Il business milionario di famiglia. I terreni comprati dai boss. Il mistero di un certificato antimafia negato e poi rilasciato. Carriera e affari del sottosegretario. Accusato da quattro pentiti
E ora sono quattro. Un poker di pentiti di camorra accusa il sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino, nato a Casal di Principe, di avere intessuto un rapporto organico con il clan più pericoloso d'Italia: i casalesi.
L'ultimo verbale è stato depositato il 30 settembre scorso in occasione dell'operazione 'Spartacus 3' della Procura di Napoli, una retata che ha raccolto il plauso del capo dello Stato. Il pentito Domenico Frascogna ha raccontato ai pm che Cosentino è stato il postino dei messaggi del boss Francesco Schiavone, detto Sandokan per una vaga somiglianza con l'eroe salgariano. L'attuale sottosegretario avrebbe trasmesso gli ordini del capoclan, poi condannato a tre ergastoli e decine di anni di galera per reati gravissimi che vanno dall'omicidio all'associazione camorristica.
Pizza e pizzino I fatti narrati si svolgono tra la fine del 1995 e l'inizio del 1996. In quel periodo il boss, che ora è chiuso nel regime di isolamento più duro, è latitante. Cosentino è stato eletto consigliere regionale per Forza Italia con una valanga di voti (in provincia di Caserta una preferenza su tre è sua) e forte di questo bottino sta preparando l'approdo in Parlamento, che gli riuscirà nel 1996. A Casal di Principe Sandokan regna incontrastato e segue gli affari del clan nei rifiuti e nel calcestruzzo grazie a una rete di fiancheggiatori. Secondo il racconto di Frascogna, quando Sandokan vuol far sapere qualcosa ai suoi, si rivolge a Mario Natale, un avvocato proprietario di decine di immobili che circola su una Ferrari 550 Maranello e che è stato arrestato il 30 settembre scorso con l'accusa di essere il cassiere dei casalesi. Frascogna avrebbe visto Cosentino e Natale che andavano a casa di Nicola Panaro (un boss legato a Schiavone arrestato nell'ultimo blitz) per consegnare la lettera del capo. Non basta: il pentito racconta di avere assistito a un incontro a quattro nella sua pizzeria con Cosentino e l'avvocato Natale che consegnavano la solita lettera ai boss Raffaele Diana e Vincenzo Zagaria. Le accuse di Frascogna sono state rilasciate in tempi non sospetti, nel lontano 1998. La Procura le ha ritenute credibili e le ha allegate all'ordinanza di arresto contro i casalesi, ma non si sa ancora se le userà anche nel fascicolo segreto che vede indagato Cosentino.
In realtà il pentito non pronuncia mai il suo nome, ma solo il soprannome di famiglia, ereditato dal padre: 'o Americano'. Forse per questo nessun quotidiano nazionale ha valorizzato la notizia del sottosegretario postino del boss. Eppure i quattro verbali dei collaboratori di giustizia che 'L'espresso' pubblica a pagina 65 disegnano un puzzle davvero inquietante. Vediamo: per l'imprenditore di camorra Gaetano Vassallo (vedi 'L'espresso' n. 37 'Così ho avvelenato Napoli'), Cosentino controlla il consorzio per la raccolta dei rifiuti infiltrato dalla camorra, l'Eco 4, e gestisce la costruzione degli inceneritori in accordo con Sandokan. Per Michele Froncillo, un altro pentito citato nell'ultima indagine, anche il boss legato a Sandokan, Raffaele Letizia, ha rapporti con Cosentino per ottenere appalti. Mentre secondo quello che raccontava già nel 2000 il cugino di Sandokan, Carmine Schiavone, i primi patti elettorali tra i casalesi e Cosentino risalgono alle elezioni amministrative del 1982, quando Nicola Cosentino militava nel Partito socialdemocratico. Le accuse