11 gen 2009

«Proposte impossibili ma chiare». La tattica leghista che dà frutti.

«Norme annunciate, l'approvazione non conta»

MILANO — Genuina sensibilità per le preoccupazioni del popolo? Oppure la vecchia astuzia di Bertoldo, sia pure in salsa padana? Come che sia, è accaduto un'altra volta: il Carroccio annuncia a gola spiegata una novità, gli alleati (o il Tar, o la Corte costituzionale) lo bocciano, e il provvedimento sfuma. Soltanto ieri i numerosi go padani hanno ricevuto due stop: quello di Berlusconi in persona riguardo alla tassa sul permesso di soggiorno, quello del Tar sulle multe alle prostitute volute dal sindaco di Verona Flavio Tosi. Eppure, la credibilità cresce. E il consenso, almeno quello misurato dai sondaggi, aumenta. Secondo Nando Pagnoncelli di Ipsos, oggi la Lega sfiorerebbe l'11 per cento a livello nazionale: «Fortissima nei suoi territori tradizionali — spiega il sondaggista — ha ormai sfondato anche in Toscana e in Emilia».

Il tutto, grazie proprio a questa «strategia, peraltro assolutamente coerente con il posizionamento della Lega, che punta a differenziarsi da qualsiasi alleato e ad incassare il dividendo dell'essere, come già si è detto, partito di lotta e di governo». Renato Mannheimer sottolinea l'efficacia semplice di questo metodo: «La gente si sente difesa, vede che la Lega è quella che non perde mai l'iniziativa, quella che comunque propone qualcosa. E resta distante da una politica romana vista come statica, bizantina, immobilista». Secondo Mannheimer, «il Carroccio ha una capacità straordinaria di individuare temi semplici da capire. E pazienza se poi la ricetta proposta è irrealizzabile: il fine non è il governo, ma il consenso». Soprattutto, conclude Mannheimer, «nel momento in cui appare chiaro che il federalismo fiscale non arriverà dalla sera alla mattina e sono necessari altri vessilli». Ma loro, i leghisti, che ne pensano? Maurizio Fugatti, deputato e segretario del Trentino, è tra i recordman di Montecitorio: tra emendamenti depositati e provvedimenti proposti è senza dubbio tra i deputati più attivi. Ma di strategie, non vuole sentir parlare. «La verità — spiega — è che noi proponiamo quello che la gente vorrebbe, e lo si vede dal tasso altissimo di riconferma dei nostri amministratori. Poi, però, parte la grancassa, magari dallo stesso Pdl, e le cose si fermano: e il perbenismo prevale sul realismo».

Nessuna furbizia, dunque. Semmai, per Fugatti, «sono le nostre proposte che vengono sempre guardate con occhiali diversi, non si valutano nel merito ma prevale la filosofia e la sociologia». Vale allora la pena di sentire un sociologo come Roberto Biorcio, dell'università Milano Bicocca, che da parecchio tempo segue il Carroccio: «Il fatto che il proclama non abbia seguito, è cosa molto diversa dalla promessa elettorale non mantenuta. Il tentare di escludere gli immigrati dalle case popolari, le classi ponte per gli extracomunitari sono messaggi che funzionano al di là della loro reale applicabilità: perché cambiano il modo di pensare». Soprattutto per la loro capacità «di rendersi accettabili: non c'è razzismo esplicito, i provvedimenti più discutibili son sempre giustificati da una sorta di buon senso». Ma un politico come Filippo Penati, il presidente della Provincia di Milano, mette in guardia dal considerare la nuova Lega soltanto come l'ennesima riedizione del partito di lotta e di governo: «Prima puntavano i piedi, ora sono gli alleati più fedeli, e riescono a giocare tutta la loro partita su questa ambiguità. Riescono a sembrare i duri e puri, anche quando i fatti li smentiscono: guardate Maroni, che sulle impronte digitali ha presentato a Bruxelles un provvedimento diverso da quello annunciato in Italia. Hanno capito che l'annuncio è sufficiente a passare all'incasso». Secondo Penati, «Berlusconi se ne è accorto: e infatti, sulla vicenda Malpensa non ha concesso niente. Loro, però, canteranno vittoria: anche se da martedì prossimo a Malpensa rimarranno soltanto tre, e dico tre, collegamenti intercontinentali».

Fonte: corriere.it

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