30 giu 2013

Ior, arrestati monsignor Nunzio Scarano, un broker e un funzionario dei Servizi segreti

Clamoroso provvedimento. Mercoledì il Papa aveva istituito la commissione per far luce sulle attività della «banca di Dio»

ROMA - A neppure 48 ore dalla svolta di Papa Francesco che mercoledì 26 ha nominato una commissione di cardinali per raccogliere informazioni sulle reali attività dell'Istituto per le Opere Religiose, arriva una clamorosa svolta nei rapporti tra Stato italiano e Vaticano: un alto prelato, un funzionario dei Servizi segreti ed un broker finanziario sono stati arrestati nell' ambito di un filone di indagine sullo Ior in corso alla Procura della Repubblica di Roma. Sono accusati di corruzione, calunnia e truffa: i reati riguardano la vicenda del rientro di una grossa somma in contanti dalla Svizzera. Le autorità vaticane si sono dette disponibili «a una piena collaborazione» anche se al momento non avrebbero «ancora alcuna richiesta sulla questione dalle competenti autorità italiane», ha spiegato il portavoce della Santa Sede padre Federico Lombardi.

INDAGINI DELLA FINANZA- Gli arresti, dopo le indagini svolte dal nucleo valutario della Gdf, sono stati chiesti dalla Procura e confermati dal gip della Capitale, Barbara Callari. Il provvedimento cautelare ha colpito: monsignor Nunzio Scarano, 61 anni, fino a un mese prima dell'arresto capo contabile all'Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica) e da due settimane già indagato dalla Procura di Salerno per il crack del Pastificio Amato ; un ex funzionario del Servizio segreto interno, Giovanni Maria Zito, sottufficiale dei carabinieri, espulso dall'Aisi tre mesi fa; il broker finanziario Giovanni Carenzio, un italiano che lavora soprattutto all'estero.

VENTI MILIONI DA CONTI ELVETICI - Monsignor Scarano, ora rinchiuso nel carcere romano di Regina Coeli, si sarebbe accordato con lo 007 e gli avrebbe consegnato 400 mila euro per far rientrare dalla Svizzera 20 milioni di euro liquidi appartenenti ad una famiglia sua amica a bordo di un jet privato; ma l'avvocato Silverio Sica, difensore di monsignor Scarano sostiene «potrebbe essersi trattato di un aereo di Stato». E assicura: «Monsignor Scarano chiarirà tutto ai magistrati romani, come ha già fatto con quelli salernitani». Il tentativo di portare in Italia circa 20 milioni di euro dalla Svizzera, stando alle intercettazioni, rappresenterebbe un favore alla famiglia degli armatori napoletani D'Amico, i fratelli Paolo, Maurizio e Cesare. L'inchiesta ruota intorno a questo episodio, ma lo Ior è nel mirino dei magistrati fin dal settembre 2010, quando furono congelati dal tribunale 23 milioni di suoi fondi dopo l'avvio in una indagine con ipotesi di riciclaggio. A tale proposito alcuni esponenti della famiglia D'Amico risulterebbero indagati: nell'ordinanza di custodia cautelare il gip Callari scrive che «i titolari della somma in questione sono gli imprenditori Paolo e Cesare D'Amico»

«IL VATICANO SEGUE IL PROBLEMA» - Il direttore della Sala Stampa della santa sede, padre Federico Lombardi, ha precisato che «la competente autorità vaticana, l'Aif (l'autorità di riforma finanziaria presieduta dallo svizzero Renè Bruelhart, esperto di antiriciclaggio, ndr), segue il problema per prendere, se necessario, le misure appropriate di sua competenza». E ribadisce che «monsignor Scarano era stato sospeso dal servizio presso l'Apsa da oltre un mese, appena i Superiori erano stati informati che era indagato». Questo «in applicazione del Regolamento della Curia Romana, che impone la sospensione di persone per cui sia stata iniziata un'azione penale».

