27 feb 2014

Il prete seguace del guru del Forteto: «Avevo una donna, la Curia sapeva»

La testimonianza di Don Benuzzi, docente al liceo Copernico, al processo di Firenze sulla comunità

BOLOGNA - Ha sempre interpretato il ruolo con una certa originalità prendendosi licenze impensabili per i suoi colleghi ma apprezzate da gran parte dei suoi parrocchiani. Come quando inaugurò una rassegna rock nella sua chiesa o come quella volta che durante l’omelia lanciò l’anatema contro l’arsenale ospitato in canonica, un lascito del suo predecessore fervente collezionista di armi. Un prete sui generis, che si poteva incontrare facilmente in giro per concerti.
AL PROCESSO - Don Stefano Benuzzi, 44 anni, insegnante di religione al Copernico e per sei anni parroco della chiesa di Sant’Ambrogio di Villanova di Castenaso che lasciò senza dare spiegazioni nel 2012 alimentando mistero e pettegolezzi, è tornato a far parlare di sé per le rivelazioni choc fatte lunedì a Firenze nel processo al «profeta» Roberto Fiesoli, 70 anni, fondatore del Farneto, la comunità per minori in difficoltà del Mugello finita nella bufera per presunti abusi fisici e sessuali commessi sugli ospiti.

«I MIEI SUPERIORI SAPEVANO» - Don Benuzzi doveva testimoniare sui metodi adottati dal guru nella comunità che lui stesso frequentava e apprezzava, tanto da esportarne il modello anche nel Bolognese, ma è andato oltre: «Mi chiamavano il priore, confidai a Rodolfo la relazione sessuale che avevo con una ragazza di nome Lucia, non rimase colpito anzi mi disse di stare tranquillo e che prima o poi avrei scelto tra il ruolo di prelato e il rapporto con lei. I miei superiori sapevano, li informai durante una visita pastorale. Poi nel 2011 decisi che Lucia doveva andar via», ha detto in aula tra il brusio generale.

IN PARROCCHIA - Parole subito rimbalzate a Bologna dove don Stefano continua a dire messa nella parrocchia della Madonna del Lavoro, zona Murri, ed è molto stimato dalle gerarchie ecclesiastiche ora alle prese con una vicenda imbarazzante: «Quando avremo modo di vedere bene di cosa si tratta ragioneremo sul da farsi», commenta con grande prudenza monsignor Giovanni Silvagni, vescovo ausiliare della Curia. «Don Stefano ha cessato il servizio in parrocchia per dedicarsi all’insegnamento ma ha un ministero pieno in Diocesi». Via Altabella esclude che durante quell’incontro possa esserci stato un avallo alla relazione: «Si tratterebbe di un fraintendimento, non c’è una logica coerenza tra il comportamento di don Stefano, se è vero ciò che ha detto, e lo stile di vita a cui è tenuto un sacerdote».

IL RACCONTO - Don Benuzzi e Fiesoli si conobbero alla marcia di Barbiana per don Milani nel 2001: «Cominciai a frequentare la comunità nel 2004 e ne rimasi affascinato. Fiesoli mi diede un bacio in bocca profondo, ma era casto e puro. Insegnavo religione al liceo e andai lì più volte con studenti e sacerdoti perché si rendessero conto della sua interpretazione del Vangelo. Poi due liceali bolognesi decisero di fermarsi lì. Nel 2010 seppi che il padre di uno presentò un esposto». Don Stefano ha ammesso di aver avuto accesso alle «segrete stanze» dove avvenivano le confessioni pubbliche degli ospiti stimolati da Fiesoli. «Mi staccai nel 2008 quando una persona vicina a Fiesoli mi avvisò che avvicinava troppo gli ospiti», cioè imponeva loro rapporti omosessuali per l’accusa. «Ebbi dei dubbi, non seguii il gruppo che poi gli fece la guerra e mi chiamarono Ponzio Pilato. Ma sopra Rodolfo c’è solo Dio».

Fonte: corriere.it

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