31 lug 2007

Napoli, il record degli affitti che il Comune non incassa

Gli affitti al comune non si pagano. È una regola non scritta, ma a Napoli sembra valere per tutti: quasi i due terzi degli inquilini non rispettano il contratto e non lo fanno neppure le istituzioni. Così i crediti insoluti viaggiano intorno a 81 milioni di euro e l’amministrazione guidata da Rosa Russo Iervolino accumula cause su cause davanti ai giudici senza riuscire a sfrattare nessun abusivo. Mentre sullo sfondo resta una fila di edifici inutilizzati e in crescente degrado, a causa delle attività di manutenzione ordinaria che seguono i ritmi della burocrazia.

È quanto emerge dall’impietosa istantanea scattata dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti in una recente indagine sulla gestione del patrimonio immobiliare. Dal 1991 al 2003 i contenziosi avviati dal comune sono quasi 7.400 e nella quasi totalità dei casi si tratta di sfratti per morosità (circa 2.400 le azioni in corso). Ma questo lavoro non sta dando grossi risultati. I magistrati contabili segnalano che «la percentuale dei crediti recuperati coattivamente mediante azione legale non supera, mediamente, la metà del totale degli importi intimati».

E non si tratta di quattro soldi. Il valore degli affitti non pagati al comune nell’arco di dodici anni è di ben 80 milioni e 900 mila euro. Gli utenti sono 31.304 e di questi 18.806, il 60,1 per cento, non sono in regola (dati 2003). Nel dettaglio, le maggiori irregolarità riguardano importi non versati inferiori a 100 euro o superiori ai 5 mila. Nel primo caso si tratta di un fenomeno normale. Ma per spiegare il mancato pagamento di cifre più elevate, la Corte punta il dito contro l’atteggiamento dell’amministrazione «eccessivamente indulgente e poco incisivo», oltre che «poco propenso ad attivare sistematiche azioni di sfratto per morosità».

Una soluzione, però, va trovata in fretta. Anche perché a non rispettare i pagamenti non sono solo famiglie indigenti. Circa 6,1 milioni di euro sono dovuti da istituzioni pubbliche, come il ministero degli Interni - che ha caserme, commissariati o sedi di prefettura in edifici comunali - o come Asl e scuole. Tra gli inquilini, poi, solo il 17 per cento dei crediti è da imputare alla fascia A, cioè ai redditi più bassi. Del 49 per cento dei soldi dovuti e non versati è responsabile la fascia C4, che rappresenta, però, solo il 10,3 per cento dei rapporti di utenza. In questa categoria è compreso chi guadagna molto e chi non ha presentato i documenti sul proprio reddito, tra i quali, secondo i magistrati, molti abusivi (dati 2002).
Quello delle occupazioni illegali di appartamenti comunali è un fenomeno molto diffuso, se si considera che cinque anni fa se ne contavano addirittura 9.116, un terzo di tutti i rapporti di utenza. E pare che il lavoro da fare sia ancora molto, visto che «i provvedimenti di sgombero coattivo adottati sono solo quattro su oltre 7.900 istanze di regolarizzazione pervenute».

Nel passare al setaccio la gestione, l’indagine fa emergere un’altra assurdità: il comune «utilizza un gran numero di strutture prese in affitto da terzi e, nel contempo, risulta proprietario di molti immobili inutilizzati». Sul totale degli edifici comunali, oltre un terzo è ancora privo di destinazione e nelle conclusioni i magistrati sottolineano «il mancato utilizzo a fini pubblici di 5.400 immobili acquisiti gratuitamente».

A complicare tutto, poi, c’è il «degrado» delle strutture. La Corte parla di scarsa attenzione alla manutenzione ordinaria, cui vanno circa 11 milioni di euro l’anno, lo 0,3 per cento dell’intero valore immobiliare. Di conseguenza, gli edifici hanno bisogno di una quantità sempre maggiore di soldi per interventi straordinari: per gli immobili a reddito, cioè quelli dai quali ci si aspetta di ottenere un introito, il comune destina a questa attività circa il 46 per cento delle risorse impegnate per la ristrutturazione dell’intero patrimonio immobiliare. Un vero salasso se si pensa che tra il 1999 e il 2003 sono stati accesi mutui per circa 309 milioni di euro per la manutenzione. Così l’indebitamento complessivo è cresciuto del 20 per cento.

Tutto questo ha portato a una «crisi di liquidità di difficile soluzione». Il saldo di cassa della gestione corrente degli immobili nel periodo 1999-2003, cioè la differenza tra riscossioni e pagamenti, è negativo per oltre 45 milioni di euro. Una situazione dovuta essenzialmente al mancato incasso degli affitti, che tra il 2000 e il 2001 si sono azzerati, con una perdita di 21 milioni di euro l’anno. A questi mancati guadagni si aggiungono i costi per la fornitura di servizi non rimborsati, pari ad altri 2,7 milioni l’anno.

Fonte: L'espresso

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