dei collaboratori di giustizia, anche quando sono concordanti, hanno valore solo se riscontrate, ma indubbiamente imporrebbero una riflessione. Invece sul caso è calato il silenzio. Nessuno sembra interessato davvero a capire chi è questo sottosegretario all'Economia di Casal di Principe che dispone di deleghe delicate sul Cipe, sul dipartimento del Tesoro e sulle frequenze radio e tv. Per comprendere meglio il fenomeno Cosentino, 'L'espresso' ha consultato informative prefettizie, visure camerali e catastali che riportano fatti certi, non parole di pentiti. A partire da un atto dal quale risulta che Nicola Cosentino ha comprato un terreno dal boss Mario Schiavone, arrestato nel blitz del 30 settembre scorso
Schiavone vende Cosentino compra
È il 9 ottobre del 1993, a Santa Maria Capua Vetere davanti al notaio Raffaele Orsi siedono Nicola Cosentino e i suoi cinque fratelli. Entra Mario Schiavone, il cugino e cognato di Sandokan è accompagnato dalla sua signora: Clelia Nappa (sorella della moglie di Sandokan, oggi in cella). Schiavone è lì per vendere un terreno di famiglia ai Cosentino. È un rettangolo di due ettari al confine tra il comune di Casale e quello di Villa di Briano. Il prezzo dichiarato è di 40 milioni di lire. La società della famiglia Cosentino quell'anno fattura già 20 miliardi, ma si presenta al gran completo per chiudere questo piccolo affare un po' insolito. Nel 1993 Mario Schiavone invece è ancora un cittadino incensurato, ma su di lui già si addensano nuvole giudiziarie. Nel 1990 'o Maittone' ha subito un procedimento di prevenzione insieme al boss Francesco Schiavone che si è concluso con il sequestro delle terre di Ferrandelle (dove poi è sorta la discarica). Tira una brutta aria per lui.
Nel maggio 1993 uno dei capi del clan, Carmine Schiavone, altro cugino di Sandokan, ha cominciato a cantare. Il 26 agosto del 1993 racconta ai pm gli acquisti immobiliari fatti da Mario Schiavone per nascondere dietro un prestanome i soldi del padrino. Poi parla del suo ruolo logistico: "La sua abitazione è uno dei nostri rifugi". Pochi mesi dopo quel verbale, Schiavone vende a Cosentino il terreno. Nulla di illecito. Solo nel luglio 1998, la Dia arresterà il capo dei casalesi in un bunker pieno di armi con il cugino Mario.
Resta il mistero di questo atto. Cosa se ne dovevano fare i Cosentino di un suolo agricolo confinante con un allevamento di bufale che sorge, secondo quello che dicono in zona, su terreni degli Schiavone? Se l'obiettivo dei Cosentino era un'operazione edilizia, non è riuscita. Il suolo, 15 anni dopo, si presenta ancora come un normalissimo campo appena arato. Lì vicino sorge il Santuario della Madonna di Briano, cara alla popolazione per i suoi miracoli. L'assistente del parroco conosce tutto e tutti, ma non ha mai sentito dire che il terreno in questione è stato comprato dal politico Cosentino e dai suoi fratelli. In compenso tutti sanno che a ridosso del Santuario ci sono i suoli degli Schiavone. E quando pronunciano quel nome abbassano la voce.
Affari di famiglia
Alla stipula dell'atto Nicola arriva con i fratelli. Una famiglia molto unita e potente. Se chiedete a chi abita da queste parti quale sia il simbolo del potere dei Cosentino, vi indicheranno il tribunale civile di Santa Maria Capua Vetere. Lì avvocati e giudici pieni di pratiche sono costretti a lavorare in un condominio con balconi, stanze, bagni e muri concepiti per ospitare famiglie e non computer e fascicoli. Eppure proprio quell'immobile, appartenente alla famiglia Cosentino, è stato preferito agli altri per ospitare il tribunale.
