2 ott 2008

Camorra

’Tore ’e Criscienzo», citato nelle cronache cittadine di metà Ottocento come il «capintesta» della camorra partenopea, viveva a Montecalvario. La sua influenza si estendeva dalla Vicaria al Porto e assieme alla famiglia gestiva, praticamente in regime di monopolio assoluto, il florido mercato della carne di maiale. Tangenti e imposizione di forniture a tutte le taverne della città. Praticamente racket ante litteram. Allora come adesso, dunque, il cuore della malavita locale pulsava nel Centro storico di Napoli. Allora come adesso, inoltre, la strategia della camorra era di carattere prettamente economico. Com’è cambiata in un secolo e mezzo di storia partenopea l’organizzazione e la struttura dei clan malavitosi? Molto, e al tempo stesso pochissimo. Si sono diversificati enormemente, questo è chiaro, gli affari criminali. Se l’attività estorsiva e il controllo della prostituzione che ancora oggi costituiscono una fetta rilevante del bilancio della camorra — rispettivamente 4703 e 587 milioni di euro di fatturato nel 2004 secondo Eurispes — fruttavano potere e denaro già nell’Ottocento, i due grandi business del contrabbando di sigarette e del traffico di droga emergono solo nella seconda metà del Novecento. Oggi, poi, le indagini della magistratura dimostrano come la camorra, seguendo il trend della globalizzazione, si sia spinta sempre più sui mercati internazionali, riciclando il denaro sporco in attività commerciali e imprenditoriali dalla Scozia alla Cina.

Ciò che invece non appare soggetto a cambiamenti rapidi e significativi nel corso dei decenni è il complessivo assetto geografico e familistico della camorra partenopea. I gruppi criminali, soprattutto quelli storicamente radicati sul territorio, appaiono infatti duri a morire. Soltanto da alcuni mesi, ad esempio, gli investigatori non sembrano avere più dubbi rispetto al fatto che la famiglia Giuliano, egemone a Forcella per oltre mezzo secolo, possa essere considerata estinta dal punto di vista della sua forza criminale. Più di una vicenda giudiziaria che la riguarda, però, è ancora in corso: mentre le rivelazioni dei pentiti Luigi e Salvatore continuano a fornire materiale significativo per la comprensione delle dinamiche interne alla scena criminale partenopea, l’ultimo rampollo della famiglia, Salvatore «il rosso», ventidue anni appena, è stato condannato il 31 marzo scorso per l’omicidio della giovane Annalisa Durante.

Come i Giuliano altre storiche famiglie della camorra partenopea hanno mantenuto per decenni potere e controllo del territorio, grazie alla capacità dei loro boss di gestire alleanze e soffocare i conflitti sul nascere. Tra queste il gruppo dei Licciardi, già storica componente dell’Alleanza di Secondigliano, e quello capeggiato dal boss latitante Edoardo Contini, detto «’o romano» per i suoi interessi nella capitale, egemone nella zona della stazione centrale.

Oltre vent’anni di potere anche per il clan di Giuseppe Misso, «’o Nasone», il boss della Sanità simpatizzante dell’estrema destra che finì sotto processo, ma fu poi assolto dall’accusa, per una sua presunta partecipazione alla strage del rapido 904 nella notte del 23 dicembre 1984. Il nome di Misso, oggi in carcere, negli anni Ottanta fece il giro del mondo per la rapina miliardaria realizzata dal suo clan ai danni del Monte dei Pegni del Banco di Napoli. Teorizzare e praticare furti e rapine, definiti «prelievi forzati», come una delle principali attività del gruppo è un’anomalia che ha a lungo contraddistinto il clan Misso in un panorama criminale che vedeva fiorire ben altro genere di affari.

Tra le poche novità rilevanti dell’ultimo decennio emerge l’avanzata del clan guidato da Paolo Di Lauro, che inizia la sua carriera come uomo dei Nuvoletta alla fine degli anni ’80 e poi si muove alla conquista delle piazze di spaccio di Secondigliano e Scampia, investendo nella creazione di un sistema del narcotraffico che riproduce i mecanismi e la struttura di un’azienda multilevel.

