21 nov 2008

Il contadino con 110 e lode. «Escluso dal concorso-truffa»

Il caso ad Agraria. Dal sogno del dottorato al lavoro nei campi
L'accusa: ha vinto il figlio del prof usando i lavori di papà

PALERMO — Da laureato voleva fare il ricercatore, puntando poi al concorso per associato, ma ogni volta veniva superato dal figlio del professore, dal coetaneo «eccellente» che adesso accusa di avere copiato i lavori inseriti nel curriculum. Con tanto di denuncia alla magistratura. E processo già incardinato dalla procura della Repubblica per il 26 marzo 2009. Perché Francesco Ferrotti, 36 anni e due figli, dopo cinque anni di carriera universitaria da precario ad Agraria, ha sbattuto la porta in faccia al cattedratico e al figlio, mollando l'insegnamento per andare in campagna, nelle terre del padre, fra Palermo e Monreale, dove fa l'agricoltore con 110 e lode. Sembrerebbe una delle tante piccole grandi storie dell'odiosa e diffusa parentopoli, ma stavolta il caso è finito in tribunale.

Saltando da Palermo, teatro dello scandalo, a Reggio Calabria perché oltre Stretto si è svolto l'ultimo concorso per un posto da associato vinto da Mauro Sarno, il sempre vittorioso concorrente di Ferrotti, protetto secondo l'accusa dal padre, il professore Riccardo Sarno, e indicato come autore di un clamoroso plagio. Nel suo esposto alla base degli addebiti che sfociano nel processo di marzo, Ferrotti sorvola sulle frustrazioni di una vita e va al sodo indicando i «falsi» del curriculum presentato da Sarno figlio a Reggio. Il primo titolo è quello di una ricerca pubblicata in inglese nel 1996 sugli effetti dei fertilizzanti ( «Effect of organic fertilization ») attribuita a «M. Sarno». Come la ricerca del 1998 sul « The nitrate case study ». Ma Ferrotti tosto com'è ha trovato i lavori originali scoprendo che a scriverli è stato «R. Sarno». «Col computer non c'è bisogno nemmeno del bianchetto...», commenta caustico salendo sul trattore il mancato professore. Forse non si sarebbe mai accorto di questo scambio di iniziali fra padre e figlio se nel curriculum del suo ex collega non avesse trovato perfino un lavoro firmato anche «Ferrotti F.». Una ricerca a più mani del 2001 sulla «Metodologia laser ». Roba dimenticata da Ferrotti che stavolta indossa i panni del «pentito»: «Un giorno mi chiesero di siglare una relazione mai fatta. Acconsentii. Ingenuo. Senza la forza di chiedere cos'era quell'andazzo. Anni dopo verifico e scopro che il saggio non è nemmeno originale, ma copiato da quello di quattro ricercatori di Pisa, Riccardo Pini, Michele Raffaelli, Alessandro Barbini e Andrea Peruzzi...». Sorprendente il confronto fra i due testi. Stesso incipit, stessi capoversi, solo i titoli diversi. E Ferrotti chiama i quattro, invocando: «Denunciate, denunciateci». Senza ottenere risposta. Poi contatta la società editrice che aveva pubblicato gli atti. «Rivelo tutto e non succede niente ». Stessa cosa con la Società italiana di agronomia che aveva organizzato il convegno raccogliendo gli atti. «Nulla. Tutti muti. Mi sono dovuto autodenunciare per fare emergere l'imbroglio». È tempo di avvocati per Mauro Sarno che al secondo piano di Agraria, nell'ufficio di fronte a quello del padre, evita ogni commento lasciando la parola all'avvocato Alessandro Campo: «Affermiamo l'assenza di responsabilità penale. Altrimenti avremmo chiesto il patteggiamento.

Sarà il giudice a stabilire». Magra soddisfazione per Riccardo Sarno, il cattedratico che aveva sperato di sistemare senza clamori il ragazzo con l'escamotage di Reggio Calabria. Come spesso succede, figli e nipoti si presentano in altra sede, conquistano il titolo di «idonei» e poi vengono chiamati dalla facoltà di partenza. «Tutto legittimo», giura Sarno padre, una furia contro Ferrotti: «Ci vuole male. Ma capisco che qualsiasi cosa dica lo sputtanamento è assicurato. La verità è che voleva costringermi a favorirlo. E adesso consuma la sua vendetta».

Fonte: corriere.it

1 commento:

  1. Esiste una tattica che ostruisce la filtrabilità della notizia di corruzione o scandalistica che consiste nel resistere ad ogni pubblicità dei misfatti.
    Il rettore, scrivo appositamente la lettera minuscola, se ne infischia e non si dimette.
    A questo punto deve intervenire la ministra dei preziosismi forbiti dei tagli a dimetterlo ex cattedra.
    Che dice tomasello iò vaiu avanti e mini futtu !

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