28 ago 2007

Toglietegli tutto a un mafioso ma non il suo patrimonio

Lo dicono e lo ripetono magistrati, esperti e politici. Lo intuì nel 1980 - con intelligenza superiore ai colleghi - un giovane magistrato che, dalla procura di Trapani dove aveva maturato una grande esperienza nei reati valutari, si spostò in quella di Palermo. Il suo nome era Giovanni Falcone.
La lotta ai patrimoni illeciti dei mafiosi - da allora lo ripetono in coro tutti - è forse il più importante strumento a disposizione per arginare la potenza economica (e dunque sociale) della criminalità organizzata. "Un mafioso - dichiara Francesco Forgione - può mettere nel conto la galera ma non la sottrazione dei beni". Ma i patrimoni immobili sottratti a Cosa Nostra, ‘ndrangheta, Camorra e Sacra Corona unita sono poca cosa. Dal 2000 a oggi sono stati confiscati 6.912 immobili, di cui solo la metà assegnati in via definitiva. Le regioni interessate sono quelle a classica matrice mafiosa: Sicilia, Calabria, Campania e Puglia ma non mancano casi in Lazio, Lombardia e altre aree del Centro-Nord: la criminalità organizzata, ormai, conquista spazio in tutta Italia. Quanto al valore si tratta di qualche centinaio di milioni: quisquilie, bazzecole direbbe Totò, visto che ogni anno le mafie fatturano in Italia almeno 100 miliardi. Per assegnare un bene strappato alle cosche - protesta il presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Francesco Forgione - passano fino a 15 anni. Un tempo intollerabile, concorda il vice ministro all'Interno, Marco Minniti.
Per ovviare a ritardi, inefficienze, lentezze burocratiche e interessi occulti (spesso, infatti, i beni rimangono misteriosamente nella disponibilità dei mafiosi) l'onorevole Beppe Lumia due mesi fa ha presentato un disegno di legge - firmato da otto colleghi dell'Ulivo - che giace ora nelle aula di Montecitorio. Il provvedimento, a parole apprezzato da molti - anche se non da tutti perché la mafia ha tentacoli ovunque, dagli uffici ministeriali a quelli comunali, dai corridoi di un Tribunale a quelli del Parlamento - prevede procedure snelle, compiti chiari e poteri a un'Agenzia nazionale. Intanto, mentre la politica parla e promette e mentre magistrati e amministratori giudiziari (quelli seri) fanno di tutto per restituire alla collettività i beni dei criminali, le cooperative di produzione - dalla Sicilia alla Calabria, dalla Puglia alla Campania - fanno maturare i frutti sulle terre strappate ai più feroci clan. Vino, pasta e generi alimentari biologici che poi si trovano sempre più spesso sulle tavole degli italiani. Perché in fondo - per l'Italia onesta - non c'è niente di meglio che godere dei sapori della legalità o di un sorso di vino che va di traverso alla mafia.

Fonte: ilsole24ore.com

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