2 ago 2009

Autoassunzioni e «affitti d'oro» L'allegra sanità calabrese

Stabile affittato a 420 mila euro l’anno. Ma è ancora incompiuto ed è al centro di una disputa con il Comune

C'è chi aveva assunto il figlio, chi la moglie, chi la cognata, il cugino o il fratello della morosa ma il signor Michele Fazzolari ha detto no, basta coi parenti. E ha assunto direttamente se stesso. Togliendosi la soddisfazione di firmare di suo pugno la delibera. È successo a Cosenza, in quella Calabria che negli ultimi anni aveva già registrato altri episodi indimenticabili. Ricordate? Egidio Masella, appena nominato assessore regionale al Lavoro per Rifondazione, assunse come responsabile amministrativo la moglie Lucia. Pino Guerriero, presidente sociali­sta della Commissione regionale anti­mafia, assunse come autista il nipote. E il capogruppo dell’Udc Gianni Nuce­ra tentò il capolavoro: l’assunzione a spese della Regione prima della moglie Felicia, poi del figlio Carmelo, poi del­l’altro figlio Francesco. Capolavoro bloccato all’ultimo istante, con lui che sospirava: «Volevo solo avere qualcu­no di cui fidarmi».

Anche Michele Fazzolari voleva qual­cuno di cui fidarsi. Lo avevano preso all'Azienda Sanitaria Provinciale con un contratto di tre anni con scadenza a febbraio 2011. Un lavoro precario. Ma, facendo pesare un passato di segreta­rio provinciale della Cisl, era riuscito a farsi affidare un incarico delicato. Lui, precario, doveva occuparsi della stabi­lizzazione dei precari. Detto fatto, ha istruito una bella pratica per stabilizza­re, con un contratto «individuale» a tempo indeterminato e la qualifica «ex 7˚ livello», l'uomo di cui più si fida: se stesso. Ha firmato la «determina» e l'ha passata per la controfirma al diret­tore generale, Franco Petramala. Che senza batter ciglio ha dato il suo okey. Tirandosi addosso un acquazzone di polemiche.

Ma era solo l’inizio. Neanche il tem­po di assorbire le prime accuse e su Pe­tramala, additato come uomo vicino al presidente della provincia di Cosenza, il democratico Mario Oliverio, è arriva­ta una nuova grandinata. Causata da un altro contratto. Quello firmato dal direttore generale dell’Asp per prende­re in affitto una palazzina in località Muoio, alla periferia della città, oltre l’autostrada. Una brutta e anonima palazzina co­me tante altre. Se non fosse per un det­taglio: è ancora «al grezzo» e, come ha scritto sul Quotidiano di Calabria Mas­simo Clausi, che già aveva dato la noti­zia dell’auto-assunzione di Fazzolari, lo stesso contratto di locazione ricono­sce che mancano gli intonaci e «non risultano ancora realizzati gli impianti tecnici e i solai e i laterizi per l’irrigidi­mento orizzontale si presentano an­ch'essi allo stato rustico».

Ma il meglio deve ancora venire: lo stabile è infatti al centro da un decen­nio di un braccio di ferro amministrati­vo, burocratico e giudiziario. Che vede da una parte la società dei costruttori, che si chiama «Edera srl» e ha come amministratore unico Fausto Aquino, e dall’altra il comune di Cosenza fin dai tempi in cui era sindaco Giacomo Man­cini. La storia si può riassumere in po­che parole: avuto il permesso per co­struire 16 appartamenti di edilizia po­polare, la «Edera» aveva presentato una variante per aggiungerne altri otto e arrivare a 24, il Comune non aveva risposto e la società aveva deciso di procedere lo stesso puntando a chiude­re con una sanatoria. Il vecchio Manci­ni, però, non aveva voluto sentire ra­gioni. E aveva mandato le ruspe con l’ordine di abbattere: sedici dovevano essere le abitazioni e sedici sarebbero state.

Oltre dieci anni dopo il tormentone, tra sentenze del Tar, verdetti del Consi­glio di Stato, ricorsi, contro-ricorsi, rinvii, rifiuti dell’amministrazione mu­nicipale di accettare la variante, richie­ste di risarcimenti danni per dieci mi­lioni di euro, non si è ancora chiuso. Nel frattempo, però, ecco la sorpresa. Mentre un pezzo del sistema pubblico (cioè il Comune) dava battaglia al­l’ «Edera», un altro pezzo (l’azienda sa­nitaria) si metteva d’accordo. E facen­dosi promettere che i lavori saranno fi­niti in pochi mesi ha preso in affitto lo stabile per sei anni. Il canone? Tenete­vi forte: 420mila euro l'anno. Per sedi­ci appartamenti di edilizia popolare. Totale complessivo: oltre 2 milioni e mezzo di euro. Per una palazzina di periferia desti­nata ad ospitare fino al 2016 un po’ di uffici, di archivi, di garage... Evidentemente la Sanità calabrese, nonostante le notizie catastrofiche, ha ancora soldi da spendere...

Fonte: corriere.it

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