Strasburgo e Bruxelles: le due sedi dell'Europarlamento obbligano al pendolarismo oltre 3 mila funzionari. E costano 300 milioni. Ecco l'analisi di uno spreco continentale
Sono passate le nove di sera, piove e davanti all'aeroporto di Strasburgo si è formata una fila di uomini e donne. Alcuni hanno volti noti. Non dovrebbero essere qui, ma nell'aula dell'Europarlamento a votare. Oggi però Air France ha avuto una giornataccia. Un aereo guasto a Milano Malpensa, una tempesta di vento su tutta la Francia. Molti voli in ritardo. E non è finita. Non passano autobus e per raggiungere la città bisogna aspettare un taxi. Se ne va un'altra ora. Non perché ci sia tanta gente in coda. Ma perché non ci sono taxi. Basta guardare il numero di matricola: sono gli stessi quattro a fare avanti e indietro. Addio cena. Alle dieci per buona parte dei ristoranti è già tardi e nei pochi ancora aperti il cameriere dice che gli spiace, "ma la cucina sta chiudendo". Alla fine, tra strade deserte e saracinesche abbassate, ci si salva in un pub con caraffa di birra e un piattino di arachidi.
Se il futuro dell'Unione europea è proporzionato alla vitalità della sua capitale, c'è da perdere l'ottimismo. E questa non è nemmeno una delle serate più morte. È la cronaca di una sera qualunque, l'autunno scorso. Una delle 12 volte all'anno a Strasburgo in cui il Parlamento europeo si riunisce in sessione plenaria. Succede una settimana al mese, da gennaio a dicembre. Dalle 15 del lunedì alle 17 del giovedì. Nelle tre settimane senza gli europarlamentari e il loro ampio seguito, la capitale dell'Alsazia è ancor meno capitale. Diventa una tranquilla cittadina di 650 mila abitanti con la sua storia antica e recente. E con una megastruttura ingombrante e costosa di palazzi fantasma. Una cattedrale nel deserto completamente vuota. L'emiciclo da 785 posti, tanti quanti gli eletti nei 27 Stati Ue, più i banchi per assistenti, traduttori, osservatori. Ventuno grandi sale conferenze da 100 e 350 posti. Tredici sale conferenze da 20 e 60 posti con cabine per gli interpreti. Tredici sale conferenze senza cabine per gli interpreti. Le stanze per onorevoli, portaborse, funzionari, traduttori, giornalisti, rappresentanti della Commissione europea e dei governi nazionali: in tutto 2.650 uffici arredati e attrezzati. Più gli impianti tecnici, bar, ristoranti e servizi logistici. Costa cara la suddivisione dell'Europarlamento su tre sedi: Strasburgo (sessioni plenarie), Bruxelles (minisessioni e attività dei gruppi politici), Lussemburgo (gestione amministrativa, segreteria, traduzione degli atti).
Come per ogni seconda casa, buona cosa sarebbe che, via gli inquilini, venissero spente le luci, chiuso il riscaldamento, sbarrate le porte. Ma all'Europarlamento di Strasburgo non si può. Il personale dela sicurezza non abbandona i palazzi. Anche gli addetti alle manutenzioni restano al lavoro. Riscaldamento, illuminazione, computer, reti telematiche devono funzionare alla perfezione quando ritorneranno i parlamentari. Non si può bloccare una sessione plenaria perché le segretarie non riescono a stampare gli atti da votare. Anche perché di ogni atto vanno preparate almeno 785 copie tradotte nelle 22 lingue ufficiali. E lo stesso vale per la gigantesca sede di Bruxelles, la settimana in cui l'assemblea è riunita a Strasburgo. Così le casse dell'Unione europea, cioè i contribuenti, sono costretti a sopportare il doppione. Ma la storia non finisce con le spese di acquisto, affitto e mantenimento dei palazzi. C'è la carovana del ritorno.
