24 ott 2007

Le amicizie pericolose e il sogno del partito dei Savoia

Una delle idee che Valori e Futuro intende promuovere è quella del made in Italy, considerato uno dei valori più importanti. Tant'è che, quando decise di trasformare la sua associazione culturale in movimento d'opinione, Emanuele Filiberto volle legarsi a una persona che caldeggia il valore del made in Italy a tempo pieno. Si tratta di Mariano Turrisi, cinquantreenne di Piedimonte Etneo, provincia di Catania, padre-padrone del Made In Italy Group, un gruppo che ambisce a diventare una sorta di Istituto per il commercio estero privato. Turrisi è stato arrestato due giorni fa in Francia per associazione mafiosa.
L'amicizia con Turrisi
Il primo contatto tra i due risale alla fine dell'anno scorso. A gennaio di quest'anno, il principe e Turrisi andarono insieme a New York e in uno dei più esclusivi alberghi di Manhattan, il Peninsula Hotel, definirono i termini della loro collaborazione in base a quella che il sito di Valori e Futuro definì «la visione che li accomuna: entrambi ambasciatori, promotori e difensori dei valori e delle tradizioni millenarie che rendono unica la nostra Italia».
Subito dopo quel viaggio, il principe non solo nominò Turrisi vicepresidente di Valori e Futuro, ma lo promosse "socio fondatore" sul campo (Valori e Futuro era nata nel 2005, quando Turrisi era in tutt'altre cose affaccendato). Contemporaneamente il nome del principe venne inserito nello special advisory board del Little Italy Resort, un progetto con cui Turrisi intende costruire una riproduzione dell'antica Roma nei pressi di Las Vegas (dove altro?), con tanto di anfiteatro da 85mila posti – definito «copia esatta del Colosseo» –, terme imperiali, centri commerciali, unità condominiali, alberghi e ovviamente casinò.
L'antica Roma a Las Vegas
Insomma, entrambi impegnati in grandi e ambiziosi progetti, Emanuele Filiberto e Mariano Turrisi si intesero subito, trovandosi complementari. Sul piatto il principe offriva il nome, la visibilità e l'ampia rete d'influenza del casato. Dalla sua, l'imprenditore siciliano metteva il network del Made In Italy e un affare – quello della replica dell'antica Roma a Las Vegas – che almeno sulla carta valeva più di un miliardo di dollari. Non solo. Turrisi prometteva anche grandi finanziamenti al movimento del principe.
Progetti e promesse di Turrisi erano così grandiosi da meritare necessariamente una qualche verifica sulla loro effettiva consistenza, e soprattutto sul suo patrocinatore. Non sappiamo se il principe l'abbia fatta o meno. Ma nel farla, «Il Sole-24 Ore» ha aperto un vero e proprio vaso di Pandora. Perché su Mariano Turrisi è uscito di tutto e di più.
Nel breve profilo ospitato fino a poche settimane fa sul sito di Valori e Futuro si leggeva: «Le sue solide relazioni con importanti uomini d'affari e il suo intuito negli affari culturali l'hanno reso capace di aprire porte a molte iniziative strategiche. Mariano Turrisi ha inoltre fondato un'organizzazione no-profit a Sydney in Australia e il Club di Forza Italia di cui ne (sic) è il Presidente dal 1997». Sulle sue attività imprenditoriali c'era solo scritto che «Mariano Turrisi ha lavorato come apprendista presso Mercedes Benz e Alfa Romeo in Italia e successivamente ha iniziato la sua carriera imprenditoriale nel settore degli autoservizi».
Assegni scoperti
