dalemiano. La categoria di «ex», a quanto pare, non gli appartiene, perché l'unica «ricomposizione» possibile che non sia la salma del Pd è, ora, quella di chi è cresciuto all'ombra del Pci e della Quercia. Detentore di cariche pubbliche, dal 1985 al 1990 è vicesindaco di Firenze, dal 1990 al 1999 consigliere regionale, dal 1999 a oggi deputato. Ventura, oltre a sedere in Parlamento, è vittima del nonsenso; è ministro ombra per l'attuazione del programma nel governo ombra di Veltroni. E che cosa ci sia da attuare di un programma che non può essere attuato non è dato sapere (anche se viene il dubbio che forse Ventura potrebbe controllare se il centrodestra, che al governo c'è davvero, fa quello che ha promesso). Ragioniere, dal 1965 al 1968 MV è segretario provinciale fiorentino della Fgci; dal 1970 al 1973 segretario provinciale del Pci di Trapani; dal 1975 al 1983 segretario della federazione del Pci fiorentino. Già membro della direzione nazionale fino 1989, ha fatto poi parte del comitato centrale. Nel 1990 viene eletto consigliere regionale nelle lista del Pci con 17.738 voti; è poi vicepresidente del Consiglio fino al 1992. Nel 1995, quando si ripresenta col Pds, capisce che l'aria è cambiata: le preferenze sono solo 4.349. Ma tanto gli basta per fare l'assessore alle attività economiche e produttive fino alle dimissioni da consigliere, nel 1999, anno in cui si candida al Parlamento. Nel 2000 sarebbe potuto diventare presidente della Regione se Vannino Chiti a conclusione del suo mandato non avesse dato l'appoggio a Claudio Martini.

NATO A SESTO FIORENTINO
Parlando di lui, non si può dimenticare un dato antropologicamente fondamentale: Ventura è nato, nel 1943, a Sesto Fiorentino. Sestograd, appunto. Che ai tempi del Pci era una delle roccaforti della federazione fiorentina. Un Comune dall'identità marcata, descritta dallo storico Ernesto Ragionieri nel libro «Un Comune socialista, Sesto Fiorentino», 1976, Editori riuniti. «Michele — ricorda un ex compagno del Pci — è uno dei frutti migliori del partito di Sesto. Come segretario della federazione era stimato: è stato l'ultimo di grande autorevolezza. Finché si è trattato di essere quel tipo di dirigente politico, ha funzionato, anche utilizzando quel sistema di dire cose criptiche che possono essere usate a piacimento, a prescindere dall'esito finale della discussione».

DAL PARTITO ALL'AMMINISTRAZIONE
Da dirigente di partito, a metà anni Ottanta, Ventura diventa amministratore, vivendo uno dei momenti più difficili della storia politica e amministrativa di Firenze: il blocco, con la telefonata di Occhetto, della variante Fondiaria su Castello. Nel 1985 è uno dei due vice del sindaco Bogianckino (Psi) nella giunta formata da liberali, socialisti, socialdemocratici e comunisti. L'altro è Nicola Cariglia, in rappresentanza delle forze laiche. «Io e Michele — ricorda l'ex direttore della Rai di Firenze — eravamo "avversari interni": io a controllare lui, lui a controllare me. All'epoca Michele, che era stato un esponente di partito, iniziava la sua prima trasformazione: diventava civil servant, riserva delle istituzioni». Cariglia, molto amico di Ventura, lo descrive così: «Resta più simpatico agli avversari che ai compagni di partito. È molto educato e curiale e la cosa che più lo caratterizza è la coscienza della sacralità del suo ruolo. Se fosse capogruppo del Pd in un consiglio di quartiere, manterrebbe un'allure pari a uno che va al consiglio dei ministri». Fategli una domanda, a Ventura, una qualsiasi. Probabilmente vi risponderà che «prima c'è bisogno di un momento di riflessione», o che «occorre una riflessione più ampia», perché è uno che ama prendere tempo. «Michele — ha detto Graziano Cioni — traccheggia da 40 anni». Ventura, insomma, continua ad aspettarsi. (Estragone: «Non posso più andare avanti così». Vladimiro: «Sono cose che si dicono». Estragone: «Se provassimo a lasciarci? Forse le cose andrebbero meglio». Vladimiro: «C'impiccheremo domani. A meno che Godot non venga».)

Fonte: corrierefiorentino.it

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