30 mar 2013

Le banconote da 500 euro con cui Formigoni faceva i bonifici

Le tre confezioni di crema da viso acquistate in pochi mesi. Il suo segretario: «La usa come colla per i manifesti»

MILANO - Più che a un presidente di Regione Lombardia nel suo ufficio, Roberto Formigoni - almeno per come lo descrive il capo area della Banca Popolare di Sondrio dove aveva un conto - somiglia a un maneggiatore di banconote da 500 euro che, di sicuro, non vengono dai suoi stipendi pubblici ufficiali: «Tra il 2003 e il 2005 - racconta il bancario ai pm il 3 agosto 2012 - mi capitava di recarmi al Pirellone, di essere ricevuto da Formigoni e di avere da lui somme in contanti per importi variabili, compresi tra i 5.000 e i 20.000 euro. I soldi mi venivano consegnati personalmente da Formigoni negli incontri a "quattr'occhi" che avevamo al Pirellone, e servivano per eseguire dei bonifici a favore di Emanuela Talenti» (alla quale il governatore era in quel momento legato).

L'amica e le banconote da 500
«Il taglio delle banconote che Formigoni mi consegnava era generalmente da 500 euro», aggiunge il bancario. «Per consentire di bonificare le somme in concreto trasferite, mi venivano consegnati questi importi in contanti che venivano versati su un conto di appoggio "per cassa" della banca, e usati come provvista per i bonifici a favore della Talenti». Perché tutto questo mistero? «Formigoni - riferisce il bancario - non voleva far figurare uscite dal suo conto corrente personale per importi significativi a favore di questa persona». Ma la polizia giudiziaria ritiene «improbabile» questa tesi, perché in altre occasioni Formigoni aveva versato a Talenti molti soldi con normali e tracciabilissimi bonifici bancari dai suoi conti, circa 230.000 euro dal 2003 al 2009: per gli inquirenti, dunque, lo scopo di Formigoni era un altro, far girare il contante che riceveva da Pierangelo Daccò, nel senso che «si può ragionevolmente dedurre che ciò che doveva essere "celato" ad una prima analisi del conto corrente di Formigoni non era il rapporto tra il suo conto e il conto corrente di Talenti, ma la disponibilità, da parte del primo, di denaro contante».

Formigoni-Daccò, cene di lavoro
È un famoso ristoratore, Claudio Sadler, a fare crollare la linea Maginot sulla quale Formigoni si era sempre attestato per contestare l'inopportunità, quanto meno, dell'accettare lussuosi benefit (stimati in 8 milioni di euro dai pm tra vacanze ai Caraibi, aerei, cene, uso di tre yacht e di una villa in Sardegna) da parte di chi, come Daccò, era non soltanto suo amico, ma anche rappresentante in Regione delle richieste economiche degli istituti privati San Raffaele di don Verzé e Fondazione Maugeri. Sadler, interrogato come teste il 27 luglio 2012 sui suoi rapporti con Daccò che presso la sua cantina teneva in custodia una collezione di vini pregiati da 250.000 euro, ricorda che «Daccò chiedeva sempre che gli fosse riservata una saletta, che volle fosse chiamata Don Pedro in suo onore». Qui riceveva i suoi ospiti di alto livello: «Ricordo il presidente Formigoni, Renato Pozzetto, Mario Cal, don Verzé». E il problema è che a quei tavoli non si mangiava soltanto: si pianificava la sanità lombarda.