Sarebbe però bastato fare una semplice visura camerale per scoprire che nel 2004 Turrisi era stato segnalato per due assegni scoperti per un totale di 25mila euro. Informazioni molto più complete «Il Sole–24 Ore» le ha trovate poi in un documento allegato a un procedimento penale della Procura di Roma: «Turrisi Mariano, alias Turrisi Mario, alias Viaros Mario, alias Tarraso Maurice è stato oggetto di diverse indagini dall'anno 1984, per riciclaggio, traffico di droga, richieste estorsive di ampliamento dei crediti, uso di documenti e valuta contraffatti, di assegni scoperti e truffe, ma sempre senza o quasi alcun risultato... (In Italia) risulta avere pregiudizi per reati contro il patrimonio (1994) ed essere stato condannato per reati contro la famiglia (1987). Da archivi dell'Fbi... risulta essere stato tratto in arresto più volte negli Usa. In particolare risulta che in data 11.06.1985 è stato oggetto di fermo in Florida da parte dell'Interpol in quanto trovato in possesso di banconote false... Turrisi è, inoltre, stato sospettato di essere inserito in un vasto traffico di stupefacenti, facente capo alle famiglie di Cosa Nostra a New York, nonché di aver riciclato centinaia di milioni di dollari; ha, infine, contatti in numerosi Paesi europei e del continente americano... Anche la Dea, agenzia antidroga americana, ha condotto indagini sul suo conto per narcotraffico, certificati di deposito falsi e valuta contraffatta».
L'arresto di Turrisi
Fin qui il passato. Il presente non risulta però meno torbido. Proprio ieri a Roma, in una conferenza stampa congiunta tenuta dal sostituto procuratore di Roma Italo Ormanni con la Dia e la Guardia di Finanza, è stato annunciato l'arresto di Mariano Turrisi per il reato 416 bis, associazione di tipo mafioso. Dall'indagine condotta dai funzionari della Dia, Silvia Franzé e Alessandro Mosca, in collaborazione con il maggiore della Guardia di Finanza Vincenzo Androne, è emerso che Turrisi avrebbe usato il suo Made in Italy Group per un'operazione di riciclaggio di denaro con il Canada da oltre mezzo miliardo di dollari che vede coinvolto il clan mafioso italocanadese che ha come padrino Vito Rizzuto. La Made in Italy Group – con sede a Piazza Colonna, a pochi passi da Palazzo Chigi – sarebbe stata creata, secondo gli inquirenti, proprio per riciclare il denaro proveniente dal traffico di droga. In particolare una partita di cocaina da 300 chilogrammi, dal Venezuela, era stata sequestrata l'anno scorso a Vancouver.
Per quanto riguarda il riciclaggio, che si svolgeva attraverso un sistema di società a scatole cinesi, sono stati emessi 19 provvedimenti di cattura tra cui due funzionari di banca del Veneto che facevano la spola tra Svizzera e Italia per depositare il denaro in conti correnti (denominati Olio 1 e Olio2) che facevano capo all'associazione mafiosa.
Estradato negli Usa e quindi condannato per un triplice omicidio da lui commesso nel 1981 a Brooklyn, Vito Rizzuto è oggi rinchiuso in un carcere di massima sicurezza americano. Anche da lì gli inquirenti pensano continui a controllare le attività di un'organizzazione un tempo strettamente legata al clan mafioso dei Caruana-Cuntrera e che secondo la Procura di Roma «domina il mondo del crimine organizzato in Montreal dagli inizi degli anni 80».
In una sua testimonianza, il pentito della camorra ed ex trafficante di cocaina Oreste Pagano aveva poi spiegato che «Rizzuto può essere considerato una sorta di manager che, tramite i suoi affiliati, utilizza persone non facenti parte della famiglia per commettere reati comuni che consentono all'organizzazione di esistere anche senza sporcarsi le mani».
I legami con il clan Rizzuto
Nella richiesta di custodia cautelare il sostituto procuratore di Roma Adriano Iasillo, che ha coordinato le indagini con il supporto della collega di Milano Margherita Taddei, aveva spiegato che in questo network di affiliati del clan Rizzuto si distinguono i fratelli Robert e Anthony Papalia, per i quali ha anche chiesto e ottenuto le misure cautelari. Da tre decenni i Papalia sono coinvolti in una serie di episodi di frode un po' in tutto il mondo. Il primo riguarda la Penway Explorers Ltd, una società canadese che un tribunale dichiarò essere stata etero-diretta da Vito Rizzuto e che aveva Anthony Papalia come consigliere d'amministrazione. I Papalia vennero poi coinvolti nelle vicissitudini di svariate altre società, come Metals Research, Crys-Tel Communications, Nano-World Projects, tutte finite nel mirino delle autorità investigative per truffa. Nel 2005 la Consob canadese ha poi interdetto Robert da qualsiasi ruolo in società quotate per 25 anni, mentre negli Usa la Sec gli ha imposto l'interdizione «in perpetuità».
