30 nov 2012

Corruzione sui bolli auto, pioggia di arresti. Nelle carte anche Riccardo Bossi figlio di Umberto Bossi

I provvedimenti riguardano i vertici della Gec, concessionaria delle riscossioni

Riccardo Bossi nell'inchiesta: i giudici vogliono sapere se ha avuto benefici da sponsorizzazioni create con fondi neri

TORINO - Viaggi alle Galapagos, penne d'oro, orologi e bustarelle da migliaia di euro. Li prendevano funzionari regionali di Piemonte, Veneto e Campania, in cambio di bandi architettati ad hoc per concedere illegalmente l'appalto della riscossione delle tasse automobilistiche regionali alla Gec Spa. Società composta per il 50 per cento da privati e per il resto da banche del Cuneese, come le Casse di risparmio di Bra, Fossano, Saluzzo, Savigliano, avrebbe intascato 50 milioni di euro in sette anni, di cui 20 a danno della Regione Piemonte. In manette sono finite 15 persone, dopo un anno di indagini dei carabinieri del comando provinciale di Torino. I reati vanno dalla turbativa d'asta, all'associazione a delinquere, alla corruzione e concussione. Un aspetto su cui l'inchiesta sta proseguendo è quello delle sponsorizzazioni di Gec, legate alla creazione di fondi neri. I magistrati stanno concentrando l'attenzione su due piloti di rally, Luca Betti e il figlio di Umberto Bossi, Riccardo. Il figlio del leader del Carroccio non è indagato. Ma compare nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Giuseppe Salerno.

GLI ARRESTI
Sono stati arrestati tutti i vertici della Gec, a partire dal presidente Alessandro Otella, gli amministratori della Engineering Spa, azienda di cui Gec si serviva per l'informatica, e i dirigenti regionali infedeli che hanno permesso la truffa. Alla Gec sono stati apposti i sigilli e si trova in amministrazione giudiziaria. In Piemonte ha avuto il monopolio della riscossione del bollo auto dal 2007. Il «modello subalpino» è stato esportato in Veneto nel 2009 - anno in cui fu emanato il bando della gara, che ora è sospesa - e in Campania, dove il bando è stato emesso nel marzo del 2010. Le indagini sono partite proprio perché alcune società escluse dalla gara d'appalto in Piemonte nel 2009 avevano fatto sia ricorso al Tar del Piemonte, vincendolo, che denuncia ai carabinieri.

COME FUNZIONAVA IL SISTEMA
Nelle seicento pagine di ordinanza firmate dal gip di Torino Giuseppe Salerno sono finite tutte le intercettazioni. Anche la riunione in cui al bar Talmone di Torino alcuni dirigenti regionali del Veneto stabilivano come far vincere la Gec anche in quella Regione. Per poi informare subito dopo "Zeus", Giovanni Tarizzo, ex dirigente del settore riscossione tributi della Regione Piemonte (in pensione da agosto), considerato il deus ex macchina dell'operazione e così soprannominato dai suoi complici. In un'ora e mezza hanno scritto insieme il bando, al tavolino di uno dei caffè più' eleganti di Torino, davanti al direttore generale della società, Aldo Magnetto, e al presidente Alessandro Otella, che impartivano i dettagli. Tarizzo secondo gli inquirenti era il collegamento della truffa tra il Piemonte e le altre regioni perché aveva fatto parte del comitato ministeriale interregionale sulla tassa dell'auto. Il sistema funzionava così: la società riscuoteva il bollo auto dai cittadini e invece di inviare i soldi alle Regioni in sette giorni, li tratteneva per 40. Oltre un mese per investirli nelle varie banche di cui è composta, trasferirli, farli fruttare in operazioni finanziarie. Per poi restituirli alle Regioni in ritardo. Non solo. La gara vinta concedeva alla società un compenso più alto, per il servizio prestato, rispetto alle concorrenti. Si stima che il costo di ogni lettera inviata ai cittadini piemontesi per segnalare il pagamento costasse un euro in più rispetto ad altre Regioni. L'inchiesta non è finita. Nel mirino degli inquirenti ora ci sono la Regione Molise e le altre in cui la Gec aveva cercato di infiltrarsi.

LE INDAGINI SU BOSSI JR
Quanto al filone sulle sponsorizzazioni, il nome di Riccardo Bossi compare nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Giuseppe Salerno. Il giudice spiega come Luca Betti avrebbe ricevuto soldi dalla Gec per sponsorizzazioni, gonfiando le fatture e rigirando in nero il denaro ricevuto alla Gec stessa. I magistrati stanno cercando di capire se anche il figlio di Bossi sarebbe coinvolto in un meccanismo simile. «Un altro versante che merita sicuro approfondimento - si legge nell'ordinanza - sono le sponsorizzazioni a Betti, con la possibilità che parte dei fondi siano stati dati o fossero comunque destinati a Riccardo Bossi, figlio di Umberto Bossi». L'intercettazione l'ambientale 1023 del 30.9.2011 recita cosi':
Magnetto chiede ad Otella, Rocca e Giraudo che risposta dare a Betti e cioè se rinnoveranno la sponsorizzazione.
Magnetto: dovrei dare una risposta a Betti, lo rinnoveremo.
Betti: dico il problema era questo, il ragazzo di Milano, il figlio di..
Otella: "Bossi"

GLI ASSESSORI REGIONALI
Anche l'assessore regionale al Commercio William Casoni, che non è indagato, compare nell'ordinanza. Partecipò a una cena con vertici della Gec, in cui si parlava della stesura di un bando. Non si sa ancora, però, se partecipò attivamente alla costruzione del bando. Era semplicemente presente a una cena. In una conversazione telefonica alcuni vertici della Gec parlano di lui chiamandolo «Mister 10 per cento». La procura sta verificando anche l'operato dell'assessore regionale al Bilancio Giovanna Quaglia, che non è indagata.

Fonte: corriere.it

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