7 nov 2007

Guerra tra bande a Porta Palazzo

Ragazzini originari di Casablanca si scontrano in strada nel nome di Radad il re e Hassan il gigante

TORINO - «Hakd lel mout» odio a morte. «Hakd lel mout» verso chi, brandendo un coltellaccio, ha quasi staccato una mano a Said el Jermin.
Non sognate bande come quelle di New York oppure di Los Angeles. Chi la fa da padrone a Porta Palazzo, sono nugoli di ragazzini originari di Casablanca e dintorni, spesso spacciatori, talvolta soltanto delinquenti. Teppisti, se si vuole, o poco più. Che, dopo il regolamento di conti di domenica, si odiano e si osservano da lontano in attesa che i capi dei due schieramenti, finalmente, si ritrovino faccia a faccia. E il più forte, allora, vincerà.

Quarantotto ore dopo il sangue e i fendenti di domenica le «bande» di Porta Palazzo riappaiono in strada alla spicciolata. E raccontano, ognuno dalla sua parte, le prodezze del capo. Di Radad, che qualcuno già chiama il Malik, il re. E di Hassan, il gigante. Oppure come lo chiamano quasi con disprezzo i nemici, «el Fil», l’elefante. Ma Hassan ha i suoi uomini e sono tanti, e non ha nessuna intenzione di piegarsi di fronte a Radad e ai suoi scagnozzi. Di chinare la testa di fronte a quel ragazzino che si sognava re di un territorio e adesso è in ospedale, tagliuzzato e ferito. «Più che nel corpo nell’orgoglio» dice qualcuno.

Il Malik
Stazionano tra corso Regina e corso Giulio Cesare i «ragazzi» di Radad. Non hanno divise, come non ne ha nessuno da queste parti; non hanno cappellini o gesti d’intesa. Ma loro sono l’esercito di che segue Radad nelle sue incursioni notturne. «È un ex spacciatore Radad» dicono in corso Giulio Cesare. Che si è affrancato, e adesso taglieggia gli altri pusher: o pagano o sono botte. «E ha anche rapito delle persone: le ha chiuse in casa e poi si è fatto pagare per rilasciarle» insistono. Il mito travalica la realtà. Radad non paga nei bar. Radad mangia e se ne va senza degnare di uno sguardo i proprietari dei ristoranti marocchini dove si presenta scortato dai suoi. Radad non ha paura, è stato protagonista cento di battaglie: via Bologna, via La Salle, via Cottolengo. Coltelli e bastoni. E poi c’è la punizione ad Ayoub: travolto in auto dalle parti di via Bologna.

El Fil
«Quelli laggiù, tra la chiesa e la moschea sono uomini suoi» dice chi li conosce. Spacciano. Hanno conquistato il territorio e adesso se lo tengono ben stretto, senza nessuna intenzione di chinare il capo davanti a Radad. Hassan, però, non si vede. E se c’è, nessuno ha intenzione di svelare chi è, e cosa fa. La sua casa è dalle parti di lungo Dora Napoli: «Ma non ci puoi andare, è territorio suo, e forse non è neanche lì». Dopo lo scontro di domenica è tutto peggiorato, più segreto, più confuso. Più ammantato di mito, che si sgretola però facilmente davanti alle divise dei carabinieri e della polizia.

Umiliazione
«Sabato sera Hassan è stato umiliato da Radad. E allora gliel’ha giurata» raccontano adesso i ragazzi delle gang. «Solh (la pace) dovevano fare solh, invece era un agguato» urlano i ragazzi. Ma la colpa insistono è di Radad che al ristorante aveva umiliato Hassan. «Ha tirato fuori una pistola, e lui è scappato» giura qualcuno. Perché? «Radad vuol fare il re: ha infastidito la donna che era con Hassan». «Dovevano tagliargli anche i testicoli. Via tutto, così imparava» motteggiano i ragazzi. Invece Radad è vivo e adesso ci sarà la vendetta. Scontri di bande, forse, in cui non si potrà capire al volo a quale squadra appartengono i singoli contendenti. Perché le «bande» di qui non han segni distintivi, e tutti indossano giubbottini, felpe e scarpe da ginnastica. Chi vincerà potrà permettersi di fare ciò che vuole. E gli echi arriveranno anche in Marocco. A Casablanca. Anzi, a Sidi Mouhane, il quartiere più malfamato del paese. Quello da cui provengono in tanti, quello fatto di baracche e di povertà. Uno spicchio di città in cui quelli come Radad sono tanti: stessi modi, stessi pensieri, stessa violenza. E spesso portano anche loro il nome di Radad. «É un profeta, lo invocano le donne che non riescono ad avere figli» raccontano. Ma qui - tra Porta Palazzo e dintorni - è solo il nome di un bullo che voleva fare il capo. E adesso c’è chi «hakd lel mout», lo odia a morte.

Fonte: lastampa.it

Nessun commento:

Posta un commento

Etichette

Post in evidenza

Regioni: molte spese, pochi valori

Non si può definire semplicemente corruzione, sprechi, malgoverno quanto sta emergendo a proposito delle Regioni Quando la quantità di un ...