12 ott 2007

Fiorani, il pirata dei risparmiatori

Ecco il primo censimento delle spese gonfiate ai danni dei correntisti del gruppo di Lodi. Solo a Lucca sottratti 5 milioni, con una stima di 50 milioni prelevati in tutta Italia. E restituiti dopo un anno

Era meglio del bancomat. Quando servivano soldi, bastava infilare le mani nei conti dei correntisti e tirare su a piacimento. Tanto pochi ci fanno caso. E anche quando qualcuno si accorgeva dell'indebito prelievo, la scusa era facile: "È stato un errore, la rimborseremo". Il maltolto tornava indietro, ma con calma: mesi, talvolta anche un anno o ancora di più. Con quei fondi intanto si potevano tamponare falle nei bilanci e magari prepararsi a sovvenzionare le acrobazie finanziarie degli imprenditori più spericolati.

Il capolavoro di questa pirateria bancaria comincia a prendere forma solo oggi, emergendo dall'arcipelago di inchieste aperte dopo le scorrerie di Gianpiero Fiorani e dai suoi compagni di arrembaggio. Perché il colpo grosso venne messo a segno proprio dall'impero nato intorno alla Popolare di Lodi nel Natale 2004: un bel regalo a chi aveva dato fiducia alla banca, scattato per sistemare i forzieri alla vigilia della stagione delle grandi scalate. In modo sistematico negli estratti conto del gruppo Bpi Banca Popolare Italiana, quello che fa capo alla Lodi di Fiorani, si materializzò un misterioso "spese amministrative e postelegrafoniche" che fece sparire "circa cinquanta euro per ogni deposito".

Per le casse della banca fu una vera tombola. Che lentamente provocò l'ira dei correntisti. Prima qualche sparuto reclamo. Poi, dopo una denuncia de 'L'espresso' e alcuni servizi di 'Striscia la notizia' sulle spese lievitate più di un panettone, le proteste diventarono un'onda. Ma solo le inchieste giudiziarie dell'inverno 2005 hanno spinto la Popolare italiana a restituire il bottino di quella razzia. Che fu gigantesco. Adesso la prima indagine arrivata a conclusione permette di tracciare un bilancio dell''Operazione manolesta', come l'hanno ribattezzata alcuni investigatori, che
potrebbe avvicinarsi ai 50 milioni di euro indebitamente prelevati in tutta Italia. La Procura di Lucca ha infatti chiuso l'istruttoria sul saccheggio di Natale ai danni dei correntisti della Cassa di Risparmio di Lucca, uno degli istituti entrati a far parte del gruppo lodigiano Bpi.

Nella provincia toscana sono stati restituiti cinque milioni di euro: il denaro sottratto tutto di un botto torna indietro con grande lentezza. Tutte le vittime hanno dovuto aspettare più di sei mesi: buona parte dei correntisti, infatti, sono stati risarciti entro il marzo 2006. A quella data erano già stati restituiti nella provincia toscana 4.881.147 euro. Ma il via libera definitivo ai pagamenti è stato deciso dalla capogruppo soltanto il 24 gennaio 2006, due mesi dopo l'arresto di Fiorani e la nomina dei nuovi vertici, un anno dopo l''Operazione manolesta'.

Non è l'unica sorpresa nell'indagine del procuratore capo Giuseppe Quattrocchi e del sostituto procuratore Domenico Manzione. Gli accertamenti svolti dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria hanno scagionato i dirigenti della Cassa di Risparmio di Lucca e concentrato le accuse proprio su Fiorani e gli amministratori della Bpi. Furono loro, secondo la ricostruzione della Guardia di Finanza, a decidere e concretizzare la raffica di prelievi indebiti. Il numero uno dell'istituto toscano, Alberto Varetti, ha spiegato agli inquirenti che loro furono informati solo a cose fatte. Non solo: anche nel disporre questa sottrazione di massa la legge non fu uguale per tutti. Dagli atti dell'inchiesta emerge come anche le spese gonfiate erano state distribuite facendo attenzione a risparmiare feudi privilegiati e conti favoriti. Sempre dalla deposizione di Varetti si scopre che furono salvati gli sportelli lodigiani, quelle filiali nella città lombarda cuore del potere personale di Fiorani. La stessa esenzione dalle spese gonfiate sarebbe stata concessa a Mantova, dove la locale Popolare era strategica per alcune delle alleanze strette dal principe della Lodi.

Adesso la Procura di Lucca contesta a Fiorani il reato di appropriazione indebita "con l'ulteriore aggravante di avere commesso il fatto per alterare i risultati di bilancio". L'ex numero uno di Bpi, difeso dall'avvocato Michele Apicella, un anno fa si è presentato dai magistrati per cercare di respingere le accuse. Ha sostenuto che l'istituto di Lucca era autonomo e che "non è mai stata data una disposizione generale di addebitare spese fisse a ogni singolo cliente. Io mi limitai semplicemente a suggerire di trovare una soluzione appropriata per eliminare quella differenza emersa nel consuntivo delle spese generali". Quale soluzione più appropriata di una appropriazione?

Ora Fiorani potrebbe venire travolto da una valanga di accuse simili. Anche a Pisa è in dirittura di arrivo l'indagine sul sacco ai danni dei conti della Cassa di Risparmio locale, un'altra stella della galassia Bpi: identiche le accuse formulate dal procuratore Enzo Iannelli e dal pm Flavia Alemi. In questa provincia la prima stima del bottino supera i 3 milioni. E le due città toscane potrebbero servire d'esempio per le indagini sugli altri istituti che si prestarono a eseguire l'Operazione manolesta'. Con qualche ulteriore strascico. Perché il vizietto delle spese gonfiate, a cascata o con meccanismi così sofisticati da far sospettare l'esistenza di un software su misura, si sarebbe ripetuto anche dopo il Natale 2004.

Chissà se la nouvelle vague di Fiorani, che questa estate è tornato a spopolare al Billionaire e alla corte di Lele Mora, potrà spingerlo a fare chiarezza sul lato oscuro delle banche italiane. Ora vuole indossare le vesti del paladino dei risparmiatori: "Con l'esperienza e le competenze che ho", ha dichiarato a 'Repubblica', "mi vedo in una trasmissione utile a spiegare agli italiani come non farsi fregare dalle banche e dalle assicurazioni". Parola della stessa persona che, pochi mesi prima, ha giustificato davanti ai pm Quattrocchi e Manzione di Lucca i prelievi a pioggia dai conti dei correntisti: "Ciò è quanto legittimamente accade e non solo con riferimento alle spese, senza che ciò costituisca alcun tipo di illegalità. Chi va in banca e contesta può trovare una qualche soddisfazione, altrimenti si dà per approvato quanto deciso dalla banca e, decorso un certo tempo, la situazione diviene non modificabile".

Fonte: espresso.it

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