11 nov 2007

Bobo Vieri new age

Non ha più la Cayenne, va in treno. Vive in una specie di arca di Noè, è fidanzato e va a letto presto.

Vi giuro che lo sapevo. Ho i testimoni. Ero rimasto l’unico a Milano (a parte Mimmo dell’osteria di Corso Garibaldi e pochissimi altri) a credere che Bobo Vieri non era finito, che la Fiorentina per lui non era una Villa Arzilla per ex bomber. Naturalmente dopo i gol a Villareal e a Napoli tutti lo celebrano ma io sono andato a trovarlo in tempi non sospetti. Tre settimane fa, prima di Villareal e Napoli. Da suo vecchio tifoso personale (per sei anni sugli spalti di San Siro a cantare Bobo gol Bobo gol Bobo gol), avevo capito che Bobo era tornato Bobo (media gol: uno ogni due partite e le partite sono 400). L’avevo intuito quando all’inizio di campionato aveva dato uno scappellotto al suo compagno Mutu, che si era dimenticato di passargli la palla. Nell’azione successiva Vieri si era mangiato un gol già fatto, su assist di un Mutu evidentemente sensibilizzato, ed era scoppiato a ridere in un soprassalto di auto-ironia, rarissima nel mondo del calcio, ilarità che aveva contagiato anche l’immusonito Mutu e il Comunale di Firenze tutto.
Il nuovo Bobo Vieri va agli allenamenti in treno (Prato-Firenze Campo di Marte, la stazione proprio a due passi dallo stadio) e non più in Porsche Cayenne. Non va più in discoteca e non si aggira nel triangolo milanese della moda, ma vive in campagna, circondato da animali tipo arca di Noè, e si corica presto la sera.

Colazione da McDonald’s

Ho passato con lui una giornata. Abbiamo pranzato assieme. L’ho seguito ai mitici Campini (così a Firenze si chiamano i campetti d’allenamento, ed è stato per me un pomeriggio proustiano perché da ragazzo ci andavo a guardare Antognoni e poi Baggio che si allenavano). Ho preso con lui un caffè al Bar Marisa (l’Università del calcio viola, ogni avventore è commissario tecnico e Bobo, entrando: «Un saluto ai mister»), e passeggiato tra le statue di piazza Signoria (Bobo: «Non sono tipo da monumenti però qui è davvero bello»). L’ho ascoltato notando il suo composito accento tosco-milanese-australiano (esempio: pronuncia «tutti» all’inglese: quasi «ci-u-cci»). E ho capito che giornalisti e tifosi (e anche qualche dirigente) con lui hanno cannato. Vieri non è una specie di incredibile Hulk come a volte l’hanno descritto. Anzi è educato (sarà per la mamma francese, Nathalie, ex modella?), appassionato (di calcio e di vita), ironico e simpatico. Vorrei fare qualche esempio di come è fatto Vieri riportando qualche stralcio della nostra lunga conversazione.

Io, all’inizio, dopo le presentazioni: «Pardon, non ho capito, ci diamo del tu o del lei?». Lui: «Un po’ tu, un po’ lei, come viene». Col mister, il grande Prandelli, vi date del tu o del lei? «Un po’ tu, un po’ lei, come viene». Più tardi. Siamo al barettino vicino allo stadio per mangiare qualcosa prima dell’allenamento. Prendo le polpette al sugo rosso. Bobo: «Hai fatto la scelta migliore. Io invece mangio come un malato, mangio come un morto: hamburger, due fette di bresaola, insalata scondita, acqua liscia. Devo mangiare così se no divento cento chili. Di mio mangerei fish’n’chips tutti i giorni, andrei fisso da McDonald’s, berrei decine di lattine di coca». Quanto pesi ora? «89 chili. In vacanza ero 96». Peso forma? «In tutta la carriera ho pesato 90, 91. Ora sono perfetto, devo solo acquistare ancora un po’ di forza perché sono stato fermo un anno senza far niente». E come si fa? «Corsa, palestra, corsa, palestra». Le famigerate ripetute? «Sì, le ripetute: mille metri, mille e cinque». Il discorso cade fatalmente sull’Inter. È stato vero amore? «All’Inter ho dato tutto me stesso. Mentalmente, fisicamente. Era la mia vita. Ero innamorato dell’Inter».

E perché te ne sei andato allora? «Perché mi hanno chiesto di fare la rescissione del contratto, perché non mi volevano più dopo tutto quello che ho fatto per loro, dopo tutto quello che mi avevano detto dirigenti, presidente, l’Inter qui, l’Inter lì, tu sei l’Inter... Io sono orgoglioso». Come abbonato interista le chiedo scusa per la storia, antipatica a dir poco, dello spionaggio nei suoi confronti. «Perché mi dai del lei ora?». Per dare una certa solennità a quanto sto dicendo. Li perdona? «No, una cosa così è uno schifo mai visto. C’è di tutto e di più e verrà fuori. Adesso non posso parlare».