Il vero monumento al conflitto di interessi familiare è però la centrale elettrica di Sparanise, in provincia di Caserta, un mostro da 800 megawatt osteggiato dalla popolazione ed entrato in funzione nel 2007. Quando l'allora ministro Antonio Marzano scese a Sparanise per confermare che la centrale, nonostante le proteste, si sarebbe fatta, al suo fianco c'era Nicola Cosentino. Come dargli torto: quella centrale rappresenta una gallina dalle uova d'oro per la sua famiglia. Alla fine di un complesso giro societario la Scr, legata a Giovanni Cosentino, ha guadagnato 10 milioni di euro in un sol colpo con la vendita dei terreni dell'area e si è garantita un flusso di un milione di euro all'anno. Il tutto grazie alla scelta del Comune di Sparanise di far sorgere lì la centrale. E indovinate chi è il sindaco di Sparanise? Antonio Merola, un fedelissimo del sottosegretario.
Se l'energia è la nuova frontiera della famiglia, il core business da 35 anni resta il gasolio. Il gruppo di aziende che si occupa di carburanti e che fa capo a tre fratelli, Giovanni, Mario e Antonio, fattura 100 milioni di euro contro i 30 del 2003. Una serie di accordi intervenuti tra il 2002 e il 2003 con l'Eni e l'Agip hanno permesso ai Cosentino di espandere la rete con l'acquisto di 150 distributori. Al governo c'era Berlusconi, ma nessuno ha sollevato accuse di conflitto di interessi. Nicola è fuori dall'azionariato e così il gruppo può crescere parallelamente alla sua statura politica senza dare nell'occhio. Nemmeno quando inciampa in storie di boss e colletti bianchi.
L'impero Cosentino
Il gruppo è composto da Aversana gas, Aversana Petroli (ingrosso); Ip Service (distributori di benzina); Immobiliare 6C e Agripont, che ha comprato una fattoria di 180 ettari a Pontinia, in provincia di Latina. Ma la società centrale è la Aversana Petroli, 80 milioni di euro di fatturato, fondata nel 1975 da papà Silvio 'o Americano', come lo chiamavano tutti per i rapporti di affari con gli Alleati nel primo dopoguerra. Per cinque anni la società tenta inutilmente di avere la licenza per distribuire il carburante che arriva solo nel 1980. Nicola intanto ha scelto la politica: entra in consiglio comunale a 19 anni nelle file del Psdi e a 21 è già consigliere alla Provincia di Caserta. Nel 1983 agguanta la poltrona di assessore, prima ai Servizi sociali e poi alla Pubblica istruzione. Qualche voce maligna mette in relazione l'aumento delle forniture di gasolio alle scuole con il suo incarico. Ma secondo i libri aziendali è la "forte capacità di penetrazione nel territorio" il segreto del successo. In una terra in cui è facile incappare nel racket, la facilità di penetrazione non è poca cosa. Anche se talvolta ci vuole un po' di elasticità nella scelta dei partner. A Sparanise la pompa di benzina più vicina alla centrale fino al settembre 2007 era dei Cosentino, ma la gestiva il nipote di un boss, quel Giuseppe Papa condannato per omicidio. Due settimane fa l'impresa che gestiva la pompa dei Cosentino è stata sequestrata dalla Procura. Cose che accadono. In compenso i cantieri della centrale non hanno mai avuto problemi di criminalità. Proprio grazie alla sua capacità di penetrazione, la Aversana cresce lentamente fino ai 26 miliardi di lire del 1992. Lo stop che rischia di bloccare tutto arriva nel 1997, quando la Prefettura di Caserta nega il certificato antimafia per un appalto pubblico. Il motivo? Rischio di infiltrazione mafiosa.