Alle 17 del giovedì di plenaria, a Strasburgo ha inizio la smobilitazione. In realtà, grazie al veto di Air France alle concorrenti e alla scarsa redditività della linea, i collegamenti aerei dalla città francese sono così scomodi che molti deputati vanno via prima, a sessione ancora aperta. Concluse le votazioni, i 1.500 assistenti dei parlamentari e dei commissari europei raccolgono i loro documenti nelle casse da viaggio e si preparano a ritornare in Belgio. Lo stesso fanno i 1.745 funzionari dell'Europarlamento inviati da Bruxelles e da Lussemburgo. Più di 3 mila impiegati di vario livello che ogni mese si spostano a spese dell'Unione europea. Con rimborso del viaggio andata e ritorno: di solito, un biglietto di prima classe in treno di 90 euro da moltiplicare per due. Più l'indennità di trasferta. Più vitto e alloggio: un forfait di 160 euro al giorno oppure la copertura piena delle ricevute, secondo il contratto di lavoro oppure l'accordo con il gruppo politico di appartenenza.
Assistenti, funzionari e interpreti si muovono sulle loro gambe. Ma le casse di documenti bisogna portarle. E non è un lavoro da niente. Intanto perché sono 3.400. E pesano 40 chili l'una. Poi ci sono gli armadi, un centinaio: a tre piani perché quelli a quattro si ribaltavano addosso ai facchini. In tutto fanno 200 tonnellate di carta. Più altro materiale, come le divise degli usceri. Casse e armadi vengono caricati su 20 Tir. Il viaggio di 435 chilometri dura sette ore e più, dipende dai cantieri lungo l'autostrada. Tra giovedì notte e sabato il trasloco è completato. Le casse vengono ridistribuite nei corridoi sui quindici piani della sede di Bruxelles, ciascuna davanti al rispettivo ufficio in base alla targa di identificazione su fianchi e coperchio. E il lunedì mattina l'archivio è di nuovo a disposizione di parlamentari e funzionari. Fino al successivo giovedì che precede la sessione a Strasburgo. Allora l'operazione viene ripetuta al contrario. Ventiquattro volte l'anno tra andata e ritorno. Centoventi volte nei cinque anni di legislatura: fanno oltre un milione di euro di spese di trasporto. Con il ping-pong di settembre che ha sempre due sessioni. Perché bisogna recuperare la pausa d'agosto. Così venerdì 31 agosto 2007 i camion ripartiranno da Bruxelles carichi di casse e armadi per la sessione plenaria di lunedì 3 settembre a Strasburgo. Venerdì 7 ripoteranno tutto a Bruxelles. Venerdì 21 ripoteranno tutto a Strasburgo. Venerdì 28 riporteranno tutto a Bruxelles. Secondo un calendario approvato dai parlamentari ogni autunno per l'anno successivo.
Le casse sono le protagoniste di gag e disguidi in questa transumanza in doppio petto. A volte finiscono all'ufficio sbagliato. E hai voglia a ritrovarle tra 2.650 possibili destinatari. Così comincia la caccia al tesoro. Quasi sempre con e-mail via intranet: "Per favore, qualcuno ha visto la cassa numero...?". Un tempo erano di ferro, con spigoli affilati. Ed erano la causa principale di infortuni sul lavoro tra i parlamentari e il loro seguito: botte alle caviglie, tagli ai polpacci, senza contare collant e pantaloni strappati. Adesso sono di plastica con forme arrotondate. E il massimo della loro pericolosità è quello di nascondersi tra scrivanie e scaffali e fare lo sgambetto al primo onorevole distratto. Nemmeno la sostituzione delle casse è stata indolore per il budget europarlamentare. Le 'cantines', come le chiamano gli assistenti, hanno un design studiato apposta e sono costate 830 mila euro: 244 euro l'una. E siccome il design è speciale, il Parlamento ha dovuto comprare 800 cariole speciali per trasportarle nei corridoi.
Il 29 marzo nella minisessione di Bruxelles, l'Europarlamento presieduto dal tedesco Hans-Gert Pöttering ha approvato le linee guida del bilancio 2008. Con un passaggio che rischia di aprire contrasti tanto duri quanto quelli che hanno accompagnato la bocciatura della Costituzione europea. "Il Parlamento è particolarmente preoccupato per il costo dovuto alla dispersione geografica, in particolare per il numero di missioni intraprese dal personale nelle tre sedi di lavoro", è scritto nelle linee guida, "ed esaminerà la possibilità di razionalizzarle meglio".
