30 ott 2009

«Per il Sud nuova spedizione dei Mille». Il titolare della Pubblica amministrazione: lì non applicabili le regole del Nord sul mercato del lavoro

Il nuovo saggio di Brunetta. Che apre alle «differenze di salario»

ROMA — «Ogni libro sull’arretra­tezza del nostro Sud dovrebbe essere l’ultimo. Questo, invece, è il mio se­condo, e ciò segnala un evidente falli­mento della politica». Il saggio che l’editore Donzelli manda in libreria da domani, 30 ottobre con il titolo Sud, un sogno possibile (207 pagine, 16 eu­ro) si apre con questo singolare mea culpa . Perché, pur essendo un econo­mista, e personalmente di certo non responsabile del disastro del Mezzo­giorno, l’autore del libro, cioè Renato Brunetta, ha responsabilità politiche in un partito che da quando lui è stato eletto al Parlamento europeo, nel 1999, ha governato l’Italia per oltre il 60% del tempo.

Non per questo risparmia qualcu­no. Per il ministro della Funzione pub­blica il fatto che a distanza di ses­sant’anni dalla Cassa del Mezzogior­no, il prodotto interno lordo pro capi­te del Sud sia ancora del 40% inferiore a quello del resto d’Italia, gli studenti meno preparati, le infrastrutture scar­se e malandate, il lavoro manchi e la criminalità la faccia da padrone, è la certificazione che «a fallire è stata la classe dirigente italiana, che non è sta­ta in grado di adattare le politiche e le misure previste per il Nord e per l’Eu­ropa alla particolare realtà meridiona­le ». Sostiene Brunetta che fin dall’uni­tà d’Italia non si tiene mai conto del Sud «quando si prendono le grandi decisioni nazionali: dalla scelta euro­pea all’abolizione delle gabbie salaria­li, dallo Statuto dei lavoratori all’in­gresso nello Sme...» E non cita a caso le gabbie salariali, che sono state il ca­vallo di battaglia estivo della Lega di Umberto Bossi.

Brunetta ricorda che nel 1968 venne introdotta la fiscalizza­zione degli oneri sociali per le fabbri­che del Sud. «C’è da dire però», ag­giunge, «che tale provvedimento ave­va in gran parte natura compensativa della contemporanea abolizione, for­temente voluta dal sindacato, delle differenze provinciali di salario che avevano, fino ad allora, tenuto più basso e sensibilmente differenziato il costo del lavoro al Sud». Scrive più avanti il ministro: «Di nuovo, dopo cent’anni, si pensava illuministica­mente che nuove regole comuni, e magari molto avanzate, come quelle nel mercato del lavoro, nella contrat­tazione e nei diritti dei lavoratori, avrebbero positivamente forzato l’eco­nomia del Sud. Si finì con l’ottenere, ancora una volta, esattamente l’effet­to opposto, Le regole, inapplicabili, del Nord sul mercato del lavoro e sul­le relazioni industriali produssero un sempre più profondo allontanamento del mondo del lavoro meridionale da quello del resto del Paese, attraverso il dilagare strutturale di attività som­merse, irregolari, marginali e preca­rie. Più le regole del Nord non erano applicabili, più cresceva il dualismo e la domanda sia di incentivi che di tra­sferimenti ». Non esiste purtroppo la controprova circa il fatto che con il permanere di condizioni diverse ri­spetto al Nord la situazione del Sud oggi sarebbe migliore. Ma non serve la controprova per «riconoscere», co­me fa Brunetta, «che il Sud ha, essen­zialmente e prioritariamente, bisogno di una nuova classe dirigente».

Come attuare il rinnovamento? «La qualità di un territorio la fa la sua gen­te », dice. Auspicando un «program­ma poliennale di investimenti anche e soprattutto in capitale umano che abbia come obiettivo il superamento del gap di legalità e fiducia nelle aree più a rischio del Mezzogiorno». Tene­tevi forte: «Detto in altri termini», pro­voca il ministro, «serve una nuova spedizione dei Mille». Una invasione che dovrà puntare, come fece Garibal­di, sugli insorti locali. Stavolta nella pubblica amministrazione. «Mentre si cercheranno al Nord funzionari e di­rigenti pubblici esperti e capaci da in­viare al Sud», dovrà scattare quella che Brunetta chiama l’«Operazione Rosolino Pilo», dal nome del patriota siciliano che nel 1860, a prezzo della vita, spianò la strada alla conquista di Palermo, per «la creazione al Sud di una rete che finora non è esistita, fat­ta di dirigenti e funzionari preparati e onesti».

Immaginiamo le reazioni. Perché Brunetta non si limita alle ricette per la sua pubblica amministrazione, ma interviene anche sulla Banca del Sud, sui problemi ambientali, sulle caren­ze delle infrastrutture. E si dà il caso che questo libro esca proprio mentre il fronte meridionale ha diviso in due il governo: da una parte Giulio Tre­monti, dall’altra Claudio Scajola, Stefa­nia Prestigiacomo, Raffaele Fitto e Gianfranco Micciché. Le ferite sono ancora aperte.

Fonte: corriere.it

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