14 nov 2012

Operazioni al cuore e tangenti: «Così facciamo un botto di soldi»

I colloqui tra i medici «Segnalateci le cavie»

MODENA - Il giochino, a sentire gli stessi protagonisti, funzionava alla grande: remunerativo e non particolarmente faticoso. Finché ha retto. «Sono soldini, facendo una cosa e n'altra, arrivo a portà cinquemila euro a casa, capito? Senza spremermi tanto, piglio i soldi sotto banco, un bordello di soldi, li fatturo ad una onlus, perché porto avanti studi clinici e c'ho le aziende che mi propongono contratti...» confida al telefono (intercettato) il 16 giugno 2011 il medico Alessandro Aprile, 37 anni, che all'epoca frequentava un master in quel reparto di cardiologia del Policlinico di Modena dove, secondo le indagini dei Nas e della Procura, aveva messo radici «un modello delinquenziale sperimentale» che, attraverso studi di natura cardiologica non autorizzati o totalmente inventati, falsificazioni di cartelle cliniche e utilizzo di materiale sanitario spesso difettoso, giocava di sponda con alcune aziende private italiane ed estere del biomedicale, che, in cambio dell'uso da parte dei medici dei dispositivi da loro prodotti, con conseguente pubblicità su riviste specializzate, hanno versato tra il 2009 e il 2011 su 3 onlus fittizie somme di denaro pari a un milione di euro (già sequestrati). La benzina che faceva girare questo sistema erano i tantissimi pazienti con problemi cardiaci, che, arruolati a decine, e sempre a loro insaputa, si trasformavano loro malgrado in una sorta di cavie per sperimentazioni che, secondo il quadro accusatorio, «sfuggivano a qualsiasi controllo da parte del competente Comitato etico».

Dei nove medici arrestati, alcuni dei quali da tempo non lavorano più al Policlinico, le due figure di spicco che emergono dall'ordinanza firmata dal gip Paola Losavio sono il primario Maria Grazia Modena, 60 anni, prima donna a presiedere la Società italiana di cardiologia, e Giuseppe Sangiorgi, 47 anni, all'epoca responsabile del laboratorio di emodinamica della cardiologia (l'unico finito in carcere). Il loro sodalizio, iniziato nel 2009, è l'origine di tutto, secondo gli inquirenti: «È la dottoressa Modena che, sapendo dei legami di Sangiorgi con le aziende farmaceutiche, gli mette a disposizione il reparto da lei diretto, dandogli piena delega a trattare con le imprese». I due mettono in piedi una squadra di «fidati collaboratori, facendo vincere loro concorsi e ammettendoli al Policlinico, pur se in alcuni casi privi di idoneo titolo». Tale è il legame tra Modena e Sangiorgi che, quando nel marzo 2011 quest'ultimo viene allontanato dal Policlinico sulla base delle «inadeguatezze e criticità» riscontrate e denunciate nel reparto di cardiologia dalla commissione scientifica inviata dalla Regione Emilia-Romagna, la Modena (è il 20 giugno 2011) non si vuole rassegnare: «Tu - dice, parlando al telefono con Sangiorgi - sei sempre nella mia mente, io voglio tornare al passato, non ti mollo». E aggiunge: «Io voglio che la facoltà ti chiami!».

In questo scenario, il rapporto con i pazienti resta sullo sfondo, assolutamente residuale e unicamente finalizzato all'arruolamento per poter effettuare il più alto numero possibile di sperimentazioni. Alcune, secondo il gip, contemplavano interventi invasivi all'insaputa dei malati. Sangiorgi, l'11 luglio 2011, parlando con Carlo Briguori, responsabile di emodinamica a Napoli, si lamenta delle difficoltà di convincere i pazienti a mettere il catetere, fondamentale per certi tipi di ricerche: «Mi dicono: perché mi devo cateterizzare? E tutte queste puttanate qui! Siamo riusciti a fare a 7 casi... si sono fatti cateterizzare...». Due giorni dopo, il medico Luigi Politi, 34 anni, ora ai domiciliari, sembra aver trovato una soluzione: «Sto aspettando di beccare un paziente che ha già il catetere - dice a Sangiorgi - e poi vado di nascosto a prendergli il piscio. Ho anche detto ai ragazzi di cui mi posso fidare: "Quando vedete uno con un catetere, mi fate uno squillo, segnali di fumo"...». Nell'assenza di controlli e protocolli, l'accusa punta anche il dito su alcune autopsie «illecite» effettuate durante una particolare ricerca, come emerge da un'email di Sangiorgi a un'impresa di biomedicale: «Perché è un casino per sezionare 'sti cazzi di arterie renali, vedere i nervi e cose varie...».

Alcune sperimentazioni sembrano essere del tutto finte: «Tanto alla ditta gli va bene, tanto lo pubblica...». Il primo luglio 2011, al telefono con la specializzanda Raffaella Marzullo, Sangiorgi afferma: «Adesso vedo, tanto qui bisogna inventarsi i dati...».

Fonte: corriere.it

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