Oltre al filo rosso fuoco, ce n’è un altro che lega le guerre di camorra scoppiate, a distanza di circa un anno l’una dall’altra, a Scampia e alla Sanità. In entrambi i casi a mettere a rischio la tenuta del potere criminale del gruppo originario, e a determinarne una frattura, è stata l’avanzata, all’interno del clan dominante, delle nuove leve: i figli di Paolo Di Lauro e i nipoti di Peppe Misso. Dopo gli arresti dei boss e di decine e decine di affiliati, entrambe le mattanze hanno subito una forte battuta d’arresto. Appare però impossibile affermare con certezza che i due focolai, tenuti sotto stretta osservazione da parte degli investigatori, si siano spenti per sempre. Un nuovo rischio, intanto, si profila all’orizzonte: i clan Di Biase dei Quartieri Spagnoli, Festa del Cavone e Sabatino-Torino della Sanità, starebbero lavorando alla costruzione di un’alleanza del Centro storico in grado di entrare in concorrenza con il cartello dei gruppi criminali di Secondigliano.

Oggi una mappa dei clan partenopei che voglia essere, se non del tutto esaustiva, almeno comprensiva dei nuclei che mostrano un certo radicamento in determinati quartieri della città o nelle aree dell’hinterland, conta almeno quaranta nomi diversi. Se si contano anche le organizzazioni criminali presenti nelle altre quattro province campane, però, si arriva ad una stima di circa cento clan. Almeno venti dei gruppi presenti nell’area napoletana possono essere considerati egemoni, cioè in posizione di supremazia ” militare” ed economica, rispetto ai concorrenti che si muovono nella loro zone d’influenza. Stilare un’ipotetica top ten dei clan di camorra è poi operazione complicata: la classifica muta infatti notevolmente in base al parametro prescelto. Gruppi come i casalesi del Casertano e i Fabbrocino della zona vesuviana mostrano una strategia imprenditoriale e una capacità di penetrazione nell’ambito degli appalti pubblici che li pone in una posizione di supremazia rispetto agli altri clan. Organizzazioni come quella messa in piedi dal boss Paolo Di Lauro e quella derivata degli scissionisti, noti anche come Spagnoli, si distinguono invece, sulla scena cittadina, per il maggior numero di affiliati, stimato intorno alle cinquemila unità.

La scena camorristica partenopea conferma dunque, con il passare degli anni, il carattere che l’ha sempre distinta dalla mafia: il suo essere un’organizzazione orizzontale, del tutto priva di una strutturazione verticistica, piramidale. Il tentativo più concreto di ricomporre i molteplici gruppi criminali sotto un’unica cupola fu compiuto dal boss della Nuova Camorra Organizzata Raffaele Cutolo, «’o Professore», che negli anni ’80 dal carcere di Poggioreale, tesseva la sua trama politico-criminale. Ma fallì. (di Chiara Marasca e Roberto Saviano, pubblicato il 7/5/2006 dal Corriere del Mezzogiorno)
La Camorra ed i clan a Napoli città

La Direzione investigativa antimafia parla oggi di una sorta di duopolio camorristico. Due cartelli in città, da un lato i Misso-Mazzarella-Sarno-Di Lauro, (la famosa camorra a quattro teste di cui parlano i pentiti di Forcella) radicati al centro e nella periferia orientale di Napoli e dall’altro il cartello dei Licciardi-Contini-Lo Russo, (assieme alle altre famiglie della ex Alleanza di Secondigliano, tra cui i potenti Mallardo di Giugliano), egemoni nella zona nord di Napoli e in buoni rapporti con le cosche della periferia occidentale.


I Clan rimangono sostanzialmente privi di una vera e propria cupola, interecciando e disfacendo alleanze con una grande frequenza.Tra Napoli e Provincia sono oltre 200 i clan.

Questa struttura, caratteristica della camorra fin dal dopoguerra, fu sostituita solo in due occasioni e solo temporaneamente, come riferisce la commissione antimafia nella sua relazione del 1993: “Prima, nella seconda metà degli anni Settanta, dalla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo e poi, verso la fine degli anni Settanta, dalla Nuova Famiglia composta tra gli altri dai Casalesi,i Nuvoletta e gli Alfieri, sorta, d'intesa con Cosa Nostra, per contrastare Cutolo, e perciò modellata sugli stessi caratteri dell'organizzazione cutoliana.

Nel 1992 Alfieri tentò di costruire un'organizzazione unitaria, secondo lo schema siciliano, chiamata significativamente “Nuova Mafia Campana” assieme ad altre famiglie come i Mallardo e i Licciardi.

Tutti gli esperimenti sono cessati dopo pochi anni. Spiega la commissione anti-mafia : “La Nco è finita nel 1983, per l'indebolirsi delle alleanze politiche, la riduzione delle fonti di finanziamento ed i colpi ricevuti dagli avversari. La Nuova Famiglia cessò nello stesso periodo per il venir meno della ragione dell'alleanza dopo la sconfitta di Cutolo. La Nuova Mafia Campana fu più un'aspirazione che una realizzazione”.