Comitati di lavoro
«Formigoni veniva spesso soprattutto in occasione di feste (circa sei-dieci volte in un anno), qualche volta in gruppi più ristretti, sei sette persone, quello che definirei una sorta di comitato di lavoro. Intendo dire che erano per lo più persone della Regione, in genere uomini, e parlavano intensamente di lavoro. C'era spesso il segretario Willy. Raramente è capitato che Formigoni sia venuto da solo con Daccò, il più delle volte c'erano personaggi legati alla Regione Lombardia: Buscemi (ex assessore, ndr ), Willy, Perego (il coinquilino di Formigoni, ndr ), Simone (l'altro mediatore con Daccò della Maugeri, ndr ) e altri. Parlavano di cose che stavano facendo nell'ambito della sanità, di ostacoli politici da superare. Ricordo che il più autoritario era Formigoni, dirigeva la conversazione o comunque si capiva che era lui che decideva. Qualche volte era un po' "incazzuto". Alle volte ricordo che Daccò e i suoi ospiti avevano anche delle cartellette, dei fogli o documenti che esaminavano e su cui discutevano. Daccò era sempre molto attento agli umori del presidente, ci teneva che lo stesso fosse sempre contento, e, se qualcosa non andava nelle serata o se il presidente mostrava disappunto per qualcosa, Daccò era molto nervoso e ci trasmetteva una certa tensione. Perego soprattutto era tra i più assidui ospiti di Daccò e avevo la netta sensazione che Perego fosse una sorta di filtro, cuscinetto tra Daccò e Formigoni, in quanto Daccò con Perego aveva particolare confidenza, mentre aveva una sorta di sudditanza verso Formigoni. Questi incontri, che io definirei cene di lavoro, si tenevano con una frequenza di circa due volte al mese e, comunque, non meno di 10 volte all'anno».

Il conto? Paga sempre Daccò
E chi pagava il conto? Mai Formigoni, dice il ristoratore (ed è confermato dagli zero versamenti di Formigoni): sempre Daccò, che risulta aver versato a Sadler almeno 177.000 euro. «In tutti questi anni non ho visto altri, pagava sempre Daccò anche quando Formigoni veniva da solo, accompagnato da alcuni ospiti - afferma il ristoratore -, avevamo ricevuto personalmente da Daccò la disposizione che i conti del presidente fossero a suo carico. Questa regola valeva solo per il presidente. Del resto Formigoni, anche quando veniva senza Daccò, non si preoccupava affatto del conto, e una volta finita la cena si alzava e andava via. Ringraziava e andava senza neppure chiedere quale fosse l'importo. Ordinava peraltro con libertà, bevendo solo champagne del quale è particolarmente appassionato». Guarda caso, solo dopo l'avvio delle prime indagini su Daccò e sul San Raffaele, «è capitato solo due volte che al momento della prenotazione la segreteria di Formigoni ci abbia detto che il conto lo avrebbe pagato la Regione: è successo a giugno/luglio del 2011».

La crema da viso del Celeste
La polizia giudiziaria, spulciando i conti bancari di Formigoni, nota che parecchie volte «le operazioni bancarie sono state eseguite con modalità tali da non rendere visibile, ad una normale attività di analisi bancaria dei conti correnti, la disponibilità del contante». In altri «l'operazione è stata svolta da persona diversa da Formigoni ma in nome e per conto dello stesso», per la verità grazie anche al fatto che «la Banca Popolare di Sondrio ha omesso di comunicare all'anagrafe dei rapporti informazioni di natura finanziaria che, riconducibili a Formigoni, avrebbe invece avuto l'obbligo giuridico di comunicare». Di questo inspiegabile maxi-ricorso di Formigoni al contante ci sono, nelle carte dei pm, esempi grandi (come il caso dei soldi a Talenti) e piccoli. E, paradossalmente, a volte sono proprio quelli piccoli e persino banali a essere più significativi. Nel settembre del 2011 una serie di intercettazioni colgono Formigoni e il suo segretario particolare Mauro «Willy» Villa discettare dell'«acquisto di una crema-viso che il primo chiedeva al secondo di acquistare. Nel premurarsi di reperire questa particolare crema, Villa evidenzia come Formigoni ne facesse un uso intensivo ("la usa come colla per i manifesti"), avendone acquistate due confezioni poco prima dell'estate e chiedendone l'acquisto di una nuova confezione nel settembre dello stesso anno». Ogni confezione «costa 50/200 euro, e anche di tali acquisti non vi è alcuna traccia» nella contabilità di Formigoni: «Apparentemente inconferenti con l'attività di indagine - scrivono gli inquirenti -, queste conversazioni assumono invece una particolare valenza: pur nella banalità del loro limitato contenuto, rivelano la dicotomia tra i contenuti dei conti correnti e la reale operatività finanziaria di Formigoni».


Fonte: corriere.it

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