«Il Sole-24 Ore» ha trovato evidenza del fatto che Turrisi è da anni associato ai Papalia. Nel 1999 la sua firma apparve a fianco a quella di Robert Papalia in un documento che lo presentava come managing director di Crys-Tel Australia, la sussidiaria australiana della società cui erano legati i Papalia. L'anno successivo, i Papalia presentarono Turrisi a un loro affiliato, Edward Nixon, il fratello incauto dell'ex Presidente americano che avevano coinvolto come consigliere in svariate operazioni di dubbia natura. «Robert Papalia mi invitò a Toronto a incontrare Turrisi. Il 24 maggio 2000 presi il volo da Seattle a Toronto», ci ha detto Nixon dopo aver consultato la sua vecchia agenda elettronica nel computer di casa (la carta di Edward Nixon è tra l'altro un jolly sempre a disposizione: nell'advisory board del Little Italy Resort, assieme al principe, abbiamo infatti trovato anche il suo nome.)
Le intercettazioni con il padrino
Negli ultimi anni il rapporto tra Turrisi e il padrino di Montreal non è stato solo mediato attraverso i Papalia. Le autorità canadesi hanno intercettato svariate telefonate tra Turrisi e Vito Rizzuto nel 2002 e nel 2003, mentre in una telefonata con un altro suo affiliato lo stesso don Vito ha definito Turrisi «un mio socio» con cui ha «fatto delle cose insieme». Non tutte quelle cose devono però essere andate felicemente in porto. Perché in un'altra telefonata intercettata il 1 novembre 2002 dai canadesi si sente don Vito chiedere a Robert Papalia «se quel ladro è ancora lì o se n'è andato». I due parlavano di tale Mario (o Mariano) e gli inquirenti ritengono si riferissero proprio a Turrisi. Papalia aveva risposto di aver visto «quell'idiota» all'Hotel Inghilterra (abituale punto di riferimento romano di Turrisi ndr.), dove stava «spendendo un sacco di soldi». «Questo ragazzo ci sta derubando», aveva poi commentato Papalia. E aveva aggiunto che stava ancora tentando di fare «quella cosa del caz...». Era un riferimento al progetto del Made in Italy? È impossibile stabilirlo, anche se nel corso di svariate telefonate avvenute nel 2005 Turrisi è stato intercettato mentre aggiornava Anthony Papalia sui suoi sforzi sul Made in Italy.
Ma come è possibile che Emanuele Filiberto, presidente di un movimento interamente impostato su valori come il rigore morale e l'onestà, abbia finito con scegliere come vice un tipo come Turrisi?
Nella sua intervista al Sole-24 Ore, il principe ha spiegato di essersi reso conto di aver commesso un errore. «Ho aperto troppo le braccia a una persona che mi raccontava tante belle cose – ha spiegato –. E forse gli ho dato un incarico troppo elevato». In un movimento che inneggia a valori quale il rigore morale e l'onestà, chissà quale incarico sarebbe stato più appropriato per un uomo legato a Don Vito Rizzato, killer e padrino della mafia italo-canadese?


CHI È
Nato a Piedimonte Etneo, in provincia di Catania, Mariano Turrisi, 53 anni, è stato arrestato due giorni fa per associazione mafiosa. È presidente di Made in Italy Group ed è stato fino al luglio scorso vicepresidente di Valori e Futuro, il movimento fondato da Emanuele Filiberto.
Le identità e le inchieste
Secondo un documento allegato a un procedimento penale della Procura di Roma, Turrisi è stato coinvolto in numerose inchieste giudiziarie con nomi diversi: Turrisi Mariano, Turrisi Mario, Viaros Mario, Tarraso Maurice. Sottoposto a diverse indagini per riciclaggio, traffico di droga, uso di documenti e valuta contraffatta, dagli archivi Fbi risulta essere stato arrestato più volte negli Usa.

Fonte: ilsole24ore.com

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