17 ott 2010

Il boss milionario con il sussidio di disoccupazione. Riscuoteva dallo Stato 700 euro al mese

Sequestrati dai carabinieri immobili e conti correnti

Nonostante il blasone di capomafia e un patrimonio di oltre tre milioni di euro si faceva passare per nullatenente in modo da poter incassare l'indennità di disoccupazione. Settecento euro. Tanto veniva mensilmente versato dall'Inps a Giovanni Trapani, 54 anni, indicato come reggente del clan di Ficarazzi, alla periferia di Palermo.

Un mafioso vecchio stampo che non amava dare troppo nell'occhio, tanto da andare in giro sempre con abiti da lavoro e a bordo di vecchie utilitarie. E che allo stesso tempo non disdegnava quel piccolo contributo mensile da parte dello Stato. Un assegno da settecento euro che gli è stato regolarmente versato anche in carcere.

Giovanni Trapani è stato infatti arrestato il 5 agosto scorso nell'ambito dell'operazione «Iron man» contro un'organizzazione che gestiva il racket del «pizzo» e che, secondo la procura di Palermo, faceva capo proprio a lui. Ma anche da detenuto ha continuato a incassare l'assegno dell'Inps. La presunta truffa ai danni dello Stato è stata scoperta quasi per caso nell'ambito dell'inchiesta patrimoniale che ha portato al sequestro dei beni riconducibili al boss il cui valore ammonta appunto ad oltre tre milioni di euro. Un tesoretto fatto di aziende di trasporti e movimento terra, beni immobili e disponibilità bancarie intestati a familiari e prestanome che ieri mattina è stato messo sotto chiave dai carabinieri di Palermo.

Dalla documentazione aziendale è poi saltato fuori che Giovanni Trapani era stato dipendente della ditta «Triassi Srl» di cui sono titolari la sorella ed una nipote. Ma nel luglio dello scorso anno era stato licenziato ottenendo il diritto ad accedere all'indennità di disoccupazione. «Formalmente è tutto in regola - spiega il colonnello dei carabinieri Giuseppe De Riggi - e l'Inps è assolutamente estranea alla vicenda. Stiamo verificando se operazioni analoghe sono state fatte anche in passato e anche per altri dipendenti». In pratica con un certo numero di anni di contributi versati si ottiene il diritto all'assegno di disoccupazione per un determinato periodo. Ma si può successivamente essere riassunti e maturare nuovamente il diritto alla disoccupazione.

Dalle indagini è emerso che il boss era molto preoccupato che potesse succedergli qualcosa anche per la guerra in atto con alcuni emergenti guidati da Atanasio Alcamo, picciotto rampante, che «voleva fargli le scarpe». «E questo - spiegano gli inquirenti - potrebbe averlo spinto a farsi licenziare per ottenere quel piccolo ma sicuro aiuto economico». Allo stesso tempo aveva predisposto un piano per occultare l'ingente patrimonio accumulato. Tra l'altro tutte le vetture di pregio, tra cui vari Suv fittiziamente intestati alle ditte ma utilizzate dai famigliari del boss, erano state affidate in conto vendita a una concessionaria che però non le esponeva in modo da non attirare l'attenzione delle forze dell'ordine. Per questo la moglie ed altri parenti di Giovanni Trapani sono stati denunciati per «trasferimento fraudolento di valori.

Quando venne arrestato nell'agosto scorso si scoprì un'altra singolarità nel suo modo di operare. Nel gestire il racket del «pizzo» spesso agli imprenditori taglieggiati rilasciava regolare fattura in modo da poter camuffare l'estorsione come fornitura di un servizio in realtà inesistente.

Fonte: corriere.it

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