Boss all'altare
In Prefettura analizzano i matrimoni dei fratelli di Nicola Cosentino e saltano sulla sedia: Giovanni Cosentino, 64 anni, è sposato con la figlia del boss Costantino Diana, poi deceduto. Mario, 43 anni, è sposato con Mirella Russo sorella di Giuseppe Russo, alias 'Peppe 'u Padrino', condannato all'ergastolo per associazione mafiosa e omicidio. Quando non sono le mogli, ci si mettono gli amici: un terzo fratello, Antonio Cosentino, 39 anni, è stato controllato nel 2005 in compagnia di un soggetto con precedenti di polizia per tentato omicidio, associazione mafiosa e tentata estorsione. La Prefettura nega così la certificazione anche nel 1998. Per i Cosentino si profila una catastrofe. Rischiano di saltare tutti gli appalti. Aversana Petroli ricorre al Tar e al Consiglio di Stato, ma perde, perché i legami parentali "rappresentano elementi, univoci e non contestati, da cui ragionevolmente può dedursi che sussisteva il pericolo di infiltrazione mafiosa". La sentenza è un macigno sulle aziende e rischia di danneggiare anche Nicola. In fondo le considerazioni sui 'rischi di infiltrazione' possono estendersi per analogia al politico. Nicola Cosentino ha ammesso di essere intervenuto in favore di qualche imprenditore per fargli ottenere la certificazione antimafia.
Nessuno sa se lo abbia fatto anche per la società di famiglia. Una cosa però è certa: la Prefettura cambia idea. Nonostante le sentenze dei giudici, il nuovo prefetto Maria Elena Stasi sollecita il comitato per l'ordine e la sicurezza a riconsiderare il caso. Una procedura che "si usa di rado" conferma il prefetto Stasi. Alla fine la Aversana Petroli supera lo scoglio dell'antimafia e alle ultime elezioni la Stasi è eletta in posizione blindata alla Camera con il Pdl. Il suo grande sponsor è stato Nicola Cosentino. Anche questo succede di rado.
Fonte: espresso.repubblica.it
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Le accuse dei pentiti:
RispondiEliminaDomenico Frascogna
Interrogatorio del 26 gennaio '98. "In pratica quando 'Sandokan' intendeva farci avere notizie utilizzava questo Natale (avvocato arrestato perché ritenuto prestanome dei casalesi, ndr) che peraltro svolgeva questo suo compito unitamente a un politico originario e abitante a Casal di Principe. Non ricordo il nome di questo politico ma so che viene soprannominato 'o Americano' (soprannome del padre di Nicola Cosentino, usato anche per il politico, ndr) che svolge l'attività imprenditoriale nel campo del gas Gpl. Se non sbaglio questo politico non opera a livello locale di Casal di Principe ma a un livello superiore. Mi sono incontrato con questo politico almeno un paio di volte
a casa di Nicola Panaro, fratello del noto Sebastiano (arrestato due settimane fa con il fratello, ndr).
Era insieme al Natale e si mise a parlare con Sebastiano Panaro al quale i due consegnarono anche la lettera di 'Sandokan'. La lettera, peraltro accuratamente sigillata con scotch, non fu aperta in quella circostanza in quanto era assolutamente vietato agli affiliati leggere le lettere inviate dal capo. In un'altra circostanza ancora il Natale insieme al politico in questione vennero alla mia pizzeria di Casapesenna... e consegnarono una lettera di 'Sandokan'
a 'Rafilotto'-Raffaele Diana e Zagaria Vincenzo, presente in quel momento nel mio locale. Questi due episodi si sono verificati tra la fine del '95 e l'inizio del 1996".
Michele Froncillo
Interrogatorio 4 febbraio 2008. "Raffaele Letizia detto 'Lello' era ed è esponente apicale del clan dei Casalesi per conto di Schiavone e in particolare a Massimo Russo detto Paperino e al fratello Giuseppe Russo anche durante il periodo di latitanza. Lo stesso ha rapporti con i politici come Coronella, Nicola Cosentino,
Nicola Caputo, come vi ho riferito in precedenti verbali; i contatti erano finalizzati a vincere le gare di importanti opere pubbliche".
