11 lug 2010

Le carte - Pressioni sul Csm per la nomina del presidente della Corte d’Appello di Milano

Nelle telefonate anche l’interessamento del governatore lombardo.
«Un’ispezione contro i giudici nemici»
L’accusa: le manovre (fallite) per far riammettere alle elezioni la lista Formigoni

ROMA — Non ci furono solo i tentativi di interferire sulla Corte costituzionale che doveva decidere il destino del «Lodo Alfano», o di agevolare il ricorso in Cassazione del sottosegretario Nicola Cosentino contro la richiesta d’arresto per concorso con la camorra. Fallito il primo, e raggiunto il secondo con la rapida fissazione dell’udienza, ma poi la corte suprema confermò l’ordinanza dei giudici.

La presunta associazione segreta capeggiata da Flavio Carboni e dai suoi amici Lombardi e Martino (con la partecipazione dell’onorevole Denis Verdini) si adoperò, secondo la Procura di Roma, per condizionare altre decisioni di altri organi dello Stato. O per innescare ritorsioni dopo gli insuccessi. Per esempio, quando Cosentino fu escluso dalla candidatura alla Regione Campania «il gruppo ha iniziato un’intensa attività diretta a screditare il nuovo candidato (Stefano Caldoro, poi eletto, ndr) e così escluderlo dalla competizione elettorale, tentando di diffondere, all’interno del partito e a mezzo Internet, notizie diffamatore sul suo conto».

Le manovre del «gruppo di potere occulto» andarono a vuoto anche sul ricorso presentato alla Corte d’Appello di Milano dalla lista del presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, contro l’esclusione dalle elezioni regionali. Manovre alle quali, nell’interpretazione dell’accusa, ha partecipato anche il presidente-candidato che il 1˚ marzo 2010 parla con Arcangelo Martino, uno dei tre arrestati, e chiede: «Ma l’amico, l’amico... Lombardi, è in grado di agire?». Martino risponde: «Sì, sì, lui ha già fatto qualche passaggio e sarà lì». L’indomani Pasquale Lombardi è a Milano per incontrare il presidente della Corte d’Appello Alfonso Marra, da poco nominato e a favore del quale s’erano adoperati gli indagati.

Sempre il 1˚ marzo Lombardi annuncia al sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo le proprie mosse per orientare la decisione della commissione sul ricorso: «Aggio mandato a dicere cu Santamaria a Fofò (Santamaria è un altro giudice e Fofò è Alfonso Marra, ndr) che chiamasse a ’sti tre quattro scemi e non dessero fastidio». Ma l’operazione non va in porto, e Martino si sfoga con Lombardi, entrambi con colorite espressioni campane: «Comunque diciamo che la figura di merda l’amme fatta nujie cu’ chille d’a Corte d’appello», dice. E Lombardi, rivendicando il proprio operato: «Ci siamo prodigati, e quindi nun s’a ponno piglia’ cu’ nuje».

Dopo l’insuccesso scatta una sorta di vendetta, che nelle carte processuali è diventato un nuovo capitolo dell’atto d’accusa: «Il tentativo di suscitare un’ispezione ministeriale nei confronti del collegio dei magistrati che aveva adottato il provvedimento sfavorevole». Vengono registrati contatti di Arcangelo Martino da un lato col capo degli ispettori Arcibaldo Miller, e dall’altro con alcuni collaboratori di Formigoni. Finché il 23 marzo viene intercettato lo stesso Formigoni che annuncia a Martino il fallimento dell’operazione: «Ho ricevuto stamattina una telefonata da colui che si è impegnato a camminare velocemente, sabato... e invece mi dice che non cammina affatto, né velocemente né lentamente... E che è stato consigliato a stare fermo... dallo stesso Arci... perché lui mi ha detto che sarebbe un boomerang pazzesco... questi qui potrebbero addirittura rivalersi su di noi». In un’altra telefonata dello stesso giorno Martino chiede a Formigoni: «A te ti chiamò quello Angelino, vero?». E Formigoni: «Mi chiamò, sì mi chiamò lui». Gli inquirenti ipotizzano che il riferimento sia al ministro della Giustizia Angelino Alfano. «Io mi sono arrabbiato con lui—prosegue Formigoni —, anche perché sabato lui si era impegnato... Sì, sì, faccio, faccio, poi invece lunedì mi ha telefonato e mi ha detto questo, e ha anche tirato in mezzo Arci», probabilmente Arcibaldo Miller. Col quale Martino sostiene di aver litigato, e conclude: «Mi sono molto arrabbiato, ma credo che sia un qualche cosa che vada in ostilità con te, hai capito?». Replica di Formigoni: «Eh, credo anch’io...».

Per un’ispezione fallita c’è invece una nomina ottenuta, sebbene sia difficile—o quasi impossibile—stabilire se e quanto le manovre della lobby segreta abbiano inciso sulla decisione del Consiglio superiore della magistratura di mettere a capo della Corte d’Appello di Milano il giudice Alfonso Marra. In una telefonata del 21 ottobre col consigliere «laico» Celestina Tinelli, indicata dall’Ulivo, Pasquale Lombardi capisce che a orientare la scelta finale può essere il «togato » della corrente di Unicost Giuseppe Berruti, favorevole all’altro candidato, il giudice Rordorf. «E mo’ facciamo chiamare pure a Berruti! Devo vedere come devo fare», dice. «È un casino, nel vero senso della parola — risponde la Tinelli —. Lui ha già dato il suo input forte, e quindi anche Mancino (vice-presidente del Csm, ndr) sta ragionando nel senso di votare per questo Rordorf...».

Il giorno dopo Lombardi parla direttamente con Marra. «S’à da vedé che s’à da fa cu’ Berruti, perché l’unico stronzo in questo momento è lui e la Maccora (di Magistratura democratica, ndr)». Ribatte Marra: «Ma la Maccora lascia sta’, è di un’altra corrente (...) Parla con Berruti, bisogna avvicinare ’sto cazzo di Berruti, capito che ti voglio dì? Io, Pasquali’, non so che cazzo fare...». Lombardi ha un’idea: «Chist’ tene ’u frate che è deputato di Berlusconi (Massimo Berruti, parlamentare del Pdl, ndr)», ma Marra lo frena: «No, vabbuo’, famm’ ’o favore, tiriamo fuori il fratello, senti a me». Lombardi gioca allora la carta del suo rapporto col presidente della Cassazione Vincenzo Carbone: «Io lu pizziatone... te l’aggio fatto col capo, quindi siamo a posto... Capo Cassazione». E Lombardi: «Se è quello lì siamo a posto». In altre telefonate Lombardi sostiene di aver parlato «di quella cosa di Milano» anche con Nicola Mancino. Il 3 febbraio 2010, con una maggioranza di 14 voti contro 12, il Csm nomina Marra. A suo favore si esprimono, fra gli altri, Mancino, Carbone e la Tinelli, mentre Berruti si schiera con l’altro candidato. Lombardi telefona a Martino: «Allora abbiamo fatto il presidente della corte d’appello... È tutto a posto».

Fonte: corriere.it

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