VERIFICA SULLE RISORSE DEL PRELATO - Nel provvedimento cautelare, il gip Barbara Callari definisce monsignor Scarano «spregiudicato», «con ampissime disponibilità economiche», con una «continua e reiterata disinvoltura nella gestione dei suoi affari». Significativa, per il gip, un’intercettazione del 13 giugno 2012 tra Scarano e Zito. L’ex sottufficiale dell’Arma, parlando dell’operazione di rientro dei 20 milioni di euro e dei rischi subordinati ai controlli afferma: «Tu sai perfettamente che negli aeroporti ci sono i controlli di sicurezza no?». Alla risposta affermativa di Scarano, Zito aggiunge: «Ok, io ho la possibilità, organizzandomi adesso, a poter saltare quel tipo di trafila, e con molta tranquillità, di utilizzare un aeromobile privato e atterrare in un aeroporto militare. Ecco, questa procedura ci permette di fare quel passaggio in tempi rapidi e sicurissimi. La procura di Roma ha avviato una serie di accertamenti per fare chiarezza sull'origine delle ingenti disponibilità finanziarie e immobiliari del monsignore. Dagli accertamenti è emerso che l'alto prelato è titolare di due conti correnti presso lo Ior. Uno è personale l'altro, denominato «fondo anziani», raccoglie le donazioni. A determinare gli accertamenti patrimoniali su Scarano è stata anche la «disinvoltura» con la quale movimenterebbe ingenti somme di danaro. In un caso l'alto prelato ha prelevato 560 mila euro in contanti e dopo averli portati a Salerno li ha distribuiti tra una quarantina di fiduciari. Dagli stessi fiduciari Scarano si è fatto consegnare assegni di pari importo e li ha riversati in banca sotto forma di donazioni. Un espediente poco chiaro sul quale gli inquirenti vogliono fare luce.

VOCAZIONE IN ETA' ADULTA - Prima di prendere i voti, nel marzo del 1987, in età già avanzata, monsignor Scarano - che in Vaticano era chiamato «don 500» per il suo vezzo di mostrare spesso il portafogli nel quale aveva solo banconote da 500 euro - è stato impiegato fino all'83 dell'ex Banca d'America e d'Italia. Originario di Salerno, il prelato è incardinato nell'Arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno, ma da tempo vive a Roma, nella Domus Internationalis Paulus VI, in via della Scrofa. A Salerno, monsignor Scarano è sotto inchiesta per il riciclaggio di 560mila euro e mercoledì 27 il Vaticano lo aveva sospeso dal suo incarico di responsabile del servizio di contabilità analitica presso l'Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica.

SVOLTA DIPLOMATICA - Gli arresti sembrano confermare il mutamento radicale degli equilibri diplomatici sulla delicata questione della cosiddetta «Banca di Dio», che nel corso degli ultimi trent'anni è stata più volte al centro di inchieste e polemiche, fatti di cronaca e contestate operazioni finanziarie. E che da una parte della Curia romana era stata sempre difesa strenuamente: tanto che la collaborazione con le autorità giudiziarie italiane era considerata un attentato alla sovranità e all'indipendenza vaticane, come ha spiegato Massimo Franco sulle pagine del Corriere della Sera giovedì 27. La Pontificia commissione referente sull'Istituto per le Opere Religiose nominata il 26 giugno è un organismo, presieduto dal cardinale salesiano Renato Farina, che dovrà favorire «una migliore armonizzazione del medesimo con la missione della Chiesa universale e della Sede Apostolica, nel contesto più generale delle riforme che sia opportuno realizzare da parte delle Istituzioni che danno ausilio alla Sede Apostolica».

INFORMAZIONI RISERVATE - La Commissione raccoglierà informazioni anche riservate sull'andamento dell'Istituto (nessuno, secondo il documento autografo di Francesco, potrà sottrarsi e non rispondere ai cardinali) e presenterà i risultati al Papa, il quale già a fine aprile aveva dichiarato: «Lo Ior è necessario fino a un certo punto». L'intenzione di Jorge Mario Bergoglio di metter mano alla riorganizzazione della banca era nota da tempo, come aveva anticipato il Corriere della Sera, tra le ipotesi c'era anche quella del commissariamento. Nel suo discorso ai dipendenti dello Ior a fine aprile, il santo padre aveva sottolineato che «la Chiesa non è un'organizzazione burocratica» e che «quando la Chiesa vuol vantarsi della sua quantità e fa delle organizzazioni, e fa uffici, diventa un po' burocratica... la Chiesa perde la sua principale sostanza».


Fonte: corriere,it

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