Gaetano Vassallo
Verbale del 28 agosto 2008. "Confesso che ho agito per conto della famiglia Bidognetti quale loro referente nel controllo della società Eco 4 gestita dai fratelli Orsi. Ai fratelli Orsi era stata fissata una tangente mensile di 50 mila euro... Posso dire che la società Eco4 era controllata dall'onorevole Nicola Cosentino e anche l'onorevole Mario Landolfi (An) vi aveva svariati interessi. Presenziai personalmente alla consegna di 50 mila euro in contanti da parte di Sergio Orsi a Cosentino, incontro avvenuto a casa di quest'ultimo a Casal di Principe... La mia conoscenza con Cosentino risale agli anni '80, quando lo stesso era appena uscito dal Psdi e si era candidato alla Provincia. Ricordo che in quella occasione fui contattato da Bernardo Cirillo, il quale mi disse che ... Cosentino era uno dei 'nostri' candidati ossia un candidato del clan Bidognetti. In particolare il Cirillo specificò che era stato proprio 'lo zio' (Francesco Bidognetti condannato all'ergastolo, ndr) a far arrivare questo messaggio.
Carmine Schiavone
Udienza del processo Spartacus, 10 gennaio 2000. "Alle elezioni del 1982 la famiglia portò i candidati Nicola Schiavone e Peppe Natale, quei due erano i due principali poi ciascun gruppo (il clan dei casalesi aveva allora tre componenti: gli Schiavone, i Bidognetti e i De Falco, ndr) portava un altro. Il gruppo Bidognetti all'epoca appoggiò 'o Americano', Nicola Cosentino che stava nel Partito socialdemocratico italiano, il Sole che nasce. Il gruppo Bidognetti una parte votò a Cosentino e una parte votò al nostro gruppo. Dopo le elezioni io imposi che il sindaco lo doveva fare Francesco Schiavone (un avvocato, cugino del boss omonimo, ndr).
Poi uscii a settembre con la libertà condizionale e l'amministrazione fu composta così: Schiavone Francesco, mio cugino, come sindaco; Schiavone Nicola, assessore ai Lavori pubblici; Natale Giuseppe, assessore alle Finanze, al Personale, Cosentino che entrò a far parte dell'amministrazione... Per votare la giunta secondo le nostre direttive tutti quanti i consiglieri comunali vennero chiamati uno a uno da Mario Iovine e da mio cugino Sandokan e mi fu detto da loro. Venivano invitati, anche attraverso altri consiglieri, a salire in macchina e ad andare in determinate case. E loro dovevano comportarsi bene perché rischiavano di non tornare a casa. Andarono tutti e gli dissero che gli assessori dovevano farli quei personaggi che poi fecero gli assessori. Perché loro erano solo un numero, sennò venivano ammazzati".
Il caso Cosentino arriva infine alla Camera. Oltre un mese e mezzo dopo le prime rivelazioni de L'espresso sull'inchiesta nei confronti del sottosegretario all'Economia, Nicola Cosentino, il governo mercoledì 29 ottobre ha risposto a un'interrogazione parlamentare. A presentarla Antonio Di Pietro, seguito poi dai senatori del Pd.
RispondiEliminaCosentino, avvocato di Casal di Principe, è accusato da cinque pentiti per le sue relazioni con il clan dei casalesi. Cinque collaboratori di giustizia, ritenuti attendibili dai magistrati, tra il 1996 e il 2008 lo hanno descritto come un uomo nelle mani dell'organizzazione camorristica più potente, la stessa che vuole uccidere Roberto Saviano. La procura antimafia di Napoli ha aperto un'inchiesta sul sottosegretario: Cosentino è stato iscritto nel registro degli indagati per almeno tre ipotesi di reato. Alla Camera il governo ha affidato la risposta al ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito, esponente di quella pdl campana guidata proprio da Cosentino. Il ministro non replica alle richieste di chiarimenti: si trincera dietro il segreto istruttorio. Dice solo che le indagini su Cosentino sono coperte dal segreto. Vito inoltre riferisce che il sottosegretario non ha ricevuto avvisi di garanzia. E attacca a lungo L'espresso che con le rivelazioni sull'inchiesta "avrebbe minacciato la credibilità delle istituzioni. Ma la credibilità delle istituzioni non è molto più minacciata dalla presenza nel governo di una persona accusata di avere gestito per dieci anni rapporti con la camorra? La credibilità delle istituzioni non è minacciata dal fatto che chi è accusato di avere dominato consorzi per la raccolta dei rifiuti in accordo con i boss più feroci adesso diriga la politica economica dell'intera nazione?