16 ott 2009

Azienda legata ai boss nei lavori per l’Abruzzo

Indagini sulla Igc di Gela, che ha ottenuto subappalti per la ricostruzione a Bazzano

ROMA — Sono quattro i centri della Dia che avevano segnalato «collegamenti tra la società e personaggi ricon­ducibili alla famiglia mafiosa capeggiata dai fratelli Rinzivil­lo ». Ma questo non ha impe­dito alla Igc, Impresa Genera­le Costruzioni di Gela, di otte­nere lavori per la ricostruzio­ne del dopo terremoto in Abruzzo, nel cantiere di Baz­zano. E adesso un rapporto della Direzione Investigativa Antimafia consegnato alla procura dell’Aquila denuncia l’infiltrazione delle cosche, sollecitando nuovi accerta­menti per scoprire in che mo­do la ditta sia riuscita ad aggi­rare le norme e ottenere gli in­carichi. Verifiche che sono state estese anche alle altre commesse ottenute dall’im­presa siciliana: la nuova me­tropolitana «M5» di Milano, la Tav tratta Parma-Reggio Emilia e due gallerie dell’auto­strada Catania-Siracusa.

Il subappalto per i muri

Il sistema utilizzato non ap­pare neanche troppo sofistica­to visto che la Igc non ha par­tecipato alla gara principale, preferendo concentrarsi sui subappalti, come spesso acca­de quando le società sono ge­stite da persone che hanno precedenti penali specifici. Capofila per la costruzione delle nuove abitazioni a Baz­zano è la Edimal che si aggiu­dica lavori per 54.817 milioni di euro e affida alle ditte mi­nori opere per 21.754 milio­ni. Il 14 agosto l’azienda chie­de l’autorizzazione per delega­re alla Igc «l’esecuzione di la­vori specializzati di realizza­zione di muri di sostegno» per un totale di 159 mila e 300 euro. Il via libera dal Di­partimento della Protezione civile arriva l’11 settembre, ma nel frattempo la ditta ha già avviato l’attività, come è stato accertato dalla Dia.

«Il 9 settembre scorso, in ottemperanza ai due decreti firmati dal prefetto de L’Aqui­la — si legge nel rapporto tra­smesso ai magistrati — perso­nale procedeva all’'accesso' presso il cantiere de L’Aquila - area C.a.s.e. (complessi anti­sismici sostenibili ecocompa­tibili) in località Bazzano. Si riscontrava che la ditta Igc, non presente al momento nel cantiere, aveva eseguito lavo­ri in subappalto nel predetto sito». Non solo. «Il controllo sulle maestranze della ditta — scrivono gli investigatori della Dia — faceva emergere che tra gli operai impegnati nei lavori sul cantiere, tredici avevano precedenti di poli­zia ». Esattamente la metà di quanti erano stati assunti.

L’operazione «Cobra»

Nell’elenco consegnato alla procura spiccano due nomi: Gianluca Ferrigno e Emanue­le Lombardo. Il primo, 29 an­ni, originario di Gela, «è il ni­pote di Angelo Bernascono, uomo di fiducia della fami­glia Rinzivillo, arrestato nel­l’ambito dell’operazione «Co­bra » del 2002 e attualmente collaboratore di giustizia. È stato assunto dalla ditta Igc con contratto a tempo inde­terminato e qualifica profes­sionale di assistente edile (ge­ometra) ». L’altro, 26 anni, an­che lui di Gela «è stato inda­gato dal tribunale dei minori di Caltanissetta per l’ipotesi di reato 416 bis. All’epoca dei fatti faceva parte dell’associa­zione mafiosa localmente de­nominata 'Stidda' unitamen­te ad altri. È stato assunto con contratto a tempo in­determinato e qualifica di muratore».

Più che i dipendenti, ad attirare l’attenzione della Dia e dunque a far partire l’indagine, sono stati però i curri­culum degli ammini­­stratori della ditta. Sono tre, tutti di Gela, e si so­no divisi il capitale in par­ti pressoché uguali: Ema­nuele Mondello, 50 anni, suo figlio Rocco e suo genero Nunzio Adesini. Il più anzia­no ha numerosi precedenti penali e «nel 2003 veniva con­trollato insieme a Giuseppe Tranchina e Emanuele Ema­nuello, ambedue pregiudicati e arrestati nell’operazione 'Cobra' per aver curato nel settore degli appalti pubblici gli interessi del clan Rinzivil­lo ».

Gli affari di «Orchidea»

Ancor più interessante il ruolo del figlio «che fino al 2004 è stato socio della socie­tà Immobiliare Orchidea, con sede a Lonate Pozzo­lo, in provincia di Vare­se. L’azienda è stata sottoposta nel 2006 a sequestro preventi­vo per ordine del tri­bunale di Caltanis­setta per aver messo in atto azioni tese a reperire, anche trami­te minacce, lavoro con il quale coprire i reali interessi come fal­se fatturazioni ad impren­ditori consenzienti o meno, garantendo agli stessi e all’or­ganizzazione mafiosa ingenti guadagni che servivano a fi­nanziare i detenuti e i loro fa­miliari come nel caso di Anto­nio Rinzivillo e della mo­glie ».

Adesso i magistrati dovran­no stabilire come sia possibi­le che la Igc abbia ottenuto la certificazione di idoneità. Pro­prio ieri la commissione par­lamentare Antimafia ha avvia­to le audizioni dei rappresen­tanti istituzionali per verifica­re il rispetto delle procedure. E il presidente Giuseppe Pisa­nu ha sottolineato la necessi­tà di effettuare «verifiche co­stanti su chi ha ottenuto i la­vori perché può accadere che dopo qualche mese l’impresa cambi tutto o in parte la titola­rità e che i titolari che suben­trano non abbiano l’idoneità dei precedenti». La Igc è sem­pre rimasta intestata alle stes­se persone e nonostante que­sto ha potuto lavorare alla ri­costruzione. La revoca dell’au­torizzazione è arrivata soltan­to il 4 ottobre scorso, quando ormai i lavori erano termina­ti. Per questo adesso si sta va­lutando anche l’opportunità di lasciare l’appalto principa­le alla capofila Edimal, che ha consentito l’avvio dei lavori alle imprese collegate ben pri­ma del rilascio dei «nulla osta».

Fonte: corriere.it

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