19 apr 2011

Permesso a Jucker 9 anni dopo il delitto. Nel 2002 accoltellò la fidanzata.

Grazie agli «sconti» sarà libero tra 2 anni
Sì dal Tribunale di Sorveglianza: 10 ore fuori con un volontario

MILANO - Meno di 9 anni dopo il giorno in cui al grido di «sono Bin Laden» assassinò con 22 colpi di coltello da sushi la 26enne fidanzata Alenya Bortolotto gettandone un pezzo di fegato in giardino, e a 2 anni dallo scadere dell'espiazione dei teorici 16 anni inflittigli come seminfermo di mente, il 44enne imprenditore della ristorazione Ruggero Jucker ottiene il primo permesso premio: l'ha deciso ieri il Tribunale di Sorveglianza di Milano che, riformando in composizione collegiale l'iniziale diniego opposto dal magistrato di prima istanza, ha concesso al detenuto la possibilità di uscire dal carcere di Bollate e di trascorrere in libertà 10 ore, ma accompagnato da un volontario e facendo tappa da un medico.

In primo grado il 24 ottobre 2003 Jucker aveva evitato l'ergastolo solo grazie al beneficio del rito abbreviato, e incassato 30 anni per «omicidio aggravato» perché il gup Guido Salvini aveva ritenuto l'aggravante (la crudeltà di quel 20 luglio 2002) prevalente sulle due attenuanti del parziale vizio di mente e del risarcimento del danno alla famiglia della vittima (1 milione e 300.000 euro). In secondo grado, però, la difesa giocò la carta procedurale del «patteggiamento in appello», un accordo tra l'imputato (che rinuncia al ricorso) e la Procura generale (che accetta un punto d'incontro sulla pena), istituto consentito dalla legge all'epoca e ora invece abolito: con questo ultimo «treno», il 18 gennaio 2005 Jucker scese in secondo grado da 30 a 16 anni, in quanto l'accordo tra accusa e difesa sull'equivalenza tra l'aggravante e le attenuanti derubricò l'imputazione in omicidio non aggravato, la cui pena massima di 24 anni fu ridotta a 16 dallo sconto di un terzo per il rito abbreviato. Da questa pena, divenuta definitiva il 5 marzo 2005, Jucker come tutti gli altri condannati ha poi potuto detrarre lo sconto di 3 anni determinato dall'indulto approvato dal Parlamento per i reati commessi sino al 2 maggio 2006: 16 meno 3, uguale 13 anni.

Una volta in carcere a espiare la pena, ciascun detenuto se si comporta bene ha diritto ogni tre mesi allo scomputo di 45 giorni di «liberazione anticipata»: nel caso di Jucker, dunque, i quasi 9 anni di carcere che ha sinora scontato gli hanno fruttato quasi 2 anni (720 giorni) di «liberazione anticipata», portando la pena in concreto a 11 anni dai 16 di partenza, e il fine-pena a giugno 2013, al quale seguiranno tre anni di misura di sicurezza. Già da parecchio tempo, dunque, Jucker aveva maturato il limite (metà pena scontata) per poter chiedere al magistrato di sorveglianza il primo permesso. Ma la giudice Beatrice Crosti gliel'aveva rifiutato con decisione che, come di rado accade, si era discostata dal parere positivo di due periti (le criminologhe e psichiatre forensi Isabella Merzagora Betsos e Cristina Colombo) sulla prognosi di non pericolosità sociale di Jucker. Ieri, invece, dopo una lunga riflessione e ben tre rinvii, il collegio formato dalla presidente Maria Laura Fadda, dal magistrato di sorveglianza Roberta Cossia, e dagli esperti Laura Cesaris e Gianfranca Moiraghi, hanno firmato il primo via libera.

Non era in discussione che Jucker, affetto non da schizofrenia ma da disturbo bipolare dell'umore che può innescare anche un solo episodio maniacale, in questi anni di carcere sia stato un detenuto-modello; o che, anche dopo aver smesso di prendere psicofarmaci, non abbia più avuto ricadute nello scompenso mentale acuto, di tipo psicotico delirante, esploso nel 2002. Il nodo, invece, era la prognosi sull'attuale capacità di Jucker, qualora fosse vittima di un'altra crisi come quella di 9 anni fa, di accorgersene in tempo e farsi aiutare prima di perdere il contatto con la realtà. La giudice di prima istanza non si era sentita di contarci. Invece nella valutazione del collegio che ieri gli ha dato il primo permesso premio, una sufficiente tranquillità risiede proprio nella consapevolezza in Jucker, e nei suoi familiari e psicoterapeuti, della patologia di cui egli soffre e dei comportamenti che più potrebbero ridestarla, quali l'uso della marijuana e il poco sonno. Tuttavia i giudici stessi non sottovalutano l'opportunità di tenere sotto particolare controllo la prima uscita del detenuto: perciò la limitano dalle ore 9 alle 19, badano a che stia lontano dalla zona dove vive la famiglia di Alenya, ordinano che Jucker sia accompagnato dal volontario di un'associazione, e prescrivono che nelle 10 ore vada anche dal medico per un incontro di controllo.

Fonte: corriere.it

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