29 giu 2010

Appalti, a Di Pietro rispose la «cricca»

Alla lettera dell'ex ministro replicò il legale vicino al responsabile del Consiglio dei lavori pubblici

ROMA - All’allarme del ministro rispose l’uomo sbagliato. O quello giusto, dipende dai punti di vista. Il parere sui dubbi sollevati da Antonio Di Pietro sugli appalti per il 150esimo dell’Unità d’Italia venne commissionato all’avvocato Guido Cerruti, uomo di fiducia di Angelo Balducci, arrestato con lui lo scorso marzo nell’ambito dell’inchiesta fiorentina sulla Scuola Marescialli, che proprio ieri ha conosciuto una svolta importante. La Procura ha infatti indagato per corruzione i due tecnici che da consulenti decisero con il loro parere la vittoria dell’imprenditore Riccardo Fusi, titolare della Baldassini Tognozzi Pontello (Btp), nel lodo arbitrale contro lo Stato, avviato dopo che alla sua azienda era stato tolto l’appalto della West point toscana per inadempienza. Un affare da 34 milioni di euro.

Un passo indietro. Il 14 dicembre 2007 Di Pietro, allora titolare delle Infrastrutture, scrive ai suoi colleghi che fanno parte del Comitato per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia: esprime dubbi sul funzionamento della Struttura di missione, fa notare come il suo ruolo di «stazione appaltante» non sia quello che si intendeva affidare a un ente «nato con compiti di mera assistenza agli organi di indirizzo politico». Sostiene l’assenza di copertura finanziaria, parla di situazioni «che confliggono in modo evidente con elementari principi di contabilità pubblica». Conclude: «Vi prego, ci stiamo avviando verso una macroscopica violazione di legge». Gli investigatori hanno ricostruito il viaggio compiuto da quella nota. Il 18 dicembre l’ingegner Enrico Bentivoglio, dirigente delle Infrastrutture, attuale responsabile unico per il restauro degli Uffizi, «già emerso - così scrivono i carabinieri del Ros di Firenze - nell’indagine in quanto appartenente all’Ufficio del Commissario Delegato per il Mondiali di Nuoto Roma 2009 ed in stretti rapporti con Angelo Balducci», manda via fax il testo del ministro all’avvocato Guido Cerruti. «Egregio, occorrerebbe una nota di replica, purtroppo entro domani pomeriggio». Sul frontespizio del documento, accanto al numero di protocollo compare una nota a mano. «Copia a Figliolia e Balducci». Il primo è Ettore Figliolia, avvocato dello Stato. All’epoca, Balducci dirigeva la Struttura di missione per il 150esimo dell’Unità d’Italia.

Il parere di Cerruti viene recapitato il 19 dicembre. La posizione «fortemente critica» del ministro appare ingiustificata, a parere dell’avvocato. Lo svolgimento del ruolo di stazione appaltante, «ancorché non espressamente previsto nel provvedimento istitutivo, rientra ontologicamente nei compiti della Struttura di missione». La copertura economica degli appalti? «Ad avviso di chi scrive i progetti sono stati intrapresi senza alcuna violazione dei principi regolatori della contabilità pubblica». Certo, sono stati finanziati in più tranche successive, «ma la suddetta soluzione si è resa necessaria in ragione dell’urgenza delle opere da realizzare ». Infine, sulla legittimità delle gare d’appalto, non c’è problema perché il 150esimo dell’Unità d’Italia è stato dichiarato «grande evento» e finisce sotto la legislazione speciale. Guido Cerruti è stato arrestato lo scorso 6 marzo. È accusato di corruzione. Viene considerato parte integrante della presunta «cricca», molto vicino a Balducci, al punto che quest’ultimo lo impone a Fusi, voglioso di riprendersi l’appalto della Scuola Marescialli. La tangente per l’ex provveditore alle Opere Pubbliche e per il suo funzionario Fabio De Santis sarebbe dovuta transitare nel compenso stipulato dall’avvocato per la sua consulenza. Il parere che gli fu affidato in risposta a Di Pietro dimostrerebbe, se non altro, che la «rete» di Balducci era ben stretta.

I magistrati fiorentini sono da sempre convinti che l’affaire della Scuola Marescialli sia marcio in ogni suo passaggio, gonfiato ad arte per spremere denaro pubblico. E il lodo arbitrale vinto dalla Btp contro lo Stato farebbe parte di questa filiera. I nuovi indagati sono il consulente di parte Paolo Leggeri e quello d’ufficio, Sandro Chiostrini. Quest’ultimo, teoricamente arbitro imparziale, avrebbe aiutato la Btp guidandola nella controversia, concordando con l’azienda i quesiti che il collegio arbitrale avrebbe sottoposto ai consulenti d’ufficio, e questo ancora prima di essere nominato. La sintesi dei magistrati: «Chiostrini ha messo a disposizione della Btp la propria funzione di consulente tecnico fin dal momento della nomina (essendo stato individuato dalla Btp per questa sua disponibilità) compiendo successivamente una serie di attività in violazione del dovere di imparzialità cui era tenuto ». In cambio, i dirigenti dell’azienda si sarebbero adoperati per garantirgli una «utilità» di centomila euro, ovvero la retribuzione per l’incarico di consulente d’ufficio. In primo grado Fusi e la Btp hanno vinto il lodo contro lo Stato, guadagnando così 34 milioni.

Fonte: corriere.it

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