5 giu 2015

Mafia Capitale: Gramazio story, dal «Pinguino» a Casapound

Abiti eleganti per il lavoro e bicipiti pompati per sfilare con l’estrema destra. Ecco le amicizia di Luca tra sezione e istituzioni sulle orme di papà Domenico

A papà Pinguino portano via il cucciolo in manette (del soprannome da National Geographic che Domenico Gramazio, 67 anni, ex picchiatore fascista, ex parlamentare del Pdl, satrapo della destra romana, si porta addosso con una certa rassegnazione, parleremo tra un po’).
Suo figlio Luca, a 34 anni, è già stato capogruppo in consiglio comunale per il Pdl e alla Regione Lazio per Forza Italia: la barba curata, i Ray-Ban e tutto il resto, sempre in ghingheri per avere l’aria destrorsa seria e affidabile, più il bicipite pompato per poter sfilare se necessario insieme ai camerati di CasaPound, viene definito dai carabinieri del Ros una persona di «straordinaria pericolosità».
È accusato di associazione di stampo mafioso con compiti precisi. «Svolge - scrive il Gip Flavia Costantini - una funzione di collegamento tra l’organizzazione criminale, la politica e le istituzioni...».
Papà Pinguino lo adora.
Se dopo essere stato eletto con 18 mila voti, tuo figlio riceve la telefonata di congratulazioni di un criminale come Massimo Carminati, dovresti un poco impensierirti.
Papà Pinguino, no.
Anzi, va a festeggiare.
Trattoria «Dar Bruttone», via Taranto, quartiere San Giovanni, sera del 23 luglio 2013.
I due Gramazio e, a capotavola, «Er cecato».
Brindisi e progetti, un vassoio di rigatoni con la pajata e la voce dei tre che, improvvisamente, s’abbassa (trucchetto buono per i tempi in cui Carminati cenava con la Banda della Magliana, ma adesso inutile: perché quelli del Ros hanno ormai apparecchi sensibilissimi).
Scrive, ancora, il Gip Flavia Costantini.
«Luca Gramazio riceveva costantemente erogazioni di denaro da parte di Salvatore Buzzi - il ras delle cooperative - che agiva di concerto con Carminati. Tra le altre: 98 mila euro in contanti e 15 mila con bonifico di finanziamento al comitato Gramazio; più l’assunzione di 10 persone e la pro-messa del pagamento di un debito per spese di tipografia».
Luca Gramazio, dopo essere stato indagato nella prima fase di Mafia capitale, lo scorso dicembre decide di dimettersi da capogruppo: e, va detto, dentro Fi le sue dimissioni vengono accettate come se si stesse dimettendo allo scopo di avere più tempo per giocare a golf.
Invece, Luca ingrassa, si gonfia. E diventano sempre più evidenti i suoi sbalzi di umore: tipo che lo incontravi ed era preoccupato, triste, stanco, e dopo un minuto ti tornava positivo, ottimista, euforico.
Aspetta anche il primo figlio.
Nonno Pinguino, scriveranno.
Per l’anziano Gramazio una gioia che si mischia a dolore e, forse, paura. Lui che non l’ha mai conosciuta. «Sono stato arrestato tre volte e nel 1976, dopo una manifestazione, un gruppo di autonomi mi accoltellò. Però io non mi sono mai lamentato. Anche perché, non è per dire, ma le ho sicuramente più date che prese». Le dava anche se le braccia erano un filo corte (ecco l’origine del soprannome). E comunque le gambe erano forti e in più aveva il vezzo di farsi fare i tacchi delle scarpe in ferro.
Di lui si occupa la Bbc , sono suoi i primi raid contro gli accampamenti nomadi, organizza marce riparatrici contro il Gay Pride, va a Gerusalemme e afferma che il fascismo non ha avuto responsabilità nell’Olocausto, Berlusconi lo fa eleggere al Senato e lui - il 24 gennaio del 2008, quando cade il governo Prodi - si esibisce in quella celebre penosa gazzarra (Gramazio urla come un pinguino in amore e beve spumante, il collega Nino Strano addenta felice una fetta di mortadella).
Hai un padre così, e non puoi farci niente. Però lui ti fa frequentare la sua sezione (a piazza Tuscolo, storica base missina): e allora ti metti a fare politica e hai subito un gran successo, il cognome è già famoso, sei figlio d’arte, e ti ci vuole poco a capire che i saluti romani sono anche un modo per fare affari.
Soprattutto nella Sanità.
Perché papà è stato presidente dell’agenzia per la Sanità della Regione quando governatore era il suo ex allievo Francesco Storace (con il quale poi ha litigato), vicepresidente della commissione Sanità del Senato e delegato alla Sanità quando il sindaco di Roma era Gianni Alemanno.
Un amore di papà che, attraverso la sua rete di amicizie, finanziatori e faccendieri, porta consensi al suo cucciolo.
Sì, dev’essere terribile vedersi poi portare via il proprio cucciolo in manette.


Fonte: corriere.it

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