25 ott 2015

Tangenti per appalti Anas: 10 arresti. Coinvolto ex sottosegretario Meduri

Si tratta Luigi Giuseppe Meduri, alle Infrastrutture nel governo Prodi. Nelle intercettazioni si parla di «stringere ai fianchi» gli imprenditori che non pagano. Lavori affidati anche a ditte contigue alla ‘ndrangheta

Una «cellula criminale» che aveva un «diffuso rapporto di connivenza in tutta Italia» e che, come nei contesti mafiosi, utilizzava i pizzini per scambiarsi le informazioni «in modo da non lasciare traccia degli accordi corruttivi». Era ciò che accadeva, secondo la Guardia di finanza, all’interno della direzione generale dell’Anas, la più grande stazione appaltante pubblica d’Italia, oggi scossa dal terremoto generato dall’inchiesta «Dama nera»: dieci ordinanze di custodia cautelare, 31 indagati, un giro di tangenti di 200 mila euro utilizzate per «muovere» appalti del valore di centinaia di milioni. Insomma, «un sistema collaudato, tutt’altro che episodico», sfociato nell’arresto di un ex sottosegretario alle Infrastrutture nel governo Prodi, cinque dirigenti e funzionari dell’Anas, un avvocato e tre imprenditori che si sono aggiudicati le gare. Associazione a delinquere, corruzione e voto di scambio sono le accuse contestate dalla Procura di Roma all’organizzazione in cui i dipendenti pubblici infedeli «prendevano soldi da tutto ciò che poteva essere trasformato in denaro». Mazzette che, stando alle intercettazioni, erano state ribattezzate con nomi innocui come «ciliegie», «libri», «topolini», «medicinali antinfiammatori».

I nomi
Luigi Giuseppe Meduri, 73 anni, cresciuto politicamente con la Dc, poi deputato di centrosinistra, tuttora iscritto al Pd (e sospeso dopo la notizia dell’arresto dalla commissione di garanzia del Partito democratico), presidente della Regione Calabria dal gennaio 1999 all’aprile 2000 e dal maggio 2006 al maggio 2008, è l’ex sottosegretario del ministero delle Infrastrutture finito ai domiciliari.
In carcere anche la «dama nera», cioè la dirigente dell’Anas Antonella Accroglianò , 54 anni, considerata al vertice dell’organizzazione. Il gip Giulia Proto ha disposto la stessa misura nei confronti dei suoi colleghi Oreste De Grossi, 59 anni, e Sergio Serafino Lagrotteria, 48 anni, e dei funzionari Giovanni Parlato, 48 anni, e Antonino Ferrante, 54 anni. Ai domiciliari, oltre a Meduri, l’avvocato del Foro di Catanzaro Eugenio Battaglia, 53 anni, e gli imprenditori Concetto Albino Bosco Lo Giudice, 52 anni, Francesco Domenico Costanzo, 53 anni, e Giuliano Vidoni, 70 anni.

Posti in cambio di voti
Per gli investigatori del Nucleo tributario Meduri, «oscuro faccendiere», era l’interfaccia politica della Accroglianò. L’ex sottosegretario da un lato si sarebbe adoperato per mettere a disposizione il suo pacchetto di voti a favore del fratello della dirigente, Galdino, candidato nelle liste dell’Udc in in Calabria a novembre 2014; dall’altro si sarebbe dato da fare per procurargli una poltrona all’interno di una società della Regione dopo il fallimento alle elezioni: in cambio Meduri avrebbe chiesto alla Accroglianò due posti da geometri all’Anas. E per far eleggere il fratello la «dama nera» si sarebbe spesa anche in prima persona, cercando di far assumere in una società legata all’Anas un certo Pasquale Perri, calabrese, che avrebbe sponsorizzato la candidatura di Galdino con parenti e amici.

La mazzetta da 150 mila euro
Ma l’ex presidente della Regione Calabria avrebbe anche fatto da intermediario tra la dirigente e gli imprenditori catanesi Bosco Lo Giudice e Costanzo, colpevoli di aver ritardato il pagamento di una tangente relativa alla gara da 145 milioni per la realizzazione della variante di Morbegno, in Lombardia. I due, attraverso Meduri, avrebbero chiesto alla Accroglianò la cessione del contratto d’appalto, pratica vietata dalla legge. Gli investigatori del Gico hanno documentato almeno sei passaggi di denaro, dal dicembre 2014 all’agosto 2015, per un totale di circa 150 mila euro. «Meduri ha certamente una funzione di supporto non indifferente - scrive il gip nelle oltre cento pagine di misura cautelare - dal momento che lui stesso richiama gli imprenditori ai loro illeciti doveri ove gli stessi versino in ritardo sui pagamenti» Ed è «la stessa Antonella Accroglianò che dice di aver recuperato una delle tranche corruttive grazie a Meduri, al quale lei si rivolge quando “quelli” spariscono. E d’altra parte il suggerimento di stringerli ai fianchi per recuperare il denaro proviene proprio dal politico».
I lavori alla ‘ndrangheta

In un’altra gara a Palizzi (Reggio Calabria) la «dama nera» avrebbe «consigliato» ai titolari dell’impresa aggiudicataria di subappaltare alcune opere a ditte contigue ai clan. La dirigente infatti da una parte avrebbe chiesto l’assunzione di operai e geometri; dall’altra avrebbe esercitato «pressioni inequivoche affinché la fornitura del calcestruzzo e il movimento terra, attività notoriamente di interesse quasi esclusivo delle cosche della `ndrangheta in quei territori, venisse affidato ad una persona di sua fiducia».
I gioielli dalla mamma

Il blitz delle Fiamme gialle è scattato all’alba: circa 300 finanzieri del Gico hanno eseguito, oltre alle ordinanze di custodia, più di 90 perquisizioni in dieci Regioni e 23 città: Lazio, Calabria (Catanzaro e Cosenza), Puglia (Bari), Campania, Sicilia(Catania, Messina e Siracusa), Friuli Venezia Giulia (Udine e Gorizia), Toscana (Arezzo), Umbria, Piemonte (Torino e Vercelli), Veneto (Venezia e Padova) e Abruzzo. Sequestrati per equivalente 200 mila euro, 70 mila dei quali in contanti e gioielli a casa della madre della Accroglianò.
«Sensazione deprimente»

«La sensazione è deprimente vista proprio la quotidianità della corruzione», ha detto sconsolato il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, nella conferenza stampa con il comandante provinciale della Finanza Giuseppe Magliocco, quello del Nucleo tributario Cosimo Di Gesù e quello del Gico Gerardo Mastrodomenico. La «dama nera», ha spiegato il magistrato, «ha sempre la borsa aperta, tratta male chi ritarda i pagamenti e anche i suoi collaboratori che fanno male non le pratiche, ma la riscossione delle mazzette dagli imprenditori». Pignatone ha anche sottolineato l’importanza delle intercettazioni nelle indagini per corruzione, sostenendo che senza di esse «i processi per corruzione non si possono fare». E infine il procuratore ha precisato che il nuovo presidente dell’Anas, Gianni Vittorio Armani, «non ha assolutamente nulla a che vedere con la vicenda ed è parte offesa».

Fonte: corriere.it

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