Il Cinque Maggio
I momenti brutti sono alle spalle. Il più brutto è stato il Mondiale che l’Italia (dove Vieri è stato centravanti titolare per dieci anni) ha vinto e che Vieri si è perso. È allora che hai pensato di smettere? «Ero deluso e incazzato perché, sai, faccio questo lavoro da tutta la vita, il Mondiale era... era il trofeo più importante del mondo. Poi la delusione mi passa, riprendo a giocare. Il ginocchio mi faceva male e quindi mi sono dovuto operare. Un problema di cartilagine. Me l’hanno fracassata in modo che sanguinasse. Il sangue diventa uno strato di cartilagine che ti protegge. Ma ho dovuto stare fermo quattro mesi e ricominciare è stato un inferno».
Momenti brutti: il Cinque Maggio dell’Inter che perde uno scudetto già vinto. Cosa successe? «Sai che quando dici 5 maggio io ciò il black out?». Ancora? «Ce l’avrò sempre. Ho pianto, pianto dei mesi interi». Ma cosa successe? «Successe che ci hanno fatto quattro pappardelle quelli della Lazio. Non è successo altro. Pensa che io, alla vigilia, telefonai a mia madre: mamma, vieni a vedere la partita sarà un giorno indimenticabile. E lei: va bene, vengo».

Uomini o giornalisti?

I giornalisti sportivi in genere odiano Bobo (non è questa la ragione per cui io lo amo però, confesso, aiuta). Lui una volta ha detto loro in conferenza stampa che era più uomo di tutti loro messi assieme (non stento a crederlo). «Il problema è che non sono ruffiano. Dietro le critiche dei giornalisti c’è spesso invidia, cattiveria (quando sei al massimo per tanti anni dai fastidio). Io non parlo con le persone che si comportano in questo modo, non vado a salutarle. È normale che ce l’abbiano con me. Dico sempre quello che penso. Naturalmente ci sono persone serie, perbene anche fra i giornalisti. Ma ci sono questi giornalisti più vecchi che vogliono comandare. A me non comandano un cazzo. Ognuno ha il suo carattere e io sono così, punto e stop. Non devo niente a nessuno, quello che ho fatto, l’ho fatto tutto io. Capito? Io sono cresciuto in Australia, un paese libero, andavo a scuola con lo skateboard, con la bmx, pantaloncini e ciabatte infradito dalla mattina a sera per dieci anni». Facevi surf? «No, giocavo a cricket». Cricket è quello... «Con la mazza, sì». Quello che giocano in Inghilterra. «Bravo». Ci si deve vestire in un certo modo, pantaloni bianchi. «Sì, elegante». Ma non è noioso? «No, è bellissimo, sono innamorato io di quello sport». A proposito di amore, in un’intervista hai detto che nel sesso andavi a cento all’ora e ora vai a uno... «Lasci stare il privato, please».

Felicemente fidanzato
All’inizio i tifosi viola non ti volevano. C’era il coro: Eran quasi le tre, eri fuori con me... Vieri continua sorridendo: «Bobo Vieri alè. In realtà, dal primo giorno la gente mi ha applaudito con grande affetto». C’era anche lo striscione: Vieri punta fissa se ci fa conoscere Melissa. «Questo non l’avevo visto. Vieri punta fissa se ci fa conoscere Melissa? Allora sto in panchina». Geloso? «Sono molto aperto nei rapporti, non sono uno che va a controllare...». (Tipo Inter). «Tanto se uno all’altro vuol fare una cosa la fa. E dunque ’sti cazzi, viviamo bene il rapporto, non si può mica vivere con il terrore. Qui a Firenze mi godo la vita, mi sento ventenne, faccio quello che devo fare per il calcio e lo faccio al massimo, sono fidanzato, ho un rapporto bello, andiamo d’amore e d’accordo». Significa qualcosa che Melissa è sarda come Elisabetta Canalis? «Senta, Melissa è nata in America, a Boston». Torniamo ai tifosi viola. Secondo me, li hai conquistati definitivamente, dopo lo scappellotto a Mutu, quando con la Juve hai quasi impiccato Chiellini che ti aveva abbattuto ripetutamente in area mentre stavi per segnare. «Se non era rigore quello!». Sì, rigore ed espulsione di Vieri per fallo di reazione. «Espulso Vieri? Perché l’ho preso per il collo?». Eh, sì. «Forse hai ragione. L’arbitro quando mi ha dato il giallo mi ha detto che era quasi un rosso. Però se l’arbitro dà il rigore io non prendo Chiellini per il collo, chiaro no?». Ma Chiellini non ti ha detto nulla? «Ci siamo visti negli spogliatoi ed è finita lì. Io gioco, faccio la guerra con tutti, le prendo e le do, poi quando finisce è finito tutto, me ne vado a casa. Sai, crescendo in Australia hai quella mentalità lì».

