23 gen 2009

Il pianista leghista e la ballerina. Giallo a Trieste: «Uccisi insieme»

Per un anno la notizia tenuta segreta. Ora riparte l'inchiesta. La madre: «So chi è stato, lo dirò»

TRIESTE — C'è un pianista trovato morto in un'auto sul Carso triestino. E c'è una sua amica ballerina trovata morta a casa di lui. Sono le uniche due certezze di questa storia. Il resto sono pagine ancora da scrivere. Un giallo. A partire dalle indagini e dalla stessa notizia del ritrovamento dei cadaveri, tenuto nascosti per un anno «grazie al cielo e alla discrezione della polizia giudiziaria» scrive inspiegabilmente il pm Giorgio Milillo nella sua richiesta di archiviazione. «Lui ha ucciso lei e poi si è tolto la vita per il rimorso», conclude. «Va archiviato tutto». Ma il giudice delle indagini preliminari non la pensa così. Dubbi, domande senza risposte, accertamenti ordinati e mai eseguiti, la deposizione di una persona che non si trova più, la madre del pianista che implora di non chiudere il caso.... Insomma: non si archivia un bel niente. Il gip Raffaele Morvay ha deciso che tanto per incominciare si indaga per i prossimi tre mesi, poi si vedrà.

È una storia tragica e complicata quella del pianista Massimiliano Lisini, ex candidato alle Comunali del 2006 per la Lega Nord, e della sua amica Andrea Dittmerova, ballerina professionista nei night club: 47 anni lui, 22 lei, furono ritrovati morti il 17 luglio 2007 ma fino all'estate scorsa nessuno, in città, ne ha saputo nulla. Nemmeno una riga sulla cronaca locale fino a quando Il Piccolo ha rivelato l'esistenza dell'inchiesta in corso. E le stranezze, a quel punto, invece che dissolversi sono aumentate. Il conto in banca del morto, tanto per dirne una: ripulito il 3 settembre 2008, non si sa da chi.

«Com'è possibile non indagare sulle ultime chiamate di una persona che si crede un omicida?» si arrabbia Mafalda Orel, la madre di Massimiliano. È l'abc di ogni inchiesta, in effetti. Difficile non porsi la domanda. Tanto che anche il gip chiede ora di ricostruire il traffico telefonico degli ultimi giorni di vita di Massimiliano e quello di altre persone che il pianista frequentava.
Di certo non si scaverà nella vita politica di Massimiliano, attivista così poco influente del Carroccio da raccogliere solo 12 voti e da non coltivare amicizie fra i colleghi di partito. Qualcuno dice adesso di averlo cercato, sì, quando ancora non si sapeva della cattiva sorte che gli era toccata. Magari un messaggio sul telefonino, forse una chiamata una volta o due ma niente di più. L'ex candidato era scomparso. Punto e basta.

L'unica a cercare aiuto, a tentare di ricostruire amicizie e movimenti, a non darsi per vinta, è stata la madre di Massimiliano. Sul tavolo del suo salotto c'è una distesa di atti giudiziari confusi con gli appunti da consegnare al suo avvocato, Giovanni Di Lullo, e ad album di fotografie: «Ecco, questo è Max al pianoforte. Si era diplomato a Venezia con la lode, era bravissimo, bello, brillante. Parlava sei lingue». Si volta un attimo verso un ragazzo che sorride felice in riva al mare da una gigantografia al muro: «Anche lui, povero... » sospira prima di spiegare che «quello è Alessandro, l'altro figlio», morto suicida pochi mesi prima di Massimiliano. «Max» lo trovarono nell'auto prestata da un'amica e trasformata in una camera a gas. A casa sua c'era la ballerina Andrea che lui aveva conosciuto poche ore prima di morire e che arrivava dalla Repubblica Ceca: stordita da sedativi, era morta per «anossia da metano», perché la casa aveva le finestre sigillate con un nastro e i fornelli del gas erano aperti. «Se Massimiliano l'avesse uccisa e poi avesse voluto morire poteva rimanere a casa a respirare metano...», si tormenta la madre. Che annuncia: «So chi l'ha ucciso. Lo dirò»

Fonte: corriere.it

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