17 nov 2010

La Villa di Pollione torna ai privati. La Regione non versa 800 mila euro

La soprintendenza paga, santa lucia no
Il più grande monumento archeologico di Napoli a Posillipo perso per mancato riscatto

NAPOLI - Torna di proprietà privata il più grande monumento archeologico di Napoli, la grandiosa Villa di Vedio Pollione a Posillipo, col suo parco e i suoi teatri bimillenari. La Soprintendenza archeologica ha versato ai proprietari del suolo la sua quota di 600 mila euro per l’esproprio, ma la Regione non ha versato i suoi 800 mila.

C’erano una volta (trent’anni fa) tre giornalisti, Mario Falconi, Luciano Lombardi e quello che scrive. Non era gente che si facesse i fatti propri e scoprirono che a Posillipo, in una meravigliosa conca di fronte alla Gaiola le ruspe stavano cominciando a «bonificare» il declivio alle spalle di Villa Paratore, per costruire ville, piscine residence, eccetera.

Solo che le ruspe stavano camminando sopra il Teatro Romano da 1500 posti, dove il ricco Vedio Pollione, quello che nutriva le murene con gli schiavi da punire, allestiva feste sontuose e spettacoli giganteschi per i grandi dell’impero. Stava per scomparire il piccolo teatro coperto dove Virgilio aveva letto i primi versi dell’Eneide a Ottaviano Augusto e Mecenate. Altri otto ambienti bimillenari stavano per diventare polvere come la Scuola dei Gladiatori a Pompei. Intervenne «Italia Nostra», arrivò la magistratura. Ma anche il padrone di casa, il compianto e tragicamente scomparso cavaliere Franco Ambrosio capì e accettò la nuova situazione. Teneva la storia sotto i piedi, nemmeno lo sapeva e cercò un accordo.

La soprintendente Pozzi trovò un po’ di soldi per i primi restauri, i successori e l’archeologo vecchio continuarono nell’opera benemerita, nel ’94 Bassolino entrò con la televisione e con un migliaio di ragazzi delle scuole di Posillipo (allora i monumenti si portavano), si sedette nel teatro, il cavaliere Ambrosio lo ossequiò e l’avvenire della storia, nonché del parco, sembrò assicurato. Venne restaurato e riaperto il tunnel scavato da un architetto romano che, perforando Posillipo, portava dalla favolosa Villa alla strada per Baia e Capo Miseno, largo abbastanza da percorrersi su una biga (Ottaviano da anziano era afflitto da malanni). Ci fu un avvio di contatto coi visitatori, con lo spettacolo, col turismo. Ma il cavaliere Ambrosio pregava che si provvedesse al saldo dell’indennizzo per i venti e più ettari di storia ceduti ai posteri.

Ora, la Soprintendenza la sua quota l’aveva versata. Bassolino, fatta la comparsa in televisione disse va bene, il resto lo mettiamo noi, ma nonostante lettere e telegrammi, non è successo niente: la Regione non ha mai più versato un soldo e il parco sta per tornare agli eredi Ambrosio. A ben pensarci sarebbe bastato destinare a questo scopo appena una briciola dei fondi profusi dal commissario Fiori per gli spettacoli organizzati a Pompei dal capo di gabinetto del ministro, Nastasi, in quel tempo commissario al San Carlo: dal bilancio ufficiale siamo a circa sei milioni. Gli illuminati assessori regionali ai Beni cuturali e alla Cultura, nonché il presidente Caldoro, di fronte al crollo di Pompei, motore quasi unico del turismo nella nostra regione, si sono distinti per il loro ermetico silenzio. Chissà se lo interromperanno per salvare il più grande monumento archeologico della città di Napoli.

Fonte: corrieredelmezzogiorno.it

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