30 mar 2011

Le cosche calabresi sugli ambulanti

L'affitto dei negozi che si trovano nelle stazioni della metropolitana di Milano è un pallino fisso della cosca Flachi, calabrese di origine ma ormai milanese.
Il 18 settembre 2009 gli investigatori intercettano una telefonata in cui un tale Max sta tornando dall'Atm dove «è andato a parlare con la persona da lui conosciuta che si occupa dell'affidamento in gestione delle strutture commerciali, presenti all'interno delle stazioni della metropolitana milanese e chiede un incontro con Flachi» ma Davide, figlio di don Pepè Flachi, risponde che per lui non è possibile ma gli manderà qualcuno di fiducia. Il giorno successivo un'altra telefonata con Flachi chiarirà «che non ci sono problemi e che quando andrà a parlare con la persona che si occupa della cosa, questa non gli dirà di no».
Il "controllo del territorio" è espressione che spaventa. A Scampia o a Isola di Capo Rizzuto è concepibile perché richiama alla memoria gli ordini dei boss di mafia che non si possono discutere e che condizionano la vita economica ma ancor prima quella sociale.
A Milano e in Lombardia no, anche se, proprio ieri, il procuratore generale facente funzioni della Corte dei conti lombarda, Paolo Evangelista, in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario ha messo in guardia sugli appetiti delle mafie in vista di Expo 2015.
La frase non è concepibile perché il tessuto, seppur debilitato dalle infiltrazioni della 'ndrangheta che ha messo all'angolo Cosa nostra e Casalesi e che ha inquinato con capitali sporchi l'economia e la società, è ancora sano. Eppure quella telefonata – agli atti della Direzione distrettuale antimafia di Milano e che svela parte degli affari della famiglia Flachi che, oltre a puntare ai subappalti dei lavori della metro, già che era sottoterra voleva piantarci tende e negozi – sembra dimostrare il contrario. Così come l'altro dialogo. Quello sul pizzo per gli ambulanti.
L'"affare dei paninari", lo chiama senza mezzi termini il Gip di Milano Giuseppe Gennari, che la scorsa settimana ha firmato l'ordinanza Redux Caposaldo che ha mandato all'aria il sodalizio criminale della famiglia Flachi. Un business nel quale Milano è spartita per quartieri. «Noi abbiamo la zona di Corso Como, quindi discoteche e serali... abbiamo circa sette, otto camion, abbiamo tutta Città Studi, zona Piazzale Lagosta fino a via Carlo Farini», spiega un portaordine a un ambulante che non aveva capito l'antifona. I chioschi che vendono birre e panini pagano il pizzo o si spostano. Ma se cambiano zona, cambiano anche esattore.
Con la movida le mafie entrano nella vita dei cittadini. La stessa cosa accade a Varese o nelle località intorno ai laghi dove gli investimenti immobiliari sporchi continuano. Se il panino non è mafia-free non lo sono dunque neanche disco e pub. In quello che la Dda di Milano chiama «slancio confessorio», un uomo di una cosca calabrese dirà agli agenti sotto copertura che sono riusciti ad avvicinarlo: «Io ho un'agenzia di servizi di sicurezza e anche là è tutta una mafia... ve lo dico... noi abbiamo i nostri locali e curiamo i nostri locali... mettiamo i nostri uomini a lavorare perché devono lavorare... i locali stanno tranquilli perché ci siamo noi dietro... hai capito? Come per i locali così per i panini... come per i panini così per altre attività... capito? Perché ci sono anche altre attività!».

Fonte: ilsole24ore.com

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