Città Studi, lo scandalo dei box
Società fallite e cantieri abbandonati. Voragini e disagi. I residenti: «Distrutto un quartiere»
MILANO - È un groviglio di tubi, assi di legno, ferri mangiati dalla ruggine, una passerella di cemento abbozzata. Solo cumuli di rifiuti, nell’ultimo cantiere destinato a rimanere una voragine abbandonata. Via Bazzini, a pochi metri da piazza Piola. Qui è fallita una società a cui il Comune aveva concesso, a costo zero come in tutto il resto di Milano, un’area per costruire un parcheggio sotterraneo. E ora i cittadini che avevano prenotato un garage non sanno che fine faranno i loro soldi. Chi invece il box non lo voleva, ha una certezza: si ritroverà a convivere con un cantiere abbandonato sotto casa.

CREPE E TIRANTI - L’ultimo cantiere disastrato è un simbolo nella storia dei parcheggi sotterranei milanesi. Da lì è partita la battaglia contro i «tiranti». Fu una causa pilota. Nel 2002 partono i lavori per il parcheggio vicino, in via Ampère. I cavi d’acciaio che vengono infilati nella terra (per tener su le pareti di cemento durante gli scavi) provocano danni gravissimi a sei palazzi circostanti. A luglio del 2006 iniziano i lavori in via Bazzini e gli abitanti dicono: «Non vogliamo rischiare che i tiranti distruggano anche le nostre case ». I cittadini del condominio di via Bazzini 20 si affidano all’avvocato Mario Cosentino, che negli anni avvia cinque procedimenti cautelari d’urgenza e una causa ordinaria. Vince sempre. In base a una considerazione semplice: il suolo sotto un palazzo appartiene ai proprietari, infilarci qualcosa dentro equivale a farlo in casa loro. Bisogna chiedere il permesso. Hanno spiegato i giudici della IV Sezione civile del tribunale: «Le esigenze di accelerare i tempi dei lavori o di superare difficoltà tecniche non possono certo essere soddisfatte a scapito dei diritti altrui». A Milano non è così scontato: i tiranti per realizzare i box interrati, usati senza l’autorizzazione, hanno provocato danni in via Ampère, piazza Cardinal Ferrari, piazza Piemonte. Perché vengono usati? Semplice: costano meno. Senza tiranti, diminuiscono i guadagni. Dopo le vittorie di via Bazzini, gli abitanti molti altri palazzi minacciati hanno chiesto e ottenuto il rispetto dei propri diritti.
LA SANTA RITA - In tema di box interrati, rassicurazioni su costi e tempi sono state spesso carta straccia. Esempio di via Bazzini: il 16 dicembre 2007 quei garage avrebbero dovuto essere finiti «a regola d’arte» e consegnati agli acquirenti. Si è visto come è andata. «Il cantiere in queste condizioni — spiega l’avvocato Cosentino — crea anche disagi alla viabilità, problemi di sicurezza, oltre allo scempio per gli abitanti vicini». La prima azienda che ha ottenuto il diritto di superficie dal Comune (la Vitali) ha «venduto» il permesso a una seconda società, la Sibi. Che però, il 18 marzo scorso, ha dichiarato fallimento. Il 27 aprile ci sarà una prima udienza in Tribunale. Ipotesi: procedere a una vendita all’asta sia dell’area, sia dello scheletro di cemento che la occupa. Sembra più probabile che i cittadini si troveranno a convivere con quella voragine per anni. A mandare in crisi quell’azienda, in parte, ha contribuito anche la clinica Santa Rita, quella in cui l’ex primario Pier Paolo Brega Massone faceva interventi chirurgici inutili col solo fine di gonfiare i rimborsi della Regione e guadagnare. La Santa Rita ha comprato 82 box, ma poi ha fatto causa, perché la Sibi non accettava i prezzi stracciati che la clinica aveva concordato con la prima azienda. Si era arrivati a un accordo ma, si legge nel bilancio 2008 della Sibi, «prima per le note vicende giudiziarie e poi per motivi sconosciuti» la Santa Rita si è resa «ad oggi irreperibile».
Fonte: milano.corriere.it
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