3 mar 2014

Un minuto di lavoro ogni 7 giorni: Il contratto di un veterinario nell’azienda sanitaria

«Benarrivatodottore». «Allaprossimadottore». Una volta la settimana il veterinario Manuel Bongiorno è chiamato a superare «Beep-Beep», il pennuto più veloce del West nemico di Willy il coyote: deve timbrare il cartellino d’entrata e quello d’uscita in un minuto. Fatto quello, il suo lavoro «convenzionato» settimanale all’azienda sanitaria è finito. Direte: è uno scherzo? No, è il record planetario di delirio burocratico. In provincia di Trapani. Per capire come sia nato questo pasticcio, che quattro volte al mese obbliga quel professionista a sottoporsi a Castelvetrano a quel rito ridicolo, occorre fare un passo indietro. Dovete dunque sapere che da una ventina di anni la Sicilia abusa più di chiunque altro in Italia della possibilità di avere due tipi di veterinari. I «dirigenti» assunti a suo tempo dopo un concorso e chiamati a svolgere un orario settimanale di 38 ore, assimilabili ai medici degli ospedali o degli ambulatori di base, e i «convenzionati», professionisti che magari hanno un ambulatorio per conto loro ma che vengono pagati dalle aziende sanitarie regionali per alcuni compiti specifici. Primo fra tutti quello di combattere la brucellosi, una malattia bovina che può attaccare l’uomo e che è particolarmente diffusa al Sud. Per capirci: su 1.200 veterinari «convenzionati», 350 sono siciliani.

La svolta arriva nel 2009. Quando la Regione decide di allargare a questi veterinari il contratto dei medici convenzionati esterni. Problema: l’impegno medio d’un otorino che lavora in ambulatorio può essere più o meno determinato. Ma come fissare dei parametri per i veterinari che girano le campagne e qui trovano la strada asfaltata e lì sterrata, qui le vacche nelle stalle e lì allo stato brado nei campi? Pensa e ripensa, decidono di fotografare la realtà e ripeterla nei nuovi contratti col copia incolla. Un veterinario ha fatturato all’Azienda sanitaria provinciale nell’anno di riferimento 20.000 euro? Calcolando che come i medici convenzionati deve avere 38 euro lordi l’ora, ecco un contratto annuale per 526 ore l’anno, dieci a settimana. Con un rinnovo automatico l’anno successivo. Nella speranza che un giorno, chissà, arrivi l’assunzione.

Fatto sta che nella prima tornata, di «convenzionati», ne vengono imbarcati oltre trecento. «E noi?», saltan su gli esclusi. Tira e molla, nel 2012 la Regione decide di aprire anche a quelli che erano stati chiamati solo per lavori saltuari. E di distribuire loro contrattini piccoli piccoli. «Era chiaro che sarebbero venuti fuori dei pasticci», spiega il presidente nazionale del sindacato veterinari, Paolo Ingrassia, «Ma le nostre proposte per trovare soluzioni sensate, come un minimo di sei ore settimanali, sono state respinte». Risultato: alcuni veterinari, convinti che valesse la pena comunque di mettere un piede dentro il sistema, hanno accettato convenzioni mignon. Due ore la settimana, quarantacinque minuti, quattro minuti... Fino al record di cui dicevamo.

La lettera su carta intestata del Servizio sanitario nazionale, che ha come oggetto «richiesta trasformazione del contratto di diritto privato in incarico ambulatoriale a tempo determinato», è un capolavoro di follia burocratica. Dato atto che il dottor Manuel Bongiorno ha le carte in regola per il nuovo contratto, il coordinatore e il responsabile amministrativi scrivono che «sulla base delle retribuzioni in godimento al 31 dicembre dell’ultimo anno di servizio le ore settimanali conferibili, calcolate in sessantesimi, risultano pari a 0,01 minuti». Che poi, per come è scritto, sarebbero un 100º di minuto. Nella lettera al neo «convenzionato», il coordinatore sanitario conferma: «In esecuzione della deliberazione (...) con la presente si conferisce alla Signoria Vostra incarico ambulatoriale a tempo determinato per n° 0,01 minuti settimanali per l’area funzionale di Sanità Animale con decorrenza...».

«Una volta a settimana vado nella sede dell’Asp e devo passare il badge. Entro, aspetto che passi un minuto, e poi ripasso il badge. Va avanti così da mesi», si è sfogato Manuel «Beep-Beep» Bongiorno con Ignazio Marchese, che per primo ha raccontato la storia all’Ansa. «A giugno e luglio sono dovuto andare a Trapani, penso che mi spetti anche un rimborso benzina. Io voglio solo potere svolgere la mia attività e una condizione che mi amareggia...».
Al di là del suo destino personale, il tema è: che futuro ha un Paese come il nostro se una Regione fissa regole così insensate, se dei dirigenti predispongono con trinariciuto ossequio formale una scemenza burocratica del genere, se un iter amministrativo così ridicolo viene a costare immensamente più di quanto valga quel contratto? Ma più ancora: possibile che per mesi vada avanti un delirio del genere senza che una persona di buon senso abbia l’autorità di scaraventare tutto nel cestino?


Fonte: corriere.it

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