3 mar 2014

Storia di Tonino, dal Bronx di Cosenza alla casa con piscina a forma di ostrica

La carriera del sottosegretario che chiese il premio Nobel per Berlusconi. L’editore dell’«Ora»: intimidazioni per noi

ROMA — In tanti ricordano ancora il suo discorso, nell’aula di Palazzo Madama, quando Tonino «u Nivuru», senatore di Cosenza oggi alfaniano e allora di Forza Italia — Tonino il Nero, dal colore dei suoi capelli — si alzò in piedi per chiedere allo Stato italiano di promuovere la candidatura di Silvio Berlusconi a Premio Nobel per la Pace. Il motivo? L’aver avvicinato all’Occidente l’amico Vladimir Putin.



«Dici Gentile e la gente a Cosenza ha paura», sospira Alfredo Citrigno, il giovane editore del giornale l’Ora della Calabria a cui domenica il senatore ha dichiarato guerra. «Tonino Gentile ha appena detto che con la mia famiglia non ha rapporti — eccepisce Citrigno —. Beh allora vorrei ricordargli le quattro ville che mio padre Piero, quando ancora faceva il costruttore, edificò per lui, suo fratello Pino, sua figlia Lory e Katya la figlia di Pino, sulla collina di Muoiopiccolo, in via Girolamo Sambiase, la zona chic di Cosenza, una sorta di Vomero o di Parioli. Quando vado a trovare mio padre, che ha la casa attaccata a quella del senatore, vedo dalla terrazza la grande piscina a forma di ostrica...». «Questo intervento - prosegue - è una prova ulteriore dell’intimidazione espletata da un senatore della Repubblica ai danni della mia famiglia».

Lui, Tonino, nel 2001, sbaragliò addirittura il superfavorito Achille Occhetto. Una famiglia potente, quella dei Gentile. «Famiglia simbolo dello spoils system di Calabria. Non c’è ente pubblico dove non sieda un Gentile», racconta Paolo Pollichieni, autore insieme ad Antonio Ricchio, Giampaolo Latella, Pablo Petrasso ed Eugenio Furia del libro Casta Calabra, un nome un programma. Segue elenco: il fratello Pino Gentile, da almeno 35 anni sulla scena, è assessore alle Infrastrutture e ai Lavori pubblici della Regione, una sorta di «Mister Preferenze», nel 2000 ottenne da solo 20 mila voti e per questo fu invitato ad Arcore da Berlusconi per una cena con i dieci amministratori più votati d’Italia. Un altro fratello, Raffaele Gentile, è segretario generale della Uil-Flp calabrese. Un altro ancora, Claudio, siede alla Camera di commercio. Eppoi figli, cugini e nipoti disseminati un po’ ovunque. Il figlio Andrea, la notizia del cui coinvolgimento nell’inchiesta sulle consulenze d’oro dell’azienda sanitaria, dieci giorni fa, ebbe la forza di rompere le rotative dell’Ora della Calabria, siede pure nel collegio dei revisori dell’aeroporto di Lamezia Terme.

«Partirono negli anni 70 tutti insieme dalle case popolari di via Popilia, il Bronx di Cosenza — racconta Pollichieni — e a forza di affari e politica sono cresciuti, sono saliti in alto, sono arrivati fino alla collina di Muoiopiccolo». Cominciarono a crescere con le cooperative di posteggiatori, fu quello il primo bacino di voti. I Gentile erano socialisti, erano «i craxiani di Calabria», amici della Dc di Misasi e nemici di Giacomo Mancini, il vecchio leone di Cosenza. «Stavano con l’ala di Fabrizio Cicchitto — continua l’autore di Casta Calabra — e quando il Psi sparì dopo Tangentopoli, ecco che i Gentile traghettarono con Cicchitto in Forza Italia. Berlusconiani di ferro, fino all’ultima svolta, quando son tutti diventati di colpo alfaniani, fedelissimi di Beppe Scopelliti, il governatore». E non è casuale — dice ancora Pollichieni che oggi dirige il Corriere della Calabria — se Tonino Gentile è diventato sottosegretario alle Infrastrutture e ai Lavori Pubblici (le stesse competenze che ha suo fratello Pino in Regione). «Dei 5 senatori alfaniani espressi dalla Calabria — Gentile, Bilardi, Aiello, Caridi e D’Ascola — il governo di Matteo Renzi ha bisogno come il pane, sono il pacchetto di voti che tiene in piedi la maggioranza a Palazzo Madama. Ecco perché il premier non ha potuto dire di no ad Alfano». L’unico passo falso, fino ad oggi, il senatore Tonino, 63 anni, sposato con la prof di matematica Rosa Bombini, lo commise a metà degli anni ‘80 quando fu arrestato (ma poi prosciolto) per una storia legata alla Cassa di Risparmio della Calabria e della Lucania: il capo della Mobile di Cosenza era Nicola Calipari, il giudice istruttore si chiamava Nicola Gratteri. Così Gentile s’è preso la rivincita: lui ora è al governo, Gratteri invece no.

Anche a Pollichieni, quasi 4 anni fa, successe quello che è accaduto la notte del 18 febbraio scorso all’Ora della Calabria, il suo ex giornale. «Era il 20 luglio 2010, allora si chiamava Calabria Ora e io lo dirigevo. Avevamo in pagina lo scoop di un incontro a Milano tra il neo eletto governatore Scopelliti e Paolo Martino, accusato di essere il “ministro del Tesoro” della cosca De Stefano. Beh, quel giornale non uscì mai, le rotative anche quella notte, con una sensibilità quasi umana, ebbero un guasto». Lo stampatore anche allora era Umberto De Rose, presidente della finanziaria regionale Fincalabra, dove per chiamata diretta, senza bando, è entrata di recente Lory Gentile, la figlia del senatore. «Tu lo sai come fa un cinghiale quand’è ferito? — così diceva De Rose nell’ultima telefonata all’editore Citrigno, la notte del 18 febbraio, prima che si bloccassero all’improvviso le rotative —. Il cinghiale, poi, colpisce per ammazzare».

Fonte: corriere.it

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