14 lug 2010
«Il gruppo di potere occulto». Pressioni sul Csm e affari. Quei summit in autogrill
ROMA - S’incontravano spesso all’autogrill del casello autostradale di Roma Sud, Flavio Carboni e Arcangelo Martino. Discutevano di affari e di politica, l’imprenditore-faccendiere sardo e l’ex politico napoletano. I carabinieri hanno trovato le loro facce nelle immagini del circuito interno di video-sorveglianza. Il 3 febbraio scorso, alle 19.22, Carboni e Martino erano lì. Mentre chiacchieravano Carboni cercava di telefonare a Denis Verdini, aveva fatto il numero ed era in attesa della risposta, e il registratore per le intercettazioni ha captato la voce di Martino che chiedeva: «C’era anche lui quando sei andato da Berlusconi?». Il riferimento era probabilmente a Verdini, mentre non si capisce a quale appuntamento col premier alludesse. Carboni non ha replicato. Il telefono del coordinatore del Pdl ha continuato a squillare a vuoto, e lui ha detto solo: «Stanno alla Camera, non mi risponde.... E non insisto».
«Cosentino sa tutto»
In altre occasioni, invece, l’imprenditore sardo e i suoi amici campani si sono rivelati molto insistenti. Anche nel cercare contatti altolocati nel mondo della politica. Più su di Verdini e Dell’Utri che - secondo il rapporto dei carabinieri - «partecipano alle attività di pianificazione ed esecutive relative ad alcune delle operazioni realizzate dal gruppo». Il 20 gennaio 2010, ad esempio, quando comincia «la manovra di killeraggio politico» nei confronti del candidato del centrodestra alla guida della Campania Caldoro, scelto al posto del sottosegretario Nicola Cosentino, Martino sollecita incontri e intreccia telefonate. Finché, parlando con Pasquale Lombardi (il geometra-giudice tributario, terzo arrestato nell’indagine sulla presunta associazione segreta), dice: «Io ho parlato con tutti e sto aspettando un invito, perché devo andare a vedere probabilmente dopo, prima dell’ufficio di direzione, che si fa alle otto, essa, essa, essa parla cù Berlusconi, mo vediamo». Lombardi chiede, riferendosi a Cosentino: «Ma Nicola sape qualcosa di questo?». E Martino: «Nicola sa tutto». Sette giorni dopo Martino dice a Cosentino, alludendo a Caldoro e alle abitudini sessuali che gli vorrebbero affibbiare: «Vabbuò, togliamo a culattone, adesso parliamo», e il sottosegretario risponde; «D’accordissimo, questo è l’obiettivo principale, poi tutto il resto è...».
«Rinviamo la nomina a Milano?»
Di Berlusconi parla anche Pasquale Lombardi, l’uomo delegato ai contatti con il mondo giudiziario, mentre discute con Cosentino delle disavventure giudiziarie derivanti dall’inchiesta per camorra a suo carico. «Decidessero pure loro chell’ che ann’a fa — dice il sottosegretario — ... io non ci sto a questa cosa». E Lombardi replica: «Infatti, se quella posizione di Berlusconi... invece di prenderla ieri, io ce lo dicette, l’avesse preso quindici, venti giorni fa il discorso di oggi sarebbe diverso». «Vuonno fa fuori a Berlusconi», dice Cosentino, e Lombardi: «Ma perché è colpa di Berlusconi, hai capito? Perché non si tratta... come lui, capo del governo, si mette a contrattare con un magistrato di merda, con un pubblico ministero, ma tu che cazzo mi dici, ma io c’avess fatto ’na cauciata e l’avessi fatt’ licenzià. I suoi consiglieri non so buoni...». Nonostante i pesanti apprezzamenti su certi magistrati, Lombardi sa essere molto ossequioso e insistente con le toghe quando cerca di ottenere qualcosa. Il 13 gennaio scorso telefona al Consiglio superiore della magistratura per parlare con il consigliere Cosimo Ferri. Prima s’intrattiene con la segretaria dicendo: «Noi dobbiamo riuscire per un paio di cose con Cosimo, se mi dà una mano ce la facimm e n ved bbuon pur iss»; ce la facciamo e se ne vedrà bene pure lui, traducono i carabinieri dall’irpino. Poi si fa passare Ferri e va subito al dunque: «Ce la facciamo se dovessimo... rinviare la nomina del procuratore di Milano a dopo di questo Consiglio?», chiede. Ferri risponde quasi scandalizzato: «Ma mica si possono fà ste cose così!». Dopo un po’ Lombardi passa a un’altra richiesta: «Vogliamo arrivare un po’ da Gianni Letta, me e te, un giorno ’e chist?». E Ferri: «Nooo! Ma cosa ci vai a fare...». Poco dopo, discutendo con un’altra persona, Lombardi si lamenta: «C’ho parlato sì, ma per telefono non si ponno dice molte cose quindi... è ’nu cazzo ’e guaio». Le manovre di Pasquale Lombardi con i magistrati hanno riguardato più di una volta la posizione del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. Quando i giornali, all’inizio di dicembre 2009, informano di un avviso di garanzia a carico del governatore per un’inchiesta sull’inquinamento atmosferico, Lombardi comincia la caccia al procuratore aggiunto di Milano Nicola Cerrato, uno dei titolari dell’indagine. Lo stesso 1˚ dicembre Lombardi telefona ad Angelo Gargani, in servizio al ministero della Giustizia e fratello dell’ex eurodeputato di Forza Italia Giuseppe: «Stammi a sentire. Tu dovresti avere per regola il numero di Nicola Cerrato... vedi un poco se giovedì o massimo venerdì posso arrivare a Milano e mi fai fissare un appuntamento...». Gargani domanda: «Ma lui ti conosce?». E Lombardi: «E come non mi conosce. Pasqualino è amico di Giacomino (Caliendo, magistrato e sottosegretario alla Giustizia, ndr)... Si deve ricordare, se non ricorda glielo ricordi, gli dici che questa è roba nostra e deve venire un poco da te... tu gli dici che è l’amico di Giacomino, amico mio, è amico di tutti quanti...». Il giorno dopo Gargani chiama Lombardi: «Allora, Nicola ti aspetta domani all’una».
