29 giu 2010

Mafia, sette anni a Dell'Utri. Il senatore: «Sentenza pilatesca»

In appello ridotta la pena per il parlamentare del Pdl, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa

PALERMO - Dopo sei giorni di camera di consiglio, i giudici della seconda sezione della Corte d'Appello di Palermo hanno condannato Marcello Dell'Utri a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Ridotta, dunque, la condanna a nove anni decisa in primo grado, nel dicembre del 2004. Il pg Nino Gatto, a conclusione della sua requisitoria, aveva chiesto per Dell'Utri una condanna a undici anni di reclusione. «Sono profondamente deluso», ha ammesso dopo la lettura della sentenza. Una verdetto «pilatesco» secondo il senatore del Pdl imputato.

SPATUZZA - Riformando la sentenza di primo grado, la corte ha assolto Dell'Utri limitatamente alle condotte contestate come commesse in epoca successiva al 1992 perché «il fatto non sussiste», riducendo così la pena da nove a sette anni di reclusione. Sembrano non aver influito, dunque, nel processo Dell'Utri le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza, piombate in aula quando il dibattimento si stava avviando a conclusione. La Corte d'Appello di Palermo (che ha anche dichiarato il non doversi procedere nei confronti dell'altro imputato, Gaetano Cinà, nel frattempo deceduto) ha infatti condannato il senatore del Pdl a anni per concorso esterno in associazione mafiosa per fatti commessi prima del 1992. I verbali di Spatuzza, depositati nell'ottobre del 2009, si riferiscono invece ad anni successivi. «Con questa sentenza si mette una pietra tombale sulla presunta trattativa tra Stato e mafia durante il periodo delle stragi. Quello che ha detto Spatuzza non è stato evidentemente preso in considerazione come voleva l'accusa» ha detto l'avvocato Nino Mormino, legale di Dell'Utri, sottolineando che la corte ha assolto il suo assistito per le condotte contestate in epoca successiva al 1992, escludendo cioè qualunque «patto» tra lo Stato e Cosa Nostra subito dopo le stragi.

«SENTENZA PILATESCA» - Il senatore del Pdl non era presente in aula a Palermo al momento della lettura della sentenza: Dell’Utri è infatti rimasto a Milano. «È una sentenza pilatesca», ha detto poi all'inizio della conferenza stampa che ha indetto nel capoluogo lombardo, dopo la lettura del dispositivo dei giudici d'appello siciliani, aggiungendo che i magistrati - che lo hanno assolto per i fatti contestati successivamente al 1992 - non avrebbero avuto il coraggio di chiudere completamente la questione. «Non farò il ministro» ha aggiunto il senatore rispondendo a una domanda dei giornalisti sulla provocazione del leader Idv Antonio Di Pietro («Speriamo che Berlusconi non lo faccia ministro» ha detto l'ex pm dopo la sentenza ironizzando sul caso Brancher).

«DELUSO» - «Processualmente parlando, Dell’Utri non ha favorito la mafia» ha spiegato il procuratore generale Antonino Gatto, commentando la sentenza. «Ma questo - ha aggiunto il pg - non vuol dire affatto che ciò non possa essere accaduto in natura. Bisognerà piuttosto leggere le motivazioni della sentenza per capire i motivi che hanno spinto la corte a prendere questa decisione. Forse perché le affermazioni di Spatuzza non sono state ritenute attendibili, o perchè le prove portate dall’accusa sono state considerate infondate, o perchè sono mancati i riscontri». «Sono profondamente deluso» ha ammesso il procuratore Gatto «perché ritengo che l’aspetto politico era la parte della vicenda sulla quale l’accusa aveva quagliato meglio». Alla domanda se questa sentenza rappresenti la tomba degli aspetti oscuri legati alla strategia stragista, il procuratore generale ha risposto: «Non parlerei affatto di tomba, ma ripeto, occorrerà leggere attentamente le motivazioni per comprendere questa decisione».

NOVE ANNI IN PRIMO GRADO - In primo grado Dell'Utri era stato condannato a nove anni di reclusione. In quel caso primo grado i giudici del tribunale rimasero in camera di consiglio, per emettere la sentenza di condanna a nove anni di carcere, per 13 giorni: un record. Entrarono in consiglio dopo le ore 13 del 29 novembre 2004 ma avvertirono che l'uscita dalla camera di consiglio sarebbe stata annunciata 24 ore prima. Il presidente del tribunale, Leonardo Guarnotta, lesse la sentenza l'11 dicembre poco dopo le 10.

Fonte: corriere.it

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