24 ott 2007

«Fece uccidere il figlio pentito»: madre arrestata 18 anni dopo

Catania, svolta nel caso di Sebastiano Mazzeo, fatto sparire dalla mafia
In cella anche la sorella della vittima: «Lo diedero ai killer»

CATANIA — Sarebbero state la madre e la sorella a consegnarlo ai sicari che gli davano la caccia per impedirgli di continuare a collaborare con la giustizia. Dopo 18 anni torna a galla una pagina di orrore nella storia della mafia catanese. Quella dell'omicidio del pentito Sebastiano Mazzeo, rampollo di una cosca (i cosiddetti «Carcagnusi») che per anni aveva dettato legge anche a Torino. Per quell'omicidio la Procura di Catania ha emesso tre ordinanze di custodia cautelare con l'accusa di omicidio aggravato in concorso.

Tra le persone arrestate ci sono anche la madre e la sorella del pentito, Gaetana Conti, 57 anni e Concetta Mazzeo di 39. Secondo i pubblici ministeri Paolo Giordano e Francesco Puleio sarebbero state loro a portare i sicari fino al rifugio in cui Sebastiano Mazzeo, che aveva 21 anni, si nascondeva dopo essere riuscito a sfuggire al controllo degli agenti del programma di protezione dei pentiti.

Di un coinvolgimento della madre si era già parlato anni fa dopo le rivelazioni di alcuni pentiti che però non trovarono riscontri. Ma di recente a vuotare il sacco è stato uno dei sicari, Salvatore Centorrino, uomo del commando che nell'ottobre '89 uccise il pentito. «Alcuni giorni prima — ha detto — c'era stata una riunione in una villa di Gravina». Presente il capomafia Turi Cappello e altri esponenti della cosca. «In quella riunione si era deciso di uccidere Mazzeo colpevole di aver reso dichiarazioni che potevano portare all'arresto di molti affiliati».

Secondo Centorrino nella villa arrivarono anche la madre e la sorella di Mazzeo che alcuni giorni dopo, a bordo della loro automobile, guidarono i sicari sino alla casa nel quartiere San Cristoforo dove il ragazzo era rintanato. «Furono loro a bussare alla porta e subito dopo lui scese giù e fu caricato su una Fiat Croma » dove venne ucciso a colpi di pistola.
Il cadavere non è stato mai ritrovato. Altri collaboratori hanno raccontato che fu mutilato con una mannaia e poi sepolto in un boschetto.

Stando alle indagini della Squadra Mobile di Catania il ruolo delle due donne sarebbe stato «determinante » in quanto erano tra le poche persone che conoscevano il rifugio di Mazzeo. A quanto pare la madre e la sorella non avevano accettato la sua scelta di collaborare con la giustizia.

Sebastiano Mazzeo nella sua pur breve vita si era già messo in mostra ed era considerato estremamente pericoloso. Nella Torino degli anni Ottanta venne definito il «baby killer» dei carcagnusi e la sua storia riempì pagine e pagine di giornali. Ad appena 14 anni aveva infatti cominciato a sparare e poi spingeva la carrozzella del padre, considerato il capo della cosca, che continuava a gestire i traffici illeciti anche dopo essere rimasto paralizzato a seguito di un agguato.

Nel dicembre dell'84 padre e figlio vengono arrestati nel mega-blitz della Procura di Torino contro il clan dei catanesi scaturito dalle dichiarazioni del pentito Salvatore Parisi detto «Turinella».

Scarcerato dopo qualche anno, nel maggio dell'89 Sebastiano Mazzeo viene nuovamente arrestato per porto illegale d'armi.

Probabilmente diventa collaboratore di giustizia solo perché medita vendetta dopo la morte del padre, ucciso due anni prima. E infatti il 7 ottobre riesce a beffare in modo rocambolesco gli agenti dell'Alto Commissariato Antimafia, che all'epoca avevano la gestione dei pentiti. Per svagarsi chiede di poter trascorrere una serata al «Piper » di Roma. Ma approfittando della confusione riesce a scappare tornando a Catania dove c'è chi ne teme l'ambizione e la determinazione. Così come avevano fatto col padre, ucciso da un commando di falsi carabinieri, cercano di eliminarlo ma questa volta travestendosi da finanzieri. Lui però non abbocca. Fino a quando non ci riprovano utilizzando come esca la madre e la sorella.
Fonte: corriere.it

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