«È il gran capo che ha bisogno»
Il 9 dicembre i carabinieri ascoltano una telefonata in cui Lombardi si fa dare dal magistrato l’indirizzo per inviare delle bottiglie di vino: «Abbiamo il famoso Bue Arpis che è il migliore d’Italia, non sta neanche in commercio». Tre giorni dopo Lombardi chiama ancora: «Nicò, io sto il 17 a Milano, volevo parlare anche per tuo figlio, per vedere se gli posso far dare un arbitrato», e Cerrato quasi si schermisce: «Vabbè, poi ne parliamo, non ti preoccupare». Sempre nell’interesse del governatore lombardo, il «gruppo di potere occulto» cerca di spedire gli ispettori ministeriali dai giudici della corte d’appello di Milano che non hanno accolto il ricorso della Lista Formigoni, esclusa dalla competizione elettorale del marzo 2010. Lombardi dà quasi il tormento al sottosegretario Caliendo. Il 15 marzo Formigoni chiama Arcangelo Martino e chiede: «Scusami se ti rompo le balle, ma chi deve camminare sta camminando?». Nemmeno un’ora dopo ancora Lombardi chiama Caliendo: «Voleva sapere l’amico nostro di Milano se provvederai entro domani a fare quel servizio». Il sottosegretario sbotta: «Pasqualì, te lo sto a spiegà cinquanta volte, cazzo, ma perché... Gliel’ho mandato l’altro ieri, gliel’ho mandato già!». Le sollecitazioni si sovrappongono, ma il 23 marzo Formigoni dice che «colui che si è impegnato a camminare velocemente mi dice che non cammina affatto, che è stato consigliato a stare fermo dallo stesso Arci». Dall’esame di tutte le telefonate i carabinieri affermano che Formigoni si riferisce al ministro della Giustizia Angelino Alfano e all’ispettore-capo Arcibaldo Miller. Lo stesso governatore, in un’altra intercettazione, spiega che a chiamarlo è stato «Angelino», cioè il Guardasigilli. E si sfoga: «Io mi sono arrabbiato con lui, gli ho detto perché, anche perché sabato lui si era impegnato, gli ho detto "guarda che è il nostro capo che ha bisogno di una cosa del genere"... Sì, sì, faccio, faccio, poi invece... A questo punto ame sembra che è chiaro che la cosa non si fa». Martino annuisce, ma per Formigoni la questione non è chiusa: «Mi fai sapere per causa di chi e quali sono i motivi, chi è il colpevole? Chi sono i mandanti e quali sono i motivi?». Martino promette di verificare al più presto. Poco prima aveva avvisato il presidente della Lombardia: «Credo che ti arrivi quella mozzarella buona che fanno in casa, là... che è la cosa più importante». Formigoni sembra entusiasta: «È sempre splendida, ma tu Arcangelo... non muoverti, fai viaggiare la mozzarella, poi ti muovi quando è necessario, hai capito?».
Fonte: corriere.it
Il termine scandalo deriva dal greco skàndalon, che significa ostacolo, inciampo. Il significato più antico del termine rinvia ad azioni o discorsi che danno cattivo esempio.
Nell'accezione corrente uno scandalo è l'effetto di un'azione che, una volta divenuta di pubblico dominio, causa un turbamento della sensibilità morale pubblica, prevalentemente in materia di sesso, denaro ed esercizio del potere. Il turbamento deriva in genere, più che dall'infrazione di singole norme, dal fatto che le azioni considerate "scandalose" sono caratterizzate da una commistione impropria delle categorie citate, che tale commistione è stata resa pubblica e/o che le azioni "scandalose" hanno com protagonisti personaggi pubblici.
I motivi di scandalo variano quindi in funzione delle epoche, delle culture e delle classi sociali in cui tali comportamenti vengono messi in atto e resi noti. Essendo la notizia pubblica di un fatto il motore principale dello scandalo, nella società moderna essi vengono frequentemente amplificati - e spesso costruiti - dai media, che promuovono a scandalo (cioè a questione etica di interesse generale) pettegolezzi sulla sfera privata (familiare, affettiva, sessuale) di persone note.
Gli ambiti in cui possono avvenire gli scandali sono i più vari, in ambito politico-finanziario possono riguardare episodi di corruzione e abuso di potere; in ambito privato possono riguardare l'infedeltà coniugale, la sessualità o l'omosessualità delle persone coinvolte, l'abuso fisico a danni di soggetti deboli (es. la pedofilia); in ambito sportivo è spesso motivo di scandalo una condotta sleale (ad esempio, casi di corruzione e doping).
Concernendo azioni "discutibili", molto spesso gli scandali hanno conseguenze politiche e giudiziarie. Ancor più spesso vengono strumentalizzati a scopo politico o economico.
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