A differenza di Cosa Nostra e della 'ndrangheta, nella camorra non ci sono particolari criteri di selezione, né strutture rigide o particolari rituali di iniziazione. L'unico a delineare uno statuto ed a dare all'organizzazione una gerarchia interna è stato Cutolo che Nuova Camorra Organizzata era il “Vangelo”. I componenti della direzione strategica erano detti “santisti”, “sgarristi” e “capizona”, mentre alla base c'era i picciotti. La cerimonia di affiliazione (o “fedelizzazione”) doveva rafforzare lo spirito di gruppo soprattutto nei giovani chiamati a contrastare l'espansione di Cosa Nostra che, come avvertiva Cutolo, voleva colonizzare la camorra.

Fatto sta che tutti i tentativi sono sempre falliti per la tendenza dei capi dei vari clan a non ricevere ordini dall’alto.
Etimologia

Varie sono le ipotesi sull'etimologia del termine camorra ma 3 sono le più probabili:

  • La parola deriva da una giacca corta indossata da banditi spagnoli detta “gamurri”.
  • La parola sarebbe connessa a “morra” che significa “raggruppamento di malfattori” inteso come “frotta” ma può significare anche “rissa”.
  • La parola significa tassa sul gioco che bisognava pagare a chi proteggeva i locali per il gioco d'azzardo, dal rischio di liti e di risse. Con questo significato compare in un documento ufficiale del Regno di Napoli nel 1735.

Storia
Dalle Origini al 1945

La Camorra nasce a Napoli nel XVI secolo durante la dominazione spagnola. A differenza delle altre organizzazioni criminali, diffuse soprattutto in campagna, la camorra nasce e si sviluppa in città, nei quartieri più popolosi. Nel 1820 la “Bella Società Riformata” (cioè confederata) si costituì ufficialmente, riunendosi nella chiesa di Santa Caterina a Formiello a Porta Capuana.

I governi borbonici non fecero mai nulla di concreto per fermare l'ondata criminosa della camorra. Nel 1825, salito al trono Francesco I, il Regno delle Due Sicilie impegnava completamente il sovrano nella difesa dalle sette politiche di ispirazione liberale che incrementavano continuamente nel numero (i Filadelfi, i Pellegrini Bianchi, gli Eremiti Fedeli). Addirittura molte operazioni di polizia avvenivano in concomitanza all'agire dei camorristi che prestavano un notevole aiuto nel mantenimento dell'ordine. Anche con Ferdinando II le cose non migliorarono.

Per accedere all’organizzazione era previsto un vero e proprio rito di iniziazione definito “zumpata” o dichiaramento che consisteva in una sorta di duello rusticano. Questo si spiega soprattutto con il fatto che i camorristi ebbero sempre l'ambizione di imitare i nobili. Impiegando il coltello piuttosto che la spada cercavano di dimostrare il loro “valore” in questa sorta di scontri. Le fasi preliminari della zumpata erano l'appicceco, il litigio, il ragionamento, tentativo di composizione della controversia, banchetto e poi duello. Se il combattimento all'arma bianca si poteva tenere in una qualsiasi zona affollata l’utilizzo di una pistola richiedeva, invece un luogo solitario. Raffaele Cutolo più tardi, nella sua opera di “ristrutturazione” della camorra organizzata introdurrà rituali molto simili a quelli che Buscetta dichiarerà per l'iniziazione del mafioso.

In origine il sodalizio si occupa principalmente della riscossione del pizzo dai numerosi biscazzieri che affollano le strade di Napoli. Ben presto, però, il fenomeno dilaga e le estorsioni iniziano a danneggiare la quasi totalità dei commercianti. Nonostante le violenze ed i crimini perpetrati, i camorristi godono della benevolenza del popolo al quale, in una situazione di totale disinteresse delle istituzioni per i problemi sociali, garantiscono un minimo di “giustizia”.

Tra le principali fonti di risorse economiche della Camorra si ricordano:

  • Il “Barattolo” che era la percentuale di circa il 20% sugli introiti dei biscazzieri;
  • Lo “Sbruffo” era, invece, la tangente su tutte le altre attività (dai facchini ai venditori ecc.);
  • Un particolare regime di tassazione per la prostituzione;
  • Il gioco piccolo (una sorta di Lotto)

Nel 1860 il prefetto Liborio Romano ricevuto dal governo provvisorio unitario l'incarico di mantenere l'ordine pubblico, affida alla Camorra l'organizzazione della guardia cittadina, per allontanare dalla città il pericolo di rivolte popolari. Facendo questo Don Liborio riconobbe alla Camorra quella dignità e autorità istituzionale che ancora le mancava durante il regno borbonico. Solo nei primi del '900 lo Stato riuscirà a reagire allo strapotere della cosiddetta Bella Società Riformata, la quale tra i politici dell'Italia unita vanta solide amicizie.

