17 dic 2008

Il Pd si spacca, per Cioni niente primarie. L'assemblea vota contro l'assessore e lui: «Lascio, siete voi che mi fate fuori».

Cioni: «Il Pd non è più democratico perchè non rispetta le sue regole. Sono amareggiato, anche dal cannibalismo da parte di alcuni candidati»

Uscita di scena per l’assessore-sceriffo, ma il partito è spaccato. Eccolo qua il quadro dell’ennesimo capitolo delle primarie del Pd per la corsa a sindaco di Firenze, che, in un’accesa e confusa assemblea cittadina, ha di fatto «buttato fuori» il candidato diventato più scomodo. Ma per il partito si profila una situazione difficile, che potrebbe avere riflessi anche sulla tenuta della maggioranza in Comune, a Palazzo Vecchio.

LA VICENDA. Cioni, indagato per corruzione e violenza privata nella vicenda Castello, diventa nelle ultime settimane, mentre nel Pd e nel Paese monta la questione morale, oggetto di un pressing incessante per un «passo indietro». Lui, che si dichiara innocente, «non una, ma 500 volte», vuole invece correre per le primarie insieme ad altri tre candidati, la collega di giunta Daniela Lastri, il presidente della Provincia di Firenze Matteo Renzi e il deputato Lapo Pistelli. Il partito vive giorni di stallo, da Roma Walter Veltron benedice, alla fine, le primarie di coalizione, ma gli alleati pongono poi un veto proprio su Cioni.

ASSEMBLEA A VIE NUOVE. All’assemblea, il segretario cittadino del Pd Giacomo Billi gli chiede formalmente «un passo indietro», segno di una «assunzione di responsabilità». Lo sceriffo sfida l’assemblea: «Se mi buttate fuori me ne vado». I numeri finali (154 votanti su un’assemblea composta da oltre 230 persone) non sono dalla sua parte, ma ci sono anche molti astenuti. Billi vince con 87 voti, 35 sono contrari e 32 gli astenuti: Cioni è fuori, le primarie di coalizione possono andare avanti. Ma la battaglia, tutta interna al Pd, continua.

TERREMOTO IN PALAZZO? Tra i sostenitori di Cioni, ci sono anche due assessori comunali, Tea Albini e Riccardo Nencini, che lo hanno difeso strenuamente. Cioni ha detto che «non starà fermo», che deciderà insieme ai suoi sostenitori cosa fare, e che non vuole abbandonare il partito. Ma se decidesse di lasciare la giunta, sarebbe il quarto assessore che molla in poco tempo e questo potrebbe causare un terremoto. Uno dei sostenitori di Cioni, l’assessore comunale Riccardo Nencini, ha detto che «con 20 voti di maggioranza ci si assume una grandissima responsabilità che mette a rischio il Pd a Firenze. Con questi numeri non avranno la forza di parlare con la coalizione». In precedenza Nencini, dichiarando voto contrario alla relazione di Billi, aveva accusato l’assemblea di stare «consegnando Cioni a Gianni Varrasi (capogruppo dei Verdi in Comune) pur di fare le primarie di coalizione».

LA RELAZIONE DI BILLI. La relazione di Billi conteneva anche la richiesta dell’approvazione del passaggio dalle primarie di partito a quelle di coalizione e, di fatto, chiedeva un mandato a tempo allo stesso Billi e al gruppo dirigente per verificare la possibilità politico programmatica per dare vita alle primarie di coalizione. Le procedure di voto, che si è svolto dopo un'accesa assemblea di tre ore, ha subito diverse interruzioni perchè non tutti erano concordi sulle sue modalità. Tra gli astenuti, molti sostenitori di un altro candidato, Matteo Renzi, presidente della Provincia di Firenze. Un’altra candidata, Daniela Lastri era inizialmente presente ma poi non ha partecipato al voto. Tra i favorevoli, anche Sonia Innocenti, vittima della presunta violenza privata per cui è anche indagato Cioni.

IL DISCORSO DI CIONI. «Non vado via dal Pd - ha detto Cioni prima che l'assemblea votasse - ma non sono contento, anzi sono amareggiato, e non resterò nè fermo, nè immobile, nè a guardare. Sul futuro deciderà l’associazione di Firenze Democratica», associazione che è a lui vicina. «Se passerà una decisione che non è nelle regole sono loro che si allontanano dal Pd. In ogni caso non farò appello alla decisione che verrà presa».

«MANCANZA DI STILE DEGLI ALTRI CANDIDATI». Cioni, nel suo intervento di fronte all’assemblea cittadina, ha parlato di «mancanza di stile di altri candidati alle primarie», tra i quali c’è stato «cannibalismo politico», dato che «anche loro hanno detto che non mi vogliono e questo mi dispiace». L’assessore ha spiegato che la sinistra lo contesta da molto tempo per il suo lavoro in Giunta, e non solo ora che si concretizzano le primarie di coalizione.

«IL PD? POCO DEMOCRATICO». Parlando poi delle indagini in corso, ha chiesto di smetterla «con i processi mediatici» e ha ricordato di essere solo indagato. «La mia corsa - ha concluso parlando a margine con i giornalisti - non avrebbe dovuto essere un problema. Oggi il Pd ha dimostrato poca democrazia, visto che non ci sono regole per farmi fuori. Se mi appellassi alla decisione dell’assemblea vincerei. Ma non lo faro».

Fonte: corrierefiorentino.corriere.it

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