Gino il Biondo
Facciamo un po’ di storia. Una notte a Sydney tu, giocatore di cricket e figlio di un campione incompreso di calcio (Bob Vieri), vedi Vialli e Mancini in tv... «E diventano i miei idoli. E a 14 anni e mezzo dico: voglio andare a giocare a calcio in Italia. E mio padre: dove cazzo vai a giocare a calcio in Italia. E io prendo l’aereo». Ma quando arrivasti in Italia come giocavi? «Come giocavo in Australia». Cioè non avevi idea della tattica? «Niente, pensavo solo al gol». Avevi questo sinistro sconquassante. «Solo il sinistro. Anche ora ho solo quello». Non è vero, mi ricordo quel bellissimo gol di destro con la Samp: dal fondo Recoba rimette in rovesciata... «No, non era il Chino, era Martins...». Giusto, Martins all’indietro in rovesciata e tu al volo di destro fai un gol che se ne cade San Siro... «Sì, però di destro ne sbaglio ottomila prima di farne uno. Bravo però, ti ricordi». Mi ha sempre terrorizzato la crisi del centravanti che non fa gol per mesi interi (come la pagina bianca dello scrittore). «Per me è anche fortuna. Quando ero al Milan ogni occasione me la parava il portiere, prendevo il palo. Volevo far gol in tutte le maniere. Quando vuoi fare gol per forza non lo fai. I gol si fanno da soli». Dicono che vivi in una specie di zoo. «Ma dai, un po’ di cani». Gino c’è ancora? «Che ne sai di Gino?». Mi ricordo una vecchia intervista. Ti chiesero se avevi nostalgia di Lippi come mister. Rispondesti: ho nostalgia solo di Gino, il mio cane, che sta a Prato. «Ora Gino ha dieci anni». Un labrador biondo, vero? «Sì, un biondo, ma è un golden retriever». Gli altri cani? «C’è Queen che è una iena, femmina di doberman. Poi Jicky l’ultima arrivata, una bassotta, comanda lei». Tutta qui l’arca di Bobo? «Ho le oche poi, i tacchini, un tacchino americano di 20 chili, ho due pavoni, li guardo spesso, hanno dei colori così strani».

Pretty Julia
Una volta hai detto che Pretty Woman e Julia Roberts erano il tuo film e la tua attrice preferiti. E ora? «Ora Julia Roberts e Pretty woman». Dicevi anche che avresti voluto conoscere Julia Roberts. Ci sei poi riuscito? «Guardi che io ora sono fidanzato, non sono più single per cui certi discorsi...». Ok, capito. Qualche settimana fa, in tempi non sospetti, Lippi ha detto: non dimenticate Vieri, è un campione vero. «Con Lippi ho fatto a botte. Se non ci levano, ci ammazziamo. Lui è toscano come me. Dice quello deve dire in faccia punto e stop. Ci siamo subito contrastati, avevo 22 anni». Cosa successe? «Niente, una cosa di gioco, non mi ricordo bene ora. Mi fa entrare al 40esimo del primo tempo e mi caccia dopo pochi minuti. Nello spogliatoio litighiamo. La sera viene Peruzzi a casa mia». Angelo Peruzzi il portierone, un grande. «Una delle persone più buone e brave che ho conosciuto nel calcio. Insomma, Angelo mi fa: dai, andiamo a mangiare. Al ristorante c’era Lippi. Vai e chiedigli scusa, mi dice Angelo. Vado da Lippi: scusa mister. Parliamo, finisce lì. Cioè, mi spedisce in tribuna per un mese, però aveva capito che con me bastava dir le cose. Poi si fa male Boksic, salta un po’ di partite, Lippi mette me e da lì non mi ha più tolto per tutto il girone di ritorno. E lì ha capito come ero, che ero un po’ come lui e da lì il nostro rapporto è andato sempre a duemila all’ora».

Un biscotto Ringo e a nanna
Parliamo di mondanità, facevi parte del giro di Lele Mora in Sardegna. «Ho frequentato quel giro là». E ora? «Sono stato fermo un anno e ho capito tante cose, tante persone, tanti amici. Dopo le due operazioni e l’anno fermo sono cambiato molto». Sai che molti si sono scoperti santi proprio dopo un periodo di immobilità in seguito a ferite, a malattie? «In quelle situazioni capisci le persone, capisci che il 90 per cento sta con te perché vuole soldi, vuole sfruttare il momento. Ho tagliato tante persone, quasi tutti».
A sera riaccompagno Vieri a Prato in treno. Ci spartiamo due biscotti Ringo, due di numero. «Sai, avevo voglia e bisogno di tornare a casa, di tornare a vivere con la mia mamma, di andare agli allenamenti in treno. La preparazione che faccio è così dura che spesso alle dieci mi ficco a letto. Vedi, ora sono proprio un po’ stanchino». Davvero adesso te ne vai a dormire? «Ma no! Poi esco e faccio le tre. Bobo Vieri alè Bobo Vieri alè».

Fonte: corriere.it

Nessun commento:

Posta un commento

Etichette

Post in evidenza

Regioni: molte spese, pochi valori

Non si può definire semplicemente corruzione, sprechi, malgoverno quanto sta emergendo a proposito delle Regioni Quando la quantità di un ...