Escludendo gli assistenti parlamentari, soltanto per il funzionamento amministrativo dell'Europarlamento nel 2005 sono stati pagati 71.369 giorni di trasferta fra le tre sedi. L'andata e ritorno tra Bruxelles e Strasburgo fa perdere due mezze giornate di viaggio. Cioè un giorno di lavoro, moltiplicato per dodici volte l'anno, moltiplicato per più di tremila dipendenti, che ai contribuenti costano tre volte: perché vengono pagate le ore di servizio, l'indennità di missione e le spese del treno. Ma quanto fa tutto questo in soldoni? L'argomento è finora tabù. Gli europeisti temono di dar voce agli euroscettici. E di irritare la potente lobby parlamentare francese. Soltanto una volta nella giovane storia dell'Unione europea è stato fatto il calcolo. Con un risultato spaventoso: il 16 per cento del budget totale dell'Europarlamento viene buttato in indennità di trasferta, stipendi di personale in esubero, riscaldamento, affitti e mantenimento di uffici vuoti dovuti alla dispersione geografica delle sedi. La relazione risale al 2002-2003 e porta la firma di Julian Priestley, allora segretario generale dell'Europarlamento. Lo studio di Priestley, senza prendere posizione, rivela tra l'altro che i costi di cinque giorni di sessione a Strasburgo sono il 33 per cento più alti che a Bruxelles. Tutti sanno che la capitale belga sarebbe la soluzione migliore, perché è già sede della Commissione europea ed è meglio collegata al resto d'Europa. Lo conferma un sondaggio informale tra 800 funzionari: 750 hanno votato l'emiciclo e gli uffici di Bruxelles. Ma i primi a non volerlo accettare sono i francesi. Così 78 milioni di euro l'anno se ne vanno per la gestione degli immobili temporaneamente vuoti, 42 nel mantenimento delle reti informatiche inutilizzate, 22 per il pagamento di personale al momento inutile, 18 in indennità di trasferta per i funzionari del Parlamento, 9 in spese varie e 34 milioni come conseguenza del recente allargamento. Il totale è di 203 milioni di euro l'anno soltanto per il funzionamento amministrativo.
La somma non tiene conto cioè dei milioni di euro rimborsati ai parlamentari e ai loro assistenti. E nemmeno dei costi in perdita di efficienza di tremila impiegati costretti a traslocare la loro sede di lavoro due volte al mese. Mettendo tutto insieme, lo spreco salirebbe a 300 milioni di euro l'anno o forse più. Una spesa che potrebbe essere indirizzata ad altri scopi.
Dopo la relazione del segretario generale, però, nessuno ha mai più osato scorporare le cifre dalle varie voci di bilancio su cui sono spalmate. Gli uffici amministrativi del Parlamento si guardano bene dal rivelarle. "Le cifre attuali sono sconosciute", ammette a 'L'espresso' il liberale tedesco Alexander Alvaro, "comprendiamo il valore simbolico di Strasburgo per la pace in Europa. Ma se l'Ue vuole maturare, è importante che elimini sprechi di denaro e di tempo. Strasburgo potrebbe tra l'altro diventare sede delle riunioni del Consiglio europeo, dei governi dell'Unione. Questo darebbe ugualmente alla città una buona esposizione mediatica".
Alvaro è tra i promotori della petizione sul sito www.oneseat.eu: il lungo elenco dei sostenitori va dal ministro liberale svedese Cecilia Malmström alla socialista olandese Edith Mastenbroek. Un'alleanza trasversale che abbraccia anche Verdi inglesi e italiani. In poche settimane la campagna per una sede unica ha raccolto oltre un milione di firme: secondo la Costituzione europea bocciata, un milione di adesioni sarebbe bastato per proporre la questione in Commissione.
La soluzione non è semplice. La sede di Strasburgo è prevista dai Trattati. E per modificare i Trattati serve il voto unanime di tutti gli Stati membri. Compresi Francia e Lussemburgo. Un accordo con il Grand Ducato impone che sul totale del personale dell'Europarlamento almeno la metà sia assegnata alla sede del Lussemburgo. Nel frattempo la Francia potenzia i collegamenti via terra. Come il Tgv che pochi giorni fa è arrivato da Parigi a Strasburgo in 140 minuti toccando i 575 chilometri all'ora. Un record che allontana ancor di più Strasburgo da Bruxelles. Perché tra le due capitali europee i pochissimi treni diretti continuano a viaggiare a velocità italiane: non superano mai gli 80 orari di media.
Fonte: L'Espresso
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