27 lug 2010

Il Riesame e l’allarme sulla rete occulta: quei rapporti tra Verdini e Carboni

«Appoggi politici alla società segreta»

ROMA — L'associazione creata da Flavio Carboni con Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino è «un'organizzazione occulta che basa la sua forza su una fittissima rete di conoscenze e amicizie con soggetti ricoprenti cariche istituzionali di alto e altissimo rilievo, pronti a intervenire in aiuto del sodalizio in cambio di favori». Il tribunale del Riesame di Roma convalida così l’impianto accusatorio delineato dalle indagini condotte dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e avverte: «Emerge dagli atti un concreto e molto allarmante pericolo di reiterazione del reato; appare assolutamente necessario impedire che la prosecuzione dell’attività delittuosa condizioni ulteriormente gli equilibri istituzionali e l’affidabilità sociale di istituzioni pubbliche, anche di livello costituzionale, fra cui importanti uffici giudiziari ».

Soldi da «canali oscuri»
Per questo la scorsa settimana il collegio ha confermato la custodia cautelare in carcere degli indagati e ha inserito nella motivazione del provvedimento considerazioni pesanti anche sulla condotta dei parlamentari coinvolti nell’inchiesta. Nel documento è scritto: «L’associazione segreta risulta essere nota solo a pochissimi soggetti che le garantivano appoggio politico come l’onorevole Denis Verdini, ovvero che ad essa si rivolgevano per chiederne l’intervento o per aiutarla a portare a termine le azioni programmate in nome di interessi comuni come nel caso dell’onorevole Marcello Dell’Utri ». E ancora: «Per la realizzazione dei propri fini, l’associazione criminale risulta disporre di mezzi finanziari che Carboni reperisce da canali oscuri e che in parte destina ad operazioni atte a favorire Verdini». Il riferimento è al Credito Cooperativo Toscano e ai versamenti effettuati presso l’istituto di credito del quale il coordinatore del Pdl è stato presidente fino a ieri, con un’attenzione particolare all’investimento da quattro milioni di euro degli imprenditori di Forlì che secondo l’accusa doveva servire all’ingresso dell’affare riguardante gli impianti eolici in Sardegna e ai due milioni e 600 mila euro "negoziati" sempre da lui nel 2004. Ma non solo. I giudici analizzano una dopo l’altra le «interferenze» della presunta società segreta ed evidenziano come «il gruppo ha operato in un complesso intreccio di interessi condivisi, minacce, benefici procurati o promessi, il quale generava un potere di fatto che consentiva ai membri del gruppo di proporsi — perfino a personalità di alto livello—quali efficaci elementi di pressione e di intervento presso i più diversi organi dello Stato». Non a caso i giudici escludono che gli indagati «abbiano svolto attività di lobby», essendo invece «un gruppo di potere occulto e autonomo rispetto a quanti costituiscono l’ambiente nel quale esso si muove e con il quale pure instaura dinamiche complesse».

I sei giudici costituzionali
Un intero capitolo è dedicato alle pressioni sulla Consulta per la decisione sul Lodo Alfano. «Non si comprende— si sottolinea nell’ordinanza— come Lombardi potesse pensare di acquisire meriti agli occhi del capo del suo partito, che è anche presidente del Consiglio, svolgendo un’azione manifestamente illecita come il richiedere a giudici della Corte Costituzionale di esprimere a lui anticipatamente la decisione che avrebbero adottato il 6 ottobre 2009. Resta il fatto che tale ingerenza ci fu e venne esercitata su almeno sei giudici costituzionali che anticiparono a un soggetto come Lombardi la loro decisione, che tale operazione fu seguita con lamassima attenzione da Carboni e che l’intera operazione venne programmata nel corso della riunione del 23 settembre 2009 svoltasi presso l’abitazione romana di Verdini ». Gli indagati e alcuni partecipanti hanno sostenuto che quell’incontro serviva in realtà a proporre la candidatura a governatore della Campania al magistrato Arcibaldo Miller, attuale capo degli ispettori del ministero della Giustizia, presente insieme al collega Antonio Martone. Ma i giudici scrivono: «Si tratta di affermazioni palesemente false in quanto l’unico candidato sostenuto dall’associazione criminale era l’onorevole Nicola Cosentino e proprio della sua candidatura si discusse in quella riunione ».

Pressioni e depistaggi
Secondo i giudici del Riesame «lascia esterrefatti che un personaggio come Lombardi si sia potuto rivolgere con le sue volgari modalità al presidente emerito della Consulta Cesare Mirabelli e addirittura il primo presidente della Cassazione Vincenzo Carbone si premura di comunicare personalmente a Lombardi la data dell’udienza (relativa al ricordo di Cosentino; ndr) e riceve olio e promesse per il suo futuro. Con le stesse modalità Lombardi si rivolge a sottosegretari in carica nel presente governo come Giacomo Caliendo e Nicola Cosentino per ottenere aiuti nella realizzazione dei progetti del sodalizio ». In questo quadro i giudici inseriscono anche il dossieraggio contro il presidente della Campania Stefano Caldoro. «Ernesto Sica (l’assessore; ndr) — affermano — risulta essere la persona che ha fatto predisporre i dossier, mentre Cosentino segue la vicenda giorno per giorno, venendo informato da martino di ogni passo compiuto e concordando con questi cosa riferire a Verdini». I giudici evidenziano anche la volontà di depistaggio sottolineando come «gli associati disponevano di numerosissime utenze cellulari, spesso intestate a soggetti stranieri, al fine di poter comunicare riservatamente evitando il pericolo di essere intercettati». Una cautela che comunque non è bastata visto che sono state proprio le intercettazioni telefoniche e le successive verifiche a consentire di ricostruire «la metodica attività di interferenza del sodalizio e il suo fine di personale arricchimento e rafforzamento del proprio potere».

Fonte: corriere.it

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