24 ott 2009

Nel video un incontro privato del governatore del Lazio

Marrazzo: «non mi hanno estorto soldi»

L'indagine nata per caso: da intercettazioni si scopre che qualcuno cerca di vendere a una so­cietà il filmato

Sono stati arre­stati per un’estorsione da 80.000 euro al presidente del­la Regione Lazio, Piero Mar­razzo. Soldi che sarebbero sta­ti versati in quattro tranche per evitare la diffusione di un video che ritraeva l’esponen­te del Partito democratico in momenti intimi. Sono quat­tro i carabinieri finiti in carce­re. Sottufficiali in servizio presso la Compagnia Trionfa­le di Roma accusati di estor­sione, ma anche di altri reati, compreso lo spaccio di so­stanze stupefacenti. A cattu­rarli sono stati giovedì mattina i loro colleghi del Ros, il rag­gruppamento operativo spe­ciale, che appena poche ore prima avevano interrogato lo stesso Marrazzo. Il governato­re non aveva infatti presenta­to alcuna denuncia, dunque dopo aver ascoltato la sua ver­sione si è deciso di far scatta­re l’operazione.

L’indagine nasce casual­mente, nell’ambito di accerta­menti che riguardavano una vicenda completamente di­versa. Circa sei mesi fa, ascol­tando alcune conversazioni intercettate, gli investigatori scoprono che qualcuno sta cercando di vendere a una so­cietà di produzioni televisive di Milano un filmato che ri­trae Marrazzo insieme ad un’altra persona in atteggia­menti privati. Si decide così di attivare nuovi controlli e si scopre che chi ha in mano la videocassetta è riuscito ad ar­rivare anche al governatore per ricattarlo. I colloqui capta­ti sui telefoni degli indagati consentono di stabilire che il video è stato girato nel corso di un’irruzione effettuata nel­l’abitazione di questa perso­na che Marrazzo avrebbe già incontrato in precedenza e con la quale si stava intratte­nendo. Le richieste di denaro co­minciano dopo poco, con la minaccia esplicita di diffonde­re le immagini compromet­tenti. Ed è proprio a questo punto che, secondo l’accusa, sarebbe stata presa la decisio­ne di pagare, ma non è chiaro se i versamenti siano avvenu­ti direttamente o attraverso intermediari. Così come non si sa se sin dall’inizio fossero state pretese diverse tranche o se invece gli estorsori abbia­no deciso di approfittare del­la situazione pretendendo sempre più soldi. Resta il fat­to che in sei mesi sarebbero riusciti a ottenere 80.000 eu­ro ed è probabile che avrebbe­ro continuato la loro attività illecita se il Ros non fosse in­tervenuto per fermarli.

Durante l’interrogatorio av­venuto mercoledì Marrazzo avrebbe spiegato di non ave­re avuto alcuna percezione che i ricattatori erano carabi­nieri. Del resto sembra che gli stessi investigatori del Ros abbiano capito di avere a che fare con colleghi soltanto quando le verifiche erano or­mai in fase avanzata. Durante i tentativi di vendere il filma­to i quattro non hanno mai fatto cenno al proprio ruolo all’interno dell’Arma, cercan­do anzi di mascherarsi utiliz­zando telefoni privati e na­scondendo in ogni modo la propria identità. Già tre anni fa - indagan­do su un’attività di spionag­gio messa in piedi dai collabo­ratori dell’allora presidente della Regione Francesco Sto­race che volevano screditare gli avversari nella corsa per il governatore - un investiga­tore privato confessò che era stato messo in piedi un com­plotto «per distruggere Mar­razzo non solo sul terreno po­litico, ma anche su quello pri­vato» e chiarì che il proposito era stato abbandonato soltan­to perché «non ci siamo fida­ti delle persone che avevamo ingaggiato».

Possibile che anche i quat­tro carabinieri facciano parte di un complotto? Le verifiche svolte finora avrebbero esclu­so l’esistenza di mandanti, ma soltanto quando comince­ranno gli interrogatori degli arrestati si potrà comprende­re meglio in quale ambito si siano mossi. Il governatore avrebbe infatti frequentato di­verse volte quell’abitazione dove è stato poi filmato e dunque non si può escludere che i carabinieri lo abbiano sa­puto attraverso una «soffia­ta». Del resto i sottufficiali so­no entrati nell’appartamento vestiti «in borghese», utiliz­zando uno stratagemma, e co­sì sarebbero riusciti a sor­prendere il presidente Mar­razzo. Secondo i primi accer­tamenti i militari del Trionfa­le avevano messo in piedi una vera e propria associazio­ne per delinquere che, oltre all’estorsione di Marrazzo, avrebbe compiuto altri gravis­simi reati come la detenzione e lo spaccio di stupefacenti. Non è chiaro da dove prove­nisse la droga, ma non è escluso che siano riusciti a procurarsela proprio nell’am­bito della loro attività illecita legata a questa storia.

Fonte: corriere.it

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