Nel 1911, nel processo celebrato a Viterbo per l'omicidio dei coniugi Cuocolo, grazie alle confessioni del camorrista pentito Abbatemaggio, vengono inflitte severe pene ai maggiori esponenti dell'organizzazione. La sera del 25 maggio 1915, nelle Caverne delle Fontanelle, nel popolare rione Sanità, i camorristi, presieduti da Gaetano Del Giudice, decretano lo scioglimento della Bella Società Riformata; in realtà la setta era già stata debellata nel processo Cuocolo.

Nel periodo fascista si assiste ad una quiescenza del fenomeno camorristico; lo stesso Mussolini, forte dei risultati ottenuti dal prefetto Moro nella lotta alla mafia siciliana, concede la grazia a molti dei camorristi condannati a Viterbo, sicuro che nel nuovo assetto istituzionale non costituissero più un pericolo.
Dal 1945 ad oggi

È nel secondo dopoguerra che la camorra inizia ad assumere le caratteristiche riscontrabili attualmente. Il soggiorno obbligato a Napoli, imposto dal governo degli U.S.A. al boss di Cosa nostra americana Lucky Luciano, contribuì al superamento della dimensione locale del fenomeno ed all'inserimento dei camorristi campani nei grandi traffici illeciti internazionali. Tuttavia, in questa fase, la camorra non ha la struttura verticistica che la caratterizzava nei secoli precedenti, ma si presenta come una pluralità di famiglie più o meno legate tra loro.

Negli anni '70, dal carcere di Poggioreale nel quale è rinchiuso per omicidio, Raffaele Cutolo (detto O' Professore) inizia a realizzare il suo progetto: riorganizzare la camorra come organizzazione gerarchica; nasce così la NCO (Nuova Camorra Organizzata). Lo strapotere raggiunto dalla NCO inizia a preoccupare le vecchie famiglie che si riuniscono sotto il nome di Nuova Famiglia, per portare guerra alla camorra cutoliana.

La guerra tra le due organizzazioni criminali è spietata e si conclude nei primi anni ottanta con la sconfitta della NCO. Le vittime sono molte centinaia, tra esse anche molti innocenti. Ben presto anche la Nuova Famiglia smette di esistere, per il venir meno della ragione che aveva spinto le famiglie all'alleanza.

Nel 1992 ci prova il boss Alfieri a dare alla malavita organizzata campana una struttura verticistica creando la Nuova Mafia Campana (NMC), anch'essa scomparsa dopo poco tempo.

Fonte: napolionline.org

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Il termine scandalo deriva dal greco skàndalon, che significa ostacolo, inciampo. Il significato più antico del termine rinvia ad azioni o discorsi che danno cattivo esempio.

Nell'accezione corrente uno scandalo è l'effetto di un'azione che, una volta divenuta di pubblico dominio, causa un turbamento della sensibilità morale pubblica, prevalentemente in materia di sesso, denaro ed esercizio del potere. Il turbamento deriva in genere, più che dall'infrazione di singole norme, dal fatto che le azioni considerate "scandalose" sono caratterizzate da una commistione impropria delle categorie citate, che tale commistione è stata resa pubblica e/o che le azioni "scandalose" hanno com protagonisti personaggi pubblici.

I motivi di scandalo variano quindi in funzione delle epoche, delle culture e delle classi sociali in cui tali comportamenti vengono messi in atto e resi noti. Essendo la notizia pubblica di un fatto il motore principale dello scandalo, nella società moderna essi vengono frequentemente amplificati - e spesso costruiti - dai media, che promuovono a scandalo (cioè a questione etica di interesse generale) pettegolezzi sulla sfera privata (familiare, affettiva, sessuale) di persone note.

Gli ambiti in cui possono avvenire gli scandali sono i più vari, in ambito politico-finanziario possono riguardare episodi di corruzione e abuso di potere; in ambito privato possono riguardare l'infedeltà coniugale, la sessualità o l'omosessualità delle persone coinvolte, l'abuso fisico a danni di soggetti deboli (es. la pedofilia); in ambito sportivo è spesso motivo di scandalo una condotta sleale (ad esempio, casi di corruzione e doping).

Concernendo azioni "discutibili", molto spesso gli scandali hanno conseguenze politiche e giudiziarie. Ancor più spesso vengono strumentalizzati